Era il lontano 1956, del resto, quando Pino Rauti fondò Ordine Nuovo e abbandonò per la prima volta il Msi di Michelini, da lui considerato
troppo moderato e conservatore. Rauti poi, fra un’accusa di eversione nera e l’altra, tornò nel partito, tanto da essere il principale rivale di Fini
nella successione ad Almirante.
Una lunga battaglia, conclusasi con la vittoria dell’attuale vicepremier, la nascita di Alleanza Nazionale e l’estromissione di Rauti.
Bisogna invece risalire al 1970 per datare l’abbandono del Msi da parte di Adriano Tilgher, fondatore di Avanguardia nazionale,
due volte arrestato e cinque anni in carcere per la sua attività fascista. Vicino al Msi si dichiara anche Gaetano Saya, che però alla carriera politica preferì la costruzione di una polizia parallela e l’invenzione di dossier fasulli sul terrorismo da vendere ai servizi segreti.
Tilgher, Saya. Ma anche Alessandra Mussolini, Rauti, e anche il suo ex delfino Romagnoli, l'intera galassia frantumata dell'estrema destra neo missina, i leader del Fronte Sociale Nazione, del Movimento Sociale Italiano, del Movimento Idea Sociale, del Movimento Sociale Fiamma Tricolore: Fini ora se li ritrova tutti come alleati nella Casa delle Libertà. Ad aprirgli le porte è il grande partito dei moderati, Forza Italia. Rauti, Romagnoli e Saya sono già dentro.
La Mussolini nicchia. Tilgher tratta. E finora nessuno ha detto una parola per dire che forse, questi sì, sono alleati imbarazzanti.
b)Adriano TILGHER compare nell'agendina di Mario Merlino di Avanguardia nazionale,Giovine Italia e Ordine nuovo. In prima fila nel corso di innumerevoli azioni squadriste. Tilgher è stato la `longa manus' in Italia di Stefano DELLE CHIAIE al tempo dalla fuga all'estero di quest'ultimo. Responsabile di Avanguardia Nazionale fra il '70 ed il '76, ha -come il latitante DELLE CHIAIE- riportato condanna definitiva per ricostituzione del disciolto Partito Fascista (330). Fonte: www.comune.bologna.it/iperbole/2agost80/sen01/pag01639.htm Come si è visto in narrativa, l'imputato, pur affermando di esser stato contrario alla riunificazione fra Avanguardia Nazionale ed Ordine Nuovo, ha ammesso di aver partecipato a varie riunioni "su questo argomento". Ha escluso, invece, in particolare, di essere stato presente alla riunione di Albano Laziale, comprensibilmente preoccupato -è evidente- diciò cheè emerso sugli specifici contenuti di quell'incontro. Senonché, lo indicano presente ad Albano Laziale Sergio CALORE (331), Aldo Stefano TISEI (332) e Piero CITTI (333). * * * * * (330) -Cfr. AA, V6, C37; cfr. anche il certificato penale del TILGHER, in CP, C21. (331) -Cfr. IA, V9/a-1 bis, C13/12, p34 e vu 10/12/87, p52. (332) -Cfr. EA, V10/a-5, C217 bis, p4 e vu 19/1/88, pp.12 e 20. Il TISEI, che ha sulla riunione notizie `de relato', diede inizialmente indicazioni cronologiche (fine del 1974) e topografiche (una villa di Frascati) imprecise; ma il complesso dei riferimenti e le dichiarazioni dibattimentali non lasciano dubbi sul fatto che le notizie da lui apprese riguardavano la riunione di Albano Laziale del '75. (333) -Cfr. EB, V2, C50, pp. 8-9 e 16. Ritroviamo il TILGHER al centro delle vicende della ricostituzione clandestina di Avanguardia Nazionale (334). Tali vicende, complessivamente considerate, esulano -come si è già avuta occasione di affermare- dall'alveo del presente giudizio. Ai fini che qui rilevano, va semplicemente osservato come il TILGHER, in epoca significativa rispetto all'imputazione di associazione eversiva contestatagli in questo procedimento, si sia personalmante attivato, con iniziative parallele a quelle delle DELLE CHIAIE e del BALLAN, in attività di arruolamento, nell'ambito di un progetto teso al ricompattamento ed alla strumentalizzazione delle forze disperse dell'eversione giovanile neofascista. Già nel procedimento romano per la ricostituzione di Avanguardia Nazionale, il TILGHER, "in data 5/10/84 nel contesto di una più ampia modifica del proprio atteggiamento processuale, comportante l'ammissione dell'aver egli nel corso dei vari interrogatori, detto `qualche non verità', ammette di aver avuto frequenti incontri, tramite VACCARI e CASALI, con giovani ai quali egli ripeteva di stare lontani * * * * * (334) - Cfr. AA, V9, C58, passim. In particolare, il TILGHER partecipa, fra l'altro, alla riunione nello studio dell'Avv. CAPONETTI, cui è presente il DELLE CHIAIE. da ogni metodo terroristico" (335). Anche di fronte a questa Corte, il prevenuto, pur non desistendo dal porli in relazione ad un "progetto politico come ancora di salvezza per giovani che si stavano avvicinando alla lotta armata", ha dovuto ammettere quei contatti. Significativamente, ha però affermato di non ricordare gli incontri col FIORAVANTI e col SORDI. E se ne comprende la ragione. Valerio FIORAVANTI (336): "Devo dire che nell'inverno del '79 Peppe DI MITRI con il quale avevo rapporti di amicizia mi contattò dicendomi se volevo entrare a far parte di una organizzazione non meglio identificata.Alla mia risposta negativa lui insistette perché andassi con lui ad un incontro da Adriano TILGHER il quale avrebbe nei dettagli precisato in che cosa consisteva l'invito e mi avrebbe convinto della serietà della proposta. Io più che altro per condiscendenza mi recai con DI MITRI da Adriano TILGHER...Mi recai insieme a DI MITRI in via Alessandria nello studio del TILGHER dove il