Il lodo Alfano all'esame della Corte costituzionale
Il provvedimento sull'immunità è in vigore dal luglio 2008
Il lodo Alfano è illegittimo
La Corte costituzionale giudicando sulle questioni di legittimita costituzionale poste con le ordinanze N. 397/2009 e 398/2008 del Tribunale di Milano e 09/2009 del GIP del Tribunale di Roma, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 1 della legge N. 124 del 23 luglio 2009, meglio nota come Lodo Alfano, per la violazione degli atricoli 3 e 138 della Costituzione Italiana.

Lodo Alfano Legge 124/2008 Gu 23.7.2008
- Ghedini - davanti alla Corte Costituzionale 6/10/2009 -
"La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione",
"Il premier non è 'primus inter pares' come vuole la tradizione liberale, ma 'primus super pares'".
Orwell 1945 - La Fattoria degli animali -
“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri.”

La Corte costituzionale ha deciso sulla legittimità costituzionale del cosiddetto Lodo Alfano:
la legge, in gazzetta ufficiale dal 23 luglio 2008, prevedeva l’immunità per le alte cariche dello Stato.

Erano previsti alcuni limiti a questa immunità. Tra questi limiti, dopo l'approvazione di un emendamento presentato
dal Pd, c'era quello che precisa che l'immunità non si estende in caso di cambio di carica, anche nel corso della stessa legislatura: se il presidente del Consiglio fosse stato nominato presidente della Repubblica, perciò, il lodo Alfano non gli si sarebbe stato applicato, mentre si rarebbe stato applicato se fosse succeduto a se stesso a Palazzo Chigi. Ciò derivava dal fatto che la non reiterabilità della sospensione, come si è visto, aveva un'unica eccezione: la nuova nomina a presidente del Consiglio nel corso della legislatura.

Il testo, di un solo articolo, prevedeva che i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente
della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri siano sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione.

La sospensione si applicava anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione.
In dettaglio il comma 1 del provvedimento prevedeva che nei confronti del Presidente della Repubblica e del Presidente
del Consiglio dei ministri, la sospensione riguardasse i reati extrafunzionali, dato che i cosiddetti «reati funzionali» rientrano
nella disciplina già prevista dalle norme costituzionali, secondo cui il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; mentre il Presidente del Consiglio dei ministri, per i predetti reati, può essere sottoposto alla giurisdizione ordinaria, dopo la decisione di rinvio
a giudizio adottata dal tribunale dei ministri e, in ogni caso, previa autorizzazione della Camera di appartenenza.

Il comma 1 prevedeva, inoltre, che la sospensione del processo opera anche in relazione a fatti commessi anteriormente all'assunzione della carica o della funzione.

Il comma 2 prevedeva che, in ogni momento, l'imputato può rinunciare alla sospensione, anche attraverso il difensore munito
di procura speciale. Questa disposizione esclude l'automatismo della sospensione, tutelando il diritto di difesa dell'imputato, che può volontariamente decidere di affrontare il processo senza doversi dimettere dalla carica ricoperta.

Il comma 3 consentiva al giudice, qualora ne ricorrano i presupposti, di acquisire, nel processo sospeso, le prove non rinviabili. Si tratta di una norma che, escludendo la paralisi assoluta delle attività processuali, salvaguarda il diritto alla prova e impedisce che la sospensione operi in modo generale e indifferenziato sul processo in corso.

Il comma 4 prevedeva che, in caso di sospensione del processo, è sospeso anche il corso della prescrizione dei reati in esso contestati, secondo il meccanismo generale previsto dall'articolo 159 del codice penale. La prescrizione riprende il suo corso
dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione. Il comma 5 prevede che la sospensione opera per l'intera durata
della carica o della funzione. La diversa durata delle quattro cariche e la possibilità di una nuova nomina del Presidente
del Consiglio dei ministri hanno tuttavia imposto di prevedere, per quest'ultima carica, una limitata eccezione alla regola
della non reiterabilità, nel caso del nuovo incarico assunto nella stessa legislatura.

