La Cei contro il salva liste: «Scorretto cambiare ora le regole».
Migliaia in piazza Navona col popolo viola
6 marzo 2010

Interviene la Cei Sulla vicenda interviene anche la Cei: «Cambiare le regole del gioco mentre il gioco è in corso è un atto altamente scorretto», dice mons. Domenico Mogavero, responsabile della Conferenza episcopale italiana per gli affari giuridici, ai microfoni della Radio Vaticana. «La democrazia - ha detto il vescovo - è una realtà fragile che ha bisogno di essere sostenuta e accompagnata da norme, da regole, altrimenti non riusciamo più a orientarci ». Se invece «dovesse essere diretta dall'arbitrio di qualcuno o se dovesse essere improvvisata ogni giorno mancherebbe la certezza del diritto, dei rapporti e delle prospettive». E ancora in merito ai problemi sorti in questi giorni ha osservato: «Non credo che in democrazia si possa fare una distinzione fra ciò che sono le regole e quello che è il bene sostanziale, le regole non sono un aspetto accidentale del vivere insieme, ma quelle che dettano il binario attraverso cui incamminarci». «La definizione giusta - ha detto mons. Mogavero - è quella data dal Presidente della Repubblica quando ha parlato di un grandissimo pasticcio».  Un «brutto precedente», frutto di «un atteggiamento arrogante della maggioranza».

«Le regole - ha detto ancora il vescovo - sono a garanzia e a tutela di tutti. A questo punto si legittima ogni intervento arbitrario con la motivazione che ragioni più o meno intrinseche o pertinenti mettono un gioco un valore, il valore della partecipazione oggi, e domani un altro valore». «Ci sono state leggerezze, manchevolezze, approssimazioni - ha rilevato mons. Mogavero - nell'affrontare il gioco democratico che non sono a favore di nessuno, forse siamo impreparati a una democrazia sostanziale. Ci nutriamo di parole come partecipazione e consenso poi quando tutto questo confligge con qualcosa che ci penalizza invochiamo altri valori e altre soluzioni estemporanee per riparare ai guasti di chi ha improvvisato e sbagliato».


Di Pietro: "Mandare a casa questi golpisti". "Siamo di fronte ad un governo e una maggioranza che modificano le regole a proprio uso e consumo. La strada principale per mandare a casa questi golpisti - aggiunge Di Pietro -
è il voto e credo che gli elettori si siano già resi conto che siamo di fronte ad un governo e una maggioranza che usano le istituzioni per farsi gli affari propri e per modificare le regole del gioco durante la partita: è stato superato il senso del limite".

L'opposizione scende in strada contro il decreto legge varato dal governo per superare l'impasse delle liste elettorali di Lazio e Lombardia, mentre il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro dopo aver chiesto ieri l'«impeachment» del capo dello Stato per aver firmato il provvedimento (immediata  e netta presa di distanza del Pd e dure critiche dai rpesindeti della Camere al leader Idv), oggi torna con un nuovo affondo: «Chi mi attacca è solo un ipocrita», dice il leader dell'Idv. «Ho letto i giornali - afferma - e ho assistito all'ipocrisia e alla pavidità tipiche di una certa cultura di questo Paese. Mi spiace constatare che, di fronte ad uno sfregio cosi' evidente alla democrazia, serpeggiano l'ipocrisia e il falso perbenismo di coloro che sostengono che la colpa sia solo di chi ha commesso questo fatto grave lasciando fuori le responsabilita' di chi doveva fare il controllore». «Tutti dicono che il decreto è incostituzionale- conclude Di Pietro-. Il comportamento del capo dello Stato nell'avallare il decreto golpista è stato inutile e dannoso: inutile perché non serviva e non serve per risolvere situazioni già risolte dai giudici».

Migliaia in piazza Navona  Il popolo viola è tornato oggi pomeriggio in piazza per il terzo giorno consecutivo per continuare a protestare contro il decreto «salva-liste» varato venerdì sera dal governo. A piazza Navona alcune migliaia di persone hanno celebrato un simbolico "funerale del diritta". Una piccola lapide, ornata con un lumino funebre di colore viola e due piante di ciclamini dello stesso colore, è stata posta al centro del palco sul quale si è svolta la manifestazione accompagnata dalla scritta "Qui giace lo Stato di diritto".

