nella sua parrocchia a Bosco Minniti, sono state proprio le false attestazioni di ospitalità. Grazie a queste, l’organizzazione sgominata dalla Dda di Catania avrebbe potuto garantire i permessi di soggiorno ai migranti, riscuotendo, secondo le accuse, compensi da 800 a 1000 euro. Chiunque conosce don Carlo è pronto a scommettere che il sacerdote ha agito in buona fede, spinto dalla forte voglia “Ma da quelle che sono le prove sin qui prodotte – ha aggiunto il magistrato - attraverso una apparente azione umanitaria, Ancora più preciso il Procuratore di Catania quando si parla del ruolo di padre Carlo D’Antoni: “Certamente problematica Secondo quanto si legge nella informativa diffusa dalla polizia, ruolo determinante nella vicenda era rivestito |
SIRACUSA 9 febbraio- La Polizia di Siracusa sta eseguendo nove provvedimenti di custodia cautelare, emessi dal Gip del Tribunale di Catania, con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'illecita permanenza di stranieri nel territorio dello stato italiano, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a Pubblico Ufficiale. Le indagini, coordinate inizialmente dalla Procura della Repubblica di Siracusa e successivamente dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, ruotano attorno a una presunta organizzazione criminale che aveva la sua base logistica nella chiesa di Bosco Minniti a Siracusa. Il clan, che avrebbe gestito la permanenza in Italia di extracomunitari di origine cinese e nigeriana, produceva e rilasciava, dietro lauti compensi, documenti falsi necessari per ottenere i relativi permessi di soggiorno per asilo politico o protezione, tanto da diventare un punto di riferimento a livello nazionale per i clandestini provenienti da diverse parti d'Italia. Attraverso questo sistema l'organizzazione sarebbe riuscita ad ottenere la regolarizzazione di numerose ragazze di origine nigeriana, avviate da tempo alla prostituzione in Campania. A due donne è stato contestato anche il reato di riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione. C'è anche padre Carlo D'Antoni, parroco della Chiesa di Bosco Minniti, e da tempo impegnato in prima linea nel sostegno ai disagiati e soprattutto agli immigrati, tra gli indagati dell'operazione della polizia di Stato di Siracusa contro una presunta banda accusata di gestire il racket per il rilascio di falsi permessi di soggiorno a clandestini. Il reato ipotizzato nei suoi confronti dal Gip di Catania, che ne ha disposto gli arresti domiciliari, è associazione per delinquere. Stessi reati sono contestati anche all'avvocato Aldo Valtimora, un professionista assai attivo anche lui nell'azione di sostegno e di assistenza ai migranti, e al suo segretario, Antonino De Carlo, che sono stati posti anche loro agli arresti domiciliari. |
La Repubblica Don Carlo era a capo di un'organizzazione che vendeva documenti illegali ai clandestini in italia
Siracusa, arrestato un parroco di frontiera "Rilasciava falsi permessi di soggiorno" SIRACUSA 9 febbraio- Un'inchiesta sull'immigrazione clandestina, sullo sfondo la Sicilia e la cittadina di Siracusa. Il protagonista, un parroco di frontiera, padre Carlo D'Antoni, ora posto agli arresti domiciliari su disposizione del gip di Catania e due suoi collaboratori, arrestati anch'essi. In totale sarebbero nove i provvedimenti di custodia cautelare emessi dal gip di Catania nei confronti di altrettranti soggetti accusati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento della permanenza illegale di immigrati nel territorio italiano, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a pubblico ufficiale. Le indagini, coordinate inizialmente dalla procura di Siracusa e poi da quella di Catania, hanno evidenziato che l'organizzazione, che aveva base logistica proprio presso la chiesa situata nel quartiere di Bosco Minniti di Siracusa, agiva allo scopo di consentire la permanenza di cinesi e nigeriani entrati clandestinamente nel Paese. Il clan, guidato dal parroco, produceva e rilasciava, dietro il pagamento di ingenti somme di denaro, i documenti falsi necessari per ottenere i permessi di soggiorno per l'asilo politico, tanto da divenire un punto di riferimento nazionale per gli stranieri provenienti da diverse parti d'Italia. I criminali riuscivano a ottenere anche la regolarizzazione di numerose ragazze nigeriane avviate da tempo alla prostituzione in Campania, inviate dai loro sfruttatori interessati a preservare la loro fonte di reddito. A due donne è stato infatti contestato, anche il reato di sfruttamento della prostituzione. Il prete della chiesa di Bosco Minniti è stato accusato di gestire l'organizzazione, di essere la mente