La minaccia del MUOS e il disprezzo per i cittadini
Massimo Zucchetti, docente al Politecnico di Torino, denuncia l’insostenibilità ambientale e i pericoli
per la salute del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare dell’esercito americano
previsto all'interno della riserva naturale di Niscemi in Sicilia.
“Non sarà facile – né popolare, in tempo di elezioni – imporre il MUOS a colpi di decreti di militarizzazione, anche se la volontà del Governo Italiano appare
chiaramente orientata in questa direzione”. Il prof. Massimo Zucchetti, professore ordinario di Impianti Nucleari del Politecnico di Torino e research affiliate
del Massachusetts Institute of Technology, è stato autore, insieme al dott. Coraddu, del rapporto che per primo ha rivelato la pericolosità del MUOS per la salute
e l’ambiente, contribuendo alla decisione della revoca delle autorizzazioni concesse per la sua costruzione da parte della Regione siciliana lo scorso 6 febbraio.
Il MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare per l’esercito americano che prevede
una base a terra a Niscemi Caltanissetta, nella riserva naturale protetta.
Colloquio con Massimo Zucchetti di Giuseppe Montalbano:

Prof. Zucchetti, ci spieghi in cosa dovrebbe consistere l’impianto del MUOS in Sicilia e quali sono
i dati che emergono in sostanza dal rapporto curato da Lei e dal dott. Coraddu in merito al suo impatto sulla salute?
I componenti principali del MUOS sono tre grandi antenne paraboliche, del diametro di 18,4 metri, destinate a emettere microonde con una potenza di 1600 Watt ciascuna, orientativamente un centinaio di volte la potenza dei ripetitori per telefonia cellulare. Vista la sempre maggiore quantità di dati necessari per guidare i moderni sistemi d’arma, quali ad esempio i droni, il sistema è indispensabile all’esercito USA. Inizialmente previsto nell’aeroporto militare di Sigonella, il MUOS è stato spostato presso la stazione di telecomunicazioni militari US-Navy NRTF (Naval Radio Transmitter Facility) di Niscemi, a causa delle forti emissioni elettromagnetiche che comportavano rischi di interferenza e incidenti. In questa stazione già operano dal 1991, ad appena 4 Km dal centro di Niscemi, 46 grandi antenne militari. Alcune case si trovano a un chilometro o poco più dal confine del sito, e la zona è densamente popolata.

Da misurazioni effettuate dall’ARPA siciliana si rileva come già le emissioni delle antenne esistenti comportino, in alcuni casi, superamenti dei limiti stabiliti dalla legislazione italiana. Le emissioni del MUOS andrebbero quindi ad aggiungersi a queste. E’ evidente quindi che a Niscemi non è assolutamente proponibile aggiungere ulteriori emissioni: se mai occorrerebbe – secondo la legge – intervenire per ridurre a conformità quelle già presenti.

L’ARPA Siciliana, chiamata ad emettere un parere sul MUOS, ha richiesto ai militari USA tutta una serie di dati e specifiche, necessari per una corretta valutazione: ma questi le sono stati negati opponendo il segreto militare. Si ripete un vecchio copione: la difficoltà o l’impossibilità delle autorità civili a esercitare le proprie prerogative quando si vanno a toccare zone o interessi militari di basi straniere.
I rischi principali sono in caso di incidente, quali ad esempio l’errato puntamento del fascio emesso, con possibilità in questo caso di gravi danni immediati alla popolazione.

Vi sono poi gli effetti dell’esposizione a lungo termine di onde elettromagnetiche di bassa intensità. Le evidenze scientifiche sui loro effetti nocivi hanno continuato ad accumularsi, ed in anni recenti vi è stata una vera e propria esplosione di lavori scientifici internazionali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha compiuto nel 2011 un primo passo, riconoscendo le onde elettromagnetiche come possibili agenti cancerogeni per l’uomo. Oltre l’induzione di leucemie infantili, ora emergono decine di studi su tumori cerebrali, effetti neurologici e neurodegenerativi, abbassamento delle difese immunitarie, ed altro ancora. L’accertamento di tali effetti richiede la realizzazione di indagini epidemiologiche destinate, per loro natura, a protrarsi per anni. Per esempio gli studi che hanno accertato come le emissioni di Radio Vaticana a Roma abbiano provocato un incremento di casi di leucemia tra i residenti delle zone limitrofe (fatto sancito anche dalla condanna definitiva dei responsabili nel Febbraio 2011) si sono protratti per circa 10 anni.

