SCIOPERO GENERALE DEI LAVORATORI IMMIGRATI
Primo Marzo 2010: Una rivolta antimafia

Viva i lavoratori neri di Rosarno, schiavi senza diritti ma coraggiosi e umani.
I veri italiani si sono dimostrati loro, gli unici a ribellarsi contro i boss della 'ndrangheta.
Lavoratori immigrati (e non da soli)
E il primo marzo 2010 sciopero generale (organizzato su internet)
“Vediamo cosa succede se per un giorno noi non lavoriamo”.
Sono le antiche parole del movimento operaio, quelle che prima o poi vengono in mente ai poveri
stanchi di prendere bastonate. Adesso, sono gli immigrati a dirlo. I primi di loro cominciano a organizzarsi.
Diamogli una mano
Sarà il primo marzo il primo sciopero organizzato in internet in Italia. Sarà uno
sciopero importante, uno sciopero che non s'era visto prima e che però era nell'aria da
diversi anni: lo sciopero dei lavoratori immigrati.
“Ventiquattr'ore senza di noi”, l'hanno chiamato le promotrici. Di cui bisogna subito dare i nomi, che probabilmente resteranno nella storia: Stefania Ragusa, Daimarely Quintero, Nelly Diop e Cristina Seynabou Sebastiani: secondo le mummie una “italiana” e tre “straniere”,
in realtà quattro italiane nuove, di cui nonconta più tanto la razza e il nome: come in
America, per capirci.“La società vive col lavoro di migliaia di stranieri. L'Italia collasserebbe subito senza di loro. E'venuto il momento di farlo capire a tutti. Vediamo che cosa succede
se per un giorno noi non lavoriamo”. Non è n'idea originale, d'accordo. E' semplicemente
l'idea del vecchio socialismo, del movimento operaio. Allora ha funzionato.
Migliaia e migliaia di iscritti su Facebook (“Primo marzo 2010”), comitati locali
dappertutto, un primo coordinamento nazionale. Come i Viola (e prima ancora il
Rita Express), ma più preciso e più mirato.
Tre anni dal Rita Express, un paio di mesi dai Viola. Le cose vanno in fretta, di questi
tempi.
“Certo, non molti lavoratori immigrati hanno internet; ma li contatteremo lo stesso; e molti ufficialmente non lavorano, o sono in nero, o non possono permettersi di alzare la voce; ma penseremo anche a loro. Anche uno sciopero degli acquisti può servire.
Che altro? Aiutiamoli - ma c'è bisogno di dirlo? - con tutte le nostre forze e con
tutto il cuore.
Info:
Nazionale
 [email protected]
Palermo


Benvenuti a Rosarno

Chi arriva a Rosarno è accolto alle porte del paese da un cartellone stradale emblematico,
al tempo orgogliosamente installato dalle istituzioni locali: “Rosarno, città videosorvegliata”.

Proprio così. Qui si va dritti al sodo, ed attribuzioni culturali tipo “città d'arte” o simili non sono di casa.
Benvenuti in terra di 'ndrangheta.

Non è che gli altri comuni del reggino se la passino meglio, anzi. E' una “fenomenologia della criminalità” ormai consolidata da tempo: cassonetti con evidenti segni di danneggiamento, strade eternamente dissestate con crateri che farebbero arrossire anche un geyser islandese, palazzine con mattoni a vista, cartellonistica stradale nei migliori dei casi divelta, ma di consuetudine crivellata da lupare e P38 a mo' di groviera.

E' così che qui i mafiosi marcano il territorio. Un po' come i cani quando fanno la pipì per strada. Le molotov inesplose si contano ormai come fossimo tornati negli anni Trenta quando la sera si lasciavano i vuoti del latte davanti alla porta di casa.
Poi c'è il tritolo, raffinatissimo, che ieri ha fatto saltare per aria un negozio di informatica, oggi un bar o una pescheria, domani chi lo sa. Da un lato una potenza militare spietata e molto più avanti in strategia anche di organizzazioni terroristiche come l'Eta o Al Quaeda, dall'altra una classe dirigente in gran parte culturalmente e politicamente indietro di più di quarant'anni rispetto al resto d'Italia. Nel mezzo i cittadini, per lo più gente umile e che vorrebbe vivere onestamente, ma comunque facilmente inclini alla reverenza a questo o a quel padrone di turno. E questo è un problema patologico, non certo occasionale.

