INTRECCI PERVERSI
Ombre nere sulla procura di Siracusa


Magma 18 novembre 2011 - 13:01 Gianfranco Pensavalli

Palazzo Piacentini. E’ ponte a Messina dove, invero, la Giustizia si concede molte pause. Per un motivo o per un altro. Il pm Fabrizio Monaco è uno dei pochissimi in ufficio. Riceve il cronista quasi si attendesse la visita. E taglia corto, seppur cortesissimo. «Sì, la richiesta di archiviazione è pendente da quattro mesi. Per i dettagli, visto che si tratta di un procedimento che riguarda magistrati, meglio chiedere al procuratore Guido Lo Forte. Magari la decisione del gip arriverà in queste ore, ma allo stato attuale non ho contezza di una decisione. E non sono solito chiedere notizie su quanto richiedo come atto di conclusione indagini».

Chiarissimo. Dunque, il 7 luglio 2011 il pm Monaco ha richiesto l’archiviazione del procedimento a carico di Maurizio Musco, Alessandro Centonze e Pasquale Alongi. Il primo è sostituto procuratore a Siracusa e risponde di abuso d’ufficio. Il secondo, al tempo, era alla Procura di Catania come pm e risponde di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio. Il terzo è un vice questore aggiunto che è stato dirigente del commissariato di polizia di Augusta e attualmente è in servizio nella polizia di Frontiera dello scalo di Fontanarossa. Risponde di subornazione. Ovvero, il reato commesso da chiunque offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria.

Detto subito che si tratterebbe per il pm Musco e Centonze della seconda richiesta di archiviazione al gip dopo una pronunzia della Cassazione, Messina opera perché due magistrati sono in forza al distretto di Catania e, quindi, finiscono sotto giurisdizione peloritana. Già il gip messinese aveva archiviata la posizione dei magistrati, ma a seguito dell’istruzione predisciplinare avviata dalla Procura generale della Cassazione, furono chieste alla Questura di Siracusa informazioni sulla vicenda. Di qui una dettagliata relazione sui fatti redatta dall’allora dirigente del commissariato di Ps di Augusta, Pasquale Alongi e la procura generale restituì gli atti ai pubblici ministeri messinesi chiedendo di valutare la riapertura delle indagini nei confronti dei magistrati. Cosa che puntualmente avvenne.

La vicenda prende spunto da un intervento della polizia in una villa dove la serata musicale trascorreva ad alto volume e i residenti ne avevano le scatole piene. Un’operazione da routine, soprattutto d’estate. Ma che avrebbe avuto un seguito «esplosivo» e inaspettato perché «gente che conta», e che dovrebbe battersi per la legalità, ha preferito immischiarsi in faccende «personali». Il sostituto procuratore Musco ricevette una denunzia sporta da Francesco Corallo, rappresentante dell’associazione culturale Antropos, nei confronti di Davide Gemelli, uno degli agenti intervenuti a villa Corallo, dove venivano organizzati intrattenimenti musicali e danzanti sotto le mentite spoglie di associazione culturale per essere esenti da autorizzazioni di polizia. E iscrisse nel registro degli indagati il poliziotto per abuso d’ufficio, assegnandosi il procedimento e compiendo atti di indagine. Ma Musco non soltanto non era di turno in ufficio al momento della denunzia ma il reato ipotizzato non rientrava tra le sue competenze. E inoltre, la denuncia, su propria carta intestata, fu presentata dall’avv. Piero Amara, amico del magistrato. Lo stesso pm Musco, 15 giorni dopo, era a villa Corallo dove si recò una volante del commissariato per un controllo. In quella occasione, Musco si qualificò come magistrato e chiese i motivi della verifica. Non si capisce il perché della presenza del magistrato nel locale, posto che era un circolo culturale e lo stesso non era iscritto nel registro soci (interrogato, il Pm disse che si trovava lì per curiosità, visto che aveva presa la denuncia). Tanto da sollevare dubbi, censurare altre attività di controllo e causare al poliziotto pregiudizi di carattere economico e di carriera, visto il procedimento pendente. Ma per il pm Monaco questa non è roba penalmente rilevante. E aggiunge, «salva ogni valutazione di ordine deontologico e/o disciplinare».