dell'associazione. Tutto era perfetto, organizzato con la massima accuratezza. Il parroco aveva pensato a ogni particolare, trasformando la chiesa in un luogo accogliente: per un ora, di sera, l'altare diventava una mensa capace di accogliere un centinaio di persone. Poi, dopo cena, si disponevano cuscini e materassi per terra e si riposava. Don Carlo era un buono - dicono alcuni conoscenti del parroco. "Era buono perché dormiva con loro, non li sfruttava". Posto agli arresti domiciliari, il parroco è da sempre considerato a Siracusa come un prete in prima linea sul fronte dell'immigrazione. E la sua parrocchia, nel tempo, è diventata punto di approdo per centinaia di stranieri scampati alla traversata del Canale di Sicilia. Ora le indagini proseguiranno. Per ora però permane la certezza che padre Carlo, in passato, aveva provato in più occasioni, a denunciare alla Procura della Repubblica le condizioni disumane nelle quali centinaia di uomini e donne sono costretti a vivere. Come ogni anno, infatti, nel periodo di marzo gli immigrati si dirigono verso la Sicilia per la raccolta nei campi. Invadono le campagne di Cassibile e di Pachino, due zone nei pressi di Siracusa. Quest'anno, gli immigrati sono arrivati anche da Rosarno, accampandosi nelle campagne e sollevando inevitabili problemi di natura igienico sanitaria. L'allarme lanciato da Don Carlo è rimasto a lungo inascoltato. |
Siracusa: parroco arrestato perchè rilasciava falsi permessi di soggiorno 09/02/2010 - 15:25 Un’inchiesta sull’immigrazione clandestina, sullo sfondo la Sicilia e la cittadina di Siracusa. Il protagonista, un parroco di frontiera, padre Carlo D’Antoni, ora posto agli arresti domiciliari su disposizione del gip di Catania e due suoi collaboratori, arrestati anch’essi. In totale sarebbero nove i provvedimenti di custodia cautelare emessi dal gip di Catania nei confronti di altrettranti soggetti accusati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento della permanenza illegale di immigrati nel territorio italiano, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a pubblico ufficiale. Le indagini, coordinate inizialmente dalla procura di Siracusa e poi da quella di Catania, hanno evidenziato che l’organizzazione, che aveva base logistica proprio presso la chiesa situata nel quartiere di Bosco Minniti di Siracusa, agiva allo scopo di consentire la permanenza di cinesi e nigeriani entrati clandestinamente nel Paese. Il clan, guidato dal parroco, produceva e rilasciava, dietro il pagamento di ingenti somme di denaro, i documenti falsi necessari per ottenere i permessi di soggiorno per l’asilo politico, tanto da divenire un punto di riferimento nazionale per gli stranieri provenienti da diverse parti d’Italia. I criminali riuscivano a ottenere anche la regolarizzazione di numerose ragazze nigeriane avviate da tempo alla prostituzione in Campania, inviate dai loro sfruttatori interessati a preservare la loro fonte di reddito. A due donne è stato infatti contestato, anche il reato di sfruttamento della prostituzione. Il prete della chiesa di Bosco Minniti è stato accusato di gestire l’organizzazione, di essere la mente dell’associazione. Tutto era perfetto, organizzato con la massima accuratezza. Il parroco aveva pensato a ogni particolare, trasformando la chiesa in un luogo accogliente: per un ora, di sera, l’altare diventava una mensa capace di accogliere un centinaio di persone. Poi, dopo cena, si disponevano cuscini e materassi per terra e si riposava. Don Carlo era un buono – dicono alcuni conoscenti del parroco. “Era buono perché dormiva con loro, non li sfruttava”. Posto agli arresti domiciliari, il parroco è da sempre considerato a Siracusa come un prete in prima linea sul fronte dell’immigrazione. E la sua parrocchia, nel tempo, è diventata punto di approdo per centinaia di stranieri scampati alla traversata del Canale di Sicilia. // Ora le indagini proseguiranno. Per ora però permane la certezza che padre Carlo, in passato, aveva provato in più occasioni, a denunciare alla Procura della Repubblica le condizioni disumane nelle quali centinaia di uomini e donne sono costretti a vivere. Come ogni anno, infatti, nel periodo di marzo gli immigrati si dirigono verso la Sicilia per la raccolta nei campi. Invadono le campagne di Cassibile e di Pachino, due zone nei pressi di Siracusa. Quest’anno, gli immigrati sono arrivati anche da Rosarno, accampandosi nelle campagne e sollevando inevitabili problemi di natura igienico sanitaria. L’allarme lanciato da Don Carlo è rimasto a lungo inascoltato. Poi la polizia ha fatto irruzione nella chiesa, arrestando il parroco di frontiera, il capo dell’organizzazione.
