Ghedini: «Ispettori a Milano. Quel pm ha un piano politico»
Ghedini chiede l’ispezione alla procura di Milano per tutelare se stesso dal pm milanese Massimo Meroni reo,
di aver chiesto il suo accompagnamento coatto in qualità di testimone del caso Favata-Unipol
alla giunta per le autorizzazioni della Camera per rispondere «un chiaro disegno politico».
19 giugno 2010

Ghedini a favore di Ghedini versus magistrati di Milano attraverso il parlamento “usando” il ministro della Giustizia. A parte quello che può sembrare - e in effetti è - un clamoroso pasticcio di parole, stiamo assistendo all’iperbole dei conflitti di interessi. E all’ennessimo duro attacco della maggioranza contro la magistratura. Giovedì l’onorevole-avvocato Niccolò mavalà Ghedini, legale del premier dall’inizio del secondo governo Berlusconi (2001), ha presentato un’interrogazione di 8 pagine al ministro della Giustizia Angelino Alfano in cui accusa di «comportamenti inqualificabili» il pm di Milano Massimo Meroni. E auspica che il ministro invii gli ispettori in quegli uffici per vedere se non sia il caso di avviare un’azione disciplinare.

Otto pagine
Il testo dell’interrogazione è stato scovato dall’agenzia Ansa nascosto tra i resoconti parlamentari. Il fatto sorprendente è che Ghedini chiede l’ispezione alla procura di Milano per tutelare se stesso dal pm milanese Massimo Meroni reo, secondo lui, di aver chiesto il suo accompagnamento coatto in qualità di testimone del caso Favata-Unipol alla giunta per le autorizzazioni della Camera per rispondere «un chiaro disegno politico». L’interrogazione ripercorre tutta la vicenda. Che comincia a dicembre quando L’Unità pubblica l’inchiesta sul mistero del file audio con l’intercettazione Fassino-Consorte a proposito di Unipol («Abbiamo una banca») che nonostante fosse segreto e neppure trascritto dall’autorità giudiziaria fu invece pubblicato su Il Giornale a partire dal 27 dicembre 2005. Il mistero di quella pubblicazione è stato spiegato da un imprenditore dalle incerte fortune, Fabrizio Favata, che ha raccontato di essere stato lui con Raffaelli (manager Rcs che eseguiva le intercettazioni per conto della procura di Milano)e Paolo Berlusconi a consegnare il file audio in una pen drive a Silvio Berlusconi la sera del 24 dicembre 2005. Storia incredibile, spiattellata per disperazione da Favata che finito in disgrazia ha cominciato invano a chiedere soldi per quel regalo di Natale, e però tutta riscontrata dal pm Meroni e dalla polizia giudiziaria che un mese fa hanno arrestato Favata per ricettazione (Raffaelli aveva comprato il suo silenzio per 300 mila euro). Paolo Berlusconi è indagato per ricettazione. Il gip, nell’ordinanza che ha portato Favata in carcere, scrive che «il premier Berlusconi ha ricevuto e ascoltato il file audio».

Il gip dedica un capitolo anche ai rapporti tra lo studio Ghedini e gli indagati. Rapporti «intensi» nonostante Ghedini li definisca «marginali». Infatti Favata ha consegnato al pm Meroni la registrazione abusiva di un colloquio avvenuto tra lui, Favata, e l’assistente di Ghedini (Persilvio Cipollotti). Favata chiede un aiuto economico in considerazione del favore fatto a suo tempo con quella intercettazione. Cipollotti risponde (L’Unità ha potuto ascoltare quella conversazione) che «se fosse per lui avrebbe già chiuso la questione ma non sta a lui decidere». Ci pensa Ghedini.

