Che significa esportazione verso Paesi "caldi" quali Algeria, Singapore, India, Turchia e Arabia Saudita. Il tutto realizzato attraverso canali bancari, cioè conti correnti autorizzati a ricevere i pagamenti delle forniture militari, in entrata e in uscita. Anche in questo caso un giro d'affari di tutto rispetto. Sono sei in tutto le "banche armate" che da sole hanno movimentato l'80% dei flussi delle esportazioni cosiddette definitive, corrispondenti a 1900 milioni di euro.
Quattro miliardi - Secondo un articolo pubblicato da Altreconomia, che in anteprima ha potuto accedere ai dati raccolti nella "Relazione al Parlamento sull'export di armi", la movimentazione finanziaria nel 2011 è stata di 4 miliardi di euro, dei quali 2,5 relativi ad operazioni di esportazione (definitiva e temporanea) e i restanti 1,5 derivanti da importazioni di materiale d'armamento. Ciò significa che circa 115 milioni di euro sono finiti nelle tasche delle banche attraverso commissioni, interessi, aggi vari. Vediamo allora per quale impegno le banche già citate sono entrate nel giro d'affari del commercio internazionale di armi, tenendo conto del fatto, come scrive Altreconomia, che l'analisi "è parziale e per propria natura incompleta", per la mancanza di dati che creino un "collegamento diretto tra l'autorizzazione di incasso ad una banca al paese/arma/azienda a cui esso si riferisce".
Deutsche Bank regina - Come già ricordato, la leader tra le banche armate, la Deutsche Bank, ha ottenuto nell'anno in corso 345 autorizzazioni rilasciate dal ministero dell'Economia, facendo segnare come importi circa 665 milioni di euro (lo scorso anno erano 836). Il gruppo bancario tedesco, rileva Altraeconomia, come singolo istituto di credito è di gran lunga il più compromesso. Sommando invece gli impegni di raggruppamenti di banche, come per esempio nel caso dell'alleanza tra Bnp Paribas e Bnl, a spadroneggiare in classifica è proprio questo colosso bancario. L'istituto francese ha ottenuto autorizzazioni pari a 491 milioni di euro (96 certificati) e la sua controllata italiana si impegna per 223 milioni di euro, più del doppio rispetto al 2010, con 57 autorizzazioni. Scorrendo ancora la classifica troviamo Barclays Bank (185 milioni) e Credit Agricole (175 milioni).
Unicredit abbassa le armi - Il panorama delle banche italiane rispetto al commercio di armi è variegato. Mentre Intesa SanPaolo, partecipando a "programmi di trasparenza importanti e ben strutturati", gradualmente si sta smarcando dal settore - un'unica autorizzazione al suo attivo nel 2011 pari a 4mila euro -, Unicredit si aggiudica 65 autorizzazioni pari a 180 milioni di euro. Seguono Banco di Brescia (17 autorizzazioni), la Banca Valsabbina (20) e la Cassa di Risparmio della Spezia (73), tradizionalmente legate a territori caratterizzati economicamente dalla produzione di armi. Anche per quanto riguarda le autorizzazioni cosiddette temporanee è la Deutsche Bank a farla da padrona con il 60 per cento delle autorizzazioni a lei assegnate.
Da Agusta a Beretta: chi produce e vende armi - Il rapporto riporta anche i nomi delle aziende italiane produttrici di armi che si spartiscono la torta miliardaria del commercio di morte. Agusta e AgustaWestland hanno prodotto e venduto elicotteri per quasi 829 milioni, AleniaAermacchi aerei 200 milioni e Avio, motoristica per aerei pari ad un introito di 145 milioni: queste tre si sono accaparrate il 48 per cento degli incassi dell'anno. Seguono a distanza Orizzonte Sistemi Navali (352 milioni da una sola fornitura, all'Algeria), Whitehead Alenia Sistemi Subacquei, Oto Melara, Fabbrica d'Armi Pietro Beretta, e Fiocchi Munizioni.
Armi vendute a dittature e Paesi in guerra - La responsabilità che comporta far parte integrante del sistema di produzione ed esportazione di armi non è da sottovalutare se si pensa che i Paesi beneficiari sono quasi sempre luoghi martoriati da dittature repressive e guerre.