Il comma 6 prevedeva la possibilità, per la parte civile, di trasferire l'azione in sede civile, in deroga all'articolo 75, comma 3,
del codice di procedura penale. Tale deroga non soltanto è compatibile con i princìpi generali - posto che la rinuncia agli atti del giudizio, derivante dal trasferimento dell'azione civile nel processo penale, non preclude la riproposizione della domanda - ma è una scelta costituzionalmente obbligata, secondo quanto indicato dalla Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 24 del 2004, al fine di evitare che la posizione della parte subisca gli effetti della sospensione del processo penale. Per apprestare una piena tutela del diritto della parte civile viene, inoltre, previsto che, in caso di riproposizione della domanda in sede civile, la causa debba essere trattata con priorità, attraverso la riduzione del termine per comparire.

Il comma 7 conteneva una disposizione transitoria, che estende la sospensione anche ai processi penali già in corso, in ogni fase, stato e grado, alla data di entrata in vigore della legge. Infine, il comma 8 stabilisce che la legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. (06 ottobre 2009)



Ddl Camera 1442 - Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga la seguente legge:

Art. 1.

1. Salvi i casi previsti dagli articoli 90 [1]e 96 dellaCostituzione [2]i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei Ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione.

2. L'imputato o il suo difensore munito di procura speciale può rinunciare in ogni momento alla sospensione.

3. La sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 [3]e 467 del Codice diprocedura penale [4], per l'assunzione delle prove non rinviabili.

4. Si applicano le disposizioni dell'articolo 159 [5]del codice penale.

5. La sospensione opera per l'intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura né si applica in caso di successiva investitura in altra delle cariche o delle funzioni.

6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'articolo75 comma 3 del Codice di procedura penale [6]. Quando la parte civile trasferisce l'azione in sede civile, i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del Codice di procedura civile [7], sono ridotti alla metà, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita.

7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.

8. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addì 23 luglio 2008

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Alfano, Ministro della giustizia

Visto, il Guardasigilli: Alfano

LAVORI PREPARATORI
Camera dei deputati (atto n. 1442):
Presentato dal Ministro della giustizia (Alfano) il 2 luglio 2008.
Assegnato alle commissioni I (affari costituzionali) e II (giustizia) riunite, in sede referente, il 3 luglio 2008.
Esaminato dalle commissioni riunite l'8 e il 9 luglio 2008.
Esaminato in aula il 9 luglio 2008 e approvato il 10 luglio 2008.
Senato della Repubblica (atto n. 903):
Assegnato alle commisioni 1ª (affari costituzionali) e 2ª (giustizia) riunite, in sede referente, il 10 luglio 2008.
Esaminato dalle commissioni riunite il 14, 15, 16 e 17 luglio 2008.
Relazione scritta annunciata il 18 luglio 2008 (atto n. 903-A) relatori sen. Vizzini e Berselli.
Esaminato in aula il 21 luglio 2008 e approvato il 22 luglio 2008.




TUTTE LE NOTE DEL TESTO

[1] «Art. 90. - Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri».
 

[2] «Art. 96. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale».
 

[3] «Art. 392 (Casi). - 1. Nei corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio:

a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento;

b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso;

c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri;

d) all'esame delle persone indicate nell'art. 210;

e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b);

f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile;

g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento.

1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'art. 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale il pubblico ministero o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.

2. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono altresì chiedere una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione superiore a sessanta giorni.».
 

[4] «Art. 467 (Atti urgenti). - 1. Nel casi previsti dall'art. 392, il presidente del tribunale o della corte di assise dispone, a richiesta di parte, l'assunzione delle prove non rinviabili, osservando le forme previste per il dibattimento.

2. Del giorno, dell'ora e del luogo stabiliti per il compimento dell'atto è dato avviso almeno ventiquattro ore prima al pubblico ministero, alla persona offesa e ai difensori.

3. I verbali degli atti compiuti sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento».
 

[5] «Art. 159 (Sospensione del corso della prescrizione). - Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di:

1) autorizzazione a procedere;

2) deferimento della questione ad altro giudizio;

3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore. In caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l'udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell'impedimento aumentato di sessanta giorni. Sono fatte salve le facoltà previste dall'art. 71, commi 1 e 5, del codice di procedura penale.

Nel caso di autorizzazione a procedere, la sospensione del corso della prescrizione si verifica dal momento in cui il pubblico ministero presenta la richiesta e il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui autorità competente accoglie la richiesta.

