Anno III - n. 13 Venerdì 2 Dicembre 2011
Le relazioni pericolose nella Procura di Siracusa
TUTTE LE SOCIETÀ E GLI UOMINI DELL’AVV. AMARA
PRECISE DOMANDE CHE ESIGONO RISPOSTE
Marina De Michele

Nervosismo al Palazzo di Giustizia, convocazioni degli organismi rappresentativi di magistrati e avvocati,
discussioni nelle redazioni dei giornali, ai vertici, riunioni presso le sedi dei partiti e delle associazioni cittadine,
capannelli agli incroci delle strade e nei bar, ovunque aria di cospirazione. Ma tutto sotto traccia, in maniera carsica,
senza fare troppo rumore, aspettando. È questo, al momento, l’effetto degli articoli che, settimana dopo settimana,
dal 12 novembre scorso, pubblica il settimanale catanese Magma su vicende che chiamano in causa alcuni componenti
della Procura di Siracusa, ma nessuno ha ancora dato risposte chiare alle inevitabili domande.
Solo sofismi bizantini, formule pilatesche, evanescenti informazioni.

Ma sgombrare il campo dalle nebbie è un obbligo per molti, certamente per quelli che nelle istituzioni,
negli organismi di tutela e controllo, ai posti di regia della vita cittadina, occupano le posizioni più alte,
hanno la responsabilità delle funzioni cui assolvono.

Cosa dice l’Associazione nazionale magistrati in genere così pronta a prendere posizioni ”forti”
sull’indipendenza e la terzietà dei magistrati, sulla loro necessaria autorevolezza,
sull’imprescindibile esigenza non solo di essere ma anche di apparire magistrati?

Quali passi intende compiere l’ordine degli avvocati?

Quali iniziative pensa di assumere il procuratore Rossi per restituire all’ufficio che coordina piena credibilità?

Quali indagini sono state avviate dagli organi inquirenti?

Cosa dicono i deputati nazionali e regionali, i direttivi dei partiti, le associazioni di categoria degli imprenditori
come dei lavoratori, i presidenti dei comitati cittadini?

Quale linea intendono scegliere i direttori delle più importanti testate giornalistiche locali di fronte a notizie
per troppo tempo ignorate o declassate a semplice pettegolezzo e ad avventate illazioni?

La città ha il diritto di sapere, di conoscere la verità perché se cade il baluardo della giustizia si resta inermi di front
ai poteri forti, a quelli che si ergono a sistema e sono in grado di inquinare ogni livello del vivere sociale.

Se è vero, come si dice, che si tratta di fatti noti, addirittura in parte datati, documentati, se veramente
si possono individuare collegamenti e connessioni tra vicende apparentemente così lontane tra loro, perché
non si è intervenuti subito, lasciando ancora una volta che fossero solo dei giornalisti, per di più di Catania,
ad assumere il ruolo di investigatori e di tutori della legalità?

Fino a che punto risponde al vero che si sia fatto un uso “disinvolto” della giustizia? Le vicende raccontate da Magma,
se vere, aprono scenari spaventosi. La “vendetta” nei confronti sia dei poliziotti colpevoli di aver operato il blitz
a villa Corallo, luogo evidentemente off limits, che del vice questore Pasquale Alongi, causa prima del coinvolgimento
dell’avvocato Piero Amara nel processo per rivelazione d’atti d’ufficio e accesso al sistema informatico
della procura etnea; le azioni strategicamente congegnate di rimozione di funzionari e tecnici comunali dai propri uffici,
o di allontanamento dalle attività in essere, per non avere intralci nella costruzione di un capannone per un supermercato
ad Augusta (il caso del geometra Riera), o di un centro commerciale a Siracusa (i casi dell’ingegnere Borgione, il geometra
Gallo e l’ingegnere Trigilia) come perché si bloccasse la realizzazione della piattaforma Oikothen (vicenda che vede
coinvolto il sindaco Massimo Carrubba e l’ingegnere capo del comune di Augusta), e altre situazioni similari,
avrebbero quale comune denominatore il restringimento di uno dei primi inalienabili diritti umani: la libertà.
In tutti questi casi infatti gli interessati sarebbero stati colpiti da provvedimenti di custodia cautelare in carcere
o agli arresti domiciliari, o in alternativa accusati di reati gravemente lesivi della dignità personale,
per essere messi fuori gioco.