predetto sia pure non esplicitamente cercò * * * * * (335) -Cfr. AA, V9, C58, p95. (336) -Cfr. EB, V3, C86/A, pp. 21-23. Cfr. anche il confronto dibattimentale TILGHER-FIORAVANTI Valerio, in vu 13/5/87, pp. 194-196. di convincermi in merito all'opportunità di coordinare le nostre attività. Ovviamente da quanto il TILGHER andava dicendo, era assi chiaro nonostante i giri di parole, che io gli interessavo in quanto persona molto valida sul piano operativo. Anche il DI MITRI intervenne nel discorso garantendo la serietà delle proposte che TILGHER andava facendo invitandomi a riflettere prima di rifiutare le proposte che mi venivano fatte. Rammentoche nella circostanza TILGHER mi assicurò che avrebbe potuto fornirmi tutta l'assistenza di cui potevo avere bisogno compresa quella legale ove avessi potuto incorrere in altri incidenti del tipo di quello occorsomi a Chiasso in occasione di una detenzione di pistola...Devo dire a proposito di DI MITRI che questi ebbe a dirmi che non c'erano preoccupazioni di sorta circa il luogo ove conservare le armi che avevo assieme al mio gruppo. Dopo la mia scarcerazione per i fatti di Monte Chiasso potei personalmente constatare che le armi erano state trasportate nel locale di via Alessandria dove vennero poi sequestrate. Quando io visionai le armi, non avevo ancora incontrato il TILGHER. Quando mi recai da quest'ultimo, mi accorsi che il suo studio era nello stesso stabile dove c'erano le armi. DI MITRI mi raccomandò di non farne parola con TILGHER...Sta di fatto che successivamente Giorgio VALE mi disse che DI MITRI gli aveva mostrato le armi di via Alessandria dicendogli che le armi stesse erano di A.N. che le metteva a disposizione di T.P...." (337) Walter SORDI (338): "Tra il febbraio ed il marzo dell'80 TILGHER contattò me, Carlo PUCCI ed altri invitandoci a entrare in A.N. sostenendo che ciò ci veniva richiesto da Beppe DI MITRI." (339) "Avanguardia in quel * * * * * (337) - Il 6/5/82, Cristiano FIORAVANTI riferì al Giudice Istruttore (cfr. EA, V10/a-4, C163/1, pp. 48-49): "Di TILGHER so che Dario PEDRETTI e mio fratello Valerio mi fecero chiaramente capire che il sottoscala di via Alessandria, 129 era stato dato in uso per depositare le armi da Adriano TILGHER". In giudizio (cfr. vu 1/12/87, pp. 23-24), non serbava un buon ricordo della circostanza, ed ha introdotto elementi di dubbio circa l'origine della sua consapevolezza in ordine all' appartenenza al TILGHER del sottoscala. Ma, dopo le dichiarazioni del 6/5/82 sopra trascritte, aveva riferito all'autorità giudiziaria romana che il DIMITRI gli aveva confidato esser stato proprio il TILGHER a segnalargli i locali nella cantina dello stabile, ove occultare le armi (cfr. AA, V9, C58, p109). Non è dato dubitare della disponibilità dello scantinato da parte del TILGHER, se solo si pongono le dichiarazioni dei fratelli FIORAVANTI in relazione con la circostanza che lo scantinato sorgeva nello stesso stabile in cui aveva sede la società del TILGHER e con quella ulteriore che proprio il DIMITRI, prima della cattura, aveva operato -come emerge dalle dichiarazioni di Valerio- in veste di emissariodelTILGHERperl'arruolamento. (338) -Cfr. Cal., V5, C52, p3. (339) - Il DIMITRI, già elemento di raccordo fra Avanguardia Nazionale e Terza Posizione, e `operativo' infaticabile, era detenuto -come si è avuta occasione di vedere- dal 14/12/79. periodo non aveva più nessuno che facesse le rapine e che la finanziasse. Già in precedenza aveva fatto la stessa Emerge così, nitidamente e drammaticamente, la natura davvero singolare dell'opera di apostolato che il TILGHER svolgeva per scongiurare il pericolo del coinvolgimento dei giovani nella lotta armata. All'epoca dell'incontro, Walter SORDI non aveva ancora compiuto il diciannovesimo anno di età (341). * * * * * (340) - Cfr. vu 20/1/88, p211. (341) - Cfr. le tremende parole del SORDI trascritte in AA, V9, C58, p220. c)Marco BALLAN ha dichiarato di esser stato "vicino" (342) ad Avanguardia Nazionale. Vicino al punto -osserva la Corte- da aver partecipato alla riunione di Albano Laziale in veste di rappresentante di Avanguardia per la Lombardia. Di tale partecipazione si ha notizia da Giorgio COZI (343): "Ribadisco inoltre che ad Albano era presente un certo Marco di Milano di cui non rammento le fattezze fisiche e che veniva indicato come il referente per la Lombardia di Avanguardia Nazionale". L'identificazione è certa: sarebbero sufficienti, in tal senso, l'indicazione del nome di battesimo e la provenienza geografica; ma anche l'ulteriore riferimento converge nella medesima direzione, posto che lo stesso BALLAN -il quale, nel negare di esser stato "in Avanguardia", ammette tuttavia di aver "appartenuto al mondo di Avanguardia"- ha dichiarato (344): "sono indicato come referente di A.N., così è apparso, o forse anch'io ho dato modo che apparisse...in un certo senso corrispondeva alla realtà questa apparenza, ma non completamente". D'altronde -come si è visto in narrativa- v'è, da parte del * * * * * (342) -Cfr. vu 26/5/87, p12. (343) -Cfr. EB, V3, C84, p6 e vu 21/1/88, p66. (344) -Cfr. vu 26/5/87, p14. prevenuto, la timida ammissione di un "rapporto minimo" col FACHINI all'epoca del tentativo di riunificazione, nel '75-'76. Sempre dalle dichiarazioni dibattimentali del BALLAN risulta che egli ha partecipato nel '76 a riunioni di Avanguardia Nazionale, ha avuto