Nel XXIV secolo il volo interstellare fa parte integrante della vita di ogni giorno, come un tempo lo erano gli spostamenti sulla superficie dei pianeti. Le odierne navi stellari offrono un livello di comfort talmente elevato da indurre l'utente medio a considerare il viaggio nello spazio come qualcosa di facile e scontato, senza riflettere sugli enormi problemi scientifici e tecnologici che è stato necessario risolvere negli ultimi 3 secoli per giungere alle prestazioni attuali, che la maggior parte degli scienziati vissuti nell'epoca pre-curvatura considerava impossibile da realizzare.
Tra questi problemi, quello della forma di propulsione ha rappresentato senza dubbio l'ostacolo più arduo da superare: prima della scoperta della teoria della curvatura, difatti, la maggior parte delle civiltà conosciute riteneva che il limite della velocità della luce rendesse praticamente impossibili i viaggi interstellari. All'epoca, difatti, l'unica forma di propulsione conosciuta era rappresentata dai motori a impulso, basati sulla terza legge della dinamica classica. Al fine di comprendere i principi posti a base della teoria della curvatura, e i complessi problemi che ha consentito di risolvere, ritengo opportuno illustrare brevemente i limiti insiti nella propulsione ad impulso, richiamando, quando necessario, le nozioni di fisica classica e relativistica necessari per la loro comprensione.
La propulsione ad impulso, come detto, è fondata sulla terza legge
della dinamica classica, conosciuta come principio di azione e reazione:
ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria; in altre parole,
ogni volta che ad un corpo viene applicata una determinata forza, si genera
(per reazione) una forza di pari intensità, stessa direzione e verso
opposto.
A questo punto è bene richiamare, per completezza di comprensione,
le altre due leggi della dinamica classica.
Secondo la prima (principio di inerzia), ogni corpo tende a conservare
il proprio stato di quiete (o di moto rettilineo uniforme), sino all'intervento
di una forza esterna che modifichi tale stato. L'inerzia può essere
dunque definita come la resistenza che un corpo oppone alla variazione
del suo stato di quiete o di moto.
La seconda legge della dinamica classica afferma invece che applicando
una forza ad un corpo, lo stesso subisce un'accelerazione direttamente
proporzionale alla forza medesima, e inversamente proporzionale alla propria
massa (f = m x a).
Questa legge è importante perché definisce il concetto di
massa
inerziale1,
ossia di resistenza all'accelerazione: la stessa forza genera accelerazioni
uguali in corpi di masse uguali e diverse in corpi di masse diverse.
Per applicare una forza ad un corpo occorre, ovviamente, impiegare dell'energia,
ossia, con espressione più tecnica, compiere un lavoro: l'energia
viene difatti definita come la capacità di un sistema (ad esempio,
di un motore) di compiere un lavoro, che è a sua volta definito
come il prodotto della forza applicata ad un corpo per lo spostamento
ottenuto2.
Poiché però il discorso rischia di
divenire noioso, sarà meglio passare alle navi spaziali. Muovere
un oggetto nello spazio comporta diversi vantaggi rispetto al movimento
sulla superficie di un pianeta: l'assenza di attrito atmosferico e di campi
gravitazionali3 comporta che, una volta impressa una
determinata velocità, l'oggetto la conserverà indefinitamente,
senza che sia necessario impiegare energia per mantenerla.
Supponiamo di essere a bordo di una navetta e di attivare i motori ad impulso:
il sistema di propulsione preleverà del deuterio dai serbatoi e
lo porterà a 15 milioni di gradi: a tale temperatura gli atomi di
idrogeno si fonderanno per produrre atomi di elio, e una piccola parte
di materia, circa lo 0,1%, si trasformerà in energia, secondo la
nota relazione E=mc2. Otterremo così del plasma da eiettare
dagli ugelli ad altissima velocità, e per reazione verremo spinti
nella direzione opposta: in avanti se usiamo gli ugelli posteriori, a destra
se usiamo quelli di sinistra ecc.. Una volta raggiunta la velocità
desiderata, ad es. 1000 km/h, possiamo spegnere i motori e la navetta manterrà
invariata tale velocità (nonché la direzione), sinché
non interverremo sui comandi.