Non è neanche possibile immaginare che veramente sia così facile prendersi gioco della vita di persone “innocenti”,
che si possano distruggere carriere, procurare danni economici e soprattutto ledere l’integrità oltre che psichica
anche fisica delle persone solo perché di intralcio a qualche affare.

Quante volte il tribunale del riesame di Catania ha annullato sanzioni ritenute eccessive o non opportunamente
calibrate? Quante volte il tribunale amministrativo è intervenuto per dare ragione ai funzionari comunali
che avevano tentato di contrastare procedimenti amministrativi ritenuti illegittimi?

Quante volte la minacciata pretesa di risarcimenti milionari, una strategia intimidatoria
che può diventare prassi nella vita amministrativa di una città, ha condizionato pesantemente l’operato
di chi eseguiva con coscienza il proprio dovere, per altro senza che gli enti di appartenenza offrissero
adeguata tutela?

È a queste domande che bisogna rispondere. Qualsiasi cosa si affermi, prima di aver fatto chiarezza su tutto questo,
sarà solo un tentativo di eludere l’essenza del problema.




Ricostruiamo l’intreccio delle società che si rifanno all’avvocato di Augusta, nome per nome:
Le relazioni pericolose della Procura della Repubblica di Siracusa
Nella galassia di srl dell’avv. Amara i figli di giudici che contano
di FRANCO ODDO

“Ma allora questo qui quanti ne ha soldi?”, sbottava Massimo Carrubba il 9 gennaio di due anni fa senza sapere di essere intercettato per la vicenda Oikothen.
Il sindaco di Augusta si riferiva a Piero Amara, avvocato, figlio di quel Pippo che era stato suo predecessore nello scranno di primo cittadino e poi presidente del Consorzio Asi, notoriamente possidente. Non aveva ancora capito, Carrubba, che il rampollo di Pippo, a quei tempi non ancora quarantenne, aveva superato di gran lunga il genitore formando una rete di piccole società nelle quali egli stesso o la sorella Serafina o la moglie Sebastiana Bona o la cognata Antonia e persino la suocera Lucia Platania “governavano” almeno 20 società con altri rampolli figli di magistrati in carica o addirittura con gli stessi giudici dei tribunali di Siracusa e Catania, intessendo una fitta maglia di relazioni d’affari con alcuni colossi dell’economia locale e, addirittura, con un ministro.

Non ci sarebbe nulla di male ma, a spulciare tra queste società, i nomi riconducibili alla magistratura s’intrecciano a tal punto con alcune vicende locali (Mare rosso, Open Land, Sai 8, Eni eccetera) che non si capisce come mai così tanti “figli d’arte”, come sono stati chiamati da un giornalista catanese, abbiano trovato il loro mentore proprio nel legale iscritto all’Ordine degli avvocati di Catania ma legatissimo al deputato nazionale Pippo Gianni e, da legale, fortemente inserito nei potentati economici siracusani.

Una composizione societaria delle srl che, per gli eventi che hanno segnato la carriera dell’avv. Amara, recentemente condannato a un anno di reclusione per avere sgraffignato, in combutta con un cancelliere, dati coperti dal segreto istruttorio nel registro informatico della Procura, e per il ruolo dello stesso in vicende delicatissime accadute e che accadono nel nostro territorio, hanno gettato su alcuni magistrati della Procura di Siracusa ombre inquietanti che hanno indotto il procuratore capo dottor Ugo Rossi a dichiarazione a chiarimento, che in verità finora non hanno chiarito nulla.

Ma vediamo di districarci anche noi nel labirinto di queste società.
Anzitutto, però, è bene sapere che l’avvocato Piero Amara si appoggia, così come risulta dagli elenchi telefonici e dagli albi professionali, presso tre studi: uno in Siracusa (via San Sebastiano), uno in Augusta (via Megara 41) e uno in Catania (piazza Verga). Quest’ultimo studio, fino a qualche mese addietro, era in corso Italia 302. Altra cosa da sapere è che la sorella della moglie di Amara è o è stata fidanzata del sostituto procuratore della Repubblica di Siracusa dottor Maurizio Musco, uno dei protagonisti di questa storia.

Cominciamo dalla Gi.da. srl.
Con sede presso lo studio di Augusta dell’avv. Amara in via Megara 41, è una società che opera nel campo dello smaltimento dei rifiuti e che ha come amministratore delegato tale Carlo Lena e come soci ebastiana Bona, Attilio Luigi Maria Toscano ed Edmondo Rossi. Carlo Lena è un nome ricorrente in quanto lo troviamo presente in altre sei società riconducibili agli Amara, Sebastana Bona, come dicevamo, è moglie di Piero Amara, Attilio Luigi Maria Toscano è figlio del dott. Giuseppe Toscano (già procuratore aggiunto alla procura di Siracusa, oggi aggiunto presso la DDA catanese, dove si occupa del Siracusano) e Edmondo Rossi è figlio del dott. Ugo Rossi (procuratore di Siracusa, già aggiunto presso la DDA catanese per il Siracusano). Attilio Toscano, oltre ad essere socio della Gi.da. srl, è un avvocato che in molti procedimenti giudiziari affianca l’avv. Amara. Basti ricordare le vicende di Siracusa che riguardano Open Land e la SAI 8, di cui il nostro giornale si è occupato più volte.

Riassumiamo brevemente la prima.
L’ing. Natale Borgione, dirigente dell’ufficio urbanistica del Comune, valendosi dei diversi vincoli archeologici e paesaggistici che gravano sulla zona, si era fermamente opposto al progetto dei Frontino di trasformare la ex Fiera del Sud in un grande centro commerciale. Senonchè, a un certo punto, gli imprenditori muovevano le indagini della magistratura accusando il dirigente comunale di avere premuto nei loro confronti per far nominare un suo tecnico di fiducia come direttore dei lavori. Natale Borgione finiva agli arresti domiciliari e il Comune dimissionava l’ingegnere sostituendolo con un altro dirigente, il quale revocava il precedente diniego e consentiva ai Frontino di riprendere i lavori, che sono poi proceduti a ritmo spedito. In più, la società dell’Open Land aveva chiesto al Comune e all’ing. Borgione decine di milioni per i presunti danni subiti. Ma l’accusa verso il funzionariosi rivelò assai debole e infatti i giudici del Riesame non solo ne ordinarono la scarcerazione ma delinearono una ipotesi di corruzione diametralmente opposta a quella configurata dai Frontino.

Le indagini e la conseguente richiesta cautelare (poi annullata) furono condotte dal dottor Musco e dal procuratore Rossi. Gli avvocati che hanno curato gli aspetti civili, penali e amministrativi, sono sostanzialmente tre: l’avv. Piero Amara, l’avv. Attilio Luigi Maria Toscano e l’avv. Giuseppe Calafiore. Anche in questo procedimento i due amici Musco e Amara si sono trovati su sponde molto vicine (accusa e parte offesa). Lo stesso avv. Calafiore è socio della SF srl (che opera nel campo delle gestioni immobiliari, acquisto e noleggio di attrezzature, macchinari e animali) unitamente alla Open Land srl. e alla Gefin Roma srl. Egli è socio anche nella P&G Corporated srl, con sede in Augusta nello studio di Amara in via Megara 41, socio anch’egli, alla di lui moglie Sebastiana Bona e a Diego Calafiore (fratello dell’avv. Giuseppe). Una società, insomma, per pochi parenti.