Il MUOS sorgerà all’interno della riserva naturalistica protetta “Sughereta di Niscemi”,
sito inserito tra le aree di interesse comunitario: quali saranno gli effetti per l’ambiente?
La stazione MUOS dovrebbe appunto essere realizzata all’interno di una zona naturalistica protetta, provocando gravi danni all’ambiente, come già evidenziato nel 2009 in una relazione di docenti della Facoltà di Agraria dell’Università di Palermo. In particolare le emissioni di radiofrequenze e microonde disturbano fortemente l’avifauna e gli insetti impollinatori (api in particolare) con conseguenze a catena su tutto l’ecosistema. L’ARPA Siciliana aveva anche, per la tutela dell’habitat durante il periodo di riproduzione dell’avifauna stanziale e migratoria, invitato a non proseguire i lavori in tale periodo, cosa che invece non è avvenuta. Vi è purtroppo assenza di una specifica normativa di riferimento sugli effetti delle emissioni elettromagnetiche sulla biocenosi tutelata dall’area protetta.

Quale sarà l’impatto delle radiazioni per lo spazio aereo del vicino aeroporto di Comiso e per quello internazionale di Catania?
Nel comunicato della Regione Sicilia che annuncia la revoca delle autorizzazioni alla costruzione del MUOS, si cita la mancanza di indagini preliminari circa le interferenze del MUOS rispetto alla navigazione aerea dell’aeroporto di Comiso durante il funzionamento ordinario, il fascio emesso dalle parabole MUOS è diretto verso il cielo con un angolo di elevazione molto piccolo (il minimo è di 17° sull’orizzonte). In queste condizioni a 30 Km di distanza, il fascio attraverserebbe il cielo a 10.000 metri di altezza, con rischio di investire accidentalmente gli aerei e provocare gravi interferenze alla strumentazione di bordo. L’area circostante Niscemi è interessata da un intenso traffico aereo: l’aeroporto di Comiso si trova a circa 20 Km di distanza, Sigonella a 52 Km, Fontanarossa (Catania) a 67 Km.

Le parabole del MUOS potranno interferire con i sistemi di telecomunicazione,
gli strumenti elettronici e i dispositivi medici come il pacemaker nella loro area di influenza?
Le considerazioni sulla compatibilità elettromagnetica, contenute negli stessi studi di impatto prodotti dall’US-Navy indicano come livello di riferimento per il rischio di interferenza elettromagnetica a RF (Radiofrequenza) quello di un campo con una componente elettrica di circa 1 V/m. Alcuni apparecchi accusano interferenze e malfunzionamenti già per valori inferiori. In particolare, alcune categorie di dispositivi elettronici, come gli apparecchi elettromedicali (pacemaker, defibrillatori, apparecchi acustici), e la strumentazione avionica, risultano particolarmente vulnerabili a questi disturbi. Secondo le nostre valutazioni, il limite per la compatibilità elettromagnetica in questi ultimi casi viene raggiunto entro una distanza di circa 7 km dal MUOS, includendo interamente l’area di tutto il Comune di Niscemi, che dovrebbe quindi essere interdetta all’accesso di portatori di apparecchi elettromedicali.

Ad essere interessato dalle radiazioni delle parabole sarà soltanto il territorio di Niscemi o l’area a rischio è in realtà più ampia?
Bisogna in questo caso considerare il rischio di effetti acuti: esso è essenzialmente legato all’esposizione diretta al fascio emesso dalle parabole MUOS. Un evento incidentale di questo tipo comporterebbe il superamento del limite di esposizione per gli effetti acuti a distanze inferiori a circa 20 km, ben oltre l’abitato di Niscemi che è entro un raggio di appena 6 km dalle sorgenti. L’esposizione diretta al fascio principale può avvenire in seguito a un malfunzionamento o a un errore di puntamento e può provocare danni gravi e permanenti alle persone accidentalmente esposte. I danni più frequenti sono dovuti all’ipertermia con conseguente necrosi dei tessuti, l’organo più esposto è l’occhio (cataratta indotta da esposizione a radiofrequenze o a microonde).