Tutto facile dunque. Sì, se ci accontentiamo di percorrere brevi
distanze. Ma se vogliamo raggiungere un'altra stella, le cose diventano
terribilmente complicate!
Cominciamo col più famoso limite di velocità dell'universo, quello della luce (o, in generale, della radiazione elettromagnetica): circa 300.000 Km al secondo nel vuoto (indicato comunemente con la lettera c). Se avete una vaga idea delle dimensioni dell'universo (diametro: circa 30 miliardi di anni luce4), della nostra galassia (diametro: circa 100.000 anni luce), o della distanza dalla stella più vicina (che nel caso del Sole è Proxima Centauri, lontana circa 4,3 anni luce), appare evidente come tale velocità sia troppo modesta per percorrere simili distanze in tempi accettabili. Ma perché non è possibile andare più veloci? Per rispondere a questa domanda dobbiamo richiamare alcuni principi di fisica relativistica.
Si è già parlato del concetto inerziale di massa, comunemente usato nella fisica classica. La caratteristica fondamentale della massa così intesa è che essa resta costante, invariante: perciò, in linea di principio, non ci sarebbero limiti alle velocità che è possibile raggiungere, a patto di disporre dell'energia sufficiente. Purtroppo non è così: quando si superano certe velocità occorre confrontarsi con un diverso concetto di massa, quella relativistica, che a differenza della prima non è costante, ma aumenta all'aumentare della velocità: i corpi, insomma, si oppongono ad essere accelerati a velocità prossime a quelle della luce, e tanto più ci si avvicina a tale velocità, tanto più difficile diventa accelerare ulteriormente, come se il corpo diventasse "più massiccio". Detto aumento di massa segue una legge matematica ben precisa, che comporta la necessità di una quantità infinita di energia per raggiungere la velocità della luce, la quale risulta pertanto irraggiungibile e insuperabile5.
La conseguenza
evidente di tale principio è che la propulsione ad impulso diventa
terribilmente costosa alle alte velocità: occorrono immense quantità
di propellente per raggiungere velocità vicine a quella della luce
(che è sempre troppo poco, come detto, per le nostre esigenze),
per tacere del fatto che il propellente fa parte della massa da muovere,
per cui, anche disponendo di un enorme serbatoio pieno di deuterio, occorre
fare i conti con la sua brava massa relativistica, e prima ancora con quella
inerziale. La propulsione ad impulso ad alte velocità, insomma,
è una sorta di serpente che si morde la coda.
La massa, inoltre, non è l'unica grandezza non più costante
alle alte velocità: un altro problema da affrontare nei viaggi spaziali
a velocità relativistiche è difatti la dilatazione del tempo.
Il tempo non scorre in modo uniforme per tutti gli osservatori, al contrario
di quanto postulato dalla fisica classica, bensì tanto più
lentamente quanto più l'osservatore che misura un dato evento si
avvicina alla velocità della luce6.
Il motivo di questo fenomeno va ricercato nel fondamentale postulato posto a base della dinamica relativistica: l'invarianza della velocità della luce. Cerchiamo di chiarire il concetto; normalmente le velocità si sommano tra loro: se io, da una navetta in moto a 1000 km/s, lancio una sonda avente una velocità di 5 km/s, rispetto a me la sonda avrà detta velocità, ma un osservatore in quiete rispetto alla navetta misurerà invece una velocità di 1000 + 5 = 1005 km/s, poiché, giustamente (dal suo punto di vista), dovrà considerare anche la velocità che la sonda aveva prima di essere lanciata (ossia, la velocità della navetta).
Le cose vanno invece diversamente quando in ballo vi è la velocità
della luce (o di una qualunque radiazione EM): se io accendo le luci di
navigazione della navetta, o invio un (antiquato) segnale radio, sia io,
sia l'osservatore in quiete rispetto a me, sia qualunque altro osservatore
dell'universo, misureremo tutti la stessa velocità di propagazione
dell'onda: circa 300.000 km/s7.