Il "Rapporto del Presidente del Consiglio sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento" per l'anno 2011 rivelano - ma i dati sono parziali e poco trasparenti - che nell'anno passato per esempio è stata autorizzata la vendita di 127 milioni di armamenti per il dittatoriale Turkmenistan (tra cui elicotteri per uso militare, fucili d’assalto, lanciagranate e pistole della ditta Beretta già consegnati) e 99 milioni di euro di armi alla Russia, di cui si è a conoscenza nel dettaglio solo di 10 autocarri protetti Iveco. Ancora, una nave d’assalto anfibia da 416 milioni di euro venduta all’Algeria, a cui si aggiunge una non meglio precisata "prestazione di servizi" da parte del Ministero della Difesa italiano alle Forze armate egiziane nel pieno delle rivolte popolari. Infine - l'ultimo dei nostri esempi - oltre 30 milioni di armi destinate al Gabon, notoriamente oppresso da un regime autoritario.
In anteprima, la nuova lista delle banche armate italiane Dalla Relazione ufficiale sull'export di armi 2011 (anticipata da un rapporto stringato ed incompleto) ecco spuntare i nomi delle banche più coinvolte nel settore: Deutsche Bank e BNL-BNP Paribas si confermano in testa alla lista. Dopo qualche ulteriore giorno di attesa, dopo i primi dati raccolti nel Rapporto introduttivo della Presidenza del Consiglio già arrivato con qualche ritardo, siamo finalmente entrati in possesso dei voluminosi tomi che compongono la Relazione al Parlamento sull'export di armi. Per quanto riguarda l'appoggio bancario alla vendita estera dei nostri sistemi d'arma (per chiarezza ricordiamo che ciò significa, per i dati di competenza della legge 185/90, la concessione di conti correnti su cui far arrivare i pagamenti delle forniture) si va ad intensificare la tendenza degli scorsi anni. La movimentazione finanziaria totale è stata di oltre 4 miliardi di euro, dei quali 2,5 relativi ad operazioni di esportazione (definitiva e temporanea) e i restanti 1,5 derivanti da importazioni di materiale d'armamento. Circa 113 milioni di euro sono finiti nelle tasche degli intermediari di questo tipo di commercio. Per numero di autorizzazioni è Deutsche Bank a fare la parte del leone (345 su 881) attestandosi come importi autorizzati su circa 665 milioni di euro (lo scorso anno erano 836). Se consideriamo le singole banche il colosso tedesco è saldamente in testa alla classifica, ma se invece sommiamo i valori di istituti appartenenti allo stesso gruppo è ancora l'alleanza BNP Paribas e BNL a prendersi l'onore del primo posto. La succursale italiana della banca francese ha avuto autorizzazioni per un importo di 491 milioni di euro (96 autorizzazioni rilasciate e un calo dagli 862 dello scorso anno) mentre la controllata BNL si porta in casa 223 milioni di euro (più del doppio del 2010) con 57 autorizzazioni. In pratica una redistribuzione interna di autorizzazioni. Sopra i 100 milioni di euro altre due banche estere come Barclays Bank (185 milioni) e Credit Agricole (175 milioni) mentre per i colossi di casa nostra (tra l'altro partecipanti a percorsi di trasparenza importanti e ben strutturati) troviamo dati abbastanza divergenti. Se gli sforzi degli ultimi anni di uscita dalla lista di IntesaSanPaolo paiono coronati da successo (solo 1 autorizzazione per 4.000 euro nel 2011) è Unicredit ad avere "in pancia" ancora diverse operazioni: considerando anche i dati della divisione "Corporate" sono state autorizzati 65 incassi per un controvalore di circa 180 milioni di euro. Più ridotti sono gli importi relativi alle autorizzazioni per esportazioni temporanee, ma anche qui è Deutsche Bank a prendersi gli "onori delle cronache" con il 60% del totale dei flussi certificati dal Ministero. I dati dell'Economia forniscono poi grafici e tabelle relativi alle aree geografiche da cui provengono i pagamenti per le esportazioni definitive (quasi il 50% per paesi OSCE e America settentrionale, oltre il 40% verso Africa, Asia e Medio Oriente) che però sono poco significativi. L'analisi delle destinazioni ha molto più senso al momento dell'autorizzazione di partenza, dove si gioca veramente la scelta politica e non solo la realizzazione operativa di qualcosa già deciso. Tutto ciò deriva da un'analisi di primo livello della Relazione al Parlamento, che come detto è una prescrizione della legge 185/90 (emendata nel 2003) che mira a raccogliere e mettere a disposizione di Deputati e Senatori (anche se paradossalmente poi chi la legge sono soprattutto i disarmisti…) un serie di documenti prodotti dai Ministeri coinvolti nel percorso di vendita dei nostri sistemi d'arma. Una mole di dati come al solito impressionante anche se, ancora una volta, ciò non coincide con una migliore trasparenza e conoscenza. Mai come in questo caso, in assoluta continuità con il recente passato, la copiosa presenza di numero significa opacità e difficoltà di lettura. Cosa potrebbe capire da una relazione del genere un Parlamentare, che per legge sarebbe chiamato a controllare l'operato governativo sulla vendita di armi, sollecitato da mille altri tematiche e posto di fronte a degli aspetti altamente tecnici? Come si può considerare atto di trasparenza la diffusione di una Relazione di oltre 2500 pagine in forma cartacea o, quando lo sarà anche in formato digitale, tramite un file Pdf senza alcuna possibilità di ricerca per numero o termine perché composto a partire da scansioni e non da una esportazione proveniente dai file di base? Nonostante questo le organizzazioni del mondo del disarmo continuano ad auspicare una discussione dei dati della Relazione in sede parlamentare, anche con l'aiuto delle analisi proposte da chi queste numerose pagine ha la pazienza di leggersele. L'analisi tratteggiata qualche riga sopra, al di là di tutti i numeri forniti, è comunque parziale e per propria natura incompleta. Non esistendo una fonte di dati che fornisca un collegamento diretto tra l'autorizzazione di incasso ad una banca al paese/arma/azienda a cui esso si riferisce, è difficile ad un primo occhio capire che tipo di transazione sia stata appoggiata dalle diverse banche, e quali sistemi d'arma le nostre industrie abbiano fornito in tutto il mondo. Il che conferma la poca trasparenza di cui ci si lamenta da tempo, richiamata fin dall'inizio. Una follia: basterebbe infatti fornire un'unica tabella proveniente da unico database, dal quale ciascuno potrebbe aggregare a piacimento i dati complessivi di interesse. Non dovrebbe essere difficile, nel 2012 e in piena era informatica. La tabella riassuntiva degli incassi autorizzati (per esportazioni definitive sopra i 5 milioni complessivi per istituto)
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Italia: ecco le armi esportate da Berlusconi a dittatori e regimi autoritari Quasi 127 milioni di armamenti per la “dittatura monopartitica” del Turkmenistan (tra cui elicotteri per uso militare, fucili d’assalto, lanciagranate e pistole della ditta Beretta già consegnati); oltre 99 milioni di euro di armi alla Russia di cui si sa solo di 10 autocarri protetti Iveco; una nave d’assalto anfibia da 416 milioni di euro all’Algeria; “prestazione di servizi” da parte del Ministero della Difesa alle Forze armate egiziane nel pieno delle rivolte popolari e oltre 30 milioni di armi destinate al “regime autoritario” del Gabon. Sono solo alcune delle esportazioni autorizzate dal governo Berlusconi nel 2011 sulle quali il rapporto del Consigliere militare del presidente Monti ha steso un velo di silenzio. Ma che si scoprono spulciando le oltre 2500 pagine dell’intera Relazione consegnata al Senato l’8 maggio scorso che Unimondo presenta qui in anteprima. Andiamo con ordine. Il 24 aprile scorso, l’Ufficio del Consigliere Militare ha reso noto il “Rapporto del Presidente del Consiglio sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento” per l'anno 2011 (scaricabile qui in .pdf). Un rapporto presentato con un forte ritardo, da cui appariva un’inspiegabile sottrazione di informazioni riguardo alla tipologia dei materiali esportati e una serie di dati smentiti dalle stesse tabelle allegate ai documenti ufficiali: un fatto prontamente denunciato da un comunicato congiunto della Rete italiana per il disarmo e la Tavola della pace. Nello specifico – segnalavano le due associazioni – “dal Rapporto è scomparsa la Tabella 15 (si veda un esempio qui in .pdf) che negli ultimi anni, documentando i valori e le tipologie dei sistemi militari autorizzati verso i singoli paesi, forniva informazioni preziose per il controllo e la trasparenza delle politiche di esportazione militare”. E le tabelle allegate al Rapporto mostravano vari “vuoti” nell’elenco dei paesi destinatari di armamenti (si veda nel Rapporto la Tabella 4): una semplice svista dei funzionari – si sarebbe portati a dire. Sennonché, guarda caso, le “sviste” riguardano una serie di paesi che presentano più di qualche criticità circa il rispetto dei diritti umani, le libertà civili e democratiche e, più in generale, le condizioni di vita e di sviluppo umano. Paesi e governi a cui – ai sensi della legge 185 del 1990 (qui in .pdf) che regolamenta la materia – si dovrebbe porre più di qualche attenzione prima di esportare armamenti. Navi, elicotteri e lacrimogeni all’Algeria Sempre nel 2011 è