«A L'Aquila ci fu mancato allarme» Indagata la Protezione civile
03 giugno 2010 L'unità Claudia Fusani
Sono 7 gli indagati della Commissione Grandi rischi nel filone d'inchiesta sulla riunione del 31 marzo 2009 all'Aquila. L'Unità aveva anticipato tutto il 3 aprile.2010 - Terremoto a L'Aquila: «Ci fu mancato allarme» Indagati Protezione civile e sismologi Ingv di Claudia Fusanitutti gli articoli dell'autore L’iscrizione al registro degli indagati è di qualche giorno fa. L’Unità aveva anticipato tutto già il 3 aprile scorso: i vertici della Protezione civile e i membri del Commissione Grandi Rischi presieduta da Barberi e Boschi che si riunirono a L’Aquila il 31 marzo 2009 per valutare il grave sciame sismico che da tre mesi toglieva il sonno agli aquilani sono indagati per omicidio colposo. “Ci fu mancato allarme” ipotizzano il procuratore Rossini e il sostituto Picuti che adesso hanno notificato gli avvisi di garanzia, in tutto nove. “In quella riunione - è la conclusione dei magistrati che hanno sentito e poi acquisito le risultanze di alcuni studi di autorevoli sismologi e ingegneri sismici – poteva essere dato un allarme che almeno lasciasse la libertà ai cittadini di decidere cosa fare”. Se evacuare oppure semplicemente dormire fuori casa in quelle lunghe notte dei primi di aprile 2009 in cui la terra a L’Aquila tremava in continuazione.

Il procuratore Rossini confermò l’indagine così come l’aveva anticipata L’Unità nei primi giorni di aprile scorso rinviando di un paio di settimane l’iscrizione al registro. Che adesso è puntualmente avvenuta. La procura aveva aperto il fascicolo sul mancato allarme poco dopo il sisma che ha ucciso 107 persone accanto a quelli per i crolli. Ha sempre colpito come dopo tre mesi di scosse che erano diventate molto intense nella settimana tra il 30 marzo e la sera del 5 aprile 2009, nonostante il sindaco Cialente il 2 aprile avesse dichiarato e chiesto lo stato di emergenza, nessuno si fosse preoccupato di avvertire la popolazione che c’era un rischio. Anzi, arrivavano, sia dai tecnici che dai politici, indicazioni opposte. Anche per questo quella notte all’Aquila erano in servizio solo 15 vigili del fuoco per il centro città e 63 frazioni. Nel fascicolo della procura anche la denuncia dell’avvocato Valentini per cui «se è vero che un terremoto non può essere previsto, ugualmente non può essere vero il contrario. E allora perchè la cittadinanza non è stata informata?». Agli atti anche lo studio degli ingegneri sismici Giuseppe Guandori e Elisa Guagenti sulla probabilità di prevedere una forte scossa in un determinato territorio. E all’Aquila una forte scossa era assai prevedibile.

- L'intercettazione di Barberi e Bertolaso:
Barberi a Bertolaso: «Abbiamo fatto quello che dovevamo fare»
Nell’inchiesta Grandi Eventi. G8 della procura di Firenze, il Ros trascrive anche alcune intercettazioni che riguardano i giorni precedenti il terremoto. Quelle trascrizioni sono oggi agli atti dell’inchiesta della procura dell’Aquila che ipotizza l’omicido colposo per i vertici della Protezione Civile e della Commissione Grandi Rischi.

Il 12.03.2009, alle 21.46 Fabrizio Curcio, un tecnico della Protezione Civile, chiama Bertolaso:

BERTOLASO:...si Fabrizio
FABRIZIO:...dottore buonasera
BERTOLASO:...scusi ...
FABRIZIO:...volevo solo avvertirla che mi ha chiamato Altero Leone ...ed io ho già parlato anche con Luca perchè in Abruzzo ... a L'Aquila in particolare .. c'è di nuovo quello scemo che ha iniziato a dire ... che stanotte ci sarà il terremoto devastante BERTOLASO:...eh ma chi è questo?... chi è non so ... chi è questo?
FABRIZIO:...è Giuliani che ogni tanto se ne esce con queste dichiarazioni e trova terreno abbastanza fertile in ambito media quindi poi là la voce corre e la gente si mette in ansia ...insomma quindi .. non è la prima volta che succede ... mi diceva Altero ...
BERTOLASO:...ma come non è la prima volta che succede! ma che stai dicendo?! quello è un coglione e io lo denuncio per procurato allarme... »

Il 17.03.2009, ore 07.23,il Ros trascrive un sms che Fabrizio Curcio in via a Bertolaso:
«Stanotte 3.6 in prov. di Aquila. Avvertito. Un pò di apprensione tra la popolazione
ma niente danni . Il 31 marzo 2009, la sera in cui la Commissione si riunisce a L’Aquila,
Barberi chiama Bertolaso appena termina l’incontro.