Dura da digerire, specie se poi il Musco portò a conoscenza del commissariato di Augusta l’iscrizione nel registro degli indagati dell’agente e ordinò all’ufficio, retto dal vice questore Alongi, l’esibizione di tutti gli atti relativi ai controlli effettuati a villa Corallo. Effetti indiretti, prevedibili, ma non per questo intenzionalmente voluti, quelli relativi al calvario dell’agente Gemelli, per il magistrato messinese. Quindi, nulla di rilevante penalmente. D’altra parte, scrive Monaco, Musco si sarebbe poi spogliato del procedimento. Dopo, però, aver concluso le indagini nei confronti dell’agente di polizia.

L’avvocato Piero Amara, amico di Musco, ma amico anche del magistrato catanese Alessandro Centonze, rimasto coinvolto nell’indagine che portò alla condanna del legale e di Vincenzo Tedeschi, già cancelliere del giudice Centonze quando questi prestava servizio alla Dda catanese, il quale forniva informazioni riservate sullo stato delle indagini all’Amara. Le indagini partirono proprio da una segnalazione del vice questore Alongi e le intercettazioni del telefono di Amara nel cosiddetto processo «Talpa» portarono a captare un sms a una collega di studio: «Pazzesco la merda di Centonze. Invece di aiutarmi mi ha chiesto di dire a Enzo (Tedeschi, cancelliere in servizio alla Procura a Catania, ndr) di non dire che gli accessi li ho avuti io». Si ipotizzò quindi che gli accessi al sistema informatico della Procura catanese per dare informazioni all’Amara, non fossero stati eseguiti soltanto dal Tedeschi ma anche dal dottor Centonze. L’Amara ricompensava economicamente il Tedeschi e tra lo stesso avvocato e i pm Centonze e Musco vi era una strettissima amicizia, fra cui anche la frequentazione del Musco con la sorella della moglie dell’avv. Amara. La chicca delle indagini fu che l’Amara, subito dopo il messaggio, voleva farsi fotografare con il Centonze sotto il proprio studio, all’insaputa dello stesso. Risulta infatti che l’avvocato chiamò un proprio amico, tale Alessandro Ferraro, per immortalarlo con il magistrato poiché «stava subendo l’ennesima estorsione». Foto da utilizzare per chissà quali motivi. Per inciso, il Ferraro sentito dagli inquirenti, alla domanda su che professione svolgesse, ha dichiarato di essere un «collaboratore» dell’avv. Giuseppe Calafiore.

Il pm Monaco, nella richiesta di archiviazione, sostiene che non vi è prova dell’incontro da «fotografare» tra Amara e Centonze, né che si sono riscontrati accessi nel sistema informatico della Procura catanese con le credenziali del pm. Semmai, Centonze manifestò la preoccupazione di un personale coinvolgimento in atti che riguarderebbero il penalista. Giusto ricordare che l’avvocato Amara e il cancelliere Tedeschi hanno patteggiato la pena per rivelazione in segreti d’ufficio e accesso abusivo al sistema informativo del Registro generale della Procura di Catania. Non si capisce, però, il perché fu contestata la semplice rilevazione del segreto d’ufficio e la violazione del sistema informatico e non il reato di corruzione, posto che Amara pagava le rate di noleggio di un veicolo da parte del Tedeschi.

I due pm indagati a Messina dopo due rapporti del vice questore Alongi. E, dunque, anche Alongi finisce sotto inchiesta. Al vice questore, la procura messinese, su informativa inviata da quella siracusana nel fascicolo del dottor Musco (!), ipotizzò il reato di intralcio alla giustizia perché avrebbe pressato uno degli agenti che effettuarono il controllo a villa Corallo a dire che contestualmente al Musco c’era anche l’avv. Amara.  Ecco quel che scrive il pm Monaco: «Il particolare attivismo mostrato nella vicenda dall’Alongi e il suo interessamento nei riguardi delle dichiarazioni che il poliziotto Carmelo Scamporlino e gli altri appartenenti al corpo di polizia erano chiamati a rispondere sui fatti accaduti presso la villa Corallo, sulle condotte tenute in quella occasione dal giudice Musco e sull’eventuale presenza dell’avvocato Piero Amara eventualmente rilevano sotto il profilo disciplinare ma, in assenza di altri elementi, non vale a configurare gli estremi del reato ipotizzato, né di altre fattispecie delittuose… Va rilevato, poi, che la presenza dell’avv. Amara presso la villa Corallo, la sera dei fatti in questione, è stata confermata dal dott. Musco in sede di interrogatorio». Insomma, il dottor Alongi è stato iscritto nel registro degli indagati di Messina su atti trasmessi dalla Procura siracusana, per aver spinto l’agente di polizia Scamporlino… a dire la verità.

