Concussione, i dubbi della Cassazione
"Processi a rischio con la riforma"
 

In ventuno pagine le osservazioni dei tecnici della Corte. Un mese fa le critiche del Csm.
Sotto accusa la "rimodulazione" del reato. Il ministro aveva garantito sulla "continuità normativa".
MASSIMO GIANNINI

UN ENORME "passo avanti" o una grande "occasione mancata"? La nuova legge contro la corruzione, varata il 31 ottobre, inorgoglisce il governo. Esalta la "strana" maggioranza. Ma preoccupa seriamente i magistrati, che con l'applicazione di quella legge dovranno fare i conti. E saranno conti salati. Perché le nuove norme che ridefiniscono il reato di concussione, a dispetto delle rassicuranti certezze del ministro Severino, incideranno pesantemente sui processi in corso. A temerlo non sono gli "irriducibili" del giustizialismo senza se e senza ma. È la Corte di Cassazione.

Con una relazione di ventuno pagine, l'Ufficio studi del "Palazzaccio" romano smonta pezzo per pezzo la nuova legge, che sulla carta dovrebbe stroncare il malaffare dilagante al centro e in periferia, e che invece rischia di creare enormi problemi interpretativi ai tribunali. I punti critici sono tanti. Dal nuovo reato di "corruzione tra privati" (il cui accertamento sarà "a dir poco problematico") a quello di "traffico di influenze illecite" (che mentre non sanziona alcuni tra i comportamenti illeciti più ricorrenti, sanziona invece "condotte del tutto lecite" in altri Paesi europei.

Non bastavano i vuoi sull'autoriciclaggio, sul voto di scambio, sul falso in bilancio. Ora l'aspetto più problematico, sul quale si concentra la critica dei tecnici della Corte, riguarda "la rimodulazione del reato di concussione", cioè quello che fin dai tempi di Tangentopoli è stato il più grave dei reati contro la Pubblica Amministrazione. Il nodo è lo "spacchettamento" introdotto con la riforma. "L'originaria ed unitaria fattispecie prevista dall'articolo 317 del Codice penale e comprensiva delle condotte di costrizione e induzione - scrive l'Ufficio studi - oltre ad essere stata riferita esclusivamente al pubblico ufficiale e non più anche all'incaricato di pubblico servizio, è stata ora circoscritta esclusivamente alla prima delle due condotte menzionate, cioè quella di costrizione". In questo caso, la pena minima è stata inasprita, da 4 a 6 anni.

La "residua modalità dell'induzione - osservano ancora gli esperti della Corte - è stata a prima vista ricollocata nell'inedito articolo 319-quater del Codice, sotto la rubrica "Induzione indebita a dare o promettere utilità"". Quest'ultima punisce "il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità". In questo caso, la pena minima è stata invece mitigata a 3 anni, e la massima a 8 anni (rispetto ai 12 originari).

A parte il "distacco topografico della nuova fattispecie" rispetto alla concussione disciplinata dall'articolo 317 (anomalia logica e giuridica che non sfugge all'Ufficio studi), la relazione solleva un problema ancora più radicale: anche se l'introduzione del nuovo reato "appare frutto di una scelta in linea con le istanze internazionali", risulta fin da ora "foriera di non poche complicazioni". A questo punto, nel nostro ordinamento ci sarà "la compresenza di ben tre previsioni delittuose tra loro contigue (corruzione, induzione indebita e concussione)". Prima del varo della legge, la giurisprudenza aveva tracciato una precisa "linea di demarcazione tra concussione e corruzione". Adesso, con la riforma Severino, la linea diventa sfumata ed ambigua.

Questa ambiguità impatta in modo pericoloso sui processi in corso. Tutti. Da quelli che riguardano Berlusconi e il caso Ruby a quello di Penati per l'area Falck. E poi quelli di Alfonso Papa, di Clemente Mastella, di Ottaviano Del Turco e di molti altri imputati, più o meno "eccellenti". Il passaggio chiave della relazione è a pagina 14. "La diversa caratterizzazione della nuova ipotesi di reato rispetto alla fattispecie, precedentemente contenuta nell'articolo 317 del codice penale, di concussione "per induzione", rende tutt'altro che scontato il riconoscimento del rapporto di "continuità normativa" tra le due previsioni incriminatrici".