Ora, poiché la velocità è definita, come è
noto, come il rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato per
percorrerlo (v = s/t), e poiché nel caso di specie tutti gli osservatori
hanno misurato la stessa distanza e la stessa velocità, ne deriva
che a variare deve essere il tempo, il quale, come detto, scorre in funzione
della velocità dell'osservatore.
Le conseguenze appaiono chiare: poiché ogni viaggio a velocità relativistica è anche un viaggio nel tempo (nel futuro), i costi di un simile viaggio sono elevatissimi non solo dal punto di vista economico (propellente), ma anche sotto il profilo sociale. Gli astronauti partirebbero con la consapevolezza di non rivedere mai più le loro famiglie, i loro parenti, i loro amici, a meno di non portarli con sé o di non averli affatto; al rientro, per contro, troverebbero una società profondamente diversa da quella che hanno lasciato, con intuibili problemi di reinserimento. L'astronauta tipo risulterebbe così essere un disadattato o un asociale, insomma un pessimo ambasciatore della sua specie! Ma non solo: un simile metodo di viaggio non potrebbe consentire l'esistenza di istituzioni interstellari, come la Federazione Unita dei Pianeti, che solo fondate sugli scambi commerciali e culturali tra razze diverse, e che presuppongono un omogeneo livello di progresso tecnologico e sociale: omogeneità che non è compatibile con i tempi necessari ai viaggi interstellari così concepiti.
Ma supponiamo, come è successo, di essere disposti a pagare i costi
economici e sociali del viaggio a velocità relativistiche. I problemi
sono tutt'altro che finiti, anzi! Quelli veramente seri iniziano proprio
quando si parte, e sono tali da mettere a repentaglio la sopravvivenza
dell'equipaggio.
Cominciamo dall'accelerazione: per raggiungere velocità prossime
a quella della luce occorre, ovviamente, imprimere alla nave accelerazioni
elevatissime. Con l'avvento degli ammortizzatori inerziali tale problema
è stato risolto in radice, ma appare improbabile che una società
non ancora giunta alla tecnologia di curvatura possa sviluppare simili
dispositivi8.
Così, per proteggere l'equipaggio dagli effetti micidiali dell'accelerazione,
questa deve essere estremamente lenta: si tenga conto che una banalissima
accelerazione da 2 g comporta che l'astronauta sperimenti su di
sé una forza pari al doppio del proprio peso, sinché dura
l'accelerazione, con intuibili conseguenze sull'apparato scheletrico, muscolare,
cardiocircolatorio. Ed è facile immaginare cosa succederebbe in
caso di manovre di emergenza obbliganti a brusche variazioni di velocità
o direzione.
La conseguenza è che il viaggio deve comunque durare diversi anni,
prima di raggiungere la velocità di crociera o di decelerare a velocità
compatibili con l'arrivo alla destinazione: anni percepiti effettivamente
come tali, giacché la gradualità dell'accelerazione
comporta che gli effetti relativistici di dilatazione del tempo divengano
significativi solo dopo parecchio tempo dalla partenza.
Ma il peggio arriva quando la velocità diventa elevata: lo spazio, come è noto, è molto meno "vuoto" di quanto si riteneva un tempo; pulviscolo, micrometeoriti, semplici particelle subatomiche, tutta roba quasi innocua a basse velocità, si trasforma con l'accelerazione in una pioggia mortale di proiettili9 e radiazioni ionizzanti ad elevato potere penetrante, in grado di danneggiare gravemente lo scafo e di renderlo pericolosamente radioattivo per gli occupanti. Questo problema viene comunemente risolto dai deflettori di navigazione10, ma, al pari di quanto detto per gli ammortizzatori inerziali, si tratta di una tecnologia difficilmente sviluppabile da una società pre-curvatura.