incontri col DELLE CHIAIE in epoca posteriore allo scioglimento di Avanguardia Nazionale, ed è "molto legato a TILGHER". Immancabilmente, si ritrova il BALLAN -che di Avanguardia è nulla di meno che un responsabile nazionale (345)- al centro della campagna di arruolamenti lanciata nell'ambito della ricostituzione clandestina del Movimento. Così Valerio FIORAVANTI,nel medesimo verbale in cui ebbe a riferire dell'incontro col TILGHER (346): "Dopo l'incontro presso lo studio del TILGHER si presentarono a casa mia a Roma DI MITRI in compagnia di BALLAN. Non conoscevo quet'ultimo. Nella circostanza entrambi mi sollecitarono ad entrare a far parte della loro organizzazione senza peraltro scendere nei particolari. Il BALLAN si qualificò come persona che all'interno dell'organizzazione svolgeva prevalentemente * * * * * (345) - Cfr. AA, V9, C58, pp. 407-408. (346) -Cfr. EB, V3, C86/A, p23. funzioni logistiche piuttosto che politiche e riteneva che proprio questo poteva portarmi ad avere più fiducia in lui piuttosto che non nel TILGHER, dal momento che quet'ultimo invece ricopriva solo un ruolo politico. Nuovamente declinai la proposta". Marco BALLAN, avuta lettura delle dichiarazioni del FIORAVANTI, preferisce non negare in radice l'incontro, e attinge vertici di involontario umorismo, affermando (347): "io ritengo che l'incontro con FIORAVANTI ci sia stato, non ricordo questi particolari che mi sembrano strani, l'incontro c'è stato senz'altro. Io ricollego il discorso di FIORAVANTI, ricordo che andai a casa, a Roma, di un giovane che non sapevo essere FIORAVANTI, lo seppi solo successivamente...non lo conoscevo di fama...Fu un discorso inserito nel discorso che facevo prima, di contattare giovani nella ricerca di una unità di ambiente, non finalizzato a proposte di altro tipo". Nell'occasione, il BALLAN era accompagnato, oltre che dal DIMITRI, anche da Domenico MAGNETTA (348). La puntualizzazione si rende necessaria per meglio afferrare il * * * * * (347) - Cfr. vu 26/5/87, p14. (348) -Cfr. AA, V9, C58, pp. 71 e 291. contesto e l'inequivocabile messaggio sostanziale che, al di là delle formule ambigue e dei sottintesi, era contenuto nelle parole del BALLAN. Giuseppe DIMITRI e Domenico MAGNETTA, infatti, sono, fra l'altro, coloro che, nel medesimo lasso di tempo, si rendono responsabili, con il FIORAVANTI ed altri, di quella rapina alla `Chase Manhattan Bank' della quale oggi anche il DELLE CHIAIE, il TILGHER ed il BALLAN sono chiamati a rispondere, a titolo di concorso morale, davanti alla Corte d'Assise di Roma (349). Ma la natura dei rapporti FIORAVANTI-DIMITRI è attestata dalla comune disponibilità, per la custodia delle armi, dello scantinato di via Alessandria,e dal fatto che il primo si erarisoltoadincontrare il TILGHER "più chealtro per condiscendenza" verso il DIMITRI, cui era già legato da "rapporti di amicizia". Marco BALLAN, che è di Milano, a Roma si fa accompagnare ad incontrare colui che -tramite gli * * * * * (349) -La rapina è del 27/11/79. Cfr. AA, V9, C58, pp. 137-138, 245, 351 e 448. Significativo il fatto che il BALLAN -nelle dichiarazioni rese al PUBBLICO MINISTERO di Firenze (cfr. 5° foglio del verbale 6/3/86, in AAD, V3, C15)- pur dichiarandosi estraneo alla rapine della fine del '79 ed affermando di non averne mai saputo in termini precisi, abbia però ammesso che non ignorava "certe situazioni"; e il suo non ignorarle era tale da consentirgli di sapere "che parte del denaro provento delle rapine fu inviato all'estero a DELLE CHIAIE che era in Sud America". accompagnatori, ed il DIMITRI in particolare- sa benissimo essere un consumato criminale, dedito a null'altro che a rapine e ad attività terroristica. Peraltro, la vera finalità del discorso di `reductio ad unum' dell'ambiente è fatta palese dalle parole che di lì a qualche tempo, in un analogo contesto, l'altro dirigente nazionale di Avanguardia, Adriano TILGHER, rivolgerà -come si è visto- a Walter SORDI. L'`operatività'di Marco BALLAN durante il periodo cui l'imputazione si riferisce è attestata dalle proposte che, ancora nei primi mesi del 1981, egli rivolgeva a Gilberto CAVALLINI. Sul punto sono intervenute le dichiarazioni del SORDI e di Angelo IZZO. Il primo (350): "So che CAVALLINI, dopo i fatti di Padova" (351) "si appoggiò al suo vecchio amico MAGNETTA che conosceva fin dai tempi in cui stava a Milano, il quale a sua volta lo indirizzò verso Marco BALLAN. Costui, dopo averlo ospitato in un rifugio che non so indicare, gli propose di espatriare insieme anche a tutti * * * * * (350) - EA, V10/a-5, C225 bis, p13; cfr., per il giudizio, vu 20/1/88, p218. (351)-Si allude all'episodio del Canale Scaricatore del 5/2/81, a seguito del quale fu arrestato Valerio FIORAVANTI. gli altri del gruppo, in Bolivia. CAVALLINI mi disse anche che aveva rifiutato perché le condizioni che gli erano state poste gli sembravano inaccettabili: infatti avrebbe dovuto consegnare armi e denaro e mettersi alle dipendenze di DELLE CHIAIE in Bolivia, persona di cui non si fidava..." Il secondo (352): "CAVALLINI mi ha detto che dopo la uccisione dei due carabinieri a Padova lui e quelli del suo gruppo si trovarono in una situazione difficile anche perché vari covi erano caduti ed era caduta la sua copertura in Veneto dove viveva in clandestinità. Mi disse CAVALLINI che a Milano era stato avvicinato, in quella situazione difficile che gli si