Niscemi: Base Usa chiama mafia
In apparenza, un complesso di quattro enormi antenne. In realtà un'opera top secret fortemente voluta da Obama
che permetterà di collegare dalla Sicilia tutti i reparti militari americani sparsi nel mondo. Per la realizzazione,
a causa del segreto militare, non sono valse le regole contro le infiltrazioni criminali negli appalti.
E sull'impianto ha messo le mani proprio un'impresa vicina a Cosa Nostra
31 ottobre 2011
Un'azienda in odore di Cosa Nostra nel cantiere dell'antenna americana
In provincia di Caltanissetta è in corso di (segretissima) costruzione la mega struttura al servizio del Pentagono,
sotto accusa anche dal punto di vista ambientale, e per il basamento di cemento armato è al lavoro la Calcestruzzi Piazza,
società già comparsa nell'indagine "Mercurio-Atlantide" che non ha ottenuto il certificato antimafia

Un'azienda in odore di Cosa Nostra

Nel cantiere dell'antenna americana In provincia di Caltanissetta è in corso di (segretissima) costruzione la mega struttura che permetterà al Pentagono di collegare tutti i reparti militari in giro per il mondo ed è sotto accusa dal punto di vista ambientale. Per il basamento di cemento armato è al lavoro la Calcestruzzi Piazza, società già comparsa nell'indagine "Mercurio-Atlantide" che non ha ottenuto il certificato antimafia:

È la base americana in Italia più contestata degli ultimi anni: il Muos (Mobile User Objective System), la colossale antenna che permetterà al Pentagono di collegarsi con tutti i reparti statunitensi sparsi nel mondo. Sta sorgendo a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, nonostante le preoccupazioni della popolazione per i rischi legati alle emissioni elettromagnetiche. Si tratta di un impianto strategico per il futuro delle forze armate di Washington, spinto dall'amministrazione Obama nei colloqui con Silvio Berlusconi e Ignazio La Russa. Un'opera coperta dal segreto militare, per la quale non valgono le regole degli appalti. Ed è questa segretezza che ha permesso l'ingresso nel cantiere a un'azienda finita nel mirino dei magistrati per i rapporti con Cosa Nostra: la Calcestruzzi Piazza, che fornisce il gigantesco basamento di cemento per la mega-installazione.

La Calcestruzzi Piazza è emersa all'indagine "Mercurio-Atlantide" della procura antimafia di Caltanissetta. Negli atti resi noti a fine 2009 l'azienda viene associata al boss niscemese Giancarlo Giugno. I pubblici ministeri nella richiesta di misura cautelare hanno scritto che ci sarebbero "cointeressenze del Giugno nell'attività espletata dal Piazza non a caso, infatti, egli utilizza il plurale nelle richieste che formula al Piazza, per il recupero dei crediti". Vincenzo Piazza, fondatore della ditta,  compare pure nell'indagine "Triskelion": anche in questo caso, viene indicato come vicino al boss Giugno, ritenuto dagli inquirenti il referente di Cosa Nostra a Niscemi, uno dei centri più importanti della provincia nissena. Una cittadina con un ricco mercato agricolo e una presenza mafiosa antica: nel 2004 il Comune è stato sciolto proprio per l'infiltrazione delle cosche. E il nome di Giugno compare persino nell'istruttoria sui telefonini usati per la strage di Capaci: fino al 2003 ha scontato una pena definitiva al carcere duro, poi è stato protagonista di un surreale caso di soggiorno obbligato nelle Marche  -  dove non è riuscito a trovare casa  -  e di un lungo divieto di soggiorno in Sicilia. Da un altro processo è stato poi assolto per un vizio procedurale: un errore nei mandati che autorizzavano le intercettazioni ha fatto annullato una lunga operazione delle forze dell'ordine.

Invece l'imprenditore Vincenzo Piazza non è stato indagato in nessuno dei due procedimenti. Ma i suoi rapporti con Giugno continuano ad essere all'attenzione degli investigatori. Dal 2009, dopo le rivelazioni dei magistrati sui suoi legami con il boss, ha lasciato le cariche rivestite nella società di Calcestruzzi. Al suo posto due donne: la più giovane è socia di Francesco Piazza, figlio di Vincenzo, in un'altra società di costruzioni. Ma al cellulare della Calcestruzzi indicato dalle Pagine Gialle risponde un Piazza.