Da quanto detto, insomma, appare evidente come la propulsione a impulso, pur indispensabile per gli spostamenti a breve raggio e le manovre orbitali, sia assolutamente inidonea al volo interstellare. Un viaggio con tale tipo di propulsione costituisce essenzialmente un esperimento scientifico, e spesso è un'importante tappa nel progresso tecnologico della maggior parte delle civiltà evolute, ma non muta la condizione di isolamento del mondo che lo sviluppa, né può avere significative applicazioni sul piano commerciale e sociale. Solo la propulsione a curvatura, o meglio il complesso di nozioni e tecnologie che essa comporta, consente di aggirare gli inconvenienti visti e aprire alla specie che la sviluppa le porte della comunità interstellare. Non a caso la Prima Direttiva considera idonee al Primo Contatto solo le civiltà che abbiano sviluppato tale tecnologia.
E' l'ora, pertanto, di entrare in curvatura!
SEZIONE PRIMA: LA STRUTTURA DELLO SPAZIO
La propulsione a curvatura può essere definita
in questo semplice modo: mentre nella propulsione a impulso si sposta la
nave nello spazio, in curvatura si "muove" lo spazio attorno alla nave!
Per la precisione, si comprime lo spazio nella direzione di avanzamento
della nave, e lo si espande nella direzione opposta.
Le tre righe che precedono, se lette dalla prospettiva di un fisico dell'epoca
pre-curvatura, sollevano così tanti problemi da richiedere, per
la loro esauriente illustrazione, uno spazio e un tecnicismo incompatibili
con lo scopo della presente trattazione. Cercherò
di procedere passo per passo, limitando il tecnicismo allo stretto indispensabile.
Intanto, come è possibile "comprimere" o "espandere" lo spazio?
Occorre chiarire, a questo punto, cos'è esattamente (o quasi) lo
spazio. Si tratta, in verità, di un concetto estremamente complesso,
sia dal punto di vista fisico-matematico che da quello filosofico11.
Cominciamo dalla nozione più elementare, che definisce lo spazio
come distanza tra due corpi. Si tratta di una definizione banale solo in
apparenza, perché contiene una verità fondamentale: lo spazio
esiste solo in presenza di materia (o energia), non è concepibile
uno spazio "vuoto": se dall'universo, con un qualche procedimento fantastico,
potessimo rimuovere tutta la materia e l'energia esistente, non avremmo
un universo vuoto, ma, al contrario, non esisterebbe più l'universo
(a patto di sparire anche noi). Una delle fondamentali acquisizioni della
fisica relativistica è difatti che lo spazio ha una "struttura",
ha delle "dimensioni", e non deve essere pensato in antitesi alla materia-energia,
come una sorta di fondale in cui la massa recita da attrice principale;
la materia, l'energia, le particelle in realtà sono "spazio concentrato",
o più tecnicamente "dimensioni collassate".
Ma un passo alla volta: torniamo alla struttura dello spazio. Come appena
detto, lo spazio presuppone l'esistenza di materia-energia; niente materia,
niente spazio. Dal punto di vista strettamente intuitivo, appare ovvio
che non si possa parlare di distanza tra A e B se A e B non esistono (benché
la realtà sia molto più complessa). Lo spazio è "creato"
dalla materia, la quale non è altro che un particolare "tipo" di
spazio.
Facciamo un altro passo, e parliamo di tempo. Definire il tempo non è
meno arduo che definire lo spazio, e solitamente le definizioni peccano
di tautologia, giacché definiscono il tempo come durata o
intervallo
tra due eventi, senza riuscire a chiarire cosa sia la "durata". Una prima
osservazione che si può fare, però, è che, al pari
dello spazio, anche l'esistenza del tempo richiede materia-energia; perché
ci sia un "prima" e un "dopo" è necessario che ci si riferisca a
"qualcosa" (di diverso dal tempo stesso), ad un "evento". Spazio e tempo
sono accomunati, nella loro esistenza, dalla necessità dell'esistenza
della materia: niente materia, niente tempo, niente spazio.