Manuela Vegezio
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SIRACUSA, ARRESTI E DUBBI. VOGLIAMO VERITA’ E GIUSTIZIA DICIAMO NO AL DELITTO DI SOLIDARIETA’.
1. Come riferisce l’ANSA del nove febbraio, “nove persone sono state arrestate dalla Polizia di Siracusa, su disposizione del Gip del Tribunale di Catania, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'illecita permanenza di stranieri nel territorio dello stato italiano, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a Pubblico Ufficiale. Le indagini, coordinate inizialmente dalla Procura della Repubblica di Siracusa e successivamente dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, ruotano attorno a una presunta organizzazione criminale che aveva la sua base logistica nella chiesa di Bosco Minniti a Siracusa”. Agli arresti domiciliari padre Carlo D'Antoni, parroco della Chiesa di Bosco Minniti, nei suoi confronti il Gip ipotizza il reato di associazione per delinquere. Sempre secondo l’Ansa gli “stessi reati sono contestati anche all'avvocato Aldo Valtimora, un professionista assai attivo anche lui nell'azione di sostegno e di assistenza ai migranti, e ad Antonino De Carlo, collaboratore di padre Carlo D'Antoni, anche loro posti agli arresti domiciliari”. Un operatore della chiesa di Bosco Minniti ha riferito ai cronisti che “padre Carlo nei giorni scorsi aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica e al Questore di Siracusa per quello che riteneva un sospetto atteggiamento ostile dell'ufficio immigrazione”. Come riferisce Repubblica “Ora le indagini proseguiranno. Per ora però permane la certezza che padre Carlo, in passato, aveva provato in più occasioni, a denunciare alla Procura della Repubblica le condizioni disumane nelle quali centinaia di uomini e donne sono costretti a vivere. Come ogni anno, infatti, nel periodo di marzo gli immigrati si dirigono verso la Sicilia per la raccolta nei campi. Invadono le campagne di Cassibile e di Pachino, due zone nei pressi di Siracusa”. Non intendiamo entrare nel merito delle diverse contestazioni riferite dai mezzi di informazione nei confronti dei singoli imputati, per i quali si deve comunque ricordare che nel nostro paese esiste ancora la presunzione di innocenza sino a condanna definitiva e che non è stato ancora abrogato l’art. 12 del Testo Unico sull’immigrazione n. 286 del 1998 e dunque “fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”. Dare accoglienza senza scopo di lucro agli immigrati irregolari non può diventare un “delitto di solidarietà”, neppure per effetto delle ultime disposizioni del pacchetto sicurezza, soprattutto quelle che sanzionano la messa a disposizione di un alloggio per fini di lucro a favore di irregolari. E se qualcuno persegue un personale fine di lucro non è scontato che questo si estenda a tutte le altre persone che collaborano in una associazione. In tutta Italia centinaia di luoghi di accoglienza accolgono migranti irregolari e richiedenti asilo, dichiarando la presenza di immigrati che sono costretti a muoversi sul territorio nazionale alla ricerca di un reddito e se vi sono, come certamente esistono, associazioni a delinquere finalizzate allo sfruttamento della prostituzione, occorrerebbe chiedersi se sono più efficaci le periodiche retate, con la consueta espulsioni lampo delle vittime del traffico, oppure se non sarebbe più efficace restituire una effettiva applicazione alle misure di protezione sociale previste dall’art. 18 del Testo unico sull’immigrazione, oggi dimenticato dagli stessi uffici amministrativi che dovrebbero utilizzarlo. Rinnoviamo dunque la nostra solidarietà nei confronti di tutti coloro che danno accoglienza agli immigrati irregolari per finalità umanitarie. Se singole persone hanno lucrato sull’accoglienza offerta agli immigrati vanno individuati e puniti senza processi sommari. Se poi le accuse si riferiscono anche alle richieste di asilo, ai documenti di soggiorno, o al reato di falso in atti pubblici, come sembra, sarebbe bene che le indagini si rivolgessero anche agli uffici preposti al loro rilascio, perché in altri processi simili che si sono celebrati in passato, anche in Sicilia, sono spesso emerse complicità interne che consentivano appunto l’indebito rilascio dei permessi. Di certo toccherà alla magistratura accertare fatti e responsabilità. Che esistano reti criminali straniere ( non solo cinesi e nigeriane, ma anche maghrebine), interessate allo sfruttamento delle persone che transitano nei centri di accoglienza