Il procuratore Toscano si era già occupato di altre vicende che interessavano direttamente l’avvocato Amara: il caso dell’ispezione di villa Corallo ad Augusta di cui i brillanti giornalisti del settimanale Magma hanno diffusamente parlato e la denuncia presentata contro il cugino dell’avv. Piero Amara, che di nome fa Pietro, per infedele patrocinio. A margine dell’indagine Mare Rosso, fu presentata, peraltro, una denuncia (procedimento penale nr.5898/08) nella quale si lamentava il mancato rispetto degli accordi con i dipendenti dell’Eni (società difesa dall’avv. Piero Amara) che avevano percepito del denaro presumibilmente per patteggiare la pena. Il procuratore Toscano accertò che il denaro arrivato ad alcuni dipendenti era transitato dal conto della Gida srl (!), società riferibile agli Amara, e che gli accordi erano stati conclusi con l’avv. Pietro Amara di cui sopra. Oggi questa società ha aperto le porte, come detto, al figlio dello stesso procuratore aggiunto Giuseppe Toscano e al figlio del procuratore Rossi.

Il caso Open Land ha molte similarità con quanto accaduto a Sai 8. Com’è noto, l’on. Nicola Bono, ancor prima di candidarsi alla presidenza della Provincia, aveva manifestato pubblicamente il suo dissenso sulla gestione del servizio idrico provinciale da parte di Sai 8, soprattutto per la mancata ottemperanza al capitolato d’appalto che obbligava la società a dimostrare la piena disponibilità delle risorse finanziarie per gli investimenti entro sei mesi dall’aggiudicazione. Diventato Presidente della Provincia e perciò anche presidente dell’assemblea dei soci, più volte Bono sollecitò Sai 8 al rispetto del contratto. Fino a quando inviò alla Sai 8 una diffida formale con un termine perentorio entro il quale avrebbe dovuto produrre la relativa certificazione, pena il recesso dell’affidamento. Ma, proprio nell’avvicinarsi della scadenza del termine, il presidente Bono venne iscritto nel registro degli indagati in quanto i giudici avevano intercettato due imprenditori che parlavano fra di loro, uno dei quali rivelava all’altro che il Presidente aveva brigato per fare assumere un suo uomo nella dirigenza societaria. In conseguenza di ciò Bono ha dovuto dimettersi da presidente dell’assemblea, cedendo il passo poi a un commissario regionale, la Sai 8 ha superato lo scoglio dell’ultimatum continuando a gestire tranquillamente il servizio idrico nonostante la posizione di 12 sindaci che non hanno voluto consegnare gli impianti e nonostante una durissima sentenza del Cga.

Ebbene, gli avvocati che si occupano della vicenda sono sempre gli stessi: Piero Amara, Giuseppe Calafiore e Attilio Luigi Maria Toscano. Ma qui c’è una novità e un altro figlio d’arte: l’ing. Torrisi, che è il figlio dell’attuale terza moglie del procuratore di Siracusa Ugo Rossi. E’ sicuramente una coincidenza che l’ing. Torrisi sia stato nominato direttore tecnico della Sai 8 poco dopo la nomina del padre a procuratore di Siracusa. Com’è sicuramente una coincidenza che lo stesso ing. Torrisi è legato da rapporti di fiducia col sostituto procuratore Maurizio Musco in quanto è stato nominato come consulente del pm in alcuni procedimenti penali relativi a reati ambientali. Dunque, l’ing. Torrisi è nominato consulente dalla Procura diretta dal marito della madre, procura che provvederà a liquidare le somme pubbliche spettanti per la consulenza.

Altra circostanza degna di nota è quella relativa a un nuovo procedimento penale che da poco è stato incardinato innanzi ai sostituti Bisogni e Boschetto per lo sversamento in mare dal depuratore gestito dalla SAI 8 di acque inquinanti nel porto di Siracusa. Ma cosa succederà quando i pm siracusani Bisogni e Boschetto si accorgeranno che il procedimento per lo sversamento in mare del depuratore gestito dalla SAI 8 ha come responsabile tecnico, e quindi possibile indagato, il figliastro del procuratore Ugo Rossi?