Spazio e tempo hanno però un legame ben più stretto, accertato
fin dalla nascita della fisica relativistica; legame talmente stretto da
far considerare il tempo una delle dimensioni dello spazio: si parla, difatti,
di spazio-tempo. Per capire come possano essere legati dei concetti che,
apparentemente, non hanno niente in comune, pensiamo ad un oggetto qualunque:
appare evidente che tale oggetto occupa una posizione ben definita nello
spazio, che può essere determinata con precisione indicando
le distanze da una serie di punti di riferimento (ad es., un tavolo in
una stanza avrà una certa altezza rispetto al pavimento e una certa
distanza dalle pareti). Tuttavia tale oggetto, pur se in ipotesi immobile,
in realtà si sta spostando attraverso il tempo; esso esisteva prima
dell'osservazione, a partire dal momento in cui fu creato, ed esisterà
dopo l'osservazione, sinché non verrà distrutto. In altre
parole, qualunque cosa, oltre che esistere (e muoversi) nello spazio, esiste
(e deve muoversi) anche nel tempo. Se così non fosse, se l'oggetto
fosse "immobile" nel tempo, esso esisterebbe solo per un istante infinitesimo,
per poi sparire nel nulla (e ciò è impossibile per il principio
di conservazione dell'energia).
Il tempo, insomma, può essere considerato una dimensione dello spazio,
anche se dotata di particolarità tutte sue (muoversi nello spazio
non è come muoversi nel tempo).
Si è accennato, in precedenza, alle "dimensioni" dello spazio; cosa
e quante sono le dimensioni? Non è facile rispondere a questa domanda,
specie considerando i limiti del presente lavoro. Si possono comunque descrivere
le dimensioni come gli elementi strutturali dello spazio, i "mattoni" che
lo costituiscono. Alcune di esse sono ben note: altezza, larghezza, profondità,
tempo. Oltre a queste, però, ne esistono molte altre, che non sono
percepibili sensorialmente in quanto esistenti a livello subatomico, ma
presiedono a fenomeni subatomici fondamentali per l'esistenza dell'universo
come lo conosciamo.
Le dimensioni dello spazio-tempo si dividono in due categorie: quelle bosoniche
e quelle fermioniche. Le prime (circa una trentina) consentono degli
spostamenti simili a quelli a cui siamo normalmente abituati, nel senso
che le condizioni dell'oggetto (ad es., una particella) al termine dello
spostamento saranno differenti rispetto a quelle di partenza. Nelle seconde
(circa una decina) sono possibili spostamenti senza che l'oggetto modifichi
le proprie condizioni iniziali. Non è possibile essere più
precisi senza affrontare argomenti (e istituti matematici) terribilmente
complessi, ma il succo di questo discorso, per quanto ci interessa, è
che la comprensione della struttura dello spazio ha consentito di pervenire
alla Grande Unificazione, ossia ad una teoria fisica che renda conto dell'origine
comune delle forze fondamentali della natura (Gravitazionale, Elettrodebole,
Forte, Repulsiva. Vedi nota n. 14). Tale teoria ha consentito la manipolazione
dei campi gravitazionali secondo principi analoghi a quelli usati sin dall'antichità
per i campi elettromagnetici, rendendo così possibile la polarizzazione
gravitazionale, posta a base non solo della propulsione curvatura, ma anche
dei campi gravitazionali artificiali, degli scudi deflettori, dei raggi
traenti, degli ammortizzatori inerziali.
Torniamo dunque al problema iniziale: come comprimere ed espandere lo spazio?
La meccanica relativistica descrive lo spazio-tempo come entità
quadridimensionale curva. La realtà è più complessa,
poiché lo spazio ha ben più di 4 dimensioni, ma poiché
tutte le altre sono come "arrotolate" su scala subatomica possiamo, almeno
per il momento, non tenerne conto.
Il fatto che lo spazio sia curvo e "plasmabile" ha delle importanti conseguenze
per i nostri fini, perché in tale tipo di spazio le distanze non
sono "assolute" e la via più breve tra due punti non è necessariamente
una retta.
Per visualizzare intuitivamente la struttura dello spazio possiamo ricorrere
ad un antico esempio: immaginarlo come un foglio di gomma molto elastico.
Su tale foglio poggiano le varie masse dell'universo, particelle, pianeti,
stelle ecc. Tali masse "deformano" il foglio di gomma, in misura dipendente
dalla loro entità (masse maggiori produrranno una "curvatura" maggiore).