La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione».
 

[6] «Art. 75 (Rapporti tra azione civile e azione penale).

- 1. - 2. (Omissis).

3. Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non piu' soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge».
 

[7] «Art. 163-bis (Termini per comparire). - Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni se si trova all'estero.

Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può, su istanza dell'attore e con decreto motivato in calce dell'atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma. Se il termine assegnato dall'attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest'ultimo termine, l'udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall'attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all'attore, almeno cinque giorni liberi prima dell'udienza fissata dal presidente».
 


Tutti i Cittadini sono uguali, ma alcuni cittadini sono più uguali degli altri”
 Parecchi politici nazionali dello schieramento di Centrodestra, gratificati dall’ ampio successo elettorale, stanno vivendo
nella convinzione che il mandato degli elettori abbia conferito loro uno status di intoccabili e di insindacabili, e vivono tronfi per questa solenne unzione ricevuta dal popolo. Ricordiamo che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme
e nei limiti sanciti dalla nostra Costituzione (articolo 1 Cost.). Senza tale precisazione saremmo esposti a quello che il grande pensatore politico Alexis De Tocqueville individuava come il pericolo della dittatura della maggioranza, che forte del mandato ottenuto calpesta i diritti delle minoranze impossibilitate, anche nel sistema democratico, a far valere i propri interessi
ed aspettative. Quindi la Costituzione detta le regole generali alle quali tutte le forze politiche devono attenersi svolgendo
di fatto il ruolo di grande arbitro nel gioco della democrazia. Mettere in discussione la sua natura e i suoi punti fondamentali è un’attività poco saggia e poco lungimirante, foriera di incertezze e abusi che possono seriamente minare la pace sociale.
Non apprezzo, per questo, il modo disinvolto con il quale le forze che hanno responsabilità di governo stanno mettendo mano a questioni giuridiche tradizionalmente delicate, in virtù del popolo sovrano che in loro ha posto fiducia. Infatti, si è intaccato un principio sacro che in tutti i paesi democratici del mondo è imprescindibile per la costruzione dello Stato di diritto:
il principio di uguaglianza. All’articolo 3, la nostra Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Ebbene questo principio viene decisamente strattonato da una semplice legge ordinaria approvata
in fretta e furia dalle forze politiche che appoggiano il Governo, grazie alla ampia maggioranza di cui dispongono nelle
due Camere: è la oramai celeberrima Legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo
penale nei confronti delle alte cariche dello Stato) , più nota sotto la dizione “lodo Alfano”. La legge, in parole semplici,
pone quattro cittadini della Repubblica italiana in una posizione di impunità, e quindi al di sopra delle leggi, per qualsiasi tipo di reato da essi commesso fintanto restano investiti di precise cariche statali che sono la presidenza della Repubblica,
le due presidenze delle Camere e la presidenza del Consiglio. La nostra Costituzione già prevede che per il presidente della Repubblica, per il presidente del Consiglio, i ministri e i parlamentari delle limitazioni delle proprie responsabilità per
gli atti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni ( art.90, 96, 68 Cost.). Ai miei alunni insegno sempre che l’istituto dell’immunità vede la luce in Inghilterra con il Bill of rights votato dal parlamento inglese nel 1689 per tutelare i deputati contro le possibili persecuzioni da parte del potere esecutivo, che all'epoca di identificava col sovrano. Seguendo l'evoluzione della storia, l’immunità per i parlamentari deve essere intesa come uno scudo di protezione verso chi esercita il potere.
I nostri padri costituenti l’hanno introdotta nella Carta, per mettere al riparo il giovane parlamento repubblicano da
una magistratura fino a quel momento ancora molto impregnata di elementi contigui al decaduto regime fascista.
Ma tutto questo in relazione ai soli atti attinenti alle precise funzioni legate alla carica pubblica assunta. Se un parlamentare
