DOSSIER SU MUOS  E STAZIONE US NAVY DI NISCEMI
a cura di Antonio Mazzeo (Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella)
http://www.nogeoingegneria.com/pdf/dossier_muos.pdf

Tre grandi antenne circolari con un diametro di 18,4 metri e due torri radio alte 149 metri.
Questi gli elementi chiave della stazione terrestre del sistema MUOS (Mobile User Objective System) di telecomunicazione satellitare
che la Marina Militare degli Stati Uniti sta per realizzare a Niscemi, Caltanissetta.

Il terminale terrestre di Niscemi sarà del tutto simile a quello installato nell’agosto 2008 a Wahiawa, Hawaii, una delle quattro infrastrutture militari che assicureranno il funzionamento dell’ultima generazione della rete satellitare che collegherà tra loro i Centri di comando e controllo delle forze armate Usa, i centri logistici e gli oltre 18.000 terminali militari radio esistenti, i gruppi operativi in combattimento, i missili Cruise e i Global Hawk (UAV-velivoli senza pilota), ecc.. «Il sistema di telecomunicazione MUOS fornirà in tempo reale le comunicazioni via satellite a tutti i settori delle forze armate operanti a livello mondiale», affermano i militari USA. «Il MUOS permetterà ai mezzi di guerra di comunicare con i comandi e i centri di controllo ovunque essi si trovino. I lanci dei satelliti saranno eseguiti entro il 2010 e il sistema MUOS sarà online nel 2011».

L’impianto di Niscemi trasmetterà in VHF-UHF (Very High Frequency ed Ultra High Frequency), con frequenze che raggiungeranno valori compresi tra i 244 e i 380 MHz. Le onde radio VHF-UHF attraversano la ionosfera senza venire riflesse e per questo vengono usate per le trasmissioni extraspaziali con i satelliti artificiali. Esse sono pure usate per le trasmissioni terrestri oltre l’orizzonte utilizzando le irregolarità della troposfera (la parte bassa dell’atmosfera). Queste irregolarità riflettono le onde in tutte le direzioni, consentendo ai segnali di disperdersi su vaste aree geografiche.

Il sistema MUOS consentirà di propagare universalmente gli ordini di guerra, convenzionale e/o chimica, batteriologica e nucleare. E finanche quelli per scatenare la guerra al clima e all’ambiente. Non si è data la giusta attenzione, infatti, alle analogie esistenti tra il MUOS e il cosiddetto “HAARP - High Frequency Active Auroral Research Program”, il supersegreto “Programma di Ricerca Attiva Aurorale con Alta Frequenza” che dal 1994 l’US Air Force e la US Navy portano avanti dalla base di Gakona (Alaska), 200 km a nord-est del Golfo del Principe Guglielmo. È qui che operano centinaia di antenne per la “banda bassa” da 2,8 a 7 MegaHerz e per la “banda alta”, da 7 fino 10 MegaHerz (si tratta dello stesso range delle frequenze del MUOS), capaci di trasmettere onde elettromagnetiche fino a quote di 350Km. Stando al Pentagono, lo scopo di questa installazione sarebbe quello di studiare la ionosfera per migliorare le telecomunicazioni, ma sono numerosi gli scienziati internazionali che denunciano che con il programma HAARP, gli Stati Uniti, al di fuori di ogni controllo internazionale, stanno creando nuove armi geofisiche integrali che possono influenzare gli elementi naturali con onde radio ad alta frequenza.
Oltre ad interferire sulle comunicazioni radio ad altafrequenza, televisive e radar, le antenne HAARP possono influenzare i circuiti elettrodinamici delle aurore, consistenti in una corrente naturale di elettricità che varia da 100 mila ad 1 milione di megawatt. In questo modo è possibile utilizzare il vento solare per danneggiare i satelliti e le apparecchiature installate sui sistemi missilistici dei paesi nemici. Il “Programma di Ricerca Attiva Aurorale con Alta Frequenza” è pure in grado di provocare gravi interruzioni sulle reti elettriche, sugli apparecchi di pompaggio degli oleodotti e di causare seri danni alla salute delle popolazioni di intere regioni.

Secondo Michel Chossudovsky, docente di economia dell’università di Ottawa, «oggi il clima mondiale può essere modificato da una nuova generazione di sofisticate “armi non letali”. Negli Stati Uniti, la tecnologia è stata perfezionata all’interno del programma HAARP come parte dell’Iniziativa di Difesa Strategica. Da un punto di vista militare, HAARP è un’arma di distruzione di massa e abbiamo la prova scientifica che esso è pienamente funzionante». Per il fisico indipendente Corrado Penna, da anni impegnato nel denunciare il fenomeno delle scie chimiche, «è forte il sospetto che il sistema di antenne del MUOS possa servire anche per fini non dichiarati di modificazione ambientale in sinergia con il sistema HAARP dislocato in Alaska. La modificazione ambientale realizzata attraverso l’uso di forti campi elettromagnetici e scie chimiche è responsabile di alcuni disastri recenti. Sappiamo con certezza che queste tecnologie possono servire a causare terremoti o altri disastri naturali (siccità, uragani, inondazioni, ecc.), sia indirizzando le emissioni sul nucleo della terra (influendo così sul magnetismo terrestre), sia indirizzandole sulla ionosfera».