Abbiamo perciò scoperto che è la gravità a modellare
lo spazio, il quale risulta più curvo nelle regioni più prossime
a masse elevate.
La gravità è perciò lo "scalpello" che modella lo
spazio. A questo punto è chiaro perché si parla di curvatura:
essa è precisamente ciò che indica tale termine, una "deformazione"
(warp) dello spazio indotta da un campo gravitazionale.
Ma cosa succede, esattamente, curvando lo spazio?
Qualunque massa, come visto, è in grado di curvare lo spazio: poiché
non può esistere spazio senza massa, ne deriva che lo spazio è
sempre e necessariamente curvo, benché la curvatura sia maggiore
in prossimità delle masse e minore (in ragione del quadrato
della distanza12) man mano che ci si allontana da esse.
Qualunque massa o onda in movimento nello spazio deve seguirne necessariamente
la geometria, così come un turboascensore non può muoversi
al di fuori degli appositi condotti di trasferimento. Quando una massa
o un'onda entrano in una regione dello spazio caratterizzata da una particolare
curvatura, devono necessariamente percorrerne la struttura.
In tal modo è stata giustificata, in passato, l'attrazione gravitazionale:
poiché lo spazio si incurva sempre di più in prossimità
di una massa, un corpo entrato in tale regione deve dirigersi verso la
massa deformante, percorrendo il "baratro" gravitazionale da essa creato
(a meno che non sia in possesso di una velocità sufficiente per
"uscirne").
Appare quindi evidente che, poiché lo spazio non ha una struttura
fissa e immodificabile, è possibile "plasmarlo" in modo da adeguarlo
alle nostre esigenze. Se vogliamo, ad esempio, percorrere una grande distanza
in tempi brevi, possiamo comprimere lo spazio tra il punto di partenza
e quello di arrivo (senza spostare questi ultimi, per i motivi che si
vedranno). In questo modo non sono più necessarie velocità
elevate, e comunque irraggiungibili: è come se prendessimo una scorciatoia…
nello spazio stesso, una sorta di galleria che ci consente di evitare la
scalata della montagna.
Detto così, ovviamente, è troppo semplice, e troppo bello
per essere vero.
Vediamo quali
sono i terribili problemi da affrontare, e come sono stati risolti.
SEZIONE SECONDA: COME CURVARE A PIACERE LO SPAZIO
Prima di affrontare
il problema di come curvare lo spazio secondo i nostri comodi, vediamo
cosa succede in natura.
Cominciamo col dire che le curvature prodotte da masse non certamente trascurabili,
come pianeti e stelle, sono del tutto insufficienti per i nostri scopi:
ad esempio, la massa di una stella di tipo G (come il Sole della Terra)
è in grado di deflettere un raggio di luce di circa un millesimo
di grado. Ma a noi servono curvature enormemente superiori. Noi non
vogliamo semplicemente "piegare" lo spazio, ma "accartocciarlo". Ci servono
perciò curvature ben maggiori di quelle prodotte dalle stelle. Dove
prendere la massa (o l'energia) necessaria, se persino quella del Sole
risulta insufficiente?
Esistono però in natura curvature dello spazio ben maggiori di quelle
prodotte dalle stelle: si tratta delle singolarità (oggi
definite con l'aggettivo quantiche, per significare che, a differenza
che in passato, si è ormai in grado di determinare gli effetti quantistici
della gravità), ossia di regioni dello spazio-tempo caratterizzate
da un intenso campo gravitazionale, imprimente una configurazione "a cuspide",
una sorta di baratro non interpretabile con le teorie relativistiche pre-unificazione.
In altre parole, la curvatura in una singolarità è talmente
accentuata che le lunghezze sono ridotte ad un valore prossimo allo zero,
mentre il tempo scorre ad un ritmo pressoché infinito13.
Singolarità che si trovano, solitamente, al centro di buchi neri
(stelle di grande massa collassate, dotate di un campo gravitazionale talmente
intenso da non consentire neppure l'emissione di luce).