Un precedente rapporto sull’impatto ambientale del MUOS da parte della facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo, insieme ad alcuni esperti nominati dal dipartimento della difesa statunitense, aveva dato il primo via libera alla Regione, assicurando che non avrebbe comportato pericoli per la salute delle persone. Il vostro rapporto ha ribaltato interamente queste conclusioni. Come è stato possibile?
Noi abbiamo redatto il nostro Rapporto basandoci sui dati disponibili, e riscontrando le notevoli carenze di informazioni causate dal rifiuto – da parte delle autorità militari statunitensi – di fornire tutte le specifiche necessarie ad una valutazione adeguata dei rischi. Rifiuto opposto non a noi, ma ai funzionari dell’ARPA che le hanno ripetutamente richieste. A quanto ho potuto apprendere durante un’audizione davanti alle Commissioni dell’Assemblea Regionale Siciliana, i colleghi dell’Università di Palermo hanno ricevuto dati da parte delle autorità militari, che però non possono essere diffusi a causa del segreto militare. Difficile perciò poter prendere il loro lavoro come riferimento.
Noi abbiamo fatto rilevare, nella nostra relazione, come l’ipotesi che il fascio di radiazioni elettromagnetiche del MUOS sia perfettamente collimato non è assumersi nella cosiddetta zona “di campo vicino”, cioè quella nella quale il fascio, risultante oltretutto dalla composizione delle emissioni di diversi apparati, può non essere affatto collimato e avere dei “punti caldi” con valori di picco del campo elettromagnetico. La zona di “campo vicino”, date le frequenze e le dimensioni degli emettitori, è in questo caso di circa 67 km: in quella zona è quindi difficile pronunciarsi sulla effettiva pericolosità del MUOS, se non attraverso complesse simulazioni numeriche, che necessitano di molti dati che sono mancanti. Dagli scarni dati a noi disponibili abbiamo potuto stimare che la realizzazione delle antenne MUOS potrebbe portare a un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche V/m rispetto al livello esistente, con la possibilità del verificarsi di “punti caldi”, con un incremento del campo nettamente superiore. Vi sono poi – come già detto – da considerare anche i rischi in caso di incidente di puntamento, quelli di disturbo delle comunicazioni aeree e quelli di tipo naturalistico.

Perché a fronte di un simile progetto non sono state predisposte a livello regionale e nazionale
più commissioni tecniche incaricate di redigere rapporti sull’impatto ambientale del MUOS?
Secondo noi, l’autorizzazione alla realizzazione del progetto MUOS è stata concessa – nel 2011 - in violazione delle normative che riguardano la protezione della popolazione dall’esposizione alle emissioni elettromagnetiche (legge 36 del 2001, DPCM 8 Luglio 2003, DLGS 1 agosto 2003, n. 259, atr. 87, commi 1 e 3); inoltre, occorre pianificare una rapida riduzione delle attuali emissioni, secondo la procedura di “riduzione a conformità” prevista dalla legislazione italiana in vigore (DPCM 8 Luglio 2003 –RF art. 5 e allegato C);

Cosa accade negli altri siti, sparsi tra l’Australia, le Hawaii e la Virginia,
in cui è in corso o è stata già ultimata la costruzione delle parabole del sistema MUOS?
Il sito nel territorio continentale degli USA (in Virginia) si avvale della legislazione statunitense sulle onde elettromagnetiche, che per ora è molto permissiva in quanto non tutela gli esposti dagli effetti a lungo termine delle basse esposizioni, ma soltanto dagli effetti acuti per esposizioni elevate. Ha quindi limiti molto più alti dei nostri. Lo stesso vale per il sito insulare (Hawaii) che sorge in una zona abbastanza remota, ma tuttavia con un villaggio nelle vicinanze. Ovviamente, se la legislazione statunitense è più permissiva, questo non deve implicare che l’Italia rinunci alla propria. In Australia, l’apparato in costruzione sorge a Kojarena, una base nell’interno, alla quale la città più vicina (Geraldton) si trova a 30 km.

