Sottosegretari, lo stop
il Quirinale:
"Maggioranza cambiata, parlino le Camere"
Nel giorni del giuramento della nuova squadra di governo dal Quirinale complicazione imprevista per il premier.
Per il Pdl comunque la questione non si pone: "Voti di fiducia ci sono già stati". Berlusconi sorpreso: mossa politica

ROMA 6 maggio 2011- Varato l'allargamento della squadra di governo e contenuto il malumore dei Reponsabili, Silvio Berlusconi si era già lanciato nella campagna elettorale per le amministrative ma una nota del Quirinale, come un fulmine a ciel sereno, costringe il premier a fare i conti con un nuovo problema del tutto imprevisto.

Nel firmare i decreti di nomina dei nove nuovi sottosegretari Napolitano fa notare infatti che "sono entrati a far parte del governo esponenti di gruppi parlamentari diversi rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche". Quindi, è la conclusione che ne trae il Colle, "spetta ai presidenti delle camere e al presidente del Consiglio valutare le modalità con le quali investire il parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il governo".

Per il Pdl tuttavia, il problema non esiste. "Numerosi voti di fiducia, a partire da quello della svolta del 14 dicembre - è la replica presidenti dei gruppi Pdl di Senato e Camera, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, e i Vicepresidenti vicari, Gaetano Quagliariello e Massimo Corsaro - hanno chiarito il quadro politico, con ripetute verifiche nelle sedi parlamentari. Le nomine di governo sono giunte dopo queste diverse votazioni e nel pieno ed assoluto rispetto delle norme costituzionali e delle prerogative del Capo dello Stato".

Stessa interpretazione arriva da Umberto Bossi. "Il premier ha la competenza per nominare i sottosegretari, la legge
dice che può farlo, perché si dovrebbe passare dal Parlamento. Le leggi si applicano?", afferma il leader della Lega.
Elogia invece il richiamo del capo dello Stato il presidente di Montecitorio Gianfranco Fini.
"Questa presidenza - dice - ha una qualità oggettiva. Napolitano è garante della Costituzione ed agisce con grande equilibrio".

Secondo indiscrezioni, il premier si sarebbe detto sorpreso per la nota del Colle.  Un nuovo voto di fiducia? Non è assolutamente necessario, ma non spaventa affatto, non mi fa paura, è l'opinione del presidente del Consiglio riportate da fonti del Pdl. Secondo le quali il Cavaliere considera l'appunto del Quirinale come un intervento politico più che istituzionale.

Nello specifico il capo dello Stato non contesta la moltiplicazione delle poltrone, riconoscendo che "la scelta rientra come è noto nella esclusiva responsabilità del presidente del Consiglio dei ministri", ma in sostanza chiede a Berlusconi di portare la nuova maggioranza davanto al Parlamento. E tutto lascia pensare che il Colle gradirebbe un nuovo voto di fiducia. Una presa di posizione del tutto inattesa e gravida di conseguenze. Per quanto la maggioranza nelle ultime votazioni si sia dimostrata esigua ma affidabile, tornare davanti alle camere per un voto di fiducia rappresenta pur sempre un rischio che il premier avrebbe volntieri evitato. La precisazione di Napolitano suona inoltre come una presa d'atto che Berlusconi ha dato vita a un "ribaltone", depotenziando così uno degli argomenti più usati solitamente dalla maggioranza in polemica con l'opposizione.

Soddisfazione per l'iniziativa del Colle arriva da Pd, Idv e Fli. "Gli italiani - commenta il segretario del Pd Pierluigi Bersani - non capiscono se c'è stata la nomina di un'accozzaglia di di sottosegretari, oppure è nata una nuova maggioranza parlamentare con il Parlamento che si riduce a luogo di compravendita di deputati e senatori. Per quello che riguarda, aspettiamo sereni le valutazioni di Fini e Schifani". Per il leader di Futuro e Libertà Italo Bocchino "il presidente con il suo intervento fa emergere una realtà formale e sostanziale di cui non si può non tener conto e che abbiamo più volte sottolineato". "Berlusconi - aggiunge - ha posto in essere un ribaltone parlamentare pur di far sopravvivere il suo governo, sostituendo la maggioranza scelta dagli elettori con una nuova maggioranza retta da una pattuglia di mercenari a cui ha dovuto pagare un alto prezzo in termini di poltrone a spese delle istituzioni e dei cittadini".

La nota del Qurinale arivva come detto a guastare quella che sino a quel momento era stata per il premier una giornata sostanzialmente positiva. Malgrado i malumori, all'indomani dell'infornata di nuovi sottosegretari varata dal presidente del Consiglio i Responsabili si erano visti costretti infatti a fare buon viso a cattivo gioco. Nessun malumore, ma "c'è da completare l'opera", aveva spiegato il capogruppo Luciano Sardelli, aggiungendo che "ambizioni e desideri sono la forza che muove il mondo, quindi guai quando non ce ne sono". E in parte erano rientrate anche le insofferenze del grande escluso dal giro di promozioni Francesco Pionati. L'ex giornalista Rai ha smentito infatti di aver minacciato di scatenare una guerra 3 in caso non venga accontentato, ma Sardelli si è detto convinto che "ci sarà un confronto e non credo che l'amico Pionati resterà fuori".

Lo stesso Berlusconi, presenziando la cerimonia di giuramento dei nuovi sottosegretari a Palazzo Chigi, ha ribadito che c'è ancora spazio per nuove nomine.  Il numero dei componenti del governo resta, ha sottolineato il presidente del Consiglio, al di sotto della media dei governi del passato. Risolta questa prima tranche di allargamento, l'attenzione del premier si era già spostata sulle imminenti amministrative. Ci sono due motivi, ha spiegato in un'intervista che andrà in onda su Telereporter, per votare il Pdl alle prossime elezioni: "Avere alla guida delle proprie città il buon governo, garantito dal centrodestra e dare una conferma al governo nazionale che ha così bene operato per far uscire l'Italia dalla crisi in un periodo difficile, portando a termine una mission impossibile". Il prossimo 15 e 16 maggio andranno al voto 12 milioni di italiani e secondo Berlusconi "è un bel test anche per il governo nazionale: noi contiamo in un risultato positivo che ci darà la possibilità di rafforzarci e continuare a lavorare bene per l'Italia".

Anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha parlato oggi di amministrative, ma in modo più cauto. "Non devono essere la spallata al governo, ma un segnale chiaro che così non si può andare avanti", spiega. Piuttosto che pensare alle riforme di domani, il governo pensi a "cambiare l'agenda della politica, perché è ora di discutere dei problemi degli italiani, che sono serissimi". E Antonio Di Pietro addirittura guarda oltre le amministrative, ai referendum di metà giugno: se dovessero passare con un'alta affluenza alle urne, sostiene, non resterà che sciogliere le Camere.