Sembrerebbe quindi che, se devo recarmi da A a B e nel tragitto trovo un
buco nero, potrei usare lo stesso per accorciare il viaggio, dal momento
che nella singolarità lo spazio è compresso sin quasi ad
un valore nullo.
Sconsiglio vivamente gli aspiranti navigatori spaziali dal compiere una
simile impresa: ci sono forme di suicidio meno complicate, e non implicanti
la distruzione di una costosa nave spaziale. Innanzitutto perché
lo stesso campo gravitazionale che ci fa il favore di comprimere lo spazio
farebbe a pezzi noi e l'astronave ben prima di raggiungere la singolarità.
In secondo luogo perché, qualora resistessimo alla gravità
usando il campo di integrità strutturale, gli ammortizzatori inerziali
e gli scudi deflettori (sinché dura l'energia...), la dilatazione
temporale implicherebbe un tempo (per un osservatore esterno al luogo del
nostro suicidio) lunghissimo per raggiungere la singolarità, e così
la breve durata del viaggio andrebbe a farsi friggere. Dulcis in fundo,
una volta raggiunta la singolarità difficilmente potremmo venirne
fuori, non potendo con i motori a impulso né
raggiungere, né superare la velocità della luce. Come se
non bastasse, non andremmo comunque a finire da nessuna parte, perché
la singolarità resta dov'è e non si muove certo nella direzione
che ci aggrada (e se volessimo spostarla noi dovremmo fare i conti, per
dirne una, con la sua formidabile inerzia). Insomma, usare un buco nero
per viaggiare nello spazio è un po' come volere entrare in una stanza
passando per il buco della serratura: scomodo, doloroso, inutile!
Ma a noi serve proprio una curvatura del tipo di quelle generate dalle
singolarità!
Torniamo al punto di partenza: come curvare lo spazio? Con la gravità.
Cos'è che genera la gravità, o se si preferisce i gravitoni,
le particelle portatrici della forza gravitazionale? La massa. Per avere
il campo gravitazionale di una stella devo per forza disporre della massa
di una stella? No! E' qui che risiede l'inizio della soluzione dei nostri
problemi.
In natura, il campo gravitazionale ha simmetria sferica: si estende uniformemente
in tutte le direzioni, con intensità decrescente (in proporzione
quadratica) rispetto alla distanza dalla sorgente.
Per i nostri fini, questo è un enorme spreco! In natura è
bene che le cose vadano così, perché l'universo come lo conosciamo
non potrebbe certamente esistere (e noi con lui) se la gravità operasse
in una sola direzione. Ma a noi non interessa curvare un enorme volume
di spazio, bensì agire solo nella zona che intendiamo attraversare.
La radiazione elettromagnetica si comporta, per certi aspetti, come il
campo gravitazionale: anch'essa ha simmetria sferica, anch'essa ha intensità
decrescente con il quadrato della distanza. Ma le specie evolute hanno,
da molto prima del saper viaggiare nello spazio, appreso come "piegare"
la radiazione EM alle proprie necessità, ottenendo onde propagantesi
in una direzione prefissata, o luce monocromatica (laser, maser ecc.).
La stessa cosa si è riusciti a fare con la gravità, mediante
la polarizzazione gravitazionale. La teoria del Campo Unificato, con cui
le forze della natura (Gravitazionale, Elettrodebole, Forte, Repulsiva)
vengono descritte come diverse manifestazioni di un
unico ente14, ha consentito la manipolazione delle onde gravitazionali
con modalità analoghe a quelle conosciute sin dall'antichità
con le onde EM. In particolare, è stato possibile porre onde gravitazionali
in concordanza di fase15 ed ottenere
delle emissioni coerenti, in modo da creare treni d'onda a propagazione
lineare.
E' noto da tempo che particolari leghe metalliche contenenti elementi transuranici
di elevatissimo peso atomico (cortenide di verterio, thoronium arkenide) possono
emettere gravitoni in condizioni particolari (la cortenide di verterio
se esposta a plasma ad alta energia, il thoronium arkenide se posto in
rotazione a velocità elevate, in un ambiente di gas chrylon e applicando
un'opportuna differenza di potenziale). La prima lega viene utilizzata
per le bobine delle gondole a curvatura delle navi spaziali, la seconda
per la realizzazione dei generatori di gravità artificiali.