era creata, da MAGNETTA e BALLAN i quali proposero a lui ed a quelli del suo gruppo di lasciar loro le armi e di rifugiarsi in Bolivia...mi raccontò che aveva detto della proposta fatta da MAGNETTA e BALLAN della Bolivia, a Cristiano FIORAVANTI specificandomi che questo incontro col FIORAVANTI era avvenuto al laghetto dell'EUR a Roma. CAVALLINI mi disse, poi, che aveva lasciato cadere la * * * * * (352) - AA, V4, C24, pp. 102-103; cfr. anche EB, V3, C68, pp. 32-33; in dibattimento (cfr. vu 25/11/87, pp. 87-88),l'IZZO ha precisato che la proposta fu fatta in due occasioni e d'aver avuto come fonte anche Gabriele DE FRANCISCI. proposta di andare in Bolivia..." Il BALLAN, secondo il suo più recente atteggiamento, fatto di molte menzogne e qualche mezza verità, nel negare d'aver aiutato il CAVALLINI e di averlo personalmente incontrato nell'occasione, ha tuttavia finito con l'ammettere significativamente che si adoperò, per motivi umanitari, per procurare ospitalità alla SBROIAVACCA ed al figlio di lei e del CAVALLINI (353). Ed ha soggiunto: "...In questa occasione può anche darsi che qualcuno vicino a me consigliò al CAVALLINI di andarsene dall'Italia, che forse era la cosa migliore e da qui le varie dichiarazioni dei pentiti..." Non si capisce perché, pur disponibile a soccorrere la SBROIAVACCA, il BALLAN, che poco più di un anno prima aveva contattato un personaggio come Valerio FIORAVANTI, avrebbe dovuto arricciare il naso di fronte alla prospettiva di incontrare il CAVALLINI ("non ho voluto avere a che fare con lui personalmente"), soprattutto dopo che l'aveva già aiutato una volta nel '77, `appoggiandolo' al FACHINI, quando il CAVALLINI evase mentre si trovava detenuto con * * * * * (353)- Cfr. vu 26/5/87, pp. 17-18. l'imputazione di omicidio. d) La posizione di Maurizio GIORGI si presta ad essere rapidamente definita. Si è avuta occasione di rilevare il suo rapporto di collaborazione col S.I.D. Il prevenuto è' poi presente alla riunione di Albano Laziale (354). Si stabilisce in Sudamerica nel luglio del 1977 (355) e rientra definitivamente in Italia nell'ottobre del 1981 (356). Benché in Sudamerica abbia mantenuto contatti personali con Stefano DELLE CHIAIE, non ha partecipato all'opera di riorganizzazione di Avanguardia Nazionale, e, segnatamente, all'opera di arruolamento che ha visto impegnati in prima persona il DELLE CHIAIE, il TILGHER ed il BALLAN. Negli anni in cui dimora fuori dall'Italia, si viene perciò a trovare in posizione defilata, a differenza del DELLE CHIAIE, che, nella sua posizione di latitante all'estero, mantiene tuttavia i rapporti col GELLI, rientra temporaneamente in Italia, per partecipare, da capo carismatico, alla riunione * * * * * (354) - Cfr.le dichiarazioni del CALORE, in IA, V9/a-1 bis, C13/12, p34 e vu 10/12/87, p52, e quelle del CITTI, in EB, V2, C50, pp. 9 e 16; della presenza del GIORGI ad Albano ebbe a riferire anche Giorgio COZI, come emerge dalla contestazione mossa al GIORGI dal Giudice Istruttore di Roma, ricavabile dal verbale 14/6/83, in IB, C6/1, p7. nello studio dell'Avv. CAPONETTI della primavera del '79, riceve l'ALIBRANDI ed il CARMINATI a Parigi in un contesto grottesco che vorrebbe fungere da catalizzatore per l'adesione all'organizzazione, e, dai comodi rifugi di oltre frontiera, riprende le operazioni in Italia per il tramite dei suoi sottoposti TILGHER, BALLAN, MANGIAMELI. Il fatto che il GIORGI, in sede di discussione, sia stato sostanzialmente `dimenticato' dalle accuse pubblica e privata è in sé assai eloquente. Va chiarito che, stanti le premesse di cui sopra, non incide sulla decisione della Corte il fatto che pende tuttora, in istruttoria, un separato procedimento a carico del GIORGI (e del DELLE CHIAIE, del TILGHER e del BALLLAN) per la strage del 2 agosto 1980. Tale questione -con i problemi che essa comporta (quali, ad esempio, l'esatta individuzione del periodo o dei periodi di soggiorno in Italia del GIORGI nel 1980)- può e quindi deve rimanere estranea alla cognizione di questaCortee resta del tuttoimpregiudicata. Infatti, nell'assenza -testé constatata- di elementi diversi che inducano a ritenere l'inserimento del GIORGI all'interno dell'associazione eversiva ipotizzata dall'accusa, l'eventuale accertamento della responsabilità del prevenuto per l'organizzazione della strage non varrebbe se non ad individuarlo come partecipe del disegno terroristico del gruppo degli attentatori, senza per questo farlo assurgere al livello di membro dell'organizzazione che si assume essersi collocata a monte quale `sponsor' politico occulto di campagne di attentati. Allo stesso modo in cui è stato possibile ipotizzare da parte dell'accusa la penale responsabilità del FIORAVANTI, della MAMBRO e del PICCIAFUOCO per la strage, senza ricollegarla -data la peculiare collocazione di quegli imputati- alla partecipazione all'associazione eversiva, così l'eventuale accertamento della responsabilità del GIORGI nell'attentato del 2 agosto non verrebbe, `rebus sic stantibus', ad alterare il quadro su cui si forma il giudizio circa l'imputazione associativa contestata all'imputato in questa sede. Da tale imputazione associativa il GIORGI va assolto per non aver commesso il fatto. |