è un fatto notorio, documentato già da numerose indagini penali in tutto il territorio nazionale, cosa più ardua è stata finora verificare quanto queste reti siano riuscite ad infiltrarsi nelle strutture di accoglienza e grazie a quali responsabilità. La Rete antirazzista di Catania ricorda però “la disponibilità della parrocchia di Boscominniti e di padre Carlo D’Antoni nel seguire il processo per il naufragio del Natale ’96 al largo di Portopalo. In seguito alla controinchiesta di Dino Frisullo sulla holding degli schiavisti, all'impegno degli avvocati e dei familiari delle vittime e delle associazioni antirazziste, dopo 13 anni si è arrivati alla condanna a 30 anni dei 2 imputati, anche se in seguito alle leggi securitarie ed ai respingimenti in Libia le mafie mediterranee continuano sempre più ad ingrassarsi “. 2. Riteniamo opportuno a questo punto chiarire alcuni aspetti della situazione degli immigrati nella provincia di Siracusa, aspetti non marginali, che oggi sembrano trascurati dai mezzi di informazione che hanno dato ampio rilievo alla vicenda degli arresti, dopo avere taciuto su altri fatti non meno gravi, come le accuse ben documentate contenute nel dossier di MSF (Medici senza frontiere) contro il sistema dei Centri di identificazione ed espulsione e dei CARA ( centri per richiedenti asilo) ed in particolare nei confronti della struttura di Cassibile, gestita fino al 2009 dall’associazione Alma Mater, a pochi chilometri da Siracusa, un centro di prima accoglienza ed identificazione che in parte funzionava come un CIE, chiuso dal ministero lo scorso anno. Una struttura nella quale, oltre a verificarsi gravi omissioni dal punto di vista dell’assistenza sanitaria, risultava del tutto carente anche l’assistenza legale, gestita dall’associazione “Un Ponte sul Mediterraneo” e la mediazione linguistica. Riteniamo opportuno un contributo di riflessione, anche per sollecitare che le indagini si svolgano in tutte le direzioni. E’ vero che molti extracomunitari finiscono nelle maglie del mercato illegale delle regolarizzazioni ed è anche vero che un traffico di clandestini tra Siracusa e la Campania esiste. Un traffico nel quale potrebbero anche essere coinvolti operatori umanitari infedeli ed avvocati disonesti. Molti immigrati denunciano oggi di essere stati abbandonati dai loro avvocati, ed alcuni che ritenevano di avere presentato ricorso contro un provvedimento negativo di diniego dello status di protezione umanitaria stanno amaramente scoprendo che in realtà non esiste nessun ricorso a loro nome. Esiste tutto un “universo sommerso” di associazioni che in Sicilia come in Campania vedono nei migranti soltanto una fonte di guadagno, lecito o illecito che sia. Speculazioni e truffe ai danni dei migranti non sono fatti nuovi. Una verità amara, ma che si conosce da tempo e che qualcuno sembra scoprire soltanto oggi. Tuttavia occorre accertare responsabilità individuali e non esprimere affrettati giudizi sommari. E occorre sempre tenere presente il quadro ambientale nel quale si svolgono i fatti. Un quadro ambientale già assai inquinato sul quale non erano mancate in passato le indagini della magistratura. Uno sforzo di riflessione appare utile in questo momento di grave confusione con evidenti rischi di grave strumentalizzazione della vicenda nei confronti degli operatori umanitari e di quanti assistono gli immigrati che in misura crescente sono ridotti alla condizione di irregolarità per gli effetti perversi dei tanti pacchetti sicurezza e delle prassi applicative di molti uffici immigrazione delle questure italiane. Questi uffici ricercano sempre la soluzione più restrittiva, o più ritardata nel tempo, per negare agli immigrati il conseguimento o il mantenimento del permesso di soggiorno e questo contribuisce ad alimentare un vasto giro di illegalità che si può riscontrare su tutto il territorio nazionale. Anche i ritardi o i dinieghi generalizzati nell’ammissione al patrocinio a spese dello stato comprimono i diritti di difesa, impediscono la proposizione tempestiva dei ricorsi e creano confusione tra i tanti avvocati onesti che lavorano, rimettendoci anche di tasca propria, e quei pochi che vogliono lucrare ad ogni costo sulla pelle dei migranti. Magari spacciandosi per avvocati senza neppure avere conseguito l’abilitazione alla professione, come hanno amaramente scoperto molti immigrati, in gran parte richiedenti asilo, privati dei più elementari diritti di difesa. Da tempo la situazione dei migranti richiedenti asilo