La caratteristica fondamentale di queste leghe è il consentire la
trasformazione, con rendimento piuttosto elevato (intorno al 70%) della
forza elettromagnetica in forza gravitazionale. Conversione resa vantaggiosa
dal fatto che la forza elettromagnetica ha intensità ben superiore
a quella gravitazionale (il debolissimo campo magnetico della maggior parte
dei pianeti di classe M è sufficiente a spostare l'ago di una bussola,
vincendo l'attrazione gravitazionale).
Con procedimenti particolari (vedi la sezione settima) è possibile
fare in modo che l'emissione di gravitoni avvenga unicamente lungo una
direzione prefissata, e con frequenze predeterminate16.
Le onde gravitazionali così emesse sono poste in concordanza di
fase, in modo che l'energia della successiva si sommi a quella della precedente,
e si concentri in un ristretto volume di spazio.
E' così possibile realizzare un campo gravitazionale di elevata
intensità e limitata estensione, senza dovere disporre della massa
necessaria per ottenerne uno di analoga intensità in modo "naturale".
Il consumo di energia necessario è certamente elevato, ma di gran
lunga inferiore a quanto teorizzato in epoca pre-curvatura.
A questo punto è evidente che, facendo in modo che il campo gravitazionale
(di intensità analoga a quello esistente nelle singolarità)
si formi nella direzione di avanzamento della nostra nave, esso provvederà
innanzitutto a comprimere la regione di spazio che ci accingiamo ad attraversare,
e in secondo luogo si sposterà con la nave stessa, comprimendo regioni
di spazio poste in successione, senza soluzione di continuità.
Tale risultato, però, rappresenta solo il primo passo, fondamentale
ma insufficiente. Il nostro bravo campo gravitazionale portatile e regolabile
ha sempre i difetti dei suoi colleghi naturali: la sgradevole tendenza
a fare a pezzi noi e la nostra povera nave, incurante del fatto che siamo
i suoi genitori, e l'effetto relativistico di dilatazione temporale (della
contrazione delle lunghezze non è il caso di curarsi troppo, con
le altre grane che abbiamo), che prolunga la nostra agonia con la dilatazione
temporale, anche se non quanto una singolarità, perché una
volta distrutto il generatore, il campo gravitazionale morirà dopo
di noi. Magra consolazione.
Ma cos'altro serve, allora, per realizzare un campo di curvatura utile
ai nostri scopi?
SEZIONE TERZA: IL CAMPO DI CURVATURA
Per poter sfuggire al pozzo gravitazionale creato davanti alla nostra nave
per comprimere lo spazio davanti a noi, è necessario creare un "antipozzo"
dietro, in modo che la compressione venga bilanciata dall'espansione (che
dovrà avere pari intensità e "segno"
opposto) e la nave venga sospinta su tale "onda" di spazio-tempo modificato,
passata la quale lo spazio tornerà alla sua struttura normale. Comprimendo
lo spazio nella direzione anteriore riduciamo la distanza dal punto di
arrivo, ossia ci "avviciniamo" (benché, lo si ripete, la posizione
del punto di arrivo non muta, poiché operiamo solo sullo spazio
intermedio); espandendo lo spazio nella direzione opposta, invece, ci "allontaniamo"
dal punto di partenza, sfuggendo al baratro gravitazionale creato davanti
a noi (senza necessità di alcuna accelerazione).
La regione compresa tra il fronte di compressione e quello di espansione
è detta, con espressione pittoresca, bolla di curvatura, e mantiene
le condizioni di un qualunque sistema di riferimento in moto alla stessa
velocità. In altre parole, le masse ivi presenti non subiscono né
gli effetti relativistici sopra descritti (aumento di massa, dilatazione
del tempo ecc.), né effetti inerziali, poiché la velocità
posseduta precedentemente all'ingresso in curvