Brusca: "Avvertii Berlusconi O accordo o nuove bombe"
Il pentito depone al processo per la strage di via dei Georgofili a Firenze. "Il premier e Dell'Utri estranei alle stragi del '93,
ma mandai Mangano a Milano per avvicinare il Cavaliere ". Fa il nome di Mancino come destinatario delle richieste
avanzate nel papello da Totò Riina dopo l'uccisione di Falcone.
L'ex ministro dell'Interno: "Ho sempre combattuto Cosa Nostra". Veltroni: "Ora l'antimafia senta il premier"

FIRENZE 3 maggio 2011- FIRENZE - I rapporti della mafia con la politica, la trattativa, i contatti con Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, Nicola Mancino come destinatario del papello di Totò Riina: sono diversi i temi affrontati da Giovanni Brusca nella sua deposizione oggi a Firenze nell'aula bunker in occasione del processo sulla strage dei Georgofili, in cui il pentito sostiene, prima di tutto, che "nel 1992 Cosa nostra aveva rapporti con la sinistra, con politici locali, con Lima e a livello nazionale con Andreotti.

Parla a lungo di Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. "Con le stragi del '93 non c'entrano", dice Brusca, perché la situazione "è collegata al passato". "Non sono i mandanti esterni delle stragi di mafia del 1993". Il loro coinvolgimento come controparte per la criminalità organizzata si sarebbe manifestato subito dopo, secondo il pentito. "In una conversazione", ha precisato il pentito, "si parlava di Berlusconi e di Dell'Utri quali mandanti esterni delle stragi, io dicevo che non c'entravano niente."

"Contattai Berlusconi nel '93: O accordo o altre bombe". Brusca riferisce però di aver contattato Silvio Berlusconi nel 1993 attraverso Mangano e Dell'Utri, per avvertirlo che in mancanza di un accordo la stagione delle bombe sarebbe continuata. Nella seconda metà del 1993 "mandai Mangano a Milano ad avvertire Dell'Utri e, attraverso lui, Berlusconi che si apprestava a diventare premier, che senza revisione del maxiprocesso e del 41 bis le stragi sarebbero continuate", ha detto il pentito. "Mangano - ha aggiunto - tornò dicendo che aveva parlato con Dell'Utri, che si era messo a disposizione".

"Nel '94 avvicinai Dell'Utri per arrivare a Berlusconi". Un altro avvicinamento ci sarebbe stato nel 1994. "Nel 1994, con Bagarella ho un contatto con Dell'Utri, attraverso Mangano", per avere modo di "arrivare" a Silvio Berlusconi, dice ancora Brusca nella sua deposizione. A Dell'Utri fu detto che il governo, allora guidato dal centrosinistra, sapeva e che "da lì in poi per avere benefici si era intavolato un altro rapporto politico. Mancino non c'era più ". Questo contatto con dell'Utri venne fuori perché Brusca sapeva che Mangano lavorava ad Arcore. A Mangano "chiesi se conosceva Berlusconi e lui disse di sì e che ci saremmo potuti arrivare tramite dell'Utri", contattabile attraverso un uomo delle pulizie di Canale 5. La richiesta era l'allentamento del 41 bis. "Era la fine del 1993 o l'inizio del 1994, dopo la vicenda Contorno", che è nel 1994, ha detto Brusca.

Veltroni: L'antimafia senta il premier. Parole pesanti, che scatenano la reazione di Walter Veltroni: le dichiarazioni di Brusca andranno verificate, dice l'esponente del Pd, ma "intanto la commissione Antimafia, che ricostruisce i fatti tra il '93 e il '94, dovrà audire Berlusconi. E' urgente e necessario capire se Berlusconi è stato contattato attraverso persone, da chi è stato contattato, con quali richieste e in quali circostanze". E' la richiesta che Veltroni rivolge al presidente della commissione Antimafia Giuseppe Pisanu. Come altre personalità politiche di quel periodo, dice ancora Veltroni, sono "già state sentite nelle altre settimane anche il senatore Andreotti, compatibilmente con le sue condizioni di salute, potrebbe dare elementi di conoscenza".

"Dell'Utri e Ciancimino volevano portarci la Lega". Dell'Utri e Vito Ciancimino si sarebbero offerti come tramite tra la mafia e la Lega e un altro soggetto politico: è quanto avrebbe riferito Totò Riina a Giovanni Brusca, dopo l'uccisione del giudice Giovanni Falcone, ha riferito poi il pentito. Fino all'attentato contro Falcone, ha spiegato Brusca, l'obiettivo di Totò Riina era di influenzare il maxi-processo di mafia a Palermo. In seguito, sarebbero subentrati Marcello Dell'Utri e Vito Ciancimino che volevano "portare" a Riina la Lega e un altro soggetto politico, che Brusca dice di non ricordare.

"Mancino referente del papello". Nelle sue dichiarazioni Brusca tira in ballo Nicola Mancino, che, secondo il pentito, sarebbe stato destinatario delle richieste avanzate da Riina. Dopo l'uccisione di Falcone, Totò Riina consegnò un "papello", un foglio di richieste, all'allora ministro degli Interni Mancino, dice Brusca, che preferisce parlare di "un'offerta" piuttosto che di una "trattativa", precisando di non aver visto il papello, ma di sapere "quali erano le richieste: la revisione del maxi processo, l'applicazione della legge Gozzini, la legge sulla confisca". Il boss di Cosa Nostra non avrebbe poi riferito quale fosse "il tramite", ma solo il destinatario finale, "e fece il nome dell'onorevole Mancino, allora ministro dell'Interno".

Il papello sarebbe stato recapitato quando, nelle parole di Riina riportate da Brusca, "finalmente si sono fatti sotto". Quanto all'esistenza di una "trattativa" vera e propria tra mafia e stato, Brusca ha risposto alle domande del giudice Nicola Pisano, ripetendo che "per quel che mi riguarda, la base di tutto era il maxi-processo. Tutto il resto e il 41 bis è diventato in base agli sviluppi". La richiesta di attenuare o eliminare il regime di carcere duro sarebbe venuta "dopo Borsellino", ha aggiunto: "in quel momento" si collocherebbe "la cosiddetta trattativa, quest'offerta che arriva da Riina, per quelli che sono i miei ricordi". Il 41 bis sarebbe dunque diventato un aggravante dal punto di vista dei mafiosi. In particolare, Brusca ha fatto cenno ai "maltrattamenti nelle carceri": "c'erano sempre stati i maltrattamenti nei racconti degli uomini d'onore più anziani -ha risposto a una domanda del giudice- ma questa volta erano violenze generalizzate a Pianosa e l'Asinara. Con questo - ha concluso Brusca - non voglio giustificare o accusare".

L'ex ministro replica: Vendetta di Riina. Immediata la reazione di Mancino, che si difende dicendo di aver sempre combattuto Cosa Nostra. "Se Riina ha fatto il mio nome è perché da ministro dell'Interno ho sempre sollecitato il suo arresto, e l'ho ottenuto", dichiara, commentando le dichiarazioni di Brusca. Questa, secondo Mancino, "è una vendetta contro chi ha combattuto la mafia con leggi che hanno consentito di concludere il maxiprocesso e di perfezionare e rendere più severa la legislazione di contrasto alla criminalità organizzata. Durante il mio incarico al Viminale lo Stato ha combattuto con decisione la mafia ottenendo notevoli risultati. Altro che trattative o ricevere papelli", taglia corto.