Che vuol dire, in concreto? In Cassazione, sul punto, ci sono tesi differenti. E non c'è alcuna certezza sulla "continuità normativa" tra i vecchi reati di corruzione-concussione e il nuovo reato di indebita induzione. Questo, nei procedimenti tuttora in corso nei tre gradi di giudizio, significa due cose. O saltano in blocco i processi. Oppure, nell'applicazione della riforma, si può verificare un trattamento diverso per i molti falsi "concussi" che in realtà hanno agito da "corruttori". Con il vecchio ordinamento sarebbero stati condannati per corruzione, con una pena di 5 anni, una prescrizione di 10 anni e l'interdizione automatica dai pubblici uffici. Con le nuove norme, potranno "beneficiare" di una condanna "per indebita induzione", cui corrisponde una pena di soli 3 anni, una prescrizione di 4 anni e mezzo e nessuna interdizione automatica dai pubblici uffici.

La differenza è abissale. E dunque non è vero, come aveva sostenuto la Severino, che "non ci sono dubbi sulla continuità normativa" tra il vecchio e il nuovo reato. E non è neanche vero, come aveva affermato perentoriamente il Guardasigilli, che le nuove norme "non incideranno sui processi in corso". Incideranno, sia per via della prescrizione ridotta, sia per via della eventuale "derubricazione" del reato. E i processi che potranno avere un esito diverso saranno molti, molti di più dei 75 tuttora pendenti in Cassazione, e citati dallo stesso ministro della Giustizia.

Non è un caso, se un allerta analogo lo aveva formulato già un mese fa il Csm, con un discusso parere scritto e riscritto più volte. E non è un caso se proprio ieri, in vista dell'entrata in vigore della nuova legge prevista per il 28 novembre, i giudici della Sesta Sezione della Cassazione (proprio quella che si occupa di reati contro la Pubblica Amministrazione) si sono riuniti per un primo confronto sugli effetti pratici della riforma, e sui criteri da adottare nei giudizi pendenti. Con ogni probabilità, come già accadde per le norme ad personam varate da Berlusconi sulle rogatorie, saranno costretti a farsi carico ancora una volta della "conservazione" dei processi, di fronte all'ennesima "mina vagante" lanciata nel nostro sistema giudiziario.

Legge anticorruzione. Tanto rumore per nulla
12 novembre 2012 fonte: huffingtonpost.it/Giuseppe Cascini

La corruzione nella politica e nella pubblica amministrazione, si sa, è uno dei mali più gravi del nostro paese. Transparency international, il più accreditato ente di ricerca sul fenomeno della corruzione, colloca l'Italia al 67° posto, dopo il Ghana e il Rwanda, della classifica mondiale per tasso di corruzione percepita. E la Corte dei Conti calcola in circa 60 miliardi di euro l'anno il costo della corruzione in Italia. Costo a cui vanno aggiunti quelli indiretti, derivanti dalle inefficienze e dai ritardi dei servizi pubblici che sempre la corruzione si porta dietro.

Di fronte a questo quadro il Governo dei tecnici guidato da Mario Monti ha deciso di presentare un disegno di legge chiamato "anticorruzione", che però, nonostante gli sforzi profusi, non è riuscito, finora, a far approvare in Parlamento. Un dibattito surreale tra favorevoli e contrari (ma ci sono parlamentari favorevoli alla corruzione?) che si trascina da mesi senza arrivare in porto.

Ma cosa prevede questo disegno di legge e serve davvero a combattere il fenomeno della corruzione?Secondo me la legge presentata dal Governo serve a ben poco e, anzi, contiene degli errori che rischiano di provocare danni maggiori dei vantaggi.  

L'unica novità positiva è l'innalzamento della pena per il delitto di corruzione che passa da una pena massima di 5 anni ad una pena massima di 8 anni. Sempre meno del furto di un'autoradio, punito con una pena massima di 10 anni, ma almeno un passo avanti. Per il resto cambia poco o nulla. 