I lavori per la costruzione del Muos sono iniziati da oltre quattro mesi, da quando la Regione ha dato il via libera ai lavori, bypassando il parere negativo espresso dal Comune che dal 2009 si oppone al progetto. Soltanto a metà settembre, però, la Marina Usa ha deciso - pur non essendone obbligata e su sollecitazione della Regione - di seguire almeno formalmente la prassi italiana. E con i basamenti in calcestruzzo già realizzati, la Us Navy ha aderito al protocollo di legalità, fornendo alla Prefettura l'elenco delle ditte che lavorano al Muos. Tra queste l'impresa di Piazza. E per quest'ultima, secondo quanto è in grado di rivelare l'Espresso, gli investigatori avrebbero espresso parere negativo sulla concessione del certificato antimafia.

Ora spetta alla Prefettura valutare il da farsi. La decisione dell'Us Navy arriva con  mesi di ritardo, quando le opere in cemento della Calcestruzzi sono già avanzate. Solo per i lavori edili all'interno della base, preliminari all'installazione dell'antenna, si parla di 2,7 milioni di euro. Di questi, una fetta è andata anche alla ditta "vicina" al boss Giugno.

I lavori proseguono a ritmi serrati. Il Pentagono aveva programmato l'ingresso in servizio della struttura per il 2010, ma i ritardi nelle autorizzazioni hanno più volte rinviato l'apertura del cantiere: adesso gli americani vogliono chiudere tutto entro il 2014. "Non siamo autorizzati a parlarne", replica il geometra Giuseppe Leonardi della Lageco di Catania, che insieme alla Gemmo di Vicenza costituiscono il Consorzio Team Muos Niscemi. Entrambe già in affari con la Marina americana: proprio la Lageco ha terminato da poco i lavori di bonifica per uno sversamento di gasolio nei terreni nella vecchia centrale trasmissioni dell'Us Navy, creata negli anni Novanta per le comunicazioni degli aerei di Sigonella.

Entrambe le strutture statunitensi sorgono in una riserva naturale. Oggi il nuovo cantiere ha creato una collina a doppia faccia: il lato esterno ricco e verde di vegetazione; quello interno alla base, dove si lavora per l'istallazione, sfregiato e sbancato dalle ruspe, trasformato in un agglomerato di terra marrone. Uno scempio, secondo sindaco, movimenti e cittadini "No Muos", che hanno manifestato in piazza sabato 29 ottobre. "Il nostro territorio non può essere svenduto né alla mafia né agli americani", protesta il sindaco Giovanni Di Martino. Il primo cittadino  non si arrende. E dopo essersi rivolto invano al Tar per fermare la nuova base, adesso vuole proseguire la sua battaglia davanti al Consiglio di Stato.


Quattro satelliti e quattro antenne
Così il Pentagono 'coprirà' il mondo Il Muos di Niscemi fa parte di un sistema di comunicazioni che,
dal 2015, permetterà al comando Usa di tenere i contatti con tutte le sue unità militari sul pianeta.
Potenza e velocità di trasmissione inimmaginabili, nessuno ha potuto verificare se è a rischio dal punto di vista ambientale

Commandos americani pronti a scattare contemporanemante contro i covi di Al Qaeda in Afghanistan, Somalia, Iraq. Oggi devono collegarsi tramite ponti radio e satelliti ai loro comandi, dal 2015 potranno parlare direttamente l'uno con l'altro: restare in collegamento dai quattro angoli del mondo. A questo serve la rete Muos  -  Mobile User Objective System  -  : l'arma fondamentale per coordinare le guerre statunitensi nel mondo.

Il programma è fondamentale per il Pentagono, voluto dall'amministrazione Bush e portato avanti da quella Obama. Prevede quattro satelliti che smisteranno gli impulsi a quattro colossali antenne, in modo da coprire l'intero pianeta: ovunque un singolo soldato sarà "in rete" con superiori e commilitoni, con aerei e navi, con ministeri e comandi.

Quello che sorgerà a Niscemi è un pilastro del programma, legato al nuovo ruolo dell'aeroporto di Sigonella diventato dopo il 2001 la centrale per le operazioni americane in Africa e Medio Oriente. Dopo l'11 settembre l'Italia è diventata la portaerei statunitense per intervenire e controllare le zone più calde: il Maghreb e i paesi arabi che sono la culla del fondamentalismo. Con un triangolo di installazioni che hanno assunto un ruolo determinante. La prima è Vicenza, dove si stanno schieranno i parà della 173ma brigata, ossia la punta di lancia di ogni azione militare, dal conflitto in Iraq alla lunga lotta in Afghanistan. C'è poi Camp Darby, il colossale deposito di armi, mezzi e munizioni capace di rifornire intere armate in pochi giorni. E infine Sigonella, dove i vecchi hangar degli aerei che davano la caccia ai sottomarini sovietici nel Mediterraneo adesso ospitato i jet che spiano i paesi a rischio e dove presto arriveranno i nuovi velivoli robot senza pilota Global Hawk.