Un’ampia bibliografia consultabile anche su Internet, prova che alcuni dei trasmettitori già esistenti nella stazione di telecomunicazione dell’US Navy di Niscemi operano in VLF (Very Low Frequency), con bande di frequenze comprese tra i 3 kHz - 30 kHz e lunghezze d’onde sino ai 10 Km, all’interno del sistema planetario di “Sorveglianza dell’Attività Solare” e per il monitoraggio delle cosiddette “SID - Sudden Ionospheric Disturbances”, i disturbi delle comunicazioni radio terrestri originati nella ionosfera dalle attività eruttive del sole. Nella lista dei «trasmettitori in VLF utilizzabili per il monitoraggio SID», predisposta dalle forze armate statunitensi, oltre alla stazione di Niscemi, compare anche quella installata nell’isola di Tavolara in Sardegna.

Torri ed antenne all’interno della riserva naturale
L’iter per la realizzazione del nuovo impianto di telecomunicazioni a Niscemi prese formalmente il via il 24 gennaio 2007. Il comando dell’Aeronautica militare italiana di Sigonella inoltrò il progetto MUOS all’Assessorato regionale territorio e ambiente, diretto al tempo da Rossana Interlandi (Mpa), ex consigliere d’amministrazione dell’Università di Catania. Nonostante le origini niscemesi e una militanza nel WWF siciliano, l’assessore non si oppose all’insediamento del sistema satellitare all’interno della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi, Sito di Importanza Comunitaria (SIC), identificato dal codice “ITA050007” e rientrante - secondo il manuale delle linee guida per la gestione dei Siti Natura 2000 del Ministero dell’Ambiente - nella tipologia «a dominanza di querceti mediterranei». Stando ai piani dell’US Navy, infatti, parte delle infrastrutture MUOS occuperanno un’area di 2.509 m2 ricadente in zona B della riserva.

Il progetto fu secretato negli uffici dell’assessorato sino al 3 aprile 2008, quando fu trasmesso al Comune di Niscemi congiuntamente a quello per la realizzazione di un «nuovo impianto per mitigazione dei problemi di erosione superficiale e protezione dagli incendi nell’area della postazione radiotrasmittenti della Marina statunitense». Un mese e mezzo dopo giunse a Niscemi la scarna relazione paesaggistica e la valutazione d’incidenza predisposta dai militari di Sigonella. Il 9 settembre 2008, fu convocata dall’assessorato regionale la “conferenza di servizi” a cui parteciparono pure due funzionari del Comune e che espresse all’unanimità parere favorevole sulla compatibilità ambientale del MUOS. Sei mesi prima, però, l’US Navy aveva già avviato le opere di movimentazione terra e di predisposizione delle piattaforme per l’impianto di Niscemi. Nel maggio 2008 erano pure iniziati i lavori di edificazione veri e propri da parte di un consorzio d’imprese denominato “Team MUOS Niscemi”, con sede nella città di Arcugnano (Vicenza). Il capitolato d’appalto predisposto dal Comando Navale di Sigonella prevede la realizzazione di «tre edifici di calcestruzzo per il supporto ciascuno di un’antenna, una cabina di trasformazione da 1.000 kVA, due gruppi elettrogeni da 1.000 kVA ciascuno, una centrale pompe antincendio; tre km di cavidotti interreati per il collegamento tra le antenne satellitari e il Centro comunicazione; tubazioni idriche; impianti fognari e di supporto, strade e sentieri di accesso alle antenne e al deposito carburanti; l’installazione di luci di sicurezza e telecamere». Secondo il comando navale USA la nuova infrastruttura comporterà un piccolo aumento del personale militare statunitense. Al progetto siciliano sono stati destinati 43 milioni di dollari circa (13 per la predisposizione dell’area riservata alla stazione terrestre
e 30 per gli shelter e le attrezzature tecnologiche del sistema MUOS).

Sullo stato di avanzamento dei lavori vige il più assoluto top secret. È certo che sono già stati eseguiti gli scavi e la posa dei cavi di collegamento in fibra ottica lungo le vie Terracini–Gori, di pertinenza comunale, e lungo la strada provinciale n. 10 Niscemi–Caltagirone. Nonostante il ritombamento, gli abitanti e alcune associazioni locali hanno rilevato «abbassamenti del materiale di riporto e di sigillo degli scavi e avvallamenti caratterizzati da un vero e proprio ammanco di centimetri di pavimentazione». A scavare al di fuori del perimetro militare è stata Telecom Italia S.p.A., la più importante società italiana di telecomunicazione. Le autorizzazioni allo scavo sono state rilasciate dagli uffici tecnici comunali preposti, ma da più parti sono stati sollevati dubbi sul profilo giurisdizionale dell’iter autorizzativo.