Oggi però più che le bandiere viola, colore scelto proprio perché apartitico, a piazza Navona erano presenti soprattutto i vessilli dei partiti del centrosinistra, in particolar modo quelli del Prc, dell'Idv di Sinistra e libertà e dei Verdi. Tante anche le persone scese in piazza con l'annuncio mortuario che celebrava la morte della democrazia e con il tricolore listato a lutto. Chi voleva partecipare senza muoversi da casa ha potuto usufruire della diretta dell'evento in streaming sul sito web del popolo viola. «Oggi siamo in piazza per protestare contro questo decreto ad listam - spiega Giancarlo Mascia, uno dei leader del popolo viola - noi siamo al fianco di Napolitano, perché il messaggio che ha diffuso ieri via internet dimostra che è stato tirato per la giacca da un governo arrogante».

«Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare», è la scritta che campeggia sul palco, da dove è stata data pubblica lettura edl tsto del decreto contestato. Al microfono si sono alternati cittadini, studenti, giuristi. «Il decreto non è il male minore ma il male maggiore». ha detto il magistrato di Cassazione Francesco Marinelli, mentre l'avvocato Domenico D'Amati ha respinto gli attacchi dell'Idv a Napolitano: «La sera di giovedì al Quirinale il premier ha commesso un vero e proprio attentato alla più alta carica dello Stato, roba da paese sudamericano».

Poi dalla platea parte il coro «Berlusconi dimissioni». Il movimento civico però non propone indicazioni di voto per il popolo viola: «La mia indicazione è andate a votare - conclude Mascia - ognuno poi sceglierà secondo la propria coscienza».

Bonino: penso di ritirarmi «Io ci sto veramente pensando se valga la pena di giocare con i bari», dice Emma Bonino, rispondendo ad un giornalista che le chiedeva se in caso di ammissione della lista del Pdl a Roma fosse pronta a ritirarsi. «In tutta Italia se si arriva a tali atti di arroganza stiamo attenti. Io dico dell'angoscia vera che mi attanaglia di fondo - ha proseguito - so bene che mi si dirà è il male minore, che così fan tutti, che è sempre stato, ma io mi chiedo se a volte non sia il momento in cui uno dice: con i bari io non gioco, non lo so!».  «Non è una decisione che prendo da sola, abbiamo convocato una grande assemblea martedì però - ha detto - vorrei che tutti i cittadini si ponessero questo problema. Io mi aspetto di tutto, certamente prima delle elezioni mi pare difficile che il Dl venga convertito, resta quindi aperta come arma successiva ed è bene saperlo, le trappole bisogna conoscerle prima». Bonino ha anche ricordato che lei «ha senso di responsabilità e della realtà ma bisogna prevenire e prevedere possibili trappole».

Vendola: decreto è fascismo - «Ne sono certo: saremo in tanti sabato prossimo a Roma alla manifestazione dell'opposizione di
centrosinistra contro il decreto Berlusconi salva-liste. Sono indignato e preoccupato per un atto che minaccia fortemente gli equilibri costituzionali, aggredisce la democrazia e crea un precedente pericoloso per il nostro Paese»,dice  Nichi Vendola, portavoce nazionale di Sinistra ecologia libertà, che aggiunge: «Questo decreto è un atto di gravità inaudita, è un pezzo di fascismo. Non si può pensare per legge di sterilizzare altre leggi per dare un colpo mortale allo stato di diritto. Siamo davvero ai colpi di coda pericolosi e violenti di un regime ormai al suo capolinea».
 

Pd: in  piazza il 13 marzo Il decreto salva-liste «è un vero e proprio condono, un provvedimento che serve solo a occultare gli errori e le divisioni, a sanare il vero e proprio pasticcio combinato da una destra che pensa di vincere calpestando le regole». Per questo il Pd «e l'intero centrosinistra moltiplicheranno le iniziative elettorali per questo fine settimana». Manifestazioni si sono tenute già oggi a Roma, Milano, Torino, Bologna. Ma l'appuntamento clou organizzato dalle forze del centrosinistra è per sabato 13 marzo, con una grande manifestazione per dire no al «trucco» del Pdl.

Ieri pomeriggio, alla manifestazione al Pantheon a Roma, oltre a Emma Bonino sono scesi in piazza molti big del Pd, tra cui D'Alema e Franceschini. La Bonino ha definito il decreto «uno schiaffo in faccia e un'umiliazione ai cittadini onesti, comunque abbiamo votato. Un atto demoralizzante di chi opera per la legalità, magistrati in testa».   «Il paese - ha proseguito Bonino - può capire cosa sta capitando; si sta facendo di tutti per trasformare l'Italia in una larva, in una forma senza contenuto. Oggi lo dico a voi tutti - ha detto la candidata rivolgendosi alla folla - non porsi il problema della democrazia sarebbe imprudente e irresponsabile».  Vendola ha telefonato a Bersani, assicurando la presenza in piazza il 13 marzo di Sinistra e libertà e chiedendo di allargare la protesta anche alle nuove norme che aggirano l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