Tutto verte su un controllo in una villa e lo scatenarsi di un’attività che non avrebbe nulla di penalmente rilevante. Già, ma come leggere l’arresto del vice questore Alongi nel dicembre scorso, con provvedimento poi riconosciuto illegittimo? L’accusa per Alongi e per altri due poliziotti era, a vario titolo, di rivelazione di segreto, peculato e falso ideologico. Alongi finì ai domiciliari, come l’ispettore capo di polizia Francesco Marino, in servizio ad Augusta; la custodia cautelare in carcere fu applicata, invece, nei confronti dell’assistente capo della polizia Rosario Agliolo, anche lui  in servizio al commissariato di Augusta. Obbligo di firma quotidiano per Carmelo Virgillito, titolare di una carrozzeria di Carlentini. A Marino, Agliolo e Virgillito sono contestati i reati di peculato e falso ideologico; al vice questore Alongi quelli di favoreggiamento, omessa denuncia e rivelazione del segreto d’ufficio poiché, durante le indagini per accertare se fosse stato commesso o no il peculato, avrebbe fornito false informazioni agli inquirenti e rivelato agli altri indagati informazioni riservate. I poliziotti sono stati arrestati per aver venduto 33 paraurti per auto abbandonati sul ciglio della strada e che altro magistrato aveva disposto la distruzione. Quei pezzi, che dovevano essere demoliti, secondo la procura furono venduti per mille euro pagati in assegno al carrozziere di Lentini. Secondo la ricostruzione del capo della procura di Siracusa, Ugo Rossi, e del sostituto, Marco Bisogni, gli agenti del commissariato di Augusta, nel 2009, entrarono in possesso di uno stock di paraurti per auto lasciato sulla statale per Siracusa. Una soffiata permise agli inquirenti di ricostruire l’affare portato a termine dagli indagati, che, nel corso delle indagini, dopo essersi accorti di essere finiti nel mirino dei magistrati, restituirono il denaro al carrozziere. Il Tribunale del Riesame, qualche giorno dopo, sentenziò. «Non sussistono le esigenze cautelari, l’ordinanza di custodia è sproporzionata in relazione ai reati contestati ed è fondata su registrazioni effettuate da un privato».

Non vi sembra strana questa diversità di valutazione tra Messina e Siracusa?
Il pm Monaco sorride. «Richiesta pendente, sono in attesa di una comunicazione…».




INCHIESTE SU REATI AMBIENTALI
Due volte nel mirino della magistratura: 3 udienze e prescrizione
Magma 18 novembre 2011 - 13:11

Il pm Maurizio Musco è noto per le sue inchieste su reati ambientali. E, come tutti coloro che indagano su chi varca il limite imposto dalle leggi dello Stato, quando l’inchiesta fa flop, ecco scatenarsi l’inferno mediatico. Se poi c’è un libro che aspetta solo di essere letto per svelare ai cittadini siciliani quanto sia poco salutare l’Isola… In «Così ci uccidono» di Emiliano Fittipaldi , c’è qualcosa di molto interessante su Siracusa e dintorni. Soprattutto quando rivela che «la Ved (Vetroresina Engineering Development) è specializzata nella produzione di plastica. Come altri stabilimenti di una delle zone più inquinate d’Europa, è finita due volte nel mirino della magistratura. L’ex amministratore delegato è stato accusato dai Pm di avvelenare i suoi operai. Un totale di sei capi di imputazione – lesioni personali incluse – ma il manager se l’è cavata grazie alla prescrizione dei reati. Il processo si è concluso il primo luglio 2008. All’attivo solo tre udienze, sette anni di indagini buttati via. Eppure i guai della fabbrica sembra non finiscano mai: il manager e un suo commercialista tornano di nuovo alla sbarra a fine 2009, perché accusati di aver smaltito illegalmente rifiuti speciali in una zona chiamata Vallone della Neve, provocando inquinamento da antimonio, stagno, oli minerali e zinco. «Danneggiamento ambientale». Occhio al nome: la Ved è una società di proprietà della famiglia Prestigiacomo e l’attuale ministro dell’Ambiente, Stefania, all’epoca dei fatti era una delle socie maggioritarie della holding. Inoltre in «La fabbrica delle malattie», pubblicato il 25 ottobre 2001 dal settimanale l’Espresso, a firma Marco Lillo, si leggeva che «nella fabbrica della famiglia Prestigiacomo si lavora in condizioni di sicurezza che sono oggetto di una inchiesta della Procura di Siracusa. Il sostituto Maurizio Musco procede per lesioni contro papà Prestigiacomo e altri dirigenti. due dipendenti hanno denunciato la società dopo aver fatto delle analisi ai polmoni. Tre mesi (siamo nel 2001,ndr) fa la polizia è entrata in ditta riscontrando una seri di violazioni. Gli operai si feriscono gravemente e muoiono con frequenza inquietante. Ma la vicenda più inquietante, finora passata sotto silenzio, è quella delle malformazioni congenite dei bambini». Sicuramente è una coincidenza, ma il dottor Musco è stato nominato presidente della commissione sui reati ambientali. Cioè il ministro Prestigiacomo assegnò un importante incarico al magistrato che aveva indagato il proprio padre. Altra circostanza sicuramente casuale e che il dottor Musco si occupa di reati ambientali e l’avvocato Amara difende molte aziende del polo petrolchimico siracusano per i medesimi reati. Quindi, molte volte i due si sono trovati contrapposti nelle indagini e altre volte la loro frequentazione ha portato il dottor Musco a chiedere di lasciare le indagini proprio per i rapporti di amicizia con lo stesso avvocato….