nella provincia di Siracusa, e più in generale degli irregolari, che avevano ricevuto un diniego, era all’attenzione di politici ed associazioni. Di certo non ha contribuito alla chiarezza in questa materia la mancata risposta del governo, fino allo scorso mese di gennaio, alle numerose sollecitazioni presentate nel corso del 2009 dalla parlamentare radicale Rita Bernardini, che ha chiesto per un anno intero, invano, una risposta scritta con una interrogazione presentata sulle gravi irregolarità riscontrate durante le visite nel 2008 nel centro di Cassibile, irregolarità emerse anche dal punto di vista della difesa legale. E non sono stati neppure chiariti tutti i dubbi che aveva sollevato negli anni scorsi l’incriminazione degli stessi gestori del centro di Cassibile, in convenzione con la Prefettura di Siracusa (sembrerebbe senza gara d’appalto), dopo un processo penale abortito sul nascere, anche per gli errori nei quali sarebbe incorsa l’accusa ( su questi fatti si rinvia ai dossier su www.fortresseurope.blogspot.com). Gli arresti di Siracusa giungono proprio nel momento in cui molti migranti vittima della “pulizia etnica” a Rosarno stavano ritornando nella provincia di Siracusa, nelle campagne di Cassibile in particolare, per la raccolta delle patate, una coltura stagionale che ogni anno attira, proprio nel mese di febbraio, migliaia di lavoratori stranieri. Quest’anno molti di coloro che giungono da Rosarno in Sicilia hanno ormai visto scadere il proprio permesso di soggiorno, dopo essere stati licenziati dalle imprese del nord. Altri sono invece richiedenti asilo denegati proprio dalla Commissione territoriale di Siracusa, persone che a centinaia avevano presentato un ricorso, ma che gli avvocati, o loro faccendieri, non avevano rappresentato fedelmente, al punto che in molti casi, come adesso stanno rilevando diversi avvocati in tutta Italia, non era stato neppure depositato l’atto di ricorso, oppure l’avvocato non si era presentato in udienza. Anche su queste vicende, maturate nella stessa zona di Siracusa, che potrebbero essere collegate agli arresti di oggi, perché riguardano gli stessi gruppi di immigrati presenti a Siracusa ed ospitati sia nel centro, adesso chiuso, di Cassibile, che nella parrocchia di padre Carlo D’Antoni a Boscominniti, attendiamo dalla magistratura, al più presto, verità e giustizia. Anche per consentire a quanti hanno comunque diritto ad esercitare una difesa effettiva ( art. 24 della Costituzione) di fare valere il loro diritto alla protezione internazionale, quantomeno ottenendo una rimessione in termini e dunque la possibilità di opporsi all’espulsione, evitare l’applicazione del nuovo reato di immigrazione clandestina e (ri)presentare un ricorso effettivo contro la decisione che li priva di uno status legale. 3, Non vorremmo in sostanza una giustizia a due velocità, forte con i deboli e debole con i forti, e saremo vigili sull’andamento del processo che si svolgerà a Siracusa nei confronti di padre Carlo e degli altri imputati. Soprattutto ci auguriamo che, se si accertino illeciti, a pagare non siano sempre e soltanto gli immigrati coinvolti, ma tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito a truffare persone giunte da lontano in evidente stato di bisogno. Vorremmo soprattutto che si distinguesse sempre tra le vittime del traffico, alle quali può sempre essere concesso un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, coloro che in buona fede prestano assistenza umanitaria e gli autori di reati che vanno perseguiti e puniti quale che sia la nazionalità o la funzione pubblica che assolvono. Il ministro Maroni dopo i fatti di Rosarno aveva individuato in Cassibile e nella provincia di Siracusa un area di elevata concentrazione di lavoro stagionale, spesso irregolare, dove applicare la “tolleranza zero” divenuta ormai emblema della gestione dell’immigrazione da parte di questo ministro e della sua maggioranza di governo. Adesso giunge questa indagine della magistratura che, al di là della sua fondatezza, da dimostrare, chiude uno dei pochissimi punti di riferimento che gli immigrati stagionali, anche irregolari, potevano trovare in quella zona. Lanciamo un appello perché le istituzioni locali e le associazioni umanitarie che operano nella provincia di Siracusa intensifichino gli sforzi per garantire spazi di accoglienza per tutti gli stagionali e per contrastare lo sfruttamento dei lavoratori migranti nelle campagne, uno sfruttamento facilitato dall’inasprimento delle norme