Ex Cirielli, sciopero Camere penali
Penalisti fermi fino a mercoledì, domani manifestazione a Firenze
Randazzo: "Le legge è una resa all'ingiustizia di una giustizia differenziata"
"E' una legge incostituzionale"
ROMA (15 gennaio 2006) - "Una legge fuori-legge", "fuori dal nostro sistema costituzionale", ma soprattutto "una resa evidente all'ingiustizia di una giustizia differenziata". Così, "con vivo allarme", definisce la ex Cirielli (quella che modifica i tempi di prescrizione del reato e le norme sulla recidiva) l'avvocato Ettore Randazzo, presidente dell'Unione delle Camere penali, la più importante unione dei penalisti con 8500 iscritti. Proprio contro la ex Cirielli i penalisti hanno indetto tre giorni di sciopero, a partire da domani - fino a mercoledì - con una manifestazione a Firenze alla quale prenderanno parte anche docenti universitari.
"Si tratta di una legge che ha avuto una bocciatura multipla - spiega Randazzo - oltre che da parte nostra, dai magistrati, dai direttori delle carceri, dagli studiosi di diritto e dagli agenti di custodia cautelare, e la cui illegittimità costituzionale è evidentissima". L'astensione dalle udienze è stata decisa per denunciare "la devastante gravità di un regresso incompatibile con la nostra civiltà".
Secondo il presidente dell'Unione Camere penali, gran parte dei cittadini "continua a ritenere che questa legge sia soltanto la 'salva- Previti'. A noi non importa se questa legge vada in favore di questo o quel deputato di destra, o di sinistra, a noi interessa soltanto che le leggi siano utili a tutti i cittadini".
Secondo la delibera approvata dalla giunta dell'Unione delle Camere penali lo scorso 23 dicembre, saremmo di fronte a "una gravissima regressione del sistema penale nel suo complesso sorretta da una concezione del diritto penale tanto sorpassata nel pensiero giuridico quanto propria dei sistemi autoritari".
E' la settima volta in quattro anni che l'Unione delle Camere penali chiama gli avvocati ad astenersi dalle udienze e da tutte le attività giudiziarie. Una protesta che, questa volta, potrebbe costringere la Cassazione a rinviare l'udienza del processo Imi-Sir che vede tra gli imputati l'ex ministro e deputato di FI, Cesare Previti, fissata proprio per domani.
SCHEDA (29 novembre 2005) 
Dalla prescrizione ai recidivi ecco cosa cambia con la ex Cirielli 
Pene più severe per i mafiosi e per chi torna a delinquere. Riduzione dei tempi di prescrizione di alcuni reati
per i procedimenti per i quali non si sia già aperto il dibattimento. Niente carcere per gli ultrasettantenni. Sono questi
i capisaldi della ex Cirielli, approvata in via definitiva dal Senato. Un provvedimento tornato a Palazzo Madama
dopo le modifiche introdotte alla Camera tre settimane fa. 
MAFIOSI 
Reclusione da 5 a 10 anni per chi aderisce all'organizzazione criminale, mentre per i capi e gli organizzatorigli la pena sale da 7 a 12 anni. Da 2 a 4 anni, invece, è la reclusione prevista per chi li aiuta o li protegge. 
CIRCOSTANZE AGGRAVANTI E ATTENUANTI 
Le attenuanti non potranno prevalere sulle aggravanti nel caso in cui l'imputato sia un recidivo, minorenne o non imputabile. 
RECIDIVA 
Condanne più severe sono previste per chi torna a delinquere. Se il nuovo reato non è colposo, la pena può essere aumentata di un terzo. Fino alla metà, invece, nel caso in cui il nuovo delitto sia della stessa indole, sia stato commesso entro cinque anni dalla condanna precedente, durante o dopo l'esecuzione della pena, oppure durante il periodo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena. In caso di recidiva reiterata l'aumento della pena non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave. 
PENA A CASA PER 70ENNI NON RECIDIVI 
Niente carcere per chi ha compiuto 70 anni, la pena potrà essere scontata a casa. A patto però che non si tratti di un recidivo, dichiarato "delinquente abituale, professionale o per tendenza". Per i recidivi è vietata anche la sospensione della pena, che invece può essere concessa soltanto una volta a tossicodipendenti e alcolisti che devono scontare non più di tre anni. 