Il delitto di corruzione privata (che significa la corruzione nelle banche, nelle assicurazioni, nelle compagnie telefoniche, nelle multinazionali del petrolio e dell'energia) resta procedibile a querela della persona offesa (come se fosse un affare privato e non un danno per la collettività) e, soprattutto, resta limitato ai vertici delle società private. Per cui, per capirci, se un direttore di filiale di una banca prende una tangente per dare un finanziamento senza garanzie, non risponde di nessun reato. 

Il traffico di influenze, cioè la condotta di chi si fa pagare per procurare favori presso un pubblico ufficiale, certamente una novità interessante, viene punito con una pena irrisoria (massimo tre anni), tale da non meritare le appassionate discussioni nelle quali sono impegnati i nostri parlamentari. Più rilevanti sono gli errori e, soprattutto, le cose che mancano.

Gli errori più gravi sono sul delitto di concussione. La nuova legge prevede lo "spacchettamento" del delitto di concussione: da un lato la condotta del pubblico ufficiale che costringe la vittima a dare o promettere qualcosa, che resta punito con la stessa pena di oggi, dall'altro quella del pubblico ufficiale che induce la vittima a pagare, punito con una pena minore. E con una sanzione anche per la "vittima". 

Al di là delle possibile conseguenze su alcuni processi in corso, che sembra la questione che più appassiona i politici, la riforma contiene alcuni errori madornali. In primo luogo sparisce la concussione dell'incaricato di pubblico servizio. Per capirci: l'infermiere che si fa pagare dai familiari di un anziano malato, minacciando di lasciarlo sporco o di non dargli le medicine, non commette concussione.

E' sbagliata poi la scelta di punire, senza distinzioni, anche la "vittima" della concussione per induzione. Ci sono, infatti, delle condotte di "concussione per induzione" vicine alla corruzione, nelle quali la "vittima" alla fine ha anche un suo tornaconto illecito, come ad esempio il caso in cui il tecnico comunale "fa capire" che pagare è l'unico modo per sbloccare una licenza edilizia. Ma ci sono casi in cui la "vittima" è solo tale. Come quando un medico ospedaliero fa credere al paziente di avere un male grave e lo induce ad operarsi in tutta fretta presso una clinica privata. Perché questo poveraccio dovrebbe prendere anche tre anni di carcere?

Ma è soprattutto quello che manca nel disegno di legge a rendere in definitiva poco interessante la vicenda. La corruzione è un male difficile da combattere, perché si fonda su un patto segreto tra due persone, che ovviamente non hanno interesse a rivelarlo, e perché non lascia molte tracce. Se non si lavora su questo non si va molto avanti. Per rompere il patto segreto tra corrotto e corruttore, bisogna rendere conveniente la collaborazione con la giustizia. E dunque servono benefici per chi denuncia (e si autodenuncia) e per chi collabora con la giustizia. 

E poi servono strumenti per rilevare l'unica traccia che la corruzione lascia, quella del denaro. A monte dei fenomeni di corruzione c'è quasi sempre la creazione di fondi neri da parte delle imprese, che attraverso la falsificazione dei bilanci accumulano capitali da destinare alla corruzione. Il reato di falso in bilancio, come si sa, è stato nella sostanza abolito dal Governo Berlusconi nel 2001. Ma non sembra che la politica sia orientata più di tanto a ripristinare uno strumento fondamentale per il contrasto alla corruzione.

A valle dei fenomeni di corruzione c'è, invece, il reimpiego dei proventi illeciti. Chi incassa le tangenti ha necessità di ripulire il denaro e di investirlo in attività apparentemente lecite. Questa attività si chiama autoriciclaggio e in Italia, nonostante le plurime raccomandazioni degli organismi internazionali, non è punita, il che rende spesso impossibile accertare i fatti di corruzione e recuperare i profitti illeciti. Ma di questo né la politica né i "tecnici" sembrano volersi occupare davvero.



Rapporto sulla corruzione nel mondo:



La Suprema Corte di Cassazione sulle nuova normativa sulla corruzione

"Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione".
Legge N.190 del 6/11/2012 direttamente incidenti sul sistema penale, sostanziale e processuale.



La Corte dei Conti: circa 60 miliardi di euro l'anno il costo della corruzione in Italia