BERTOLASO:...pronto
BARBERI:...sono Franco Barberi ... ciao Guido
BERTOLASO:...ciao Franco ... dimmi tutto
BARBERI:...stiamo rientrando con Chicco da L'Aquila
BERTOLASO:...si
BARBERI:... ma mi sembra che quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto ... compreso quello di dare qualche parola chiara sulla imossibilità di previsione ... quindi sul fatto che questi messaggi che arrivano sono totalmente privi di credibilità e poi anche una valutazione della situazione che insomma mi pare .. tutto bene ».

«Quello che dovevano fare l’abbiamo fatto» dice Barberi a Bertolaso.
Cioè tranquillizzare e dire che i tre mesi di sciame sismico sono nelle norma e non preludono a grandi scosse.
E’, anche questo, un esempio di quella «imprudenza» e «imperizia» che la procura contesta agli esperti della Commissione.

LO SPECIALE DELL'UNITA' DI 32 PAGINE


L'Aquila, in una perizia l'atto d'accusa "Inspiegabile la scelta di non dare l'allarme"
Nelle carte anche le intercettazioni: il capo della Protezione civile chiese di denunciare Giuliani
LA REPUBBLICA 4 GIUGNO 2010 IL RETROSCENA ATTILIO BOLZONI

ROMA - Quante furono le scosse prima della grande tragedia? E cosa raccontavano agli esperti quei violenti movimenti della terra? Tutto? Niente? Si poteva prevedere il crollo dell'Aquila? Si sarebbero potute salvare delle vite? C'è uno studio che dà risposte a ciascuna di queste domande, una relazione che i procuratori hanno "acquisito agli atti" - insieme ai report della Protezione civile, ai pareri di sismologi, alle analisi dei geologi - come fonte di prova per la loro indagine. Il mistero dei terremoti ha sempre spaventato e affascinato, questa volta però quelle quattrocento scosse che avevano annunciato l'Abruzzo raso al suolo si sono trasformate nel "corpo del reato" dell'ultima inchiesta su 308 morti.

Dopo i disperati telegrammi del sindaco Cialente alla Presidenza del Consiglio, dopo le proteste dei sopravvissuti, dopo gli sbeffeggiati allarmi di Giampaolo Giuliani, qualcuno ha ricostruito tutta la vicenda e ha concluso: "Resta inspiegabile il fatto che i responsabili della Protezione Civile, oltre a scegliere l'opzione allerta-no (scelta legittima se pur criticabile dal punto di vista metodologico), abbiano potuto assumersi la responsabilità di scoraggiare le iniziative di prevenzione che molti cittadini suggerivano o autonomamente assumevano". L'indagine giudiziaria è partita da uno studio che ha per titolo "Prevedere i terremoti: la lezione dell'Abruzzo", è firmato da Giuseppe Grandori e da Elisa Guagenti - il primo professore emerito e la seconda ex professore ordinario del Politecnico di Milano - e che ha affrontato il prima e il dopo del sisma all'Aquila. Relazione tecnica ma neanche tanto. Comincia così: "È opinione largamente condivisa che non esistano attualmente teorie e modelli matematici che consentano di affrontare utilmente il problema della previsione a breve termine dei terremoti... Su questa tema, il messaggio passato attraverso l'informazione dopo il terremoto del 6 aprile è stato: la previsione dei terremoti non è possibile".