Perché a suo parere una simile questione ha ricevuto una così scarsa attenzione nel dibattito pubblico nazionale?
A suo avviso la vicenda del MUOS che ripercussioni può avere sulla qualità della democrazia nel nostro Paese?
Credo si sia dato per scontato che fosse un “affare” siciliano e che la Sicilia non avrebbe fatto molte “storie”. E’ la prima volta, infatti, se tralasciamo la battaglia, comunque perduta, contro i missili a Comiso, che la Sicilia si ribella alla presenza militare statunitense. Ora non si può prevedere quale sarà lo scenario futuro: il MUOS è un progetto strategico per gli USA, e probabilmente il governo centrale italiano interverrà per sovrapporre la propria volontà (in favore del potente alleato) alle decisioni della Regione Sicilia. Ma c’è un fatto nuovo, imprevisto e del tutto inusuale per l’Italia: contrariamente ad esempio al caso di altre “grandi opere” o basi militari, qui si trovano uniti in un fermo rifiuto all’opera non solo le associazioni, gli attivisti e le autorità locali (come i sindaci dei comuni più vicini), ma anche il governo e l’assemblea regionale, oltretutto di una regione con ampia autonomia come la Sicilia. Non sarà facile – né popolare, in tempo di elezioni – imporre il MUOS a colpi di decreti di militarizzazione, anche se la volontà del Governo Italiano appare chiaramente orientata in questa direzione. Resta il fatto che, se pur fra contraddizioni, si stabilisce un precedente: una classe politica di una Regione che, senza distinguere fra destra e sinistra, ascolta e fa gli interessi di una porzione importante dei propri cittadini andando contro il volere e gli interessi della più potente nazione del mondo: mi sembra un episodio importante.
E vorrei concludere però ricordando che non è certo solo l’inquinamento elettromagnetico “militare” a essere pericoloso: spero che questo episodio serva ad aprire un dibattito più ampio anche sulle fonti per uso civile, dai ripetitori alle reti per cellulari e wireless.




l MUOS e le guerre del futuro
di Antonio Mazzeo

Licenza illimitata di uccidere. Chiunque. Dovunque. Non faranno sconti a nessuno i prossimi interventi delle forze armate Usa. Ancora guerre globali e permanenti dove saranno sempre più le spietate macchine a decidere chi, dove, come e quando ammazzare. Computer, terminali e satelliti, droni e robot per marginalizzare sino ad escludere l’uomo con la sua intelligenza, etica, empatia, sentimenti, senso di responsabilità, concezioni della vita e della morte. Una cesura irreversibile con l’intera storia dell’umanità in violazione dei principi base del diritto umanitario internazionale, primo fra tutti quello di dover di distinguere sempre i militari dai non combattenti (popolazione civile, donne, anziani, bambini).

Colpire senza mai rischiare di essere colpiti, annientare il nemico anche se le sue minacce sono virtuali o frutto di un errore di trasmissione e lettura di un byte. In nome dell’assoluta superiorità in terra, negli oceani, nello spazio. Per tutto questo servono missili e sistemi anti-missili da lanciare in frazioni di secondo, stormi di aerei senza pilota sovraccarichi di testate convenzionali e minibombe atomiche, costellazioni di satelliti ad altissime frequenze per collegare tra loro centri di comando e controllo, decine di migliaia di impianti radar e radiotrasmittenti, sottomarini nucleari, gruppi operativi, missili da crociera e droni killer o spia.