Onde elettromagnetiche ad altissimo rischio
Sino al 2006 la base prescelta per il terminal del sistema satellitare MUOS era quella di Sigonella, la principale stazione aeronavale della Marina USA nel Mediterraneo. Poi la US Navy decise di dirottare il terminal presso la propria stazione di Niscemi, che assicura dal 1991 le comunicazioni supersegrete delle forze di superficie, sottomarine, aeree e terrestri e dei centri C4I (Command, Control, Computer, Communications and Intelligence) di Stati Uniti ed alleati NATO. Il cambio di destinazione fu dettato dalle risultanze di uno studio sull’impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle grandi antenne del MUOS, elaborato da AGI - Analytical Graphics, Inc., società con sede a Exton, Pennsylvania, in collaborazione con la Maxim Systems di San Diego, California. Lo studio, denominato “Sicily RADHAZ Radio and Radar Radiation Hazards Model”, ha elaborato un modello di verifica dei rischi di irradiazione elettromagnetica sui sistemi d’armi, munizioni, propellenti ed esplosivi (“HERO - Hazards of Electromagnetic to Ordnance”). La simulazione informatica ha verificato l’incompatibilità del MUOS all’interno della base di Sigonella («le fortissime emissioni elettromagnetiche possono avviare la detonazione degli ordigni presenti»), suggerendo «di trovare una nuova destinazione». Anche Filippo Gemma, amministratore di Gmspazio Srl di Roma (società che rappresenta in Italia la statunitense AGI), ha confermato l’esito negativo dello studio sull’impatto elettromagnetico. Nel corso dello speciale di Rai News 24 “Base Usa di Sigonella. Il pericolo annunciato”, trasmesso il 22 novembre 2007, Gemma ha dichiarato che «una delle raccomandazioni di AGI era che questo tipo di trasmettitore non dovesse essere installato in prossimità di velivoli dotati di armamento, i cui detonatori potessero essere influenzati dalle emissioni elettromagnetiche del trasmettitore stesso».

Gli ”Hazards of Electromagnetic Radiation to Ordnance (HERO)”
sono uno dei temi che più preoccupano il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.
«Un alto livello di energia elettromagnetica prodotta dalla RFR (Radio Frequency Radiation) – si legge nei manuali di prevenzione incidenti adottati dalla Marina USA – può provocare anche correnti o voltaggi elettrici che possono causare l’attivazione di derivazioni elettro-esplosive ed archi elettrici che detonano materiali infiammabili. I moderni trasmettitori radio e radar a bordo delle unità navali possono produrre irradiazioni elettromagnetiche nell’ambiente che sono potenzialmente pericolose per il personale operativo; armi, munizioni e depositi di carburante; attrezzature collegate. L’esposizione all’energia derivante dai sistemi radio di sufficiente intensità e frequenze comprese tra i 3 kilohertz (kHz) ed i 300 GHz possono avere effetti negativi su personale, sistemi d’arma e carburanti…». Al pericolo elettromagnetico durante le operazioni di armamento in elicotteri o aerei a bordo di portaerei o unità navali è riservato il rapporto del Comando della Marina Usa, “CG-47 Class advisory no. 05-85, Radhaz/Hero Guidance”. Vi si legge, tra l’altro, che «radiazioni prodotte dai sensori delle unità navali potrebbero essere sufficienti a generare la detonazione di armi e carburante a bordo dell’elicottero. Le interferenze tra i sensori a bordo delle navi e degli elicotteri potrebbero pure far apparire questi ultimi come sistemi nemici ed essere impropriamente dichiarati come un obiettivo ostile…». È quanto accaduto il 29 luglio 1967 nel Golfo del Tonchino a bordo della portaerei US Forrestal. Le radiazioni emesse dal radar di bordo detonarono un missile in dotazione ad un caccia F-14, causando una violenta esplosione e la morte di 134 militari. Le emissioni elettromagnetiche provenienti dalle stazioni radio e di telecomunicazione militari sarebbero pure all’origine di gravi incidenti che hanno avuto come protagonisti aerei di linea. In particolare, alcuni ricercatori si
sono soffermati su quanto accaduto il 7 ottobre 2008 ai computer di bordo, più precisamente agli Air Data Inertial Reference Unit (ADIRU), dell’Airbus A330 della compagnia australiana Qantas, mentre sorvolava la stazione militare navale di radiocomunicazioni situata nei pressi di Learmonth. Con l’A330 livellato a 37.000 piedi, improvvisamente s’interruppe la connessione dell’autopilota e l’aereo assunse un angolo in picchiata; solo grazie alla perizia del pilota fu possibile eseguire un atterraggio d’emergenza a Learmonth, ma numerosi passeggeri riportarono gravi ferite. Le emissioni della stazione militare di Learmonth sono state chiamate in causa quale possibile potenziale fonte di disturbo all’avionica di bordo di numerosi altri velivoli in transito nella medesima area. Appare a questo punto legittima la domanda se e come sarà possibile attivare l’aeroporto civile di Comiso (Ragusa) considerato che i suoi impianti disteranno appena 15 Km in linea d’aria dalla Stazione di telecomunicazione MUOS di Niscemi. Forte preoccupazione per i pericoli rappresentati dalle interferenze del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari sulle operazioni aeree di Comiso è stata espressa nel dicembre 2009 da numerosi Comuni e dalle amministrazioni provinciali di Catania, Caltanissetta, Enna e Ragusa. Ciononostante il governo della Regione Siciliana non sembra essere disponibile a negare la propria autorizzazione all’installazione dell’impianto MUOS.