Piccole bombe crescono fonte http://www.societacivile.it/primopiano/articoli_pp/pp_3.html Una galassia nera dietro l'attentato al Manifesto. La bomba scoppiata il 22 dicembre 2000 davanti alla redazione del Manifesto avrebbe dovuto restare oscura e impunita, come tutte le bombe italiane. Invece, per l'imperizia del presunto attentatore, è chiara la matrice, è chiaro il contesto in cui quella bomba è potuta scoppiare. Per due motivi l'ultradestra italiana è oggi insidiosa. I rapporti con la destra berlusconiana. I rapporti dei gruppi fascisti, nazisti, razzisti e antisemiti con la destra ufficiale sono molteplici. Forza nuova, per esempio, ha raccolto le firme anti-immigrati insieme alla Lega di Umberto Bossi. I voti di Forza nuova sono stati determinanti per eleggere, al ballottaggio, Giustina Destro sindaco di Padova. Roberto Fiore è stato invitato a un dibattito insieme a Marcello Dell'Utri, braccio destro di Silvio Berlusconi e fondatore di Forza Italia, oltre che al Meeting di Comunione e liberazione a Rimini, dove ha spiegato che l'aborto è un assassinio. Ad accogliere Fiore e Morsello, fondatori di Forza nuova, all'aeroporto di Fiumicino, quando nel 1999 sono tornati da oltre dieci anni di latitanza (erano ricercati per costituzione di banda armata), c'erano Francesco Storace, Enzo Fragalà e Alberto Simeone di Alleanza Nazionale, Ernesto Caccavale di Forza Italia e due avvocati (Carlo Taormina e Paolo Giachini, già difensore di Erich Priebke). Da dove vengono. Reclutamento tra i giovani skinhead. E tra gli ultrà delle curve nere. Gli Hammerskin. «Dobbiamo assicurare l’esistenza del nostro Popolo e un futuro per i nostri bambini bianchi», predica David Lane, il profeta dei piccoli assassini di Littleton (15 studenti assassininati, nel 1999, in una scuola americana). In Europa lo seguono schiere ristrette d’affezionati, una chiesa sotterranea di fedeli alle sue «14 parole» e agli «88 precetti». 14 e 88 sono i numeri che compaiono spesso nella nuova iconografia nazi, cabala misterica per iniziati e insieme necessità di nascondersi per sfuggire a «leggi liberticide»: l’ottava lettera dell’alfabero è la H, così 88 significa anche HH, ossia «Hail Hitler». I neri in Italia. Se all’estero, in particolar modo in Germania, gli skin sono accusati di numerose azioni violente, fino all’omicidio di intere famiglie d’immigrati bruciati nei roghi delle loro case, in Italia le teste rasate non sono andate oltre qualche rissa, qualche scontro con la polizia, qualche assalto a gruppi dei centri sociali «rossi», oltre a molte violenze negli stadi. Un paio di morti, però, ci sono stati: un extracomunitario picchiato, inseguito e lasciato affogare nel Po a Torino; e un cittadino del Bangladesh ucciso nel 1996 a Frascati. Come è nata Forza nuova. Nasce il Fronte nazionale. Negli stessi mesi, intanto, un gruppo di giornalisti di estrema destra riuniti attorno al giornale Uomo libero - Mario Consoli, Piero Sella, Sergio Gozzoli - forte di un rapporto politico diretto con il leader del Front National francese Jean Marie Le Pen, stava tentando di costituire l’omologo italiano, il Fronte Nazionale (niente a che vedere con l’omonimo movimento di Freda, almeno ufficialmente sciolto). Poi le cronache dall’interno, non si sa quanto attendibili, riferiscono di assemblee tumultuose, di confronti duri, addirittura di scontri fisici: Adriano Tilgher, braccio destro di Stefano Delle Chiaie, cala con i suoi nelle riunioni dove sta per essere varato il Fronte, si impossessa rapidamente del movimento nascente e gli fa prendere vita il 28 settembre, il giorno prima dell’annunciato avvio di Forza Nuova. Forza nuova: no dialogo con l'ultrasinistra. Il regolamento del militante. La tessera di Forza nuova. Le manifestazioni. |
Elezione dei Membri del Parlamento Europeo spettanti all'Italia
Fonte: http://www.prefettura.bergamo.it/FilesAndImages/AlternSoc.pdf#search='tilgher%20adriano'
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L'INTERVENTO DI PINO RAUTI (ALL'EPOCA CAPO DI ORDINE NUOVO E OGGI DEL MS-FIAMMA TRICOLORE) AL CONVEGNO ORGANIZZATO DALL'ISTITUTO POLLIO. Fonte: http://www.ecn.org/ponte/fontana/rauti.php LA TATTICA DELLA PENETRAZIONE COMUNISTA IN ITALIA Intervento del 4 maggio 1965 del dottore PINO RAUTI Cercherò di mantenere il mio intervento nei limiti concessi dal Convegno, limiti che potranno essere ritenuti più o meno stretti ma che vanno osservati se non si vuol finire con il fare un convegno politico, con tutti i vantaggi, ma anche con tutti gli svantaggi che ne deriverebbero. Questo incontro ha invece, un suo carattere specifico che consiste nell’analisi della tecnica, della metodologia della g.r., o guerra sovversiva che dir si voglia. Ora, sulla teoria di questa guerra sovversiva ci troviamo quasi tutti d’accordo. Ci sono delle sfumature interpretative, ma abbiamo appreso (ed è stata una piacevole scoperta) che in varie parti d’Italia, persone diverse, gruppi diversi, circoli ed ambienti diversi, di diversa estrazione politica, si sono posti questo stesso ordine di problemi. Dobbiamo tuttavia sgombrare il campo, a mio avviso, da alcune questioni preliminari, da alcuni quesiti pregiudiziali. Si è detto ad esempio: “Ma non basterebbe la semplice applicazione delle leggi? Non basterebbe la semplice applicazione del Codice Penale, per reprimere, nella fase iniziale, le manifestazioni aggressive del comunismo per la conquista del potere?” Prima di tutto si deve osservare che la g.r. in sé e per sé, negli atti specifici nei quali essa si articola, che spesso vengono affidati