contro l’immigrazione clandestina e dalle retate di polizia che arrivano puntualmente alla fine del raccolto, privando i lavoratori espulsi dei loro modesti guadagni, e premiando dunque chi li sfrutta. Esattamente come è successo a Rosarno, lo stesso potrebbe succedere nei prossimi mesi a Cassibile e nelle altre campagne della Sicilia dove il lavoro degli stagionali è fondamentale per l’esercizio dell’agricoltura. Una regione, ricordiamo, dove domina il lavoro nero, dove sono irregolari otto aziende su dieci, con premi assicurativi non versati per 6 milioni di euro ed una alta incidenza di infortuni sul lavoro, e questo sia ai danni degli autoctoni che dei migranti. Le verifiche sono state effettuate in 1.563 imprese e 1.188 (cioè il 76%) sono risultate non regolari. I controlli hanno permesso l'emersione di 3.141 lavoratori irregolari. Ci aspetteremmo che la magistratura eserciti anche in questa direzione un controllo più penetrante al fine di consentire ogni forma possibile di emersione del lavoro irregolare dei migranti anche attraverso la denuncia dei datori di lavoro, come sarebbe possibile in base all’art. 18 del Testo Unico sull’immigrazione. Una questione che nella provincia di Siracusa, e nella zona di Cassibile in particolare, è di scottante attualità, ma che rischia di arenarsi nel generale ostruzionismo che incontra la concessione del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. Emblematico, in questo senso, è anche il rinvio voluto dal governo, appena pochi giorni fa, delle norme che potevano dare attuazione alla direttiva comunitaria che contiene sanzioni per i datori di lavoro irregolare e prevede varie ipotesi di denuncia e di autodenuncia per la emersione e la regolarizzazione dei lavoratori stranieri “in nero”. Se non si riuscirà a colpire l’illegalità dilagante nel mercato del lavoro, applicare le norme dei vari pacchetti sicurezza, che vietano con pene sempre più severe l’immigrazione irregolare, l’agevolazione all’ingersso clandestino e sanzionando principalmente le vittime, o magari anche coloro che in buona fede prestano loro assistenza, appare solo come volere svuotare il mare con un bicchiere. Intanto le organizzazioni criminali continuano a lucrare sul proibizionismo delle migrazioni, anche ai danni dei rifugiati e dei potenziali richiedenti asilo, forse anche con l’aiuto di qualche collaboratore infedele interno agli uffici ed ai luoghi di accoglienza. Oppure, più tristemente, con la chiusura dei pochi spazi di accoglienza ancora aperti sul territorio, si continueranno a creare le condizioni ambientali e giuridiche per praticare le operazioni di deportazione “assistita” volute dal ministro Maroni per decongestionare le aree a più alta concentrazione di lavoro irregolare stagionale.
Fulvio Vassallo Paleologo Università di Palermo
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L'esposto alla Procura di Siracusa depositato da Padre Carlo D'Antoni, -------------------------------------------------------------------------------- Esposto Continuo a ricevere, da parte dell’Ufficio stranieri della Questura di Siracusa, nella persona del Dirigente Dott. Calafiore, delle comunicazioni che si configurano come un atteggiamento vessatorio e persecutorio nei confronti delle persone di provenienza extracomunitaria che nella parrocchia Maria Madre della Chiesa sita in Siracusa, via Alessandro Specchi 98, di cui io sottoscritto sac. Carlo D’Antoni sono parroco, trovano un punto di riferimento per essere accolte e accompagnate dal punto di vista civico, morale, sanitario, giuridico e legale. “(Segue un elenco di persone straniere convocate il 9, il 16 e il 23 di questo mese di febbraio)”. “Si specifica che la mancata presentazione senza giustificato impedimento dei convocati, comporterà l’avvio del procedimento di rigetto del permesso di soggiorno per mancata dimostrazione del domicilio attuale in questa giurisdizione ai sensi dell’art. 10 bis legge 241/90 e succ. mod. (vedi allegato 1)”. L’elenco degli stranieri a cui ho dato e do ospitalità e che ovviamente ho sempre trasmesso all’Ufficio immigrazione della nostra Questura e riguardante gli stranieri che hanno eletto a loro domicilio la parrocchia Maria Madre della Chiesa riguarda, appunto un numero di persone rintracciabili tramite noi dall’Ufficio Immigrazione (che altrimenti non saprebbe come comunicare con loro). Sono persone che si spostano a seconda di dove trovano un qualche lavoro e quindi non godono ancora del bene della stabilità abitativa