UNA VICENDA AUGUSTANA
Quel capannone che s'ha da costruire...
Magma 18 novembre 2011 - 13:11

Nelle vicende messinesi compare, non si pensi di sfuggita, la figura dell’avvocato Piero Amara. Chiara e netta negli atti del giudice Alessandro Centonze, ovvero nell’intercettazione di un sms tra il legale e una collega e la richiesta di farsi fotografare con lo stesso giudice (rivolta a tale Alessandro Ferraro), tutt’altro che defilata quando occorre risalire ai rapporti con il giudice Musco. Nella richiesta di archiviazione del pm Monaco si fa, infatti, riferimento a un’indagine per abuso d’ufficio che vede come protagonista la suocera di Amara, Lucia Platania, che aveva sporto denunzia nei confronti di Giuseppe Riera, geometra dell’ufficio tecnico del Comune di Augusta, con Musco assegnatario del fascicolo. La vicenda riguardava un presunto abuso compiuto dal geometra, responsabile dell’ufficio urbanistica di Augusta, che aveva avviato il procedimento amministrativo per l’annullamento della licenza edilizia della Platania di un capannone. Il dottor Musco dispose il sequestro in originale della documentazione inerente la costruzione del capannone, che fra l’altro, conteneva anche una perizia giurata dell’ingegnere Amara, sorella dell’avvocato, che causò l’inerzia dello stesso geometra Riera che, che per continuare il procedimento amministrativo, avrebbe dovuto richiedere il dissequestro degli atti o il rilascio in copia degli atti sequestrati per perseverare nella procedura di revoca della licenza. Al procedimento fu allegato un fascicolo giudiziario inerente la Platania sulla difformità dal permesso di costruire che sarebbe un volgare abuso edilizio. A seguito della riunione del fascicolo con imputato il geometra Riera con quello che vedeva imputata la Platania, il giudice Musco avanzò richiesta di astensione di trattazione del provvedimento unitario. Già, con l’indagata Platania il giudice intratteneva rapporti di frequentazione, in quanto suocera dell’avv. Amara. Ma se il dottor Musco aveva questi rapporti quando la Platania era parte offesa del procedimento contro Riera e non si è astenuto, non si capisce il perché si sia astenuto quanto la Platania era indagata. Fatto sta che a seguito del sequestro della documentazione e del successivo arresto dell’azione del geometra Riera (comprensibile) decadde il termine per il compimento del procedimento amministrativo e il capannone fu ultimato senza alcun intoppo. Risultato finale: l’immobile ora ospita un supermercato «Fortè» e le posizioni giudiziarie di Riera e Platania archiviate. Sarà una coincidenza, ma il supermercato ospitato nell’immobile della suocera di Amara è della catena di proprietà del presidente del Catania Calcio, Antonio Pulvirenti, di cui l’avvocato Amara è legale. La relazione inviata dal dottor. Alongi alla Procura generale della Cassazione dove si evidenziavano i rapporti tra Musco, la Platania e l’avv. Amara, è stata la causa dell’apertura dell’indagine da parte della procura messinese che, se da un lato ha comportato la paralisi dell’attività del procedimento di revoca della concessione edilizia, «questa è una conseguenza indiretta della attività investigativa… Restano, ovviamente, impregiudicate eventuali valutazioni amministrative e disciplinari ipotizzabili in relazione a detta vicenda e agli accertati rapporti di frequentazione tra il dott. Musco e l’avv. Amara». Il pm Monaco torna a ribadire che non ravvisa nel comportamento del giudice Musco violazioni penali teso che non volle recare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla Platania o un ingiusto danno a terzi, ma restano da accertare le possibili sanzioni disciplinari.




La fabbrica delle malattie
Nel 1993 Sebastiano Guzzardi, un operaio di 36 anni della VED (Vetroresina Engineering Development la fabbrica
di vetroresina di proprietà della Prestigiacomo), scopre che suo figlio ha una malformazione congenita dell’uretere
che fa tornare i veleni del suo corpo al rene, danneggiandolo.

La prima volta Berlusconi ci provò con Altero Matteoli, che da ministro dell’ambiente fu indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio in relazione all’inchiesta sul “mostro di Procchio”, un complesso in costruzione a Marciana nell’isola d’Elba, inchiesta che coinvolse, fra gli altri, un giudice e due prefetti accusati di corruzione. Dalle accuse pare che Matteoli si sia comportato come Cuffaro, ossia, abbia avvertito il prefetto di Livorno Vincenzo Gallitto di essere sotto indagine. Gallitto si incontrò a Portoferraio con il suo ex vice Giuseppe Pesce, col giudice Germano Lamberti e con l’ingegner Uberto Coppetelli, che a quel tempo era appunto il direttore dei lavori dell’insediamento di Procchio. Questa vicenda è tornata a galla recentemente a causa del cosiddetto “lodo Consolo” con cui si vorrebbe appunto dotare di paracadute giudiziario anche l’ex ministro dell’ambiente, come già accaduto per Previti.
Poi ultimamente è arrivata Stefania Prestigiacomo. Una che sull’ambiente la sa lunga, non fosse altro per il fatto che con le leggi ambientali ( e anche con le denunce, sanzioni e condanne relative) la sua famiglia di imprenditori in quel di Priolo ha avuto a che fare non poco negli ultimi decenni. 

Perché Stefania Prestigiacomo prima di diventare ministra è stata – e per quanto ne sappiamo lo è tuttora – imprenditrice e figlia di imprenditori nella azienda di famiglia – la COEMI – ma non è tutto : il nostro attuale ministro dell’ambiente è' titolare del 21,5% della Fincoe di Casalecchio di Reno (BO), quota che detiene anche sua sorella Maria Pia e il papà Giuseppe, vicepresidente di Confindustria a Siracusa col 10%. I 3 insieme hanno la maggioranza assoluta dell’azienda, holding di famiglia con radici a Bologna ma interessi in Sicilia. La Fincoe è proprietaria al 99% della Coemi Spa di Priolo (SR), la Coemi controlla il 60% della “Vetroresina Engineering Development” (Ved) di Priolo (SR), il 22,5% della Ved appartiene al Gruppo “Sarplast s.p.a.” di Priolo (SR) di cui Giuseppe Prestigiacomo ha il 6,5%. Per inciso : la Sarplast è fallita nel 1997 e, a causa di un’inquietante serie di incidenti e malattie dei dipendenti, dal 2000 è al centro di un’indagine della Procura di Siracusa: il fascicolo parla di lesioni colpose. 3 operai hanno avuto figli con malformazioni congenite, altri operai non fumatori si sono ritrovati dopo 10 anni polvere nei polmoni, un dipendente morì cadendo da un traliccio, pochi mesi prima un altro dipendente rimase gravemente ferito. Un’irruzione della Polizia nelle aziende dei Prestigiacomo rilevò una serie di violazioni.

La procura di Siracusa indaga sul fallimento della Sarplast poiché sono venuti a galla ammanchi di diverse decine di miliardi di vecchie lire sottratte alle casse della società madre e di quelle controllate, attraverso numerose operazioni illecite. Alle grane che riguardano salute e la sicurezza dei dipendenti delle aziende dei Prestigiacomo, si deve aggiungere la grana del crack Sarplast e le pendenze col fisco per 6 miliardi di vecchie lire accumulate in un triennio. Il maxiemendamento del precedente governo Berlusconi che escluse dalla punibilità i reati tributari e quelli connessi al loro occultamento, permise tuttavia alla Procura siciliana di avviare un'indagine per bancarotta perché nel 2003 l'allora presidente Ciampi non firmò la tanto agognata amnistia. Fra l’altro, mentre allora come neoministro delle pari opportunità la Prestigiacomo si diceva premurosamente attenta ai problemi e alla salute di vecchi e disabili, come imprenditore invece si dava da fare per tappare la bocca a chi la salute sua e dei figli la stava perdendo a causa dell’inquinamento industriale, ad esempio quello prodotto dalla VED di Priolo, l’industria di vetroresina di proprietà dei Prestigiacomo. 