si macchia di delitti come omicidio, corruzione, furto ecc.., tale scudo non può scattare perché tali atti delittuosi non fanno parte della pletora di atti legati alla carica occupata. Ne deriva altrimenti la conseguenza sconcertante che alcuni individui risulterebbero al di sopra della legge e ciò è eticamente inaccettabile. Il lodo Alfano va proprio in questa poco edificante direzione. Coloro che ne hanno patrocinato la promulgazione hanno dichiarato che finalmente, con il lodo Alfano, l’Italia
si pone in linea con gli altri paesi europei che già avevano una legge che contemplava la protezione senza limiti del Capo dell’esecutivo unitamente al Capo di Stato. Tale asserzione è infondata perché l'immunità temporanea per reati comuni
è prevista solo nelle Costituzioni greca, portoghese, israeliana e francese con riferimento però al solo Presidente della Repubblica, mentre analoga immunità non è prevista per il Presidente del Consiglio e per i Ministri in alcun ordinamento
di democrazia parlamentare analogo al nostro. Il Centrodestra dà una spiegazione della necessità del varo di tale legge, semplicemente, con l’asserire che se essa non ci fosse, il Presidente del Consiglio sarebbe continuamente esposto alle azioni sovversive messe in atto dai settori “rossi” del nostro sistema giudiziario, che accanendosi pretestuosamente ai sui danni
gli impedirebbero di svolgere le funzioni per le quali ha ricevuto l’investitura dal popolo sovrano. Egli sarebbe costretto,
per far valere la sua innocenza, a recarsi ogni giorno in giro per le varie preture d’Italia, sottraendosi ai sacri doveri e
impegni che la sua carica gli conferisce. Non potrebbe partecipare a consigli, a incontri con altri capi di Stato, a importanti eventi internazionali. In tal modo la magistratura sovvertirebbe il risultato elettorale e mortificherebbe il voto degli italiani,
e ciò non è ammissibile in un paese il cui il popolo sovrano è insindacabile: il lodo Alfano è il minimo, a detta del Presidente Silvio Berlusconi, che una democrazia possa fare a difesa della propria libertà. Le forze politiche del Centrosinistra sono invece propense a vedere nella celerità con cui il testo della legge è stato tirato fuori dal cappello del Guardasigilli, un’ulteriore furbata architettata da Presidente del Consiglio che userebbe lo strumento della legge pro domo sua per mettersi al riparo da alcuni processi che stanno entrando nel vivo della contesa giuridica e che lo vedono nel ruolo sgradevole di imputato. Secondo l’On. Di Pietro, leader dell’Italia dei valori, il premier ha come obiettivo il blocco del processo Berlusconi-Mills, che vede l’avvocato inglese, consulente della Fininvest per la finanza estera inglese, accusato dalla procura
di Milano di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari a favore di Sivio Berlusconi. E così barcamenandomi tra la visione del nostro “Presidente del fare” ingiustamente impedito nel prodigarsi per il bene del popolo italiano da un’orda indegna di magistrati politicizzati che mirano solamente a scalzarlo di sella, e la visione di un furbacchione potente ed intelligente che riesce grazie al suo ruolo ad accrescere la già sua enorme ricchezza in barba a tutti i cittadini onesti, si fa largo tra i miei ricordi la trama di un bellissimo racconto che ho letto anni addietro: “La fattoria degli animali”, di G. Orwell. Quando propongo il racconto ai miei studenti cerco di infondere in loro il messaggio di speranza affinchè il suo contenuto distopico possa essere un giorno smentito dalla realtà. Ma la barchetta della mia speranza resta isolata in balia di un oceano di pessimismo! “La fattoria degli animali” narra la storia di un gruppo di animali che si coalizzano contro i contadini da
cui sono sfruttati e trattati. Gli animali, quindi, si ribellano e prendono il controllo della fattoria. Dopo l’atto di rivoluzione decidono di formare una comunità di uguali in cui ognuno pone le proprie abilità al servizio di tutti, in modo da poter
godere senza salassi del frutto del proprio lavoro svolto in comunità. L’idillio dura poco perché i maiali prendono il posto degli uomini per riproporre agli altri animali le identiche angherie che venivano perpetrati prima della rivoluzione.
Per giustificare la loro posizione imbarazzante agli occhi degli increduli compagni di rivolta modificano un articolo
basilare della carta dei valori che avevano varato all’indomani della scacciata degli uomini e che avrebbe dovuto guidare
un nuovo e più giusto modo di vivere in comune.
Cosa recitava quest’articolo?
“Tutti gli animali sono uguali”! Sapete come fu reinventato dai maiali?
“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri.”