e del lavoro continuativo. Hanno eletto domicilio presso la parrocchia e ad essa fanno costante riferimento per ogni ordine di problemi soggiornandovi inoltre, ogni volta che è opportuno. La penultima di una lunga serie di volte in cui il Dott. Calafiore ha trovato problematica l’azione della parrocchia verso gli stranieri è stata nell’agosto del 2009, quando, in base all'art. 7 del Testo Unico dell'immigrazione 286/98, “riteneva opportuno” che io gli inviassi per tutti gli stranieri presenti presso di me, la ricevuta di presentazione della dichiarazione di ospitalità resa secondo le modalità fissate nell'allegato modulo (vedi allegati 2 e 3). Per capire bene che significasse, mi sono rivolto, come sempre ho dovuto fare al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministro degli Interni a Roma. Mi hanno gentilmente risposto sempre il Prefetto Dott. Morcone innanzitutto, il Dott. Minati (ora prefetto a Genova), la Dott.ssa Sarti, il Dott. Carbone. Tutto si è sempre risolto per il meglio per gli immigrati. Come? Non lo so. In ogni caso ritengo una precisa volontà vessatoria allora quella di non provvedere ad un adeguamento dei locali e del personale che presta servizio all’Ufficio Stranieri, magari disponendo di mediatori culturali, mettendo gli utenti nelle migliori condizioni per poter esporre i loro casi senza ansie, senza atteggiamenti inquisitori dovuti certamente anche a stanchezza degli operatori agli sportelli, difficoltà di comunicazione, differenza di cultura. Segnalo che fino a qualche mese fa, per prendere il turno ed sperare di essere ricevuti, gli stranieri bivaccavano e dormivano in strada e al parcheggio Talete, con il sole e con la pioggia e molti alla fine dovevano tornare e ritornare ancora. Per coincidenza, solo all’indomani di una semplice e pacifica dimostrazione delle associazioni di volontariato della nostra città si cominciò Agli allegati 4, 5, 6 fornisco altri tre casi di prevaricazione dell’Ufficio immigrati della Questura di Siracusa e che sottopongo all’attenzione della Procura della Repubblica. Tutto ciò che ho esposto riguarda solo gli ultimi anni. Ribadisco che questi atteggiamenti sono reiterati da molto tempo e solo l’amore, la fiducia nella giustizia e la competenza delle persone che collaborano in parrocchia, insieme alla cordiale attenzione dei Signori del Dipartimento per le libertà civili e immigrazioni di Roma ci hanno permesso e ci permettono di operare per i diritti e la legalità. Per quanto esposto chiedo alla S.V. di intervenire secondo le modalità proprie del Suo Ufficio.
Con ossequi
Sac. Carlo D'Antoni |
Stefania Ragusa presidente dei comitati Primo marzo 2010: Da parte nostra esiste la convinzione dell’assoluta innocenza di padre Carlo. Se una colpa è stata commessa a Bosco Minniti è stata quella di praticare in modo radicale il principio cristiano dell’accoglienza.,Nello specifico, di dare un domicilio a chi non lo aveva e ne aveva bisogno per avviare l’iter legale di regolarizzazione. Sappiamo bene che,oggi, anche per effetto della perversa saldatura che si è prodotta tra razzismo istituzionale e razzismo popolare, questa pratica nel nostro Paese può diventare un reato, nonostante da più parti si invochi la difesa delle radici cristiane. E’ un paradosso che, in un Paese che si professa cristiano, praticare il cristianesimo possa diventare un reato. Il problema evidentemente è a monte. Le accuse formulate nei suoi confronti hanno lasciato increduli non solo noi di Primo Marzo 2010 ma tutto il mondo associativo, la Chiesa e le persone che hanno avuto la fortuna, in questi anni, di entrare in contatto con padre Carlo e conoscere il suo lavoro nella parrocchia di Bosco Minniti. Scrivo questo post poche ore dopo essere stata lì, in visita, e sono ancora emozionata e commossa. Ho partecipato a una riunione (già programmata) con il gruppo di Siracusa e con quello di Catania e ho visto con i miei occhi la famosa chiesa in cui l’altare è stato spostato per dare un posto e un ricovero a chi non ha un tetto sotto cui ripararsi. Ho visto con i miei occhi i ragazzi di padre Carlo (molti arrivano da Rosarno) e anche la processione di persone attonite venute a dare una mano dopo aver saputo dell’arresto. Persone di ogni tipo, in molti casi volontari o fedeli che da tempo non si erano più visti a Bosco Minniti ma che, dopo una notizia così sconvolgente, sono corsi a dare la loro testimonianza, e lo hanno fatto nel modo più congruo rispetto al carattere di Carlo e dei suoi collaboratori: attraverso le opere. In questo momento il gruppo di Siracusa, che stava programmando molte e belle iniziative per il Primo marzo, coinvolgendo anche tantissimi immigrati, si trova in grosse difficoltà. Non solo perché è momentaneamente “assente” la principale guida spirituale e organizzativa, ma anche perché i materiali prodotti, le risorse finanziarie e molte altre cose sono al momento inaccessibili. Per questo invito tutti gli altri gruppi a solidarizzare e a dare una mano, nella misura che riterranno praticabile. La giustizia deve sicuramente fare il suo corso, ma da parte nostra esiste la convinzione dell’assoluta innocenza di padre Carlo. Se una colpa è stata commessa a Bosco Minniti è stata quella di praticare in modo radicale il principio cristiano dell’accoglienza.,Nello specifico, di dare un domicilio a chi non lo aveva e ne aveva bisogno per avviare l’iter legale di regolarizzazione. Sappiamo bene che,oggi, anche per effetto della perversa saldatura che si è prodotta tra razzismo istituzionale e razzismo popolare, questa pratica nel nostro Paese può diventare un reato, nonostante da più parti si invochi la difesa delle radici cristiane. E’ un paradosso che, in un Paese che si professa cristiano, praticare il cristianesimo possa diventare un reato. Il problema evidentemente è a monte. Se una legge, da un lato, produce clandestinità (e c’è un’ampia letteratura che dimostra che questo ha fatto, sino ad ora, la Bossi-Fini, e che le cose stanno andando ancora peggio da quando è in vigore il famigerato pacchetto sicurezza) e, dall’altro, trasforma la solidarietà in illegalità, evidentemente, è da ripensare.
*Stefania Ragusa (presidente di Primo marzo 2010)
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Pubblicato il 11 Febbraio 2010 Cristianesimo di Base
E' il caso di Padre Carlo, di Siracusa: da anni “tenuto d'occhio” perché prendeva le parti dei “clandestini”: finché l'hanno arrestato. Nessuno di quanti lo conoscono crede alle accuse contro di lui. Una sola - che non hanno osato esprimere - è vera: quella di essere un cristiano. Aiutare i poveri, ospitare gli stranieri, difendere i perseguitati .Sonia Giardina Padre Carlo D’Antoni è stato fra i primi a seguire il processo per il naufragio del Natale ’96 al largo di Portopalo e l'inchiesta di Dino Frisullo sulla holding degli schiavisti. Dopo 13 anni si è arrivati alla condanna a 30 anni dei 2 imputati, anche se in seguito alle leggi razziali e ai respingimenti in Libia le mafie mediterranee continuano sempre più ad ingrassarsi . .Rete Antirazzista Catanese * * *ALLE LEGGI RAZZIALI BISOGNA DISUBBIDIRE
Riccardo Orioles
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Giù le mani da Padre Carlo D’Antoni!
In Italia non esiste ancora il “reato di solidarietà” Quasi due settimane sono passate da quel 9 febbraio in cui padre Carlo D’Antoni, parroco della Chiesa di Bosco Minniti (SR) insieme ad altre otto persone è stato posto agli arresti domiciliari, accusato dal Gip del Tribunale di Catania di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’illecita permanenza, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a Pubblico Ufficiale. E’ a nostro parere un pesante segnale che viene inviato a tutti coloro che – come padre Carlo fa in prima persona da anni – continuano concretamente a fornire assistenza ed accoglienza a quei migranti che hanno come unica colpa il non avere un documento, o il non averlo ancora perfettamente a posto. Quanti sanno che per fare domanda di asilo il richiedente deve eleggere domicilio? Ma come può una persona appena arrivata, che non conosce nessuno, che non parla la lingua, dimostrare di avere un alloggio a disposizione? Ecco allora che centri di accoglienza, centri sociali e parrocchie come quella di Boscominniti si attivano per offrire un tetto, un pasto caldo, e una dichiarazione di ospitalità, primo passo indispensabile per poter accedere alla procedura. Passato il primo periodo, la persona prova a rendersi autonoma, e magari si sposta per cercare lavoro: mantiene però un contatto con la parrocchia, con il centro che l’ha accolto e ospitato, punto di riferimento sul territorio, che consente di diminuire il fenomeno dell’irreperibilità dei richiedenti asilo. Sappiamo che il soccorso e l’assistenza umanitaria senza scopo di lucro degli immigrati anche in situazioni di irregolarità non sono Chiediamo quindi che padre Carlo sia liberato, che la sua situazione sia chiarita al più presto e che possa tornare a svolgere la sua Adesioni: |