Il pm Meroni ha provato a sentire Ghedini come testimone a partire dalla fine di dicembre. Ma il legale si è sempre rifiutato. Dicendo, tra l’altro, di non poter testimoniare su fatti e persone (i fratelli Berlusconi) di cui è il difensore. Lunedì 14 la procura ha chiesto alla Giunta delle autorrizzazioni della Camera l’accompagnamento coatto dell’onorevole-testimone. Richiesta ritirata dopo che Ghedini ha promesso che sarebbe andato a farsi interrogare. Ma Ghedini deve aver cambiato idea. E ha convinto il capogruppo Cicchitto e l’onorevole Costa e firmare l’interrogazione in cui accusa il magistrato di appartenere «notoriamente» ad «una precisa area politica». E’ chiaro quindi «quali siano gli intenti politici e persecutori» con cui il magistrato «sta agendo nei confronti dell'avvocato Ghedini»: «Vuole inibire l'esercizio del suo mandato» di legale visto che «nell'ambito dello stesso procedimento il testimone non può essere anche difensore». Tutto ciò è «inaccettabile» e si spiega solo con «l'intento di creare un caso politico» con «l'inevitabile strepito mediatico» e il «danno all’immagine».

Non solo: l’impressione è che il pm «stia surrettiziamente tentando di acquisire elementi da un difensore per costruire una tesi accusatoria». Accuse pesantissime. Inevitabile, scrivono, l’ispezione e l’eventuale 'azione disciplinare».



Governo Ghedini
Giovanni Maria Bellu 19 giugno 2010
Andiamo con ordine perché la vicenda è complicata e le notizie sono addirittura tre.
Il protagonista è Niccolò Ghedini il quale, nella sua qualità di legale di fiducia del premier, è anche parlamentare della Repubblica e alterna la difesa di Silvio Berlusconi nelle aule dei tribunali con la stessa attività nell'aula del Parlamento.
Niccolò Ghedini è un avvocato molto invidiato dai colleghi. Mentre quelli, per salvare i loro clienti, devono affannarsi a studiare le leggi, Ghedini può cambiarle.

Ed è un legislatore zelantissimo.
La sua ultima fatica è la legge che limita le intercettazioni telefoniche in nome della privacy.
Un paio di anni fa, quando la privacy non era ancora il primo dei suoi pensieri, l'avvocato Ghedini venne a sapere di un tale che chiedeva con insistenza di essere premiato per una violazione della privacy. Una delle più clamorose della storia del dopoguerra. Questo signore raccontava di aver fatto avere al più importante cliente dell'avvocato Ghedini un piccolo brano di un'intercettazione telefonica acquisita in modo illegale nella quale si sentiva la voce di Piero Fassino, all'epoca leader del principale partito di opposizione, che diceva qualcosa come «abbiamo una banca». Era una roba senza alcuna rilevanza penale, ma succulentissima sul piano giornalistico e fruttuosa sul piano elettorale: il quotidiano della famiglia del principale cliente dell'avvocato Ghedini montò una campagna di stampa ad alzo zero. Fatto sta che questo signore, non avendo avuto dal cliente dell'avvocato Ghedini il premio che si aspettava, decise di rivolgersi all'avvocato Ghedini in persona. Ed ebbe anche una chiacchierata con un assistente del suo studio.

Il destino poi ha voluto che tutta questa vicenda arrivasse alle orecchie della magistratura di Milano proprio mentre l'avvocato Ghedini era impegnatissimo sul fronte della privacy. Infatti, ha fatto sapere ai magistrati che volevano interrogarlo come testimone di non potersi presentare. Finché i magistrati si sono scocciati e hanno deciso di ordinarne la convocazione coatta.

E siamo alle tre notizie.

La prima è che l'avvocato Ghedini ha scritto un'interrogazione parlamentare per denunciare la protervia
del pubblico ministero di Milano e per chiedere al suo collega nel collegio di difesa del premier, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, di inviare i suoi ispettori. Evento che renderà l'avvocato Ghedini ancora più invidiato dai colleghi.
Se fino ad ora aveva potuto solo cambiare le leggi, adesso potrà dire di poter cambiare anche i giudici.
Se per disgrazia gli andasse male, potrà avvalersi del piano b, detto anche "soluzione Brancher".

Ed ecco la seconda notizia: Aldo Brancher è il nuovo ministro del nuovo ministero "per il federalismo"
e questo gli consentirà di essere "legittimamente impedito" a presenziare alla prossima udienza del processo
nel quale è accusato di appropriazione indebita.

La terza notizia, che scaturisce dal combinato disposto delle prime due, è che l'avvocato Ghedini,
se non riuscirà a cambiare il giudice, sarà presto il ministro del nuovo ministero «per la Privacy».

Forza italia!