a particolari agenti di esecuzione, si estrinseca in atti che non sono direttamente perseguibili dal Codice Penale. Si tratta, cioè, come diceva uno studioso, belga della g.r., di un delitto globale, che è difficilmente definibile e che quindi non è colpibile nella manifestazione con cui esso si presenta. E’ la somma, la globalità e soprattutto la continuità con la quale questi atti vengono compiuti, nel tessuto connettivo dello Stato, nel tessuto politico, nel tessuto costituzionale, economico e sociale, che configurano la g.r. Da qui la sensazione, quasi avvilente, di disarmo che una certa parte della classe dirigente contemporanea d’Italia, prova, indubbiamente, dinanzi alla situazione, dinanzi all’attivismo scatenato dei comunisti. Cioè la sensazione che gli strumenti giuridici, politici e costituzionali siano dati superati da questa nuova tecnica. Quesito di ordine ancora più generale è quello sulla capacità obiettiva che possono avere o non avere alcuni tipi di regimi politici nell’affrontare questa forma modera di aggressione, di marcia verso il potere, di conquista. Indubbiamente, un conto era la lotta politica condotta nel diciannovesimo secolo, che ubbidiva a certe regole, che riguardava categorie molto ristrette di persone; un altro è la lotta politica che si conduce oggi nelle grandi platee contemporanee, dove operano contemporaneamente decine di milioni di persone, le quali sono raggiunte quotidianamente, ora per ora, fino nell’intimità della casa, dallo sviluppo tecnologico contemporaneo e dallo sviluppo dei grandi mezzi d’informazione. Ecco quindi che, al di fuori del quadro strettamente penale, strettamente giuridico, nel quale sarebbe estremamente difficile situare il problema della repressione dell’attività sovversiva, al di fuori dello stesso quadro politico e costituzionale, che si trova ad essere superato dalla corsa dei tempi, si pone angoscioso e drammatico il problema che questo Convegno intende, appunto, sottolineare. Ci troviamo di fronte a una nuova tecnica per la conquista del potere. Qual è, quali sono, in linea pratica, in linea concreta, le sue caratteristiche, le sue espressioni e manifestazioni principali e quali sono i metodi con i quali a questa tecnica si può reagire? In linea teorica siamo tutti d’accordo; si chiama guerra sovversiva, guerra rivoluzionaria, guerra psicologica, noi ci troviamo di fronte ad un piano accuratamente elaborato, e che si contraddistingue in pratica in due aspetti principali; il primo è che, con questa tecnica, il comunismo ha rinunciato all’attacco frontale condotto nei confronti dello Stato. I più anziani fra noi, presenti in questa sala, ricorderanno certo per esperienza diretta, i meno anziani lo sapranno per averlo letto, in quali forme si espresse, nell’altro dopoguerra il tentativo comunista per il potere: era la tecnica dell’assalto frontale; non c’era istituzione dello Stato che non venisse frontalmente aggredita, che non venisse, quasi ottusamente, presa d’assalto. Andavano a dare fastidio, andavano a sciogliere non solo le dimostrazioni patriottiche, ma perfino le manifestazioni religiose, le cerimonie più intime e più care alla psicologia collettiva; andavano a strappare dai petti dei combattenti le medaglie al valore, sputavano sulla bandiera, insultavano tutti coloro che osassero presentarsi in divisa in certi quartieri notoriamente sovversivi. Ovviamente, ci fu una reazione a tutto questo, e quello che successe lo sappiamo benissimo. In questo dopo guerra (non solo per la lezione che i comunisti ebbero allora, ma anche per una serie di altre considerazioni) hanno cambiato tattica. Oggi, la difficoltà di combattere il comunismo in Italia dipende quasi esclusivamente dal fatto che i comunisti non si vedono. Essi sono tanto onnipresenti, quanto invisibili. Voi potete andare nei quartieri più “rossi”; voi potete andare nelle zone più rosse e più sovversive della Toscana e dell’Emilia, dove i comunisti hanno già raggiunto da molto tempo – e sotto molti aspetti hanno già superato – la maggioranza assoluta (dal 60 al 70% di voti); voi potete andare nelle cosiddette “Stalingrado rosse”, che non sono soltanto quelle di Sesto San Giovanni, ma sono anche certe zone agricole pugliesi, sono nel triangolo rosso molisano, e via dicendo (zone nelle quali i comunisti, notoriamente, controllano la situazione); ebbene non vedrete mai un distintivo comunista all’occhiello. Questo per significare, per sottolineare, quasi, che i comunisti intendono conquistare lo Stato, attraverso una lenta opera di saturazione interna. Questo è il primo aspetto che assume, in Italia, la guerra sovversiva per la conquista del potere. Quindi, da questo punto di vista, noi non dobbiamo credere che si ripeterà in Italia, meccanicamente, la trasposizione degli schemi organizzativi, degli schemi attivistici che contrassegnarono il periodo che va dal 1943 al 1945. Anzitutto perché allora c’era una guerra, e c’era una guerra civile, e c’erano particolari emotività scatenate dagli avvenimenti del 25 luglio, dell’8 settembre, e via dicendo; e poi perché i comunisti si sono resi conto che qualsiasi tattica che li portasse a combattere allo scoperto, alla luce del sole, facendo proclamare gli obiettivi che intendono raggiungere non potrebbe non provocare un processo di reazione contraria. Ed è questa la cosa che evidentemente essi temono di più. Quindi, io non porrei il problema del pensare a come difendersi dalle conseguenze ultime della g.r., pensando ai comunisti che, chiusi nel segreto del loro apparato, si domandano: “chi dovremo uccidere per primo col colpo alla nuca, il prefetto, il questore, il parroco o il vescovo?”