Questo possente dispositivo userà il Muos per comunicare dovunque. E il governo di Washington ha esercitato la massima pressione sui nostri politici per ottenere il via libera all'antenna di Niscemi. I cablo di WikiLeaks pubblicati da l'Espresso hanno rivelato i colloqui segreti con Ignazio La Russa, Silvio Berlusconi e Gianni Letta per scavalcare ostacoli burocratici e autorizzazioni.

Nessuno può valutare il rischio di questa cappa radio globale, perché non esiste nulla del genere: in pratica, si tratta della stessa connessione dei telefoni di ultima generazione, ma con una capacità di trasmettere dati in quantità enormi e con velocità mai vista. E soprattutto senza bisogno dei ripetitori: solo quattro antenne per arrivare ovunque. Un piano così ambizioso da vedere unite le tre corporation belliche più grandi del mondo: General Dynamics, Boeing, and Northrop Grumman. Tutte le autorità statunitensi hanno garantito che non ci sono pericoli per la salute ma una sperimentazione concreta è impossibile: ogni stima è teorica, ogni verità coperta dal massimo segreto.


Gli appalti delle cosche Il precedente di Sigonella
Le infilitrazioni criminali nei lavori legati alle attività militari americane in Italia dal dopoguerra ad oggi
non sono una novità, alla fine degli anni '90 il tentativo della mafia catanese di mettere sulla grande base Usa in Sicilia.
Qualche anno prima gli intrecci con la camorra per le opere di smantellamento di 600 carri armati M47

Rispetto alle cronache italiane, si tratterebbe di storie minime. Ma a sorprendere è il fatto che accadono nelle basi americane, dove ai tempi della guerra fredda tutto veniva sottoposto a controlli ossessivi e dove anche oggi opera una burocrazia che non tollera macchie nè scorciatoie. Ma il caso del Muos sembra un piccolo replay di quanto accadde a Sigonella alla fine degli anni Novanta, con le mani della mafia catanese pronte ad afferrare i contratti per i lavori dell'Us Navy.

La prima operazione scattò nel 1997. Poi nel 2004 ci furono sette arresti che svelarono l'intreccio tra ditte vicine ai clan e un funzionario italiano assunto dagli americani, che forniva agli amici degli amici le dritte per fare sempre l'offerta giusta. Nel novembre 2010 una retata dell'Antimafia catanese ha colpito un'azienda romana - la Safab - con un ricco portafogli di opere siciliane inclusi i progetti - gestiti da due sue partecipate - per il nuovo villaggio residenziale della Marina statunitense che ospiterà i rinforzi attesi a Sigonella.

L'episodio più sorprendente risale al 1993 e ancora oggi appare incredibile. In una grande installazione campana erano custoditi circa 600 carri armati M47, tank di proprietà statunitense "prestati" all'Italia negli anni Sessanta. I patti sul disarmo globale siglati con la Russia ne prevedevano lo smantellamento, anche se quei mezzi vecchiotti facevano ancora gola ai mercanti di cannoni per conflitti come quello somalo o jugoslavo. Le autorità Usa assegnarono il contratto per smontarli a una società ligure i cui amministratori avevano rapporti con la camorra: legami che erano stati pubblicati su tutti i giornali, ma che non avevano bloccato l'appalto. Diverse procure hanno poi indagato sul modo in cui i tank sono stati trasformati in rottami e sulla loro sorte finale. Ma i sospetti di traffico d'armi non si sono mai trasformati in prova.

In tempi più recenti in Campania la procura distrettuale antimafia di Napoli ha svelato come molti militari Usa di stanza nel comando della VI flotta  affittavano le loro villette dal clan dei casalesi: gli intestatari erano prestanome di Giuseppe Setola, il killer che nel 2008 scatenò il terrore nel Casertano.

Anche in questo caso, sorprende che la potente rete di sicurezza dell'Us Navy non fosse a conoscenza del vero volto dei padroni di casa. O forse si è trattato di una scelta? Creare un rapporto con i casalesi implica una forma ulteriore di protezione contro minacce esterne,  nel momento in cui il nemico numero uno degli Stati Uniti sono i terroristi islamici. Lo stesso filo logico che nel dopoguerra alimentò i contatti tra Cosa nostra e intelligence americana nel nome dell'anticomunismo.


Il Muos di Niscemi: la base top secret
Gli scatti fuori dal confine recintato dell'area militare.
All'interno oltre agli impianti già presenti dal 1991 si intravedono anche la basi in calcestruzzo
dove sorgeranno le nuove antenne