Una fitta rete di società che in vari modi si collegano e s’intrecciano attorno a una sola famiglia
Documentati i rapporti di amicizia e di affari di Piero Amara
con Musco, Rossi, Toscano, Campisi, Canonico, Calafiore...
Franco oddo

Ricapitolando, finora i coinvolti nella ragnatela di rapporti societari sono Piero Amara, Sebastiana Bona,
Giuseppe Calafiore, Diego Calafiore, Attilio Toscano (e quindi il padre dr. Giuseppe),
Edmondo Rossi e Salvatore Torrisi (e quindi il padre dell’uno e patrigno dell’altro dr. Ugo).

Ma andiamo oltre.
L’avv. Amara ha avuto in studio, fino a pochi mesi addietro a Catania in corso Italia, un collega praticante che oggi ha studio nel medesimo postoe le medesime utenze telefoniche dove qualche mese addietro si trovava lo studio che fu di Amara: si tratta del dott. Sebastiano Miano. Questi è amministratore di una società, la Panama srl con sede in Priolo. Nella visura camerale della società, i soci sono due, Maurizio Musco e Pasqua Musco: il primo è il sostituto procuratore della Repubblica di Siracusa, la seconda è la sorella. “La società Panama srl. - come scrive Magma - ha sede allo stesso indirizzo di Priolo dove abita il sostituto procuratore Musco, ma che vede il magistrato tra i soci”. Risultato finale è che amministratore della società Panama è un praticante (o ex praticante, poco cambia) dell’avv. Amara e che i soci sono il dott. Musco e la sorella.

Ma andando a scavare qui e là, scopriamo che l’altro fratello del magistrato, Carmelo Musco, è socio della Novalux srl insieme ad Angela Formica. In comune la Panama e la Novalux non hanno solo il rapporto di parentela ma anche due particolari: l’indirizzo di posta certificata è il medesimo e medesima è anche la ragione sociale, costruzione di impianti fotovoltaici.

E qui si è fatta anche un’altra scoperta. “La Panama srl - scrive ancora Magma - ha chiesto al comune di Augusta l’autorizzazione alla costruzione di un impianto sul terreno di proprietà di un’altra società, la Geostudi srl” (ndr: con sede, guarda caso, ad Augusta in via Megara 41). Chi saranno mai i soci di questa società?

Gente sconosciuta: Piero Amara, Serafina Amara e, amministratore, tale Roberto Formica. Ricapitolando, il dr. Musco è socio, insieme alla sorella, della società Panama srl che ha come amministratore Sebastiano Miano, praticante dell’avv. Amara.

La società del dr. Musco ha stipulato un contratto di affitto sul terreno della Geostudi srl di proprietà di Piero Amara e di Serafina Amara. L’amministratore Roberto Formica, inoltre, nei rapporti dei carabinieri che effettuarono le indagini nel procedimento “Morsa”, viene definito “ingegnere legato ad Amara Giuseppe”. Altra novità è che la Panama srl. (è sempre Magma a scriverlo) “per i lavori di costruzione dell’impianto fotovoltaico ha dato appalto dei lavori alla Coemi, ditta riconducibile immediatamente alla famiglia dell’ex ministro Stefania Prestigiacomo”. Ma non era lo stesso dr. Musco che aveva effettuato le indagini sul padre dell’ex ministro?

E i figli d’arte non finiscono qui.
Ce n’è un altro legato ad Amara, magari perché hanno le utenze telefoniche in comune sull’elenco telefonico a Siracusa: è l’avv. Andrea Campisi.
Un nome nuovo? Macchè, ancora un figlio di magistrato essendo egli il rampollo dell’ex procuratore capo di Siracusa Roberto Campisi. Così, l’avv. Amara non è solo “vicino” al figlio dell’attuale procuratore della repubblica di Siracusa, ma anche a quello che c’era prima. Fra l’altro, da alcune intercettazioni effettuate a margine dell’indagine “Morsa 2“ è emerso che il procuratore Campisi aveva stretti rapporti di amicizia con l’avv. Amara. Quindi il procuratore Campisi era amico dell’avv. Piero Amara e il figlio Andrea ha studio in Siracusa con utenze telefoniche intestate anche ad Amara.