NORMA TRANSITORIA 
Le nuove norme sulla prescrizione non possono essere applicate ai procedimenti in corso "se i nuovi termini di prescrizione risultano più lunghi di quelli previgenti". Dal calcolo dei nuovi termini vengono esclusi i processi in primo grado in cui il dibattimento sia stato già dichiarato aperto e quelli pendenti in appello e in Cassazione. 
IL CASO.(13 gennaio 2006)
Dal premier agli islamici accusati di terrorismo, i beneficiari della legge
Così Berlusconi eviterà il processo per il caso Sme
LUCA FAZZO
MILANO - Era tutto pronto: individuata la sezione, depositate le carte. Al processo d'appello a Silvio Berlusconi per gli affari Squillante e Sme mancava solo la fissazione della data d'inizio, probabilmente subito dopo le elezioni. E al premier sarebbe toccato tornare a difendersi dalle accuse lanciate contro di lui da Stefania Ariosto e dall'arido linguaggio delle rogatorie che per la procura dimostravano il suo ruolo nelle mazzette smistate da Cesare Previti ai giudici di Roma. Invece salta tutto. Il processo d'appello non si farà. La legge approvata ieri in via definitiva dal Senato cancella i processi di secondo grado per tutti i casi in cui l'imputato sia uscito incolume dal primo giudizio. 
E proprio questo è ciò che accadde il 10 dicembre 2004, quando il tribunale presieduto da Francesco Castellano - oggi indagato per le sue "soffiate" nella vicenda Unipol - emise la sua sentenza: per la vicenda Sme Berlusconi fu assolto, per i soldi a Squillante il reato fu dichiarato prescritto. Contro entrambe le decisioni la Procura ricorse in appello. Ma la straordinaria calma con cui la Corte d'appello ha gestito la pratica - le motivazioni della sentenza venero depositate nell'aprile 2005, poi non è accaduto più nulla - ha permesso che arrivasse prima la legge Pecorella. Ora solo il vaglio della Cassazione separa il Cavaliere dalla liberazione definitiva dal più insidioso dei suoi grattacapi giudiziari. 
Ma Silvio Berlusconi non è certo l'unico imputato importante a venire beneficiato dalla legge varata ieri. Anche il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, eviterà la noia di un giudizio d'appello per la vicenda della discarica di Cerro Maggiore, dove era accusato di corruzione per avere robustamente favorito Paolo Berlusconi: assolto il 20 dicembre scorso dai giudici di primo grado, la Procura aspettava le motivazioni per depositare il ricorso, ora potrà sperare solo nella Cassazione. 
Ma anche in universi assai differenti la svolta voluta dalla Camera si farà sentire. La nuova legge, per esempio, toglie d'impiccio i cinque militanti islamici che il 9 maggio scorso - con una sentenza analoga a quella di pochi mesi prima del giudice Clementina Forleo - il tribunale di Milano assolse dall'accusa di terrorismo internazionale. Anche per loro, il ricorso che la Procura aveva già depositato è da ieri carta straccia. In questo caso gli effetti della nuova norma sono quasi paradossali. Infatti proprio ieri, nel corso di un altro processo celebrato a Milano un "pentito" ha fornito elementi molto concreti per ritenere che i cinque estremisti fossero effettivamente collegati ad organizzazioni terroristiche quali Ansar al Islami, affiliata alla galassia di Al Qaeda. 
Queste nuove prove sarebbero potute entrare nel processo d'appello, mentre in Cassazione - unico passaggio per i cinque prima dell'assoluzione definitiva - la valutazione di nuove prove è interdetta dal codice. E lo stesso accadrà qua e là in tutta Italia, per imputati illustri od oscuri. "La parità tra accusa e difesa - dice Armando Spataro, procuratorie aggiunto a Milano - da oggi appartiene al passato. Ai pubblici ministeri ormai resta in canna un colpo solo, come al reduce del Cacciatore: fallito quello, fallito tutto". 
E c'è chi sta curiosando nel passato, per individuare quali grandi processi avrebbero avuto una sorte diversa se questa legge fosse entrata in vigore all'epoca in cui si celebrarono. Gli esempi non mancano: uno fra tutti, il processo per i 157 morti per cancro al Petrolchimico di Porto Marghera, dove una sentenza che aveva assolto con formula piena i dirigenti della Montedison venne impugnata dalla Procura. In secondo grado, cinque dei dirigenti vennero condannati per la morte di un operaio: uno solo, una sentenza quasi simbolica. Ma con la legge approvata ieri, non ci sarebbe stata neppure quella.