I due professori del Politecnico esaminano la scelta che avrebbero dovuto prendere i capi della Protezione civile - allerta sì, allerta no - ragionando sui costi, sui disagi, sulle conseguenze dei falsi allarmi e poi indicano cosa non è stato fatto da chi aveva il dovere di fare: 1) non hanno tenuto conto che "la regione dell'Aquilano risulta, fra le 20 regioni considerate, quella con la maggiore probabilità di un forte evento nel ventennio 1995/2015"; 2) la "presenza di danneggiamenti alle ricostruzioni provocata dalle scosse di scarsa magnitudo dei giorni precedenti induceva a ritenere particolarmente pericoloso un eventuale forte terremoto"; 3) "A favore dell'allerta vi era, un importante elemento indipendente: il costo sociale di un eventuale allerta falso era prossimo allo zero".

I due studiosi sostengono in pratica che la Protezione civile avrebbe dovuto individuare dei luoghi di raccolta, organizzare l'evacuazione dagli ospedali, provvedere all'abbandono delle case danneggiate, ordinare l'arrivo di mezzi di trasporto. Insomma, la protezione avrebbe dovuto proteggere. Ma non l'ha fatto. Nello studio si fa riferimento all'"annuncio cautelativo" del terremoto del 23 gennaio 1985 in Garfagnana, "zona che era stata allertata a seguito di una scossa di magnitudo 4,2". Agli atti dell'inchiesta è finito anche il libro "L'Aquila non è Kabul", scritto da Giuseppe Caporale, la cronaca di una tragedia annunciata dove si racconta che Giuliani è stata la prima vittima del terremoto. Insultato e denunciato per "procurato allarme". Una campagna denigratoria, partita quando lui ha cominciato a lanciare i suoi Sos. Telefonata intercettata dai carabinieri del Ros, quelli che già indagavano sui grandi affari della "cricca". Sera del 12 marzo 2009, il funzionario Fabrizio Curcio chiama Guido Bertolaso: "Volevo solo avvertirla che... c'è di nuovo quello scemo che ha iniziato a dire che stanotte ci sarà il terremoto devastante". Guido Bertolaso: "Ma chi è questo?". L'altro: "Questo è Giuliani che ogni tanto se ne esce con queste dichiarazioni". Bertolaso: "Ma che stai dicendo? Succede una cosa del genere, uno lo denuncia per procurato allarme e viene... viene massacrato". E così è andata.


Il 31 marzo 2009 si riunì la Commissione Grandi Rischi. Ma non prese decisioni
Ignorati gli allarmi del ricercatore Giampaolo Giuliani e un dossier dell'Ingv
"La protezione civile sottovalutò gli allarmi" Dossier della Polizia accusa: omicidio colposo
LA REPUBBLICA 4 APRILE 2010 GIUSEPPE CAPORALE
 
L'AQUILA - C'è un'informativa giudiziaria - riservata - redatta della Polizia dell'Aquila che accusa i vertici della Protezione Civile di omicidio colposo. Omicidio colposo per non aver dato l'allarme alla popolazione aquilana prima della scossa fatale del 6 aprile scorso. Nonostante uno sciame sismico - in corso da quattro mesi e con oltre quattrocento scosse - giustificasse quanto meno la dichiarazione di "stato d'allerta", se non l'evacuazione (come invece avvenuto in Garfagnana nel 1985). Una "negligenza fatale" secondo gli investigatori. Ora il rapporto dettagliato (con documenti scientifici, interrogatori e perizie) è stato inserito nel fascicolo di indagine della Procura dell'Aquila sul "mancato allarme" nei giorni precedenti la tragedia e si trova sul tavolo del sostituto procuratore Fabio Picuti.

Un documento "delicato", spiegano da Palazzo di Giustizia, in quanto arrivato sul tavolo del magistrato che conduce l'indagine  pochi giorni prima dell'anniversario del sisma.  Il timore è che iniziative giudiziarie immediate possano turbare la fiaccolata commemorativa prevista in città per la notte tra domani e martedì. Ma non è escluso che la Procura entro qualche giorno assuma iniziative. Allegati al dossier della Polizia ci sono anche gli interrogatori al vice capo della Protezione Civile Bernardo De Berardinis, al presidente vicario della "Commissione Grandi Rischi" della Protezione Civile Franco Barberi, al presidente dell'Istituto di Geofisica e Vulcanologia Enzo Boschi, al direttore dell'ufficio rischio sismico della Protezione Civile Mauro Dolce, al direttore del Centro Nazionale Terremoti Giulio Selvaggi e altri tre funzionari della Protezione Civile dell'ufficio gestioni emergenza e servizio comunicazione.
 

