Tam tam tra le toghe su internet
"Al Quirinale con la Costituzione"
ROMA 24 gennaio 2010 LIANA MILELLA

Tutti in piazza del Quirinale. Con la toga addosso e la Costituzione in mano.

Per manifestare solidarietà e sostegno al presidente della Repubblica e alla Consulta. Per contestare il "processus interruptus", alias processo breve, l'ultima legge ad personam di Berlusconi che tra di loro, nelle mailing list, i magistrati paragonano,
per evidenziarne la distruttività, all'ipotetico obbligo, per i muratori, di completare le case a rischio di crollo in sei mesi.
In caso contrario tutto sarà buttato giù e "guai a chi pensa di mettere in salvo anche solo un pezzetto, tutto va soppresso, anche la prova legittimamente acquisita, e non sarà consentito nemmeno provare a ricostruire un'altra volta la casa,
stavolta in sei mesi, perché se non ci siete riusciti è peggio per voi". La toga chiosa:
"Il processo è definitivamente demolito, e con lui la giustizia". Le mail, già nell'indicare l'"oggetto", parlano di "sterminio".

Mancano quattro giorni alle solite cerimonie d'apertura dell'anno giudiziario, venerdì quella formale in Cassazione a Roma, sabato quelle nei singoli distretti giudiziari. Dal 2002, l'anno del "Resistere resistere resistere" di Francesco Saverio Borrelli (allora procuratore generale di Milano), sono diventate il contenitore per rendere plastico il disagio per una giustizia allo sfascio, per le leggi ad personam, per difendersi dagli attacchi del Cavaliere. Messa a riparo la giornata alla Suprema corte
per via della presenza del capo dello Stato, è la seconda quella che i giudici vogliono sfruttare con la contestazione giusta.

Hanno stampato una Costituzione formato gigante e l'hanno sventolata (2002), si sono messi le toghe nere in segno di lutto (20o3 e 2004); quest'anno, tra di loro, c'è chi chiede "una protesta forte e simbolica", "iniziative eclatanti e diverse, con un nuovo scatto d'orgoglio, d'entusiasmo, di compattezza, magari di fantasia". I vertici del sindacato, il presidente Luca Palamara e il segretario Giuseppe Cascini, non hanno ancora deciso, lo faranno mercoledì. Per mantenere l'effetto sorpresa. Ma sui loro tavoli si accumulano le richieste, e tutte mirano "a lasciare un segno" contro un governo che, ancora ieri con il Guardasigilli Angelino Alfano, preannunciava come prossima la (per loro "odiata") separazione delle carriere e del Csm. "Andiamo al Quirinale" dice uno; "disertiamo completamente le cerimonie", propone un altro; "lasciamo soltanto sulle sedie la nostra toga senza presentarci neppure" ipotizza un altro ancora. Oppure: "Andiamoci, ma quando finisce di parlare il presidente della Corte di appello e tocca al rappresentante del ministro, lasciamo l'aula tutti assieme". O ancora: "Restiamo, ma tutti in toga nera ci alziamo in piedi e sventoliamo la Costituzione". In alternativa: "Stiamo lì in silenzio, ma quando attacca a parlare il rappresentante dell'Anm, che starà per tutto in tempo in piedi con un braccio alzato e la Costituzione in mano, noi facciamo lo stesso". Altra soluzione: "Sfiliamo in silenzio e poi consegniamo la toga".

Qualcuno raccomandano di evitare gesti "rivoluzionari", "perché così facciamo il gioco del centrodestra, è proprio quello
che loro si aspettano, magari per cancellare la cerimonia d'inaugurazione, oppure per toglierci la parola".
Ma, è una posizione minoritaria. I più spingono per un gesto "significativo". Perché "mentre noi discutiamo e dialoghiamo
su come coltivare le aiuole qui si prepara il passaggio dei carri armati". C'è chi cita un passo del 1945 di Elsa Morante
su Mussolini che ragiona su un uomo che "si macchiò ripetutamente di delitti che gli avrebbero meritato la condanna,
la vergogna, la privazione di ogni autorità di governo", ma che restò comunque al suo posto. C'è chi vorrebbe comprare intere pagine di giornali per spiegare le proprie ragioni, chi fare dei volantini, chi propone di distribuire in tribunale copie del rapporto Cepej 2008 sulla produttività delle toghe, chi dai vertici dell'Anm si aspetta che "la reazione sia proporzionata all'assoluta indecenza di norme come il processo breve". E dunque "bisogna alzare il livello dello scontro con una denuncia clamorosa e corale dello scempio della giustizia". Perché ogni toga, a partire dai presidenti di corte d'appello che terranno le relazioni sullo stato distrettuale della giustizia, dovrebbero "sentire l'obbligo morale di urlare il loro sdegno facendo capire ai cittadini che queste norme sono proprio per loro il peggiore degli imbrogli".