Inattendibili gli studi d’impatto ambientale dei militari USA
«Incompleta e di scarsa attendibilità» con una documentazione allegata «discordante, insufficiente e inadeguata». È quanto emerso dalla relazione tecnica che ha analizzato lo studio per la valutazione d’incidenza ambientale presentata nel 2008 dalla Marina militare statunitense in vista dell’installazione della stazione MUOS all’interno della riserva naturale “Sughereta di Niscemi”. Consegnata il 10 ottobre 2009, la relazione a firma dei dottori Donato La Mela Veca, Tommaso La Mantia e Salvatore Pasta, ha individuato un impressionante numero di lacune ed omissioni nella valutazione ambientale del progetto, rilevando la scarsissima attenzione prestata dai militari statunitensi allo straordinario patrimonio ospitato in una delle più importanti riserve ecologiche siciliane.

«Dal contenuto della valutazione d’incidenza», scrivono i tre professionisti, «emerge un resoconto incompleto o spesso poco dettagliato di tutti gli impatti diretti ed indiretti dell’intervento. Si forniscono indicazioni sulla superficie coinvolta nella messa in posto di case pre-fabbricate e delle antenne (circa 900 m2), delle strade e dei marciapiedi (circa 1.500 m2), ma non è stato possibile trovare alcuna informazione quantitativa sui volumi e sull’estensione areale delle opere di rimodellamento della morfologia e di regimazione idraulica». Gli esperti sottolineano poi un’«apparente discordanza tra il perimetro dell’area d’intervento riportato sulla cartografia messa a disposizione e l’ambito d’intervento così come delimitato sul campo e indicatoci dai responsabili progettuali ed esecutivi del progetto».
«Manca una benché minima valutazione degli impatti che l’infrastruttura avrà sulla fauna in fase d’esercizio e le considerazioni sugli impatti su flora e vegetazione in fase di cantiere sono a dir poco scorrette e inconsistenti», aggiungono i professionisti, lamentando la mancata consegna di «documenti fondamentali» nel procedimento, come ad esempio le relazioni paesaggistica e faunistica e la Carta dei vincoli della riserva.

Relativamente allo studio della vegetazione, sono stati «del tutto trascurati» gli elementi di maggiore pregio.
Avendo essi una fenologia tardo-vernale e primaverile, l’epoca d’indagine dei tecnici incaricati dall’US Navy è stata del tutto inappropriata. «Invece di considerare l’area di “scarso interesse”», spiegano i professionisti, «sarebbe stato più corretto rifiutarsi di compiere il sopralluogo in una stagione del tutto inidonea ad individuare le principali emergenze botaniche (flora, vegetazione e habitat del comprensorio)». Contrariamente al giudizio dei fautori del MUOS, la riserva di Niscemi «costituisce un biotopo di notevole interesse naturalistico e scientifico, ed è stato designato per la presenza di quattro habitat, di cui uno prioritario». La “Sughereta di Niscemi”, spiegano gli esperti incaricati dal Comune, è «certamente un’area di grande interesse perché sebbene le unità di vegetazione naturale e semi-naturale, sugherete innanzitutto, appaiano frammentate sono uno degli ultimi esempi di questa tipologia di habitat nella Sicilia meridionale».

Ricca e di amplia distribuzione la flora esistente nell’area interessata dal programma militare. Si tratta di circa 200-250 specie diverse, il 40% delle quali esclusive del bacino del Mediterraneo, con alcune già sottoposte a tutela internazionale (fior di legna, serapide lingua, lino delle fate minore, melica piramidale, quercia spinosa, pungitopo). La relazione tecnica ha segnalato la «presenza di due specie incluse nelle liste rosse regionali, ovvero l’eliotropio (indicato come “vulnerabile”) e la laurea». «Sebbene l’area di intervento sia minima rispetto alla superficie della riserva nel suo complesso, le interazioni con l’avifauna possono essere significative dato il contesto territoriale», si legge ancora nella relazione. «L’area è di grande interesse per la presenza di un elevato numero di specie di uccelli (122), dovuto al fatto che il Sito Natura 2000 si trova lungo le linee di migrazione dell’ornitofauna, per l’eterogeneità del paesaggio vegetale e perché la sua posizione all’estremo sud dell’Isola determina nel periodo invernale condizioni ambientali idonee allo svernamento di molti uccelli».

Nella riserva è stata riscontrata l’esistenza di due specie che in Europa svernano solamente in Sicilia, l’upupa e il biancone, e di altre due che svernano irregolarmente, il grillaio e l’aquila minore. La rilevanza del sito è però data dalla presenza di 8 specie di uccelli tutelate da direttive e convenzioni internazionali, tre delle quali classificate come “vulnerabili” e due “minacciate”: coturnici, gruccioni, beccacce, succiacapre, ghiandaie marine, tottaville, magnanine comuni, averle capirossa.

Lo studio per la valutazione d’incidenza ambientale delle forze armate USA non ha inoltre tenuto conto che il SIC di Niscemi si qualifica per l’elevata diversità degli anfibi e rettili esistenti. Delle 11 specie di anfibi e 27 di rettili che vivono in Sicilia, sono presenti nell’area rispettivamente 4 e 14 specie. Alcune di esse risultano protette dalle normative internazionali: tra gli anfibi, il discoglosso dipinto, il rospo comune, il rospo verde, la raganella italiana; tra i rettili, la testuggine comune, il ramarro, la lucertola campestre, la lucertola siciliana, il gongilo ocellato, il biacco maggiore, il colubro liscio, il saettone, il colubro leopardiano, la biscia dal collare. «Anche per i mammiferi va rimarcata la grande ricchezza locale», sottolineano gli estensori della relazione tecnica. All’interno del SIC sono presenti complessivamente 16 specie di mammiferi, 5 delle quali “protette” perché in rischio di estinzione (pipistrelli albolimbati, pipistrelli di Savi, serotini comuni, istrici, gatti selvatici).