Non è da trascurare che nell’indagine condotta a Messina contro il dott. Musco è emerso che tra l’Amara e il Musco e tra Amara e il dott. Campisi ci fosse una stretta amicizia e che Amara si vantasse pubblicamente di tale rapporto, amicizia che si sarebbe spinta fino all’organizzazione di viaggi insieme. Altra circostanza emersa dalle indagini è che il dott. Musco, come abbiamo già detto, aveva una relazione sentimentale con la sorella della moglie di Amara.

Cosa lega ancora Musco e Amara?
Oltre alla relazione con la cognata, alla vicenda Open Land, alla vicenda del capannone di Augusta, all’operazione Mare Rosso, ce ne sono molte altre, ma basta citarne una per tutte, quella che gli appassionati di calcio certamente ricordano. Si tratta del caso del calcio scommesse che portò ad iscrivere nel registro degli indagati i giocatori del Catania Falsini e Pantanelli. I due intrapresero una vertenza civile per mobbing nei confronti del Catania Calcio, che fu soccombente. Quasi contestualmente a Siracusa l’immancabile dr. Musco iscrisse nel registro degli indagati i due giocatori per reati connessi al calcio scommesse, e ancora non è chiaro come mai tale iscrizione avvenne nella nostra procura. Così la dirigenza del Catania Calcio fu ascoltata dal dr. Musco. Poi, quasi contestualmente al componimento della vicenda civile, il fascicolo fu trasferito a Catania per competenza territoriale dove il pm Puleio provvide a richiedere e ottenere l’archiviazione del procedimento penale. Il particolare che dimenticavamo di citare è che l’avv. Piero Amara è legale del Calcio Catania e difende il presidente Pulvirenti in tutte le vertenze penalistiche.

Ci sono altre società? Sicuramente sì
e andiamo a campione altrimenti non finiremmo più.
Prendiamo, ad esempio, la Dargiu Energy srl (progettazione e costruzione di impianti per la raccolta di rifiuti), anch’essa con sede in Augusta in via Megara 41, che ha come socio Ivan Canonico (figlio dell’ex comandante provinciale della guardia di Finanza di Siracusa). Altri soci sono Sebastiana Bona e Serafina Amara con amministratore l’immancabile fedelissino Carlo Lena. E poi la C.M.S. Service srl (gestione uffici destinati alla consulenza legale) con  sede a Palermo. Questa società, oltre ad avere come socio l’avv. Amara, vede presente anche l’avvocato catanese Angelo Mangione. I due sono molto amici e si conoscono da quando frequentavano da praticanti  lo studio dell’avv. Giovanni Grasso. Ora, oltre ad avere comuni interessi societari, hanno diversi clienti in comune tra cui il deputato regionale Mario Bonomo che, peraltro, difende strenuamente la legittimtà della gestione Sai 8. C’è poi la presenza societaria nella Salmeri srl (si occupa di lavori edili, marittimi eccetera) ancora una volta di Sebastiana Bona, moglie di Amara, insieme a Salmeri Rosario, Andrea e Sergio. La citiamo perché  Rosario Salmeri è coinvolto come testimone nella vicenda Oikoten, di cui parleremo nel prossimo numero, ed è stato candidato sindaco, appoggiato da Pippo Amara, contro l’attuale primo cittadino di Augusta Massimo Carrubba. L’ultima notizia è che la Salmeri srl sta effettuando lavori per il campo fotovoltaico della società Gi.da. srl. Così siamo tornati all’inizio della nostra storia. Le società sono finite? No, ma forse ne parleremo un’altra volta.

Difficile credere che vi sia in atto “un attacco mediatico” nei confronti della Procura della Repubblica di Siracusa.
I colleghi di Magma, il periodico catanese che ha pubblicato tre articoli densi di fatti, hanno semplicemente svolto il loro lavoro di giornalisti.
Che consiste nel porsi domande e cercare le risposte leggendo il più possibile le carte. Stupiscono semmai alcuni svenevoli salamelecchi
letti a resoconto delle dichiarazioni  del procuratore Rossi non consoni alla dignità del nostro mestiere.



Fonte: La Civetta di Minerva anno III N. 13 Venerdì 2 Dicembre 2011