La Cassazione al Csm: Processare Colombo e Boccassini
10.01.2005 di Susanna Ripamonti

 La Procura generale presso la Corte di Cassazione, rispondendo a una richiesta del ministro della Giustizia, ha chiesto al Consiglio superiore della magistratura di avviare un'azione disciplinare contro i pubblici ministeri di Milano Ilda Boccassini e Gherardo Colombo. L’atto è stato depositato alla vigilia di Natale e adesso, stando alla procedura, il vicepresidente del Csm Virginio Rognoni dovrà convocare la commissione disciplinare, che fisserà un’udienza per valutare la questione.

L’accusa contro i due pm è sempre legata al famoso fascicolo 9520, quello che originariamente conteneva tutti gli atti relativi alle indagini milanesi sulla corruzione giudiziaria e sul quale Cesare Previti vorrebbe mettere le mani. Potrebbe contenere ancora qualche elemento utile alle indagini sulla lobby dei magistrati che giravano attorno a lui e dunque è comprensibile la sua curiosità. Ma proprio per il fatto che riguarda indagini ancora in corso, i due pm hanno opposto il segreto istruttorio anche agli ispettori che il ministro Castelli aveva inviato a Milano, a Palazzo di giustizia, per sequestrare il dossier. La stessa procura generale milanese aveva risposto picche e il «super-avvocato» Previti non l’aveva spuntata neppure denunciando a Brescia i due pm. Un comitato di suoi amici aveva presentato un esposto alla procura della «Leonessa», lui e Silvio Berlusconi si erano costituiti parte civile nella speranza che il fascicolo venisse sequestrato e messo a loro disposizione. Ma anche i pm bresciani, dopo un’indagine lunga e accurata, hanno potuto solo concludere con una richiesta d’archiviazione, confermata dal gip.

Ora i due magistrati dovrebbero essere giudicati proprio per aver detto agli 007 di Castelli che il 9520 è top secret e che neppure loro lo possono esaminare. Il guardasigilli non aveva gradito questo rifiuto ed era stato proprio lui ad avviare l'azione disciplinare nei confronti dei due pm.

A difenderli sarà Edmondo Bruti Liberati, il presidente dell’Anm che lunedì spiegava: «Raramente assumo la difesa di colleghi in procedimenti disciplinari. Stavolta l'ho fatto perchè si tratta di una questione di principio molto rilevante: di fronte ad un provvedimento giudiziario adeguatamente motivato non è ammissibile un intervento in sede disciplinare. E invece è quello che è stato fatto in questo caso contro una giurisprudenza consolidata del Csm e delle Sezioni Unite della Cassazione. Il Csm ha detto chiaramente che a decidere se il segreto deve essere opposto è il magistrato che procede, l'unico soggetto in grado di fare questa valutazione».

Lo stesso Bruti Liberati spiega anche che per una sorta di etichetta istituzionale la Cassazione, di norma, chiede il processo disciplinare, quando l’input parte dal ministro. Sta di fatto che per il momento la suprema corte sembra aver accantonato gli orientamenti giurisprudenziali consolidati a cui fa riferimento Bruti. Nelle due paginette trasmesse al Csm, Boccassini e Colombo sono accusati di avere «illegittimamente» e «reiteratamente» opposto il segreto investigativo sul fascicolo agli ispettori inviati dal ministro Castelli. Secondo l'accusa, in questo modo avrebbero violato i loro doveri di magistrati e leso il prestigio dell'ordine giudiziario.

Prima dell'estate Boccassini e Colombo erano stati ascoltati dalla Procura generale della Cassazione: il segreto, era stata allora la loro difesa, era opponibile agli ispettori perché il fascicolo era ancora aperto. Il provvedimento non è stato ancora notificato ai due diretti interessati nè al loro difensore.

Lunedì mattina a Milano, Gherardo Colombo non ha voluto commentare in nessun modo la vicenda. Ilda Boccassini non era in ufficio. Ma anche i vertici della procura milanese hanno evitato commenti. «Sono amareggiato», si è limitato a dire il procuratore aggiunto Corrado Carnevale, ricordando l’atteggiamento di assoluta correttezza e trasparenza tenuto nei confronti degli ispettori.

Con ogni probabilità la vicenda finirà in una bolla di sapone dato che, come dice Bruti Liberati, nessuno può imporre a un magistrato la violazione del segreto istruttorio e solo chi è titolare di un fascicolo è in grado di valutare se il suo contenuto può essere reso pubblico. Il fatto stesso che a Brescia, dopo aver valutato gli atti, procura e gip si siano pronunciati per l’archiviazione, fa supporre che anche questa ennesima puntata del tormentone del 9520 sia destinata a finire nel nulla.
Anche se ormai la curiosità per il contenuto di questo fascicolo dei misteri non è solo di Previti: a dieci anni dalla sua apertura (i primi atti sono legati alla testimonianza di Stefania Ariosto, che iniziò nel luglio del 1995) sono in molti ad attendere la chiusura delle indagini. La maggior parte degli atti contenuti in quel fascicolo ha dato origine ai processi milanesi a carico di Previti, Berlusconi e soci. Si tratta dei processi Imi-Sir-Lodo Mondadori e del processo Sme, che ormai, almeno in primo grado si sono conclusi. Ma le indagini ancora aperte, che riguardano sempre l’inchiesta sulla corruzione giudiziaria, quali altri segreti nascondono?