De Gregorio sotto accusa per riciclaggio
In un blitz a casa di un camorrista sequestrati assegni
firmati e girati dal senatore del movimento «Italiani nel mondo»

E' indagato a Napoli. L'aggravante: ha agevolato un'associazione mafiosa
ROMA 06 giugno 2007 Giovanni Bianconi— Nel novembre scorso disse che i magistrati dell'antimafia di Napoli stavano facendo uno sforzo «encomiabile» nella lotta al crimine, e che bisognava ascoltare il loro «grido di dolore» per la scarsità di mezzi a disposizione; oggi quegli stessi magistrati l'hanno messo sotto inchiesta, in uno dei tanti filoni delle loro inchieste sui clan camorristici e sul contrabbando.
il senatore Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama, è indagato per il reato di riciclaggio, con l'aggravante di aver agevolato un'associazione mafiosa. Il procedimento è stato avviato dopo alcuni accertamenti svolti dalla Guardia di finanza, a seguito del ritrovamento di una serie di assegni girati dal parlamentare eletto con l'Italia dei valori di Di Pietro (e dunque nel centro-sinistra) e poi messosi «in proprio» col movimento Italiani nel mondo per votare quasi stabilmente insieme al centrodestra.
Gli assegni che hanno portato a indagare sul senatore furono trovati durante una perquisizione a carico di Rocco Cafiero detto 'o capriariello, vecchia conoscenza delle forze dell'ordine per i suoi coinvolgimenti nel contrabbando e in altri traffici, più volte arrestato e finito sotto processo, non solo a Napoli. Abita a Marano, alle porte della città, ed è considerato dagli investigatori organico al clan Nuvoletta che proprio a Marano hanno la loro roccaforte. Nel 2005 la Guardia di Finanza, a seguito dell'ennesima indagine sul contrabbando tra la Campania e la Puglia che lo vedeva coinvolto, gli ha sequestrato beni mobili e immobili per un milione e mezzo di euro. L'elenco comprendeva la villa di Marano, denaro in contanti, due auto, una moto, anelli, pellicce e assegni per oltre quattrocentomila euro.
Molti di questi assegni erano firmati o girati proprio da De Gregorio. Una parte di essi, inoltre, proveniva da un altro personaggio noto ai magistrati napoletani, sotto inchiesta in un altro procedimento della Procura antimafia sui clan camorristici attivi nella zona di Fuorigrotta. Si tratta di Mario Nocerino, arrestato un anno fa con l'accusa di aver organizzato un voto di scambio di tipo mafioso per le elezioni comunali in cui il figlio Giuseppe era candidato con Forza Italia. Il tribunale del Riesame annullò l'ordinanza perché non considerò provata la natura camorristica dei legami, e ora per Nocerino la Procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per voto di scambio «semplice»: secondo l'accusa lui e il figlio pagarono per ottenere l'appoggio elettorale del presunto clan guidato da Salvatore Zazo.
Gli accertamenti svolti finora in gran segreto dalla Finanza per comprendere il motivo della presenza di quegli assegni con la firma di De Gregorio a casa di Rocco Cafiero, non hanno consentito di dare una spiegazione lecita e plausibile. Una prima giustificazione emersa si riferiva all'acquisto di un immobile, a fronte del quale non è stato però trovato nemmeno l'atto di compromesso, particolare che la renderebbe poco credibile. Di qui la decisione, nelle scorse settimane, di iscrivere il nome del senatore sul registro degli indagati, un atto dovuto per proseguire le indagini e chiarire la natura dei rapporti tra lui, Cafiero e Nocerino, nonché la provenienza e l'utilizzo che doveva essere fatto di quei titoli di credito. Già nel 2003 Cafiero aveva subito una perquisizione e un maxi-sequestro per mano dei carabinieri, quando in un sotterraneo della villa di Marano, con l'accesso nascosto da una scaffalatura per vini, saltarono fuori oltre 600.000 euro in contanti, 30 orologi di marca, due chili di gioielli e circa 200 panetti di hashish per un totale d 50 chili.



06 giugno 2007 Il senatore indagato per riciclaggio:
 firmai un preliminare di acquisto con una signora che non sembrava avere problemi penali
«Non bado ai titoli dei giornali, aspetto che il magistrato mi convochi» De Gregorio si difende: «Non mi spavento»

ROMA - «Ho solo firmato un preliminare di acquisto, in tempi non sospetti, con una signora che non mi sembrava avesse problemi penali...». Così il presidente della commissione Difesa del Senato, Sergio De Gregorio, commenta le ricostruzioni che lo riguardano apparse oggi sul Corriere della Sera e relative ad un blitz a casa di un camorrista nel corso del quale sarebbero stati sequestrati assegni firmati e girati dal senatore. «Bastava chiedere, avrei mostrato il preliminare - ha detto De Gregorio alle agenzie di stampa -. In ogni caso se il Corriere si impegna in questa battaglia vuol dire che sono diventato selvaggina pregiata. Aspetto che il magistrato mi convochi e i titoli dei giornali non mi spaventano».



La Guardia di Finanza negli appartamenti di Bianconi e d'Errico Perquisizioni,
la nota del Cdr del Corriere
MILANO 07 giugno 2007
 - È in atto il tentativo continuo e costante di minare la libertà di informazione, a volte condizionandola e a volte imbavagliandola. L’ultimo episodio riguarda, come già avvenuto altre volte in passato, i giornalisti del Corriere della Sera. La redazione di questo giornale e il Comitato che la rappresenta sindacalmente manifestano fortissima preoccupazione e motivato stupore per le perquisizioni che sono state condotte nelle abitazioni e sui posti di lavoro di due nostri colleghi, Giovanni Bianconi ed Enzo d’Errico, ad opera della Guardia di Finanza su mandato della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. I due giornalisti sono unicamente “responsabili” di avere svolto al meglio e rigorosamente il proprio dovere, informando in modo documentato i lettori: l’uno, sull’indagine giudiziaria aperta nei confronti del senatore Sergio De Gregorio, per riciclaggio e con l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa; l’altro, ricostruendo la storia personale e le vicende politiche di questo personaggio. La redazione del Corriere e il suo CdR esprimono piena solidarietà ai due colleghi, che verranno tutelati d’intesa con la Direzione in tutte le sedi. I primi colloqui con gli uffici legali del Corriere della Sera portano fin d’ora a ritenere che in quanto accaduto si siano configurati arbitrii e illegittimità, che verranno impugnati davanti al Tribunale del Riesame: come, in particolare, il sequestro di strumenti di lavoro e di materiale privato, che nulla ha a che vedere con l’inchiesta. I giornalisti del Corriere della Sera sono abituati a respingere al mittente ogni tipo di intimidazione e proseguiranno, nella massima indipendenza e trasparenza, nel loro lavoro d’inchiesta, di ricerca e pubblicazione delle notizie, nell’interesse e nel rispetto esclusivo dei lettori. Il CdR del Corriere della Sera Milano, 7 giugno 2007


Operazione della Guardia di Finanza nei confronti di Giovanni Bianconi ed Enzo d'Errico
Il Cdr: «Fortissima preoccupazione» Perquisizioni a due giornalisti del Corriere
MILANO 07 giugno 2007- La Guardia di Finanza ha perquisito la scorsa notte le abitazioni e i posti di lavoro di due giornalisti del Corriere della Sera, Giovanni Bianconi, a Roma, e Enzo d'Errico, a Napoli e Milano, su mandato della Direzione distrettuale Antimafia del capoluogo partenopeo. Il Cdr del quotidiano afferma che «unica responsabilità dei colleghi è di avere svolto al meglio e rigorosamente il proprio dovere, fornendo ai lettori informazioni documentate su un senatore della Repubblica, Sergio De Gregorio, indagato a Napoli per riciclaggio con l'aggravante di avere agevolato un'associazione mafiosa».

PREOCCUPAZIONE - Il Comitato di Redazione ha manifestato con tutti i colleghi «fortissima preoccupazione e motivato stupore, oltre a seri dubbi sulla legittimità di quanto avvenuto», in particolare perché nel caso di d'Errico «sono stati sequestrati e portati via sia il computer personale che quello della redazione, insieme a tutte le rubriche telefoniche».
Il Cdr ha preso contatto con i legali del Corriere «per essere partecipe di tutte le verifiche sul caso»
ed ha espresso «la piena solidarietà ai due colleghi».