. I comunisti, oggi, nell’Italia 1965, non sono affatto in questo ordine di idee, per quanto si sappia tutti che esiste un apparato pronto a scattare alla prima occasione, per quanto serpeggi nelle masse comuniste un certo estremismo massimalistico che già esplose, per esempio dopo l’attentato a Togliatti. In quell’occasione, infatti, le masse comuniste, per conto loro, scesero nelle piazze e andarono molto al di là di quanto non volessero i loro dirigenti. Il che sta a dimostrare che spesso i dirigenti comunisti non riescono a padroneggiare il cosidetto “estremismo di base”. Ma, fermandoci al vertice, alla sua visuale politica, alla organizzazione e alla propaganda da esso imposte, noi dobbiamo prevedere che il P.C. in Italia tenterà molto difficilmente il colpo della conquista violenta del potere, e continuerà a lavorare così come ha fatto fino a oggi, cercando di riuscire nei suoi intenti attraverso la lenta saturazione degli organi dello Stato. Di conseguenza, mentre una volta si doveva parlare in termini esclusivamente anti – comunisti, ora ci si deve porre il nuovo problema che deriva dalla crescente strumentalizzazione che dell’apparato dello Stato stanno facendo i social – comunisti, lasciando alle altre forze, il compito, l’onore e il rischio, quindi, di una eventuale ribellione contro i poteri costituiti. Dunque non meccanica trasposizione dei tentativi precedenti ma lenta conquista dall’interno dell’apparato dello Stato. Oggi per il P.C. (io l’ho detto diverse volte e lo ripeto anche in questa sede) è più importante, è infinitamente più importante disporre del posto di capo servizio alla radio e alla televisione, là dove si manipolano i programmi che disporre di cinquecento attivisti in piazza, perché i cinquecento attivisti in piazza ne possono mobilitare altri cinquemila avversi, contrari e decisi a menare le mani. Inoltre i cinquecento attivisti comunisti non si fanno vivi che in determinate occasioni, mentre lo sconosciuto signore che, nel chiuso di una stanza, sceglie un’opera teatrale invece di un’altra, mette in onda una certa commedia invece di un’altra, procede all’indottrinamento, al condizionamento psicologico, all’avvelenamento invisibile delle coscienze e delle volontà di centinaia di migliaia, di milioni di persone. Ecco la tecnica comunista per la conquista dello Stato. La quale tecnica, quindi, si contraddistingue per il tentativo di sfruttare per linee interne l’apparato dello Stato e, soprattutto, i suoi mezzi informativi, in attesa di poter conquistare e utilizzare anche i mezzi repressivi dello Stato. L’altra caratteristica della g.r. è la fredda, la scientifica, la razionale continuità alla quale obbedisce l’azione comunista. Mentre nel campo anticomunista, in genere, si lotta solo nel periodo elettorale, i comunisti sono ogni giorno, ogni ora, presenti nel Paese: essi lavorano sempre, perché essi sono, appunto, in guerra, mentre gli altri fanno, di tanto in tanto, delle azioni propagandistiche, che si esprimono, grosso modo, nella campagna elettorale, nell’affissione di manifesti, in una certa vita di partito più o meno organizzata, generalmente discontinua. Al contrario, i comunisti, attraverso la loro massiccia organizzazione burocratica, sono in grado di mantenere permanentemente mobilitato un piccolo esercito, il quale, dalla mattina alla sera, senza alcuna interruzione, provvede all’inquadramento e allo sfruttamento di tutti gli argomenti propagandistici che la situazione offre loro. Quindi, conquista dall’interno delle strutture dello Stato, la estrema continuità dell’azione. Ecco i problemi dinanzi ai quali si trovano oggi tutti coloro che in Italia vogliono affrontare seriamente, in maniera approfondita, il tema della g.r. Queste persone (noi, in altri termini) devono evitare, a mio avviso, un grave pericolo di impostazione in materia, che a me è sembrato di notare un po’ in tutte le indagini condotte su questo argomento. Di solito, si tende a dire che la g.r., come viene attuata in Italia, sia la trasposizione, in termini appena appena adeguati, delle tecniche di g.r. che i comunisti hanno seguito e stanno seguendo per la conquista del potere nei Paesi afro-asiatici o, più in generale, nei Paesi sottosviluppati. A mio avviso, le citazioni di Mao Tzè Tung, le citazioni dei testi classici, in materia, debbono servire soltanto come riferimento culturale, informativo, perché la tecnica per la conquista del potere, in un paese industrializzato, in un paese moderno, in un paese occidentale, ubbidisce a regole e a necessità diverse. Regole che io ho creduto appunto di riassumere prima nelle due considerazioni principali ovvero nell’infiltrazione nei gangli dello Stato con il divieto, direi quasi assoluto, per i propri attivisti di ricorrere ad azioni di violenza, e nella continuità e nella capillarità dell’azione politica. Ecco quindi che il fenomeno della guerra sovversiva pone alle nostre coscienze e alle nostre preoccupazioni una serie di problemi estremamente drammatici ed estremamente urgenti, perché noi tutti sentiamo che l’apparato politico e costituzionale del quale le forze