Al suo arrivo in piazza del Pantheon, D'Alema ha ricevuto molti applausi e qualche fischio. Al suo arrivo parte subito una selva di fischi, presto soffocata dagli applausi della piazza dove ci sono le bandiere di tutti i partiti del centrosinistra. Quindi due manifestanti lo avvicinano "minacciosi". Appartengono ai viola. Uno sventola il quotidiano «Il fatto» e urla all'esponente del Pd: «Via i furbetti del quartierino!». L'altro prima provoca D'Alema chiedendogli: «Che sei venuto a fare?». quindi lo incalza sempre più da vicino: «Non credi di avere responsabilità su quello che accade?». D'Alema alza il sopracciglio e risponde secco, neppure ascoltato dall'interlocutore: «Niente affatto». Più forti anche delle sue parole sono le grida dei manifestanti che lo difendono e ai contestatori dicono: «Ma fatela finita! andate a piazza Farnese (dove ieri ha manifestato il Pdl, ndr), quella è la vostra piazza...».

Casini contro il premier «Chiedere il consenso delle  opposizioni per trovare una soluzione condivisa era la via più  semplice e naturale», invece il premier «ha fatto tutto contro un pezzo di Paese, e come se il Paese fosse tutto suo», dice Pier Ferdinando Casini, secondo cui «si  stanno accentuando gli elementi degenerativi del berlusconismo,  e girando l'Italia vedo che c'è consapevolezza».  Per Casini, «in quello che è  accaduto c'è qualcosa di catastrofico: la mancanza di qualsiasi umiltà e serenità, il non aver immaginato neanche vagamente  che si potesse chiedere scusa dei pasticci combinati. Mi ha colpito - prosegue - l'incapacità di ammettere le proprie  responsabilità voltata in protervia; l'arroganza di affermare, forti dei propri errori, quello che non è un diritto, ma al  massimo un atto di cortesia da chiedere agli avversari politici».
 
Bersani: andremo fino alla Consulta «A partire da oggi faremo una mobilitazione anche nelle sedi giurisdizionali, i Tar sono ancora aperti, faremo una mobilitazione mi auguro fino alla Corte Costituzionale», dice il leader Pd Bersani. La giunta della regione Lazio solleverà davanti alla Corte costituzionale un conflitto di competenza con il governo per il decreto salva-liste, che lederebbe le attribuzioni della Regione. Lo ha annunciato Esterino Montino, vice presidente della giunta, alla manifestazione del centrosinistra in piazza del Pantheon.«Come Regione - ha detto Montino - abbiamo messo al lavoro un gruppo di giuristi per verificare gli estremi di un ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione con il governo». A giudizio di Montino il decreto del governo «non è solo interpretativo, ma è anche innovativo». «In base alla sentenza della Corte costituzionale del 2004 - ha proseguito - la Regione è l'unica istituzione competente per le elezioni regionali, che determinano i termini e le modalità di presentazione delle liste; e infatti dopo quella sentenza la regione varò una propria legge».

Franceschini e Finocchiaro: in Parlamento saremo duri Il decreto interpretativo sulle regionali è un «gravissimo precedente» che avrà «conseguenze» sull'atteggiamento parlamentare del Partito democratico. Lo hanno scritto i presidenti dei guppi Pd di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro, in una lettera inviata ai presidenti dei due rami del Parlamento, Gianfranco Fini e Renato Schifani. «Signori presidenti, è nostra opinione che il decreto legge ieri approvato dal governo in materia elettorale rappresenti un gravissimo precedente nella storia repubblicana -si legge-. È evidente che questo atto avrà immediate conseguenze». In concreto, dal Partito democratico si parla senza metafore di «blocco dell'attività parlamentare». Il primo passo sarà, alla Camera, l'iscrizione a parlare di numerosi deputati nella discussione sull'Agenzia per i beni sequestrati alla mafia in calendario lunedì. Stesso discorso per il voto finale sulla conversione del decreto sugli Enti locali, per non parlare dello stesso decreto 'interpretativò sulle regionali il cui iter prenderà il via proprio da Montecitorio. A finire sotto la "tagliola" del blocco del Pd, invece, al Senato sarà primo tra tutti il legittimo impedimento, atteso a palazzo Madama da martedì prossimo. Bersani ha convocato per domani sera alle 20.30 il coordinamento politico alla sede del partito in via Sant'Andrea delle Fratte: in quella sede lo stato maggiore dei democratici discuterà su come proseguire la battaglia contro il decreto dentro e fuori il Parlamento.