Furono loro a parecipare alla riunione straordinaria tenuta dalla commissione grandi rischi della Protezione Civile il 31 marzo, chiudendo la seduta senza prendere decisioni rispetto "all'emergenza terremoto in atto già prima della tragedia". Nonostante un dossier dell'Ingv sulla gravità dello sciame sismico, diversi studi scientifici (tra questi documentti uno studio del Cnr, in cui si stimava molto alto il rischio di un terremoto devastante a L'Aquila) e perizie geologiche. Quella riunione durò meno di sessanta minuti. Al termine, proprio De Berardinis tenne una conferenza stampa: "La comunità scientifica conferma che non c'è pericolo, perché c'è uno scarico continuo di energia; la situazione è favorevole". Pochi giorni dopo il disastro.


LA REPUBBLICA: IL CASO
L'Aquila, indagine per mancato allarme Protezione Civile: "E' incomprensibile"
Avvisi di garanzia per la sottovalutazione degli allarmi prima del sisma.
Tra gli indagati per omicidio colposo i vertici della Protezione civile, sismologi e tecnici del dipartimento.
Bertolaso: "Penalizzato chi si assume responsabilità"

3 GIUGNO 2010  GIUSEPPE CAPORALE
 
OMICIDIO colposo per "mancato allarme" alla popolazione in occasione del terremoto che la notte del 6 aprile 2009 colpì L'Aquila e numerosi paesi dell'Abruzzo. Con questa ipotesi di reato la Procura del capoluogo ha emesso sette avvisi di garanzia nei confronti dei vertici della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi. I destinatari sono le persone che parteciparono e, secondo il verbale, presero parola all'ultima riunione della commissione, il 31 marzo 2009, pochi giorni prima della scossa fatale. La Protezione Civile parla di "azione incomprensibile dei pm", mentre per il sottosegretario Guido Bertolaso gli inquirenti "vogliono destabilizzare e distruggere la Protezione Civile".

Gli indagati. Sul registro degli indagati sarebbero finiti Franco Barberi (vicepresidente della commissione), Enzo Boschi (direttore dell'Ingv), Giulio Selvaggi (direttore del Centro Nazionale Terremoti), Gian Michele Calvi (presidente della fondazione Eucentre, European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering), Claudio Eva (professore di Fisica terrestre e Sismologia a Genova), Bernardino De Bernardinis (vice capo del settore tecnico-operativo della Protezione civile), Mauro Dolce (direttore dell'ufficio Valutazione, prevenzione e mitigazione del rischio sismico della Protezione civile).

L'accusa. Secondo la Procura gli indagati sarebbero responsabili di non aver in qualche modo messo in allarme la  popolaziona abruzzese, prevedendo che prima o poi un terremoto devastante avrebbe colpito quelle zone. Durante la riunione, infatti, Boschi aveva detto che era "improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703 (magnitudo stimata 6.7; nel 2009 è stata di 6.3, ndr), pur se non si può escludere in maniera assoluta". Anche secondo Barberi non c'era "nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento".

Bertolaso: "Vogliono destabilizzare e distruggere la Protezione Civile". "Chi si assume delle responsabilità, chi mette la faccia dentro i problemi di questo Paese viene immediatamente penalizzato''. All'ennesima inchiesta che chiama in ballo il Dipartimento, il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, non ci sta e ribadisce il concetto già espresso ieri durante la parata militare del 2 giugno: ''Vogliono destabilizzare e distruggere la Protezione Civile. Facciano pure. Ma - avverte - chi domani si assumerà la responsabilità di decisioni vitali per la popolazione?''

Cialente: "Le mie richieste rimasero inascoltate". Commentando la notizia, il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente ha ricordato che in quelle settimane "le mie richieste sulla situazione allarmante dello sciame sismico rimasero inascoltate", mentre per Boschi l'indagine "fa parte del gioco, anche se ne avrei fatto volentieri a meno".

"Incomprensibile l'azione del pm". Più dura la reazione della Protezione civile, che in una nota parla di "incomprensibile attività della magistratura aquilana" e, oltre a ricordare che quel terremoto era impossibile da prevedere, sottolinea come nell'occasione "la situazione dell'Abruzzo veniva monitorata con la dovuta attenzione" e prima della scossa del 6 aprile "il massimo delle attività possibili consentite dalla scienza e dalle tecnologie condivise a livello mondiale era stato messo in campo".