Ma non sono solo i lavori d’installazione delle grandi antenne del MUOS a mettere fortemente a rischio la vita di queste importanti specie vegetali e animali. Su di esse incombe infatti il pericolo delle intense radiazioni elettromagnetiche che saranno emesse quando gli impianti di teletrasmissione entreranno in funzione. «Gli studi pregressi sulle emissioni elettromagnetiche prefigurano un quadro allarmante sulle possibili ricadute negative delle antenne sulla fauna del SIC», avvertono gli estensori della relazione tecnica. «Gli studi sugli effetti delle onde utilizzate in telefonia hanno dimostrato inequivocabilmente gli effetti negativi». Con riferimento alla flora e alla fauna, in particolare, in una sua recente review sugli effetti della meno intensa “radiofrequency radiation from wireless telecommunications”, il direttore generale per l’Ambiente della Junta de Castilla y León (Spagna), Alfonso Balmori, afferma che «le microonde e l’inquinamento da radiofrequenze rappresentano una possibile causa del declino della popolazione animale e del deterioramento dello stato di salute delle piante che vivono nei pressi delle torri telefoniche». Per lo studioso iberico, le radiazioni provenienti dagli impianti della telefonia cellulare possono produrre effetti sui sistemi nervoso, cardiovascolare, immunitario e riproduttivo. «Esse danneggiano il sistema nervoso alterando l’elettroencefalogramma, modificando la risposta dei neuroni o la cosiddetta “blood-brain barrier”, la barriera che separa il sangue dal fluido cerebrospinale. Alterano i ritmi circadiani (sleep-wake), interferiscono sulla ghiandola pineale e sbilanciano la produzione ormonale. Modificano il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna. Interferiscono negativamente sulla salute e sul sistema immunitario, causando abulia, stanchezza, deterioramento del piumaggio e problemi di accrescimento. Causano difficoltà nella costruzione dei nidi o diminuzione della fertilità, del numero delle uova, dello sviluppo degli embrioni, della percentuale di cova o di sopravvivenza dei pulcini. Generano problemi genetici, locomotori, parziale albinismo e melanismo e promuovono l’insorgenza di tumori».

Le gravi omissioni tecniche del progetto MUOS
Ulteriori perplessità destano altri capitoli più specificatamente tecnici della scarna relazione della US Navy sull’incidenza ambientale del nuovo sistema per le guerre spaziali. Secondo l’ingegnere ambientale Gianfranco Di Pietro, «i nuovi trasmettitori saranno in totale cinque: tre a Sistema Obbiettivo ad Utente Mobile (MUOS) e due a sistema elicoidale UHF da installare presso il sito NTRF (Naval Radio Transmitter Facility) di Niscemi». «Nel sito in questione – aggiunge il professionista - esistono già oltre 40 trasmettitori a sistema elicoidale UHF di varia grandezza e potenza. I timori principali vanno per i trasmettitori MUOS, in quanto generano un campo elettromagnetico potentissimo rispetto a quelli a sistema elicoidale. Essi funzionano similmente alle main tracking stations utilizzate in campo civile per calcolare in tempo reale la posizione dei satelliti GPS. Il MUOS non è altro che un’immensa antenna parabolica basculante con un diametro di circa 20 metri e posta su una struttura portante alta 15 metri. L’escursione dell’asse della parabola prevista nel progetto MUOS è di 146° in totale e cioè il puntame nto più basso sarà con un angolazione di 17° dall’orizzontale. L’analisi effettuata dai militari statunitensi non è per niente completa, né rassicurante. Non si evince se è stata fatta un’analisi con modelli digitali di elevazione del territorio per vedere se tali puntamenti possono interferire con abitazioni e/o luoghi frequentati dal pubblico. A memoria visiva non è difficile intuire che in una vallata come è la contrada Ulmo di Niscemi, 17° sono pochi per non interferire con altri el ementi antropici o naturali, e per poter comunicare in perfetta intervisibilità con i satelliti orbitanti». Secondo l’ingegnere Di Pietro, nel malaugurato caso di un puntamento errato, il fascio di una sola delle tre antenne potrebbe causare «danni devastanti» a persone o animali «anche per esposizioni di soli 6 minuti».

Lo “Studio di Incidenza Ambientale” della Marina USA non ha poi affrontato minimamente i possibili effetti sulla salute delle popolazioni delle esposizioni a lungo termine ai campi elettromagnetici del MUOS. Anche in assenza di studi scientifici specifici sul rischio elettromagnetico di questo nuovo sistema di telecomunicazione satellitare, si può attingere a quanto già accertato per le onde generate dagli impianti della telefonia cellulare che operano tra i 900 Mhz e i 2 GHz, lo stesso range del sistema MUOS. Come rilevato dalla Commissione Internazionale per la Sicurezza ElettroMagnetica (ICEMS) riunitasi nel febbraio 2006 a Benevento (tra i componenti scienziati, ricercatori e oncologi di Italia, Stati Uniti, Russia, Cina, Brasile, Svezia e Canada), «evidenze sperimentali epidemiologiche, in vivo e in vitro, dimostrano che l’esposizione a specifici campi elettromagnetici a bassa frequenza (ELF) può aumentare il rischio di cancro nei bambini ed indurre altri problemi di salute sia nei bambini che negli adulti. Inoltre è stata accumulata evidenza epidemiologica che indica un aumentato rischio di tumori al cervello per uso prolungato di telefoni mobili…».