Priolo è la città che ha maggiormente beneficiato della nascita e della ascesa rapida del polo pertrolchimico siciliano, fin dagli anni sessanta. Posti di lavoro, benessere economico che cresce in fretta, ma anche una profonda e diffusa disattenzione ambientale. Chi vive all’interno del triangolo industriale siracusano ( Melilli, Augusta e Priolo) si sente a rischio salute e ha ragione di crederlo. Quasi metà della popolazione ritiene inoltre che il rischio inquinamento della zona sia notevolmente aumentato negli ultimi dieci anni, a causa di un totale disinteresse politico ed economico di politici e imprenditori locali. Un nome solo valga per tutti : Eternit. La fabbrica è stata chiusa ma una bonifica seria non è stata ancora fatta nella zona. Emissioni di sostanze nocive, il continuo indiscriminato sversamento di sostanze inquinanti nel mare, l’interramento di prodotti e scarti di varia natura hanno prodotto una catastrofe ambientale. Recenti studi sulla mortalità tra la popolazione residente nei comuni dell’area Augusta - Priolo hanno riscontrato eccessi di morti premature tra gli uomini per cause tumorali pari al 10% in più rispetto alla media regionale, e per il tumore polmonare l’eccesso è pari al 20% circa. L’ufficio di Medicina del lavoro di Messina ha riscontrato nelle urine dei lavoratori della ditta Coemi, società controllata dalla Fincoe srl, addetti all’impianto cloro-soda, concentrazioni di mercurio molto al di sopra del limite consentito. Coemi e Fincoe sono aziende della famiglia Prestigiacomo.

Nel 1993 Sebastiano Guzzardi, un operaio di 36 anni della VED (Vetroresina Engineering Development la fabbrica di vetroresina di proprietà della Prestigiacomo), scopre che suo figlio ha una malformazione congenita dell’uretere che fa tornare i veleni del suo corpo al rene, danneggiandolo. Per fortuna dopo ben due operazioni il piccolo è tornato quasi alla normalità : ora ha sette anni e vive una vita serena, anche se il rene è danneggiato e deve essere comunque soggetto a controlli frequenti. Il suo però non è un caso isolato perchè tre anni dopo un collega di Guzzardi si ritrova nella medesima situazione: suo figlio nasce con una malformazione all’uretere. Anche lui ha la febbre e il reflusso urinario. Anche lui è operato a Vicenza. Non passa un anno e un altro operaio ha una bambina che nasce con la febbre e problemi alle vie urinarie. A questo punto Guzzardi ne parla al suo padrone, Giuseppe Prestigiacomo, e alla Asl, ma senza riscontri apprezzabili. La CGIL invece lo aiuta e lo fa eleggere rappresentante sindacale in azienda. Il sindacato Cgil avvia anche una campagna per migliorare le condizioni di lavoro in fabbrica, ma la famiglia Prestigiacomo non mostra di apprezzare, anzi il 14 maggio l’azienda spedisce a Guzzardi una lettera minacciosa. Eppure la richiesta portata dal sindacato di comprare gli aspiratori per tutelare i polmoni dei dipendenti non era per niente campata in aria. Alla fine soltanto dopo le indagini della procura gli aspiratori vengono installati, a riprova del fatto che le sostanze usate per produrre la vetroresina potrebbero avere un legame con le malattie.
Alcuni operai ricordano ad esempio che in fabbrica in passato si usava una sostanza chimica denominata dimetil anilina. Per capire di che cosa parliamo riporto soltanto due link trovati in due secondi sul web, quello dell’Euratom del 2007 e quest’altro della Zetalab spagnola. Non ci sarebbe voluto granchè per avviare una qualsiasi indagine conoscitiva, ma è uno sforzo che la famiglia Prestigiacomo ha accuratamente evitato di fare. Forse perché avrebbe nociuto all’immagine della rampolla, all’epoca politico in rampante ascesa. 