La prima vera dimostrazione pratica di cosa volesse dire la parola “dignità” ce l'hanno data poco più di un anno fa gli africani, quando contro due di loro furono esplosi diversi colpi di pistola. Sì, proprio quegli stessi immigrati che da sempre sono pagati meno di un pacchetto si sigarette e che ora sembrano aver perso la testa.

Vessati, malnutriti, picchiati, minacciati, e per di più ostaggio di quegli stessi caporalati 'ndranghetistici che in molte occasioni paradossalmente si saranno subdolamente finanche fatti scudo delle leggi dello Stato per costringerli nuovamente al silenzio ogni qual volta avranno accennato ad alzare la testa: “Se vuoi stare qui così è, altrimenti denuncia ed espulsione immediata”.

Per questo io voglio continuare a credere nella buona fede degli immigrati. E anche se hanno sbagliato nel modo di reagire, un po' invidio il loro senso di solidarietà civile. Perché se la 'ndrangheta oggi o domani sparasse ad un povero cristo calabrese, quello stesso popolo che si ritiene più civile di questi sporchi negri si volterebbe dall'altra parte. E' l'eterna condanna di questa terra, e purtroppo noi abbiamo già letto e riletto pagine come queste.

Aldo Pecora, Presidente “Ammazzateci Tutti”
www.ammazzatecitutti.org
Fonte: www.ucuntu.org
 

Roma, 10 gennaio 2020 in coda per il caffè, Caro Diario:
ho fatto tardi in ufficio perché sono stata un’ora in coda al bar. Evaristo, il proprietario, imprecava come al solito contro i leghisti («Piove, Maroni ladro »), colpevoli di aver allontanato gli extracomunitari dal paese. Da quel giorno di dieci anni fa, dopo gli scontri di Rosarno, l’Evaristo non trova più un barista e gli tocca far tutto da solo. I figli al bar non ci vogliono lavorare: Giacomo è architetto, Magda studia recitazione e lap-dance perché vuole entrare in politica. Sua moglie Cecilia deve fare le pulizie nel locale, perché da quel giorno di dieci anni fa, quando tutti gli extracomunitari hanno lasciato l’Italia a bordo dei gommoni, le imprese di pulizia hanno chiuso. Ormai c’è così tanta spazzatura per le strade che la nuova utilitaria della Fiat è cingolata. Hanno chiuso anche i bar: quello dell’Evaristo è rimasto l’unico aperto in tutta la città, così ogni mattina c’è una coda che parte dal Raccordo Anulare. In fila davanti a me c’era un signore del Prenestino con in braccio la madre novantenne. Cecilia non la voleva far entrare perché dice che gli anziani sporcano e non si lavano. In effetti è così, da quando non ci sono più le badanti. Stavo mangiando la mia solita pizzetta allo smalto per unghie - l’ingrediente con cui Evaristo ha sostituito il pomodoro ora che non ci sono più gli immigrati che fanno la raccolta nei campi - quando
ho notato che il signore del Prenestino tentava di nascondere sua madre sotto al bancone del Totocalcio, ormai in disuso perché le partite finiscono sempre 0 a 0 (da quando non ci sono più gli extracomuntari, non c’è uno che faccia gol). Il signore si è giustificato dicendo che in ufficio la mamma non gliela fanno portare perché piscia sulla moquette, e non c’è più nessuno che pulisce. Evaristo ha una sua teoria. Per lui la colpa è tutta di quella legge anti-immigrazione che trattava gli stranieri come diversi. Quella che il presidente della Camera Gianfranco Fini aveva ribattezzato la legge Bossi-Stronzi