C’è infine un passaggio dello “studio d’incidenza ambientale” del MUOS di Niscemi che la dice lunga sul cinismo e l’inaffidabilità delle forze armate USA (e nazionali), che vale la pena riportare integralmente: «Le apparecchiature elettroniche mediche, come ad esempio pacemaker cardiaci, defibrillatori, apparecchi acustici, sedie a rotelle e attrezzature ospedaliere, possono anch’esse essere vulnerabili alle Interferenze Elettromagnetiche (EMI). Ad ogni modo, non sono stati stabiliti standard di vulnerabilità EMI per le apparecchiature mediche. Pertanto, in quest’analisi non si è data particolare considerazione ad esse. Se un ospedale è situato vicino ad un trasmettitore di elevata potenza, o in caso di personale cui siano stati impiantati dispositivi elettromedicali quali pacemaker e defibrillatori o che utilizzi dispositivi elettromedicali esterni come ad esempio apparecchi acustici, e che sia esposto a campi di alta intensità elettromagnetica, si possono verificare fenomeni EMI...».

A seguito della consegna della relazione tecnica sui possibili impatti dell’impianto MUOS sulla flora e la fauna dell’importante area protetta, l’amministrazione comunale di Niscemi ha disposto l’annullamento in autotutela dell’autorizzazione ambientale rilasciata il 9 settembre del 2008 per la costruzione del potente impianto a microonde in contrada Ulmo. Nel provvedimento si rileva in particolare che le controdeduzioni presentate dalle autorità della Marina militare americana «non trattano nel merito gli argomenti sollevati, eludendo di fatto la richiesta di procedere ad una valutazione di incidenza ambientale che tenga conto di dati completi ed attendibili». Ciò non ha però piegato minimamente la potente lobby pro-MUOS che è ripartita alla carica con l’offerta all’ente locale di ambigue compensazioni di tipo economico e infrastrutturale. A dare nuovo ossigeno ai piani di potenziamento militare è giunto il Decreto di riperimetrazione della Riserva naturale “Sughereta” (approvato il 30 dicembre 2009 dall’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente) che riduce sia la superficie della Riserva, che l’estensione delle aree classificate “zona A”, quelle cioè dove è vietato realizzare nuove costruzioni ed esercitare qualsiasi attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio ed è altresì vietata la costruzione di elettrodotti, acquedotti, linee telefoniche ed impianti tecnologici a rete. Le aree che hanno subito detto cambiamento di classificazione sono sparse a macchia di leopardo, senza alcuna soluzione di continuità, e ciò contribuisce all’iper-frammentazione del territorio protetto.

Contro il decreto che vede in calce la firma del Dirigente generale del Dipartimento Regionale Territorio ed Ambiente Rossana Interlandi, è stato presentato ricorso al TAR da parte del Comune di Niscemi, che si è visto stravolgere la regolamentazione di 32 particelle di terreno, tutte censite come bosco comunale. Nello specifico, 24 particelle, precedentemente ricadenti nella “zona A”, adesso si trovano completamente fuori dal perimetro della riserva, mentre altre 8 particelle, per una superficie complessiva di 28 ettari, sono state declassate dalla “zona A” alla “zona B” di pre-riserva. Va però rilevato che la riperimetrazione dell’area protetta era stata richiesta dallo stesso Comune di Niscemi, fattosi portatore delle istanze di alcuni privati cittadini proprietari di terreni all’interno della Riserva, i quali lamentavano «un’eccessiva penalizzazione dei vincoli che impediscono l’incremento delle colture». Un comportamento censurabile - quello di amministratori e Consiglio Comunale -, sia perché sull’argomento non risultano essere stati mai informati e/o consultati tecnici ed esperti in gestione ambientale né le organizzazioni ambientaliste locali e regionali; sia perché del tutto inopportuno sui tempi prescelti per avviare l’iter per ridisegnare il perimetro della Riserva, data la spada di Damocle dei paventati lavori di realizzazione delle infrastrutture MUOS. Va altresì rilevato che il Comune di Niscemi non ha mai elaborato il piano di utilizzazione per le “zone B”, secondo quanto richiesto dalla legge 98 per le Riserve.

Non si comprende, infine, perché nel suo ricorso al TAR, il Comune non abbia formalmente richiesto il ripristino della classificazione originaria della riserva naturale “Sughereta” in modo da riportare al suo interno le 24 particelle estromesse e riclassificare in “zona A” le 8 particelle che la Regione ha trasferito in “zona B”.