anti comuniste si trovano a disporre non sembra molto adeguato alla lotta contro il comunismo. Questo spiega anche perché il comunismo in Italia stia guadagnando terreno, mentre le altre forze ne stanno, evidentemente, ogni giorno perdendo. Quali sono, in concreto, le risposte che noi pensiamo di poter dare a questa tecnica? Anzitutto, la illustrazione (di cui questo convegno è soltanto un primo ma efficacissimo passo) propagandistica dell’esistenza di queste caratteristiche specifiche, attuali, moderne, dell’azione comunista per la conquista del potere. Non c’è nulla di peggio, per i comunisti, che presumono di poter lavorare ancora nell’ombra per sviluppare questo loro piano scientificamente ideato e scientificamente realizzato, non c’è nulla di peggio che l’illustrazione più vasta possibile del particolare tipo di aggressione che essi pensano di poter effettuare in Italia. Quindi, anzitutto, non si pensi che questo convegno esaurisca la sua importanza nel dar vita al documento conclusivo. Ha, invece, una sua importanza agli effetti pratici: mettere in luce certi temi, puntualizzare esattamente le tecniche usate dall’avversario, diffondere questa nuova impostazione, questo nuovo angolo visuale dal quale riguardare l’azione comunista quotidiana. E ciò è quanto di più utile sul piano propagandistico si possa fare. Rappresenta, direi anzi, una novità assoluta nel quadro piuttosto deprimente delle attività attuali dell’anticomunismo italiano. Bisogna puntare sull’opinione pubblica al di fuori degli schemi di partito e dei riferimenti politici. Non bisogna continuare a considerare la lotta politica basata esclusivamente sugli schemi ottocenteschi dei partiti. Occorre considerare anche l’importanza che hanno le iniziative settoriali, le organizzazioni parallele, lo studio approfondito di queste nuove tecniche di indottrinamento e di condizionamento delle masse: ecco l’importanza del convegno. Ecco l’importanza dei risultati ai quali mi sembra che esso indubbiamente sia pervenuto, se non altro per la messe di considerazioni e per l’abbondanza di documentazioni che esso ha messo a disposizione. Se un numero crescente di italiani sarà indotto a riguardare il comunismo, non secondo lo schema ormai non più valido e sorpassato di un partito che conquista o cerca di conquistare il potere attraverso il ricorso alle elezioni e lo sfruttamento, più o meno estremista, più o meno provocatorio delle sue organizzazioni sindacali, ma sarà indotto a riguardare il comunismo in Italia, come un male che contrasta la nostra civiltà di italiani, di europei, di occidentali; se sarà indotto a riguardare alle tecniche comuniste freddamente elaborate per la conquista del potere in un Paese moderno, in una situazione storico- politica completamente diversa da quelle che ci hanno precedute, noi avremo compiuto un’opera utilissima. Spetterà poi ad altri organi, in senso militare, in senso politico generale, trarre da tutto questo le conseguenze concrete, e far sì che alla scoperta della guerra sovversiva e della g.r. segua l’elaborazione completa della tattica contro – rivoluzionaria e della difesa. |
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Gaetano Saya, arrestato dalla Digos allinizio di luglio per le attività eversive della sua polizia parallela antiterrorismo, è il fondatore di un partito patacca. Fortuna vuole che questo partito abbia il nome e il simbolo del vecchio Movimento Sociale Italiano, l’attuale An. Berlusconi non se l’è fatto scappare e ha pubblicamente annunciato l’alleanza facendosi fotografare accanto alla moglie. Saya si mostra riconoscente: nell’ultima lettera pubblica lo chiama Eccellenza e promette: «Sappia il Popolo Italiano che essendo uomo d’armi, d’onore e d’azione combatterò oltre la morte la bestia rossa comunista come è mio uso e costume, “mai un passo indietro”». |
Pino Rauti fondatore di Ordine nuovo è stato cacciato perfino dal partito che lui stesso ha creato: il Movimento Sociale Fiamma Tricolore. Il suo delfino Luca Romagnoli lo ha messo alla porta. Ma Berlusconi ha deciso che nelle liste di Forza Italia ci sarà un posto anche per lui e per il suo nuovo partito, Movimento Idea Sociale. Pino Rauti lo ha ripagato spiegando in una recente intervista al Corriere della Sera di essere rimasto fedele agli ideali del fascismo rivoluzionario di Salò. E cantando le lodi dell’attuale presidente del consiglio: nessun politico di oggi assomiglia tanto a Mussolini. |
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Adriano Tilgher, leader del Fronte Sociale Nazionale, uscì dal Movimento Sociale nel lontano 1970. Poi fondò l’organizzazione extraparlamentare Avanguardia nazionale, fu arrestato due volte per il reato di ricostruzione del partito fascista e trascorse cinque anni in carcere. Ora è leader del Fronte Sociale Nazione. Berlusconi tratta anche con lui. |
Luca Romagnoli è stato per anni il delfino di Pino Rauti. Almeno fino a quando non lo ha cacciato dal partito che aveva fondato, divenendo leader incontrastato del Movimento Sociale Fiamma Tricolore. È europarlamentare eletto in Alternativa Sociale. In Parlamento vanta un deputato: è Antonio Serena, cacciato due anni fa da An per aver inviato a tutti i deputati un video con l'autobiografia di Erich Priebke, tra i responsabili del massacro nazista delle Fosse Ardeatine. |
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