Famiglia Cristiana N. 48 del 29/11/2009
2009: UNA FINANZIARIA SENZA FAMIGLIA
 Alberto Bobbio
Neppure un euro per figli, anziani e disabili. Abbiamo analizzato il testo passato al Senato e ora alla Camera.
Ecco l’elenco completo di ciò che manca. E delle voci che sono state tagliate. Compresi i bonus luce e gas.
 
Non c’è nulla. Niente. E anche quel poco che c’era il Governo lo ha cancellato. Per la famiglia, per i figli, per gli anziani e per gli handicappati nella Legge finanziaria, appena approvata al Senato e in questi giorni in discussione alla Commissione bilancio della Camera dei deputati, non è previsto nemmeno un euro di spesa.

Nessun Governo nella storia della Repubblica è riuscito fare un così straordinario salto mortale all’indietro come quello guidato da Silvio Berlusconi. È sparito tutto, pure il "bonus famiglia"; sono sparite anche quelle poche centinaia di euro che l’esecutivo regalava ai bambini appena nati. Al Senato è stata smontata pezzo per pezzo la famiglia italiana, presa a schiaffi dal Governo e dalla sua maggioranza dopo esser già stata messa duramente alla prova dalla crisi economica.

Oltre al danno, la beffa. Basta leggere il quarto comma dell’articolo 1 della Finanziaria. Si chiama "clausola di salvaguardia". Dice in pratica che se ci saranno maggiori entrate esse saranno destinate alla riduzione fiscale nei confronti delle famiglie con figli e per chi ha reddito basso. È una clausola presente da anni nella manovra di bilancio, ma non ha mai portato alcun beneficio e soprattutto non ha mai alleggerito le imposte. Tutto ciò, nonostante che il sottosegretario con la delega per la famiglia, Carlo Giovanardi, avesse scritto a settembre a Silvio Berlusconi circa la necessità che il «Governo pur nelle attuali difficoltà dia, in ogni provvedimento che riguarda la famiglia, un preciso segnale politico». Il presidente del Consiglio aveva risposto a stretto giro di posta ritirando fuori dal cappello il quoziente familiare, che sta nel programma di Governo, e assicurando il suo sottosegretario «sulla necessità di dare quanto prima alle famiglie numerose e monoreddito un segnale positivo».

Invece è andato tutto esattamente al contrario. E al Senato la maggioranza ha respinto anche alcuni emendamenti del Popolo della libertà, che servivano per alleviare le sofferenze delle famiglie. Chi si è impegnato di più è stato il senatore Mario Baldassarri, economista serio, ex di An, che aveva proposto sgravi fiscali per le famiglie (1.000 euro di deduzione per ogni familiare a carico), una sorta di prova di quoziente familiare, e una riduzione dell’Irap per le piccole e medie imprese. Baldassarri aveva spiegato come trovare i soldi, a costo zero, cioè senza aumentare né il deficit né la pressione fiscale, recuperando risorse, riducendo le spese per gli acquisti nel settore sanitario, aumentate a dismisura senza produrre reali benefici, e riducendo i contributi a fondo perduto distribuiti a pioggia alle imprese, una voce di spesa enorme, anche qui senza reali effetti sulla crescita economica.

Bocciato anche Baldassarri, ex An

Ma la proposta di Baldassarri è stata respinta dalla maggioranza alla quale appartiene. Così è stato bocciato un emendamento analogo, primo firmatario Giovanni Pistorio del Movimento per le autonomie - Alleati per il Sud di Lombardo, che prevedeva l’introduzione del quoziente familiare in una sua versione leggera, con una copertura di 3 miliardi di euro. Era quello che praticamente aveva chiesto il Forum delle associazioni familiari, invitando il Governo a tramutare il "bonus famiglia" (2,5 miliardi) in un provvedimento strutturale.

Ma dalla Finanziaria la famiglia esce malconcia anche a causa di altre decisioni. È sparito del tutto il "fondo per la non autosufficienza", che l’anno scorso era di 400 milioni di euro e quest’anno doveva arrivare a 500. L’opposizione ha chiesto di lasciarlo almeno com’era. Ma l’emendamento è stato respinto. Non c’è più il "bonus elettrico", cioè 58 euro di sconto per una famiglia di una o due persone e 130 euro per una famiglia con più di quattro membri in condizioni di disagio economico. Quest’anno, tra gennaio e ottobre, erano arrivate un milione e 200 mila domande.

Via anche il "bonus gas", cioè il 15 per cento di sconto sulla bolletta. Sparita anche la possibilità di detrarre il 19 per cento del costo degli abbonamenti ai trasporti pubblici per le famiglie numerose. Via la deduzione del 36 per cento per acquisti di elettrodomestici fino a 10 mila euro. Respinto l’emendamento del Pd di contributi per l’acquisto di libri di testo scolastici, così come quello che chiedeva la deduzione per le spese, fino a un massimo di 2.100 euro l’anno, per assistenza e cura a figli minori e a persone non autosufficienti per chi ha un reddito inferiore a 40 mila euro lordi. Bocciato pure un emendamento che chiedeva 100 milioni in più per gli asili nido il prossimo anno e 200 milioni fino al 2012 per assicurare ad almeno il 25 per cento dei bambini tra 0 e 3 anni l’asilo nido e attuare così gli obiettivi fissati dal Trattato di Lisbona nel 2000. Infine è sparito il 5 per mille al non profit.

Resta soltanto la Social card

Resterà la Social card, più per ragioni d’immagine che altro, ma difficilmente verrà ampliata. Alla Camera sarà difficile recuperare, visto che al Senato è stato detto che non ci sono i soldi. Tremonti invita ad aspettare il gettito dello scudo fiscale. Ma su di esso troppi ripongono speranze. Le previsioni dicono che non supererà i 4 miliardi, se va bene. Per la "prima pietra" di un quoziente familiare ne servono 3, per il fondo della non autosufficienza altri 500 milioni, per il 5 per mille almeno 350 milioni.

Né si può dire che lo sconto del 20 per cento sull’acconto Irpef di fine anno per i liberi professionisti, i lavoratori autonomi
e le partite Iva sia un taglio alle tasse, perché lo ripagheranno tutto l’anno prossimo. Poi c’è la faccenda dell’Irap. La senatrice Emanuela Baio (Pd) ha spiegato che in Francia la taxe professionnelle, l’equivalente della nostra Irap, è stata soppressa e le piccole aziende hanno assunto 500 mila lavoratori, senza pagare contributi e ciò ha rappresentato un volano per l’economia.

Da noi si tassano pesantemente i redditi da lavoro, ma si va leggeri su quelli da capitale e anche una proposta di pagare
per i primi tre anni di attività la stessa imposta che paga chi vive di rendita finanziaria, cioè il 12,5 per cento, è stata respinta.
Il Governo, che dice di avere la famiglia e l’impresa al centro del suo programma, ha alzato bandiera bianca.
Invece, accogliendo le proposte della sua maggioranza e dell’opposizione poteva stupire tutti.