L’inquinamento elettromagnetico del trasmettitore USA di Niscemi
La stazione di telecomunicazioni della Marina USA di Niscemi è attiva dal 1991, le sue funzioni strategiche e i suoi rischi ambientali sono stati ampiamente descritti nel volume “Sicilia Armata. Basi, missili e strategie nell’isola portaerei della NATO” (pubblicato nel 1992 dal Comitato messinese per la pace e il disarmo unilaterale con Armando Siciliano Editore) e più volte ripresi nelle campagne dei movimenti e delle associazioni siciliane no-war. Ciò, però, non ha mai preoccupato le diverse amministrazioni succedutesi a livello locale, che invece hanno scelto una politica di aperta collaborazione con le autorità militari USA che gestiscono l’impianto. Solo dopo le rivelazioni stampa sul progetto MUOS da parte della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella c’è stato un cambio di tendenza tra amministratori e consiglieri e una maggiore presa di coscienza collettiva sul grave pericolo rappresentato dalle emissioni elettromagnetiche delle antenne radio esistenti all’interno dell’infrastruttura.

Le onde emesse dalle antenne della base coprono tutto lo spettro compreso tra le UHF e le VHF (Ultra andVery High Frequency – ultra e altissime frequenze, dai 30 MHz ai 3000 MHz, utilizzate per le comunicazioni radio con aerei e satelliti), alle ELF – VLF – LF (Extremely and Very Low Frequency – frequenze estremamente basse e bassissime, dai 300 Hz a 300kHZ), queste ultime in grado di penetrare in profondità le acque degli oceani e contribuire alle comunicazioni con i sottomarini a capacità e propulsione nucleare. A partire dalla fine degli anni ’90, le stazione di Niscemi è stata pure dotata del sistema di trasmissione VLF/LF “AN/FRT-95”, che ha consentito alle forze navali USA di accrescere la copertura nelle regioni del Nord Atlantico e del Nord Pacifico. Il trasmettitore AN/FRT-95A opera tra i 24 ed i 160 kHz con una potenza compresa tra i 280 kW e i 500 kW, ma il sistema permette l’estendere in caso di necessità sino ai 2,000 kW.

A seguito della chiusura della stazione di Keflavik (Islanda), a Niscemi è stato installato nel settembre 2006 un “addizionale” Sistema di Processamento e Comunicazione Automatico e Integrato con i Sottomarini (ISABPS). La base ha così assunto tutte le funzioni di collegamento in bassa frequenza con i sottomarini strategici operanti nella regione atlantica (Atlantic Low Frequency Submarine Broadcast).

Come enfaticamente sottolineato dal comunicato emesso dall’US Navy in occasione del trasferimento delle installazioni dall’Islanda alla Sicilia, «la missione della stazione navale sarà quella di garantire i servizi di comunicazione agli utenti di NAS Sigonella come le forze di Stati Uniti, NATO e delle forze di coalizione che operano nell’Atlantico, nel Mediterraneo, nel sud-est asiatico e nelle regioni del’Oceano indiano. Come parte della FORCEnet vision della Marina militare USA, la Stazione di Niscemi connetterà sensori, comandi e piattaforme di controllo, organi decisionali, combattenti e sistemi d’arma per assicurare ulteriori progressi nella Guerra Globale al Terrorismo». La FORCEnet vision è l’architettura strategica per le operazioni delle unità navali, aeree e spaziali nel XXI secolo, con l’obiettivo dichiarato di assicurare alle forze armate USA la «superiorità nella conoscenza e nelle capacità di comando e accrescere la potenza di combattimento in guerra».

Alla produzione del cocktail micidiale di radiazioni elettromagnetiche, non potevano restare assenti a Niscemi gli impianti di trasmissione a microonde, come sono denominate le onde molto corte comprese tra i 300MHz e i 300 GHz di frequenza, utilizzate per le trasmissioni spaziali e satellitari (come saranno ad esempio quelle del MUOS), nella telefonia cellulare e nei famigerati “forni a microonde”. A provare l’esistenza di specifiche antenne a microonde nella base della marina statunitense di Niscemi e in altre basi USA in Sicilia, la copia di un bando della Defense Information Systems Agency, pubblicato il 29 maggio 2008, relativo alla «fornitura ed installazione di tre siti di comunicazioni a microonde (“microwaves”) Line-of-Sight (LOS)», il primo a Niscemi, il secondo a Sigonella e il terzo nella base navale USA di Augusta (Siracusa), utilizzata quest’ultima perl’approdo e il rifornimento di armi e carburante delle unità da guerra, comprese le portaerei e i sottomarini atomici. I lavori per il nuovo impianto a microonde si sono conclusi nell’ottobre 2008.

