ROMA - "Chi ci vota domenica prossima vota contro la Boccassini e De Pasquale, questo deve essere chiaro a tutti". È l'effetto "referendum" quello che Berlusconi punta a ottenere con le elezioni-simbolo a Milano. Una battaglia giocata tra il Cavaliere e il palazzo di giustizia, che sarà decisa ai voti: se Letizia Moratti dovesse vincere al primo turno, per Berlusconi quella sarà stata una "sonora sconfitta" dei pm, visto che proprio sulla iper-politicizzazione della campagna amministrativa ha giocato le sue ultime uscite in campagna elettorale.
È questo il senso del crescendo di toni usati dal capo del governo contro i magistrati, persino nel giorno dedicato al ricordo delle toghe vittime del terrorismo. "O me o loro", continua a ripetere in queste ore. Pronto a far ripartire immediatamente tutto il pacchetto giustizia in caso di un exploit elettorale che gli restituisca la forza perduta. "È vero - ha detto a proposito della commissione d'inchiesta sulla magistratura - è tanto che ne parliamo. Finora mi sono fatto convincere da chi mi consigliava di non forzare la mano, ma se vinciamo a Milano la facciamo per davvero, anzi sarà la prima cosa che partirà".
La personalizzazione in chiave anti-pm della campagna milanese è totale. Tanto da aver indotto Berlusconi a registrare uno spot radiofonico dai toni accorati, che si conclude così: "Se mi vuoi bene, scrivi sulla scheda il mio cognome". La campagna, a sentire l'interessato, starebbe dando i suoi frutti nonostante nel Pdl in molti si stiano preoccupando per l'incendio appiccato. Anzi, nelle ultime riunioni riservate il premier ha tirato fuori un sondaggio che darebbe la coalizione di centrodestra al 52,6%, vincente al primo turno. Ma la condizione è che vi sia un'alta affluenza, vicina almeno al 70%, altrimenti la Moratti (la più scettica su questa deriva anti-pm della "sua" campagna) sarebbe costretta al ballottaggio.
Vittoria o sconfitta al primo
turno. È questo lo spartiacque che, da due
settimane e all'improvviso,
ha congelato al punto in cui
erano tutte le leggi salva-Silvio. Che, fino a quel momento, avevano disperatamente
corso
per settimane con l'obiettivo,
da perseguire il più in fretta possibile, di bloccare il processo
Mills (con la prescrizione breve),
di mettere momentaneamente in
soffitta il caso Ruby e il caso Mediaset (con il conflitto di attribuzioni),
di evitare l'uscita
di altre intercettazioni (con
la legge bavaglio).
Ma l'ordine, dall'alto, è
stato preciso. "Fermate tutto, dobbiamo prima capire
che succede alla Moratti".
In stand-by sono finite ben
tre norme salva-Silvio, contenute in due leggi. Stoppata la prescrizione
breve per gli incensurati, cioè per lui, dopo lo scontro durissimo
nel voto alla Camera. Al Senato hanno cominciato a discuterne in commissione,
ma senza fretta. Stoppato anche il processo "lungo", sempre al Senato,
che sarebbe dovuto andare in aula subito dopo il voto
di metà maggio. Lì,
con un improvviso blitz, accanto agli articoli sul strapotere degli avvocati
in udienza e sul divieto di usare
le sentenze passate in giudicato
(leggi: Mills), deve entrare anche la norma per sospendere i processi Ruby
e Mediaset
in presenza di un conflitto
di attribuzioni alla Consulta. Pure questa norma urgentissima (il dibattimento
si apre il 31 maggio)
è stata messa per ora
in frigorifero. Non solo: nell'attesa, è stato inspiegabilmente
"dimenticato" lo stesso conflitto per Ruby,
pur autorizzato dall'aula della
Camera il 5 aprile, ma mai approdato alla Consulta.
Ma non c'è solo il rischio ballottaggi a mettere
in allarme il premier. Lo tiene in tensione il malumore del Colle nei confronti
della prescrizione breve. Di cui ieri diceva: "Non so cosa farà
Napolitano, ma non mi pare ci siano fatti di incostituzionalità".
E invece le paure sono forti. Il Colle non ha mai parlato, ma i giuristi
di Berlusconi annusano aria di un possibile intervento. Tant'è che
il premier, già un paio di settimane fa, voleva mandare sul Colle
il Guardasigilli Angelino Alfano per spiegare al capo dello Stato che la
sua legge non farà "morire" 15mila processi. Il rischio di una bocciatura
o di un ridimensionamento però c'è. E le settimane elettorali
non sono certamente quelle in cui incassare una reprimenda del Colle pure
sulla prescrizione breve. Né quelle giuste per rivedere l'intera
strategia salva-Silvio. Meglio pensarci dopo, a Moratti vincente.
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