stato consegnato alle forze navali algerine un elicottero EH101, Elicotteri militari e fucili d’assalto al Turkmenistan Si comincia – come aveva già segnalato nel 2010 Francesco Vignarca (coordinatore di Rete Disarmo) – con due elicotteri EH101 ampiamente attrezzati da 50,5 milioni di euro, per proseguire con cinque elicotteri AW139 “per impiego militare” del valore di 64 milioni di euro, e continuare con due cannoni del complesso binato navale 40/70 compatto della Oto Melara da quasi 7 milioni di euro e, tralasciando altre cose minori, chiudere con 1.680 fucili d’assalto ARX 160 con relative oltre 2 milioni di munizioni, 150 lanciagranate GLX 160, 120 pistole semiautomatiche PX4 Storm con dispositivi di soppressione del rumore (si tratta delle stesse pistole vendute qualche anno fa a Gheddafi) e altri devices della Fabbrica d’armi Beretta per un valore totale di 3.870.156 euro. Armamenti ai quali vanno aggiunti tre veicoli aerei teleguidati Falco XN (extra Nato e venduti anche al Pakistan) e assistenza tecnica della Selex Galileo per 8,7 milioni di euro autorizzati nel 2010. Al regime di Gurbanguly Berdymukhammedov sono comunque già state consegnate nel 2011 armi per oltre 82,7 milioni di euro. Russia, Panama, Egitto, Gabon e altri ancora Simile discorso per il Gabon (uno stato a “regime autoritario” da decenni presieduto dalla dinastia Omar e Ali Bongo Ondimba) verso il quale, per la prima volta in vent’anni, sono state rilasciate nel 2011 autorizzazioni per armamenti italiani del valore complessivo di oltre 30 milioni di euro di cui, però, non è possibile sapere dalla Relazione consegnata al Senato né la tipologia né il quantitativo: lo si saprà, forse, l’anno prossimo a consegne ormai avvenute. Scartabellando le numerose tabelle si apprende, invece, che gli oltre 77,9 milioni di euro di autorizzazioni rilasciate al Panama riguardano soprattutto sei elicotteri AW139 “per impiego militare” con sei anni di addestramento: una commessa – segnala l’allegato del Tesoro – che ha già richiesto una “revisione prezzi” di oltre 15 milioni di euro e che vale un “compenso di intermediazione” di quasi 7,7 milioni di euro che il Tesoro non spiega né da chi sia stato versato nè da chi sia stato riscosso. I misteri si infittiscono nel caso dell’Egitto: nel pieno delle rivolte che hanno scardinato il rais Mubarak, il Ministero della Difesa, guidato da La Russa, ha rilasciato due “nulla osta” per “prestazioni di servizi”: il primo il 7 febbraio del 2011 (del valore di 3 milioni di euro) e il secondo il 5 agosto (del valore di 2 milioni di euro, di cui la relazione ne segnala “già utilizzati” per 40mila euro). Dalla Relazione si apprende inoltre che sempre lo scorso anno è stata autorizzata l'esportazione di 14.730 colpi completi per carro armati del calibro 105/51 TP-T IM 370 (equivalente al colpo completo cal. 105/51 TP-T M490) prodotti da Simmel Difesa del valore di 9.292.500 euro e che a fine 2010, cioè poco prima delle sommosse, erano arrivati al Cairo i 2.450 fucili d’assalto automatici Beretta modello SCP70/90 corredati di 5.050 parti di ricambio: che uso ne abbiano fatto le Forze armate egiziane non è dato di sapere. Si tratta solo di una parte delle armi e sistemi militari autorizzati o consegnati dall’Italia a diversi dittatori e a regimi poco democratici durante lo scorso anno. Un ulteriore denominatore comune raggruppa questi stati: quello di essere produttori di petrolio e di gas naturale o di essere collocati in “zone strategiche” di grande interesse economico e commerciale. E forse proprio questo spiega perché il governo Monti è intenzionato a modificare ulteriormente la legge 185/1990 per semplificare le modalità dei trasferimenti di sistemi militari. Le associazioni della società civile che hanno richiesto un “incontro urgente” al presidente Monti e agli Uffici competenti hanno comunque già materiale per chiedere se il Governo è intenzionato a ripristinare la trasparenza e, soprattutto, se intende operare affinché i vincoli posti dalla legge 185/1990 non siano aggirati troppo facilmente per interessi che non riguardano la politica estera e di difesa del nostro paese.
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il rapporton del Presidente del Consiglio dei Ministri LA POLITICA DEL TRASFERIMENTO DI MATERIALE D’ARMAMENTO. |
Fonti: http://notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/12/05/18/banche_armate_studio.html http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=3446 http://www.unimondo.org/Notizie/Italia-ecco-le-armi-esportate-da-Berlusconi-a-dittatori-e-regimi-autoritari-135097 http://www.disarmo.org/rete/a/35853.html |