L’azienda VED è arrivata a perfino negare una settimana di ferie, trasformata in cassa integrazione, a un lavoratore che chiedeva di stare vicino al figlio durante l’intervento chirurgico. Un altro operaio ha avuto due figli nati con alcune dita delle mani attaccate. L’operaio chiese un prestito da trattenere in busta paga per la seconda operazione, ma gli fu opposto un rifiuto, e soltanto grazie a una colletta dei colleghi il bambino è stato operato. Bell’ambiente davvero, quello della ministra Prestigiacomo. Pensare che Sebastiano Guzzardi, l’operaio che per primo ha osato alzare la testa, è anche suo cugino di secondo grado. Se tratta così un parente, se tratta così gli operai delle sue fabbriche, figuriamoci gli scrupoli che può farsi la ministra per i problemi da inquinamento ambientale di tutti gli italiani. In quel rifiuto a Bruxelles e a Sarcozy c’è a questo punto anche il fumus di un conflitto di interessi. Ma questo, certo, da un ministro del governo Berlusconi è proprio il minimo che ci potremmo aspettare…. 

Note:
alcuni brani di questo articolo sono ripresi interamente dalle fonti sottocitate, senza di inserire ogni volta il virgolettato e l'origine della fonte
per favorire la leggibilità del testo.

Un grazie doveroso ai "vecchietti di Cecchina" che per primi hanno ritirato fuori gli scheletri dall'armadio della ministra siciliana

Fonti : 

http://it.wikipedia.org/wiki/Polo_petrolchimico_siracusano

http://www.verdenero.it/doc/3_la_chimica_dei_veleni.pdf

L’Espresso ( articolo di Marco Lillo del 25 ottobre 2001 dal titolo “ la fabbrica delle malattie” 



LA FABBRICA DELLE MALATTIE
Marco Lillo articolo l'Espresso del 25 ottobre 2001
Il gruppo chimico che il ministro Prestigiacomo possiede con la famiglia è sotto inchiesta.
Dopo la bancarotta fraudolenta, spuntano strani disturbi.


Combatterò le ineguaglianze sociali, i problemi dei più deboli, degli invalidi....
Il ministro delle Pari Opportunità, Stefania Prestigiacomo, ha le idee molto chiare.

Per realizzarle non deve andare lontano.

Sarebbe sufficiente che poggiasse lo sguardo sui casi umani della sua azienda, la Ved di Siracusa.
Per esempio su tre operai che hanno avuto figli con malformazioni congenite.

O su quelli che non hanno mai fumato una sigaretta e che dopo dieci anni di stabilimento si ritrovano la polvere nei polmoni.
Coincidenze. E' la risposta degli operai che si sono sentiti opporre dal padre del ministro, Giuseppe Prestigiacomo, fondatore ed amministratore dell'impero della vetroresina. ma avolte le coincidenze sono sospette.

Nella fabbrica della famiglia Prestigiacomo si lavora in condizioni di sicurezza che sono oggetto di una inchiesta della Procura di Siracusa.
il sotituto Maurizio Musco procede per lesioni contro papà Prestigiacomo e altri dirigenti. due dipendenti hanno denunciato la società dopo aver fatto delle analisi ai polmoni. tre mesi fa la Polizia è entrata in ditta riscontrando una seri di violazioni.
Gli operai si feriscono gravemente e muoiono con frequenza inquietante. La settimana scorsa è morto un dipendente di una delle aziende del gruppo cadendo da un traliccio mentre lavorava. pochi mesi prima un altro era rimasto gravemente ferito alla Ved. ma la vicenda più inquietante, finora passata sotto silenzio, è quella delle malformazioni congenite dei bambini.

Tutto comincia nel 1993, qunado Sebastiano Guzzardi, un operaio di 36 anni, scopre che suo figlio ha una malformazione congenita dell'uretere che fa tornare i veleni del suo corpo al rene, danneggiandolo. Dopo due operazioni è tornato alla normalità.
Ora ha sette anni e conduce una vita serena, anche se il rene è danneggiato e deve essere sogggetto a controlli frequenti. Il suo caso non è isolato.
Tre anni dopo, un collega di Guzzardi, si ritrova nella medesima situazione: suo figlio nasce con una malformazione all'uretere. anche lui ha la febbre e il reflusso urinario. Anche lui è operato a Vicenza. Il tarlo che ronza nella testa dei due papà diviene un rombo un anno dopo. nello stesso reparto della fabbrica, un caposquadra li chiama in disparte e confida:<< Mio figlio ha il reflusso dell'uretere>>. un incubo. Non passa un anno e un altro operaio ha una bambina che gli nasce con la febbre e i problemi alle vie urinarie.
A questo punto, Sebastiano Guzzardi pensa che la misura sia colma.