Sarà il MUOS (Mobile User Objective System) la futura rete di telecomunicazione satellitare che consentirà alle forze armate statunitensi di propagare universalmente gli ordini di guerra, convenzionale e/o chimica, batteriologica e nucleare. E finanche quelli per scatenare la guerra al clima e all’ambiente. Si baserà su cinque satelliti geostazionari e quattro terminali terrestri: uno in costruzione a Niscemi (Sicilia sudorientale) e gli altri in Virginia, Hawaii e Australia. Con questo sistema il Pentagono punta a velocizzare e moltiplicare di una decina di volte le informazioni che potranno essere trasmesse nell’unità di tempo, impedendo così ai supervisori in carne ed ossa di monitorare e intervenire prontamente in caso di anomalie tecniche.

Il terminale terrestre in fase di realizzazione in Sicilia si comporrà di tre grandi antenne paraboliche dal diametro di 18,4 metri, funzionanti in banda Ka per le trasmissioni verso i satelliti e di due trasmettitori elicoidali in banda UHF di 149 metri d’altezza, per il posizionamento geografico. Mentre le maxi-antenne trasmetteranno con frequenze che raggiungeranno valori compresi tra i 30 e i 31 GHz, i due trasmettitori avranno una frequenza di trasmissione tra i 240 e i 315 MHz. Progettazione, realizzazione e (futura) gestione del MUOS sono di pertinenza esclusiva della Marina militare Usa. Il sistema non è incluso infatti in nessuno dei programmi di riarmo discussi e approvati in sede Atlantica. Il suo costo totale (originariamente stimato in 2 miliardi di dollari ma che alla fine schizzerà presumibilmente ad 8) è a carico dei contribuenti statunitensi.

La rilevanza strategica del sistema satellitare è ribadita nei documenti presentati dal Pentagono per conseguire i fondi dal Congresso. “Il MUOS giocherà un ruolo centrale nella nuova visione NCO (Network-Centric Operations) del Dipartimento della difesa perché è un sistema disegnato per assicurare le comunicazioni interoperabili, robuste e network-centriche di cui hanno bisogno i sistemi di guerra per le future operazioni”, scrivono i responsabili militari. “Il concetto NCO descrive la combinazione di strategie, tattiche emergenti, tecniche, procedure e organizzazioni che può utilizzare una forza militare pienamente o parzialmente in rete per ottenere un decisivo vantaggio nelle azioni di guerra”.

La complessità e la portata bellica del MUOS, le sue dichiarate funzioni di arma d’attacco e first strike avrebbero dovuto imporre al Governo italiano di presentare il programma Usa in Parlamento e ottenerne l’autorizzazione a consentire il suo stazionamento sul territorio nazionale. Le autorizzazioni, in spregio degli artt. 11 e 80 della Costituzione, sono state concesse invece, il 31 ottobre 2006, attraverso un documento a firma della Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa. “Lo Stato Maggiore ha espresso il non interesse delle Forze Armate italiane alla futura acquisizione delle opere in caso di dismissione statunitense”, recitava l’ultimo comma della nota fatta recapitare al Comando navale Usa di Napoli-Capodichino.

Il MUOS sorgerà all’interno della Naval Radio Transmitter Facility di Niscemi: 46 antenne per le comunicazioni con le forze di superficie e sottomarine Usa, anch’esse ad uso esclusivo del Pentagono e su cui non c’è modo di esercitare la sovranità e alcun controllo da parte delle autorità italiane. È scritto nero su bianco nell’Accordo tecnico Italia-Stati Uniti riguardante le installazioni in uso alle forze USA di Sigonella, firmato a Roma il 6 aprile del 2006. “L’uso esclusivo – si legge nell’accordo – significa l’utilizzazione dell’infrastruttura da parte della forza armata di una singola Nazione, per la realizzazione di attività relative alla missione e/o a compiti assegnati a detta forza dallo Stato che l’ha inviata”.

La NRTF di Niscemi è parte integrante della cosiddetta FORCEnet vision, l’architettura strategica per le operazioni delle unità navali, aeree e spaziali nel XXI secolo, con l’obiettivo dichiarato di assicurare a gli Stati Uniti d’America la “superiorità nella conoscenza e nelle capacità di comando e accrescere la potenza di combattimento in guerra”




Fonte: MicroMega 15 Febbraio 2013