Ciononostante si è dovuto attendere quasi vent’anni perché le autorità regionali eseguissero le prime analisi per valutare il livello d’inquinamento elettromagnetico del centro di telecomunicazione US Navy di contrada Ulmo e accertare che anche senza il MUOS, le emissioni generate dalle antenne della base hanno raggiunto livelli pericolosissimi per la salute della popolazione. Il monitoraggio effettuato dall’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, in un periodo compreso tra il 10 dicembre 2008 e il 9 marzo 2009 ha evidenziato valori superiori ai “limiti di attenzione” fissati dalle normative in materia per l’esposizione ai campi elettromagnetici. In Italia, il decreto n. 381 del 10 settembre 1998 e il DPCM dell’8 luglio 2003, relativamente all’intensità della componente elettrica delle emissioni, la cui unità di misura è il volt per metro (V/m), stabiliscono un limite massimo di esposizione di 6 V/m. Ebbene, in contrada Ulmo, una centralina ha registrato una «media di esposizione di circa 6 V/mt con dei picchi settimanali di superamento»; la seconda centralina, sita sempre nei paraggi dell’installazione militare statunitense, ha registrato i «valori medi di 4 V/mt con picchi di superamento occasionali», che in un caso (il 20 dicembre 2008), hanno raggiunto i 9 V/m. Le altre due centraline hanno invece registrato dei «valori medi di 1-2 V/mt con picchi preoccupanti», specie in contrada Martelluzzo, dove nella giornata del 10 gennaio 2009 si è sfiorata l’intensità soglia dei 6 volt per metro. A Niscemi, dunque, siamo già oltre i valori di rischio e le emissioni elettromagnetiche sono notevolmente superiori a quanto si registra normalmente nei pressi dei più potenti ripetitori televisivi o delle stazioni di trasmissione della telefonia cellulare GSM (le più simili ai sistemi satellitari del tipo MUOS), dove l’intensità oscilla tra i 0,3 e i 10 volt per metro. Con l’aggravante che le analisi dell’ARPA sarebbero state effettuate quando erano in funzione appena il 50% circa delle antenne della base di Niscemi e che una delle caratteristiche delle trasmissioni militari è la non continuità delle emissioni, nonché la variabilità della potenza con cui esse vengono irradiate.

Non va poi dimenticato che numerose ricerche scientifiche evidenziano come l’esposizione prolungata alle onde elettromagnetiche anche nei valori consentiti dalle norme internazionali, abbiano gravissimi effetti sulla salute della popolazione. Nel 1997, gli scienziati britannici Dolk, Elliott e Shaddick effettuarono uno studio relativo all’incidenza dei tumori nella popolazione residente in prossimità del grande ripetitore radiotelevisivo di Sutton Coldfield, dove il valore massimo del campo elettrico era pari a 2 V/m per le emittenti TV e 4.5 V/m per quelle radio. Furono evidenziati numerosi casi di leucemia e di melanoma alla pelle tra gli adulti che risiedevano in un raggio di 2 km dalle antenne e un «rischio crescente» all’insorgenza delle stesse malattie tra gli abitanti residenti in un raggio di 10 km dagli impianti. A seguito della pubblicazione di questi dati, le autorità britanniche avviarono uno studio dell’incidenza dei tumori nella popolazione residente in un raggio di 10 km dai trasmettitori radiotelevisivi con potenza effettiva di almeno 500 kW per la televisione e 250 kW per la radio.

Prendendo a riferimento il periodo 1974-96, furono registrati 3.305 casi di leucemia negli adulti, con un declino del rischio in funzione della distanza dagli impianti. Anche per questo numerosi scienziati suggeriscono di abbassare i limiti dell’intensità della componente elettrica delle emissioni degli impianti che trasmettono tra i 100 MHz e i 3 GHz a 1 volt per metro, in modo da proteggere maggiormente i tessuti e gli organi dell’uomo dagli effetti termici delle onde.

L’insostenibile impatto ambientale della stazione di telecomunicazione dell’US Navy di Niscemi va tuttavia aldilà dell’emissione di onde elettromagnetiche pericolose per l’uomo e per l’ambiente. È stato infatti possibile accertare che nel suolo e nel sottosuolo sono state disperse grandi quantità di gasolio, durante il verificarsi di incidenti rigorosamente tenuti segreti agli amministratori e alle popolazioni locali. Circa tre anni fa, l’impresa LAGECO (Lavori Generali Costruzioni) di Catania, è stata chiamata dall’US Navy per eseguire misteriosi «lavori di bonifica ambientale del terreno contaminato a causa di un versamento di gasolio sullo stesso». Tra gli altri fattori ad altissimo rischio per i cittadini di Niscemi gli additivi e di altri prodotti nocivi contenuti nelle spropositate quantità di gasolio divorate dagli impianti di telecomunicazione della base militare USA. Stando ai dati forniti dal Pentagono, nel solo periodo compreso tra il 2003 e il 2005 il trasmettitore di Niscemi è stato rifornito di 2.100.000 litri di gasolio (tipologia DF2), pari ad un consumo di 700.000 litri l’anno. Di per sé il dato non dice molto se non lo si compara con il consumo di altre infrastrutture militari Usa in Italia, ben differenti per grandezza e funzioni dalla “minuscola” stazione siciliana. A Sigonella, ad esempio, nello stesso periodo sono stati consumati 10.400.000 litri di gasolio; 9.100.000 di litri il consumo a Camp Darby (Livorno); 18.000.000 ad Aviano (Pordenone). Che Niscemi sia una stazione del tutto “anomala” dal punto di vista energetico, traspare dalla verifica dei consumi di altre importanti installazioni di telecomunicazione che gli Stati Uniti possiedono in Italia. Il potente impianto di generazione elettrica per i sistemi radar di Napoli-Capodichino, ad esempio, ha richiesto appena 550.000 litri di gasolio DF2. La stazione USA-NATO di Tavolara, anch’essa utilizzata per le comunicazioni LF con i sottomarini, ha divorato 300.000 litri, quantità sette volte inferiore a quella di Niscemi.