Cerca una risposta ai suoi dubbi dal padrone, Giuseppe Prestigaicomo, e dalla Asl, ma niente. solo la Cgil lo aiuta e lo fa eleggere rappresentante sindacale in azienda. sempre la Cgil avvia una campagna per migliorare le condizioni di lavoro in fabbrica, ma la famiglia Prestigiacomo non apprezza. Il 14 maggio la Ved spedisce a Sebastiano una lettera minacciosa: <<Poichè ravvisamo in tali gratuite e infondate osservazioni del signor Guzzardi un chiaro proposito diffamatorio, stiamo valutando l'ipotesi di una denunzia penale a suo carico>>.

Eppure la richiesta di comprare gli aspiratori per tutelare i polmoni dei dipendenti non era campata in aria. Dopo le indagini della procura, pochi giorni fa , gli aspiratori sono stati installati. eppre le sostanze usate per produrre la vetroresina potrebbero avere un legame con le malattie.
Alcuni operai ricordano ad esempio che in fabbrica in passato si usva una sostanza chimica denominata dimetil anilina. La faccenda è delicata, e per capirlo basta sentire una delle massime esperte del settore, la dottoressa Fiorella Belpoggi, ricercatrice della Fondazione Ramazzini di Bologna:<< Questo tipo di sotanze pùò causare tumori alle vie urinarie. quanto alle malformazioni della prole. la scienza non ha ancora detto una parola definitiva. sono in corso gli studi sugli animali, tuttavia di fronte a una serie di casi così ravvicinati, non mi sento di escludere una correlazione. Ci vorrrebbe uno studio approfondito>>. Uno studio che la famiglia Prestigiacomo ha evitato di fare. Sembra che si voglia rimuovere il problema.
L'azienda è arrivata anegare una settimana di ferie, trasformata in cassa integrazione, a un lavoratore che chiedeva di stare vicino al figlio durante l'intervento. Un altro operaio ha avuto due figli nati con alcune dita delle mani attaccate. L'operaio chiese un prestito da trattenere in busta paga per la seconda operazione, ma gli fu opposto un rifiuto. solo grazie a una colletta dei colleghi il bambino è stato operato.
E Stefania Prestigiacomo? Sebastiano Guzzardi, oltre a essere un suo dipendente, è anche cugino di secondo grado. Ma appena la mise a parte del suo dubbio, l'attuale ministro cambiò tono:<< Non pensarle nemmeno certe cose. Sai quanti miliardi spendiamo noi per la sicurezza? Il lavoro non c'entra nulla>>. Nessuno ha certezze in questo campo. ma proprio per questo le istituzioni sanitarie dovrebbero verificare. eppure nessuno si muove. i Prestigiacomo a Siracusa sono abituati a non rendere conto. gli stabilimenti incriminati in precedenza erano in dotazione alla Sarplast, l'azienda di famiglia fallita nel 1997 perchè oltre a non pagare i creditori non seguiva gli ordini del giudice. Al cerac è seguita una indagine per bancarotta fraudolenta. secondo i giudici "la società ha compiuto atti diretti afrodare le ragioni dei creditori ed ha occultato l'attivo". Il procuratore capo di Siracusa ha scoperto decine di miliardi finiti alle controllate estere o usati per pagamenti preferenziali alle banche amiche, e ha iscritto nel registro degli indagati una ventina di amministratori. Eppure i Prestigiacomo continuano a lavorare negli stessi locali, con gli stessi macchinari e gli stessi operai, avendo cambiato solo la struttura societaria.

E Stefania? (Più precisamente "E Olivia Stefania?", aggiungiamo noi) Quali responsabilità ha? In qualità di socio di maggioranza relativa alla holding di famiglia ( 21,5%) è il principale beneficiario della bancarotta ipotizzata dai magistrati, ma non è perseguibile perchè non ha incarichi esecutivi. qunato alle condizioni sanitarie, anche qui non esiste una sua responsabilità diretta. Prima di lasciare l'azienda era un dirigente senza rappresentanza: << Mi occupavo delle forniture, dalla carta igienica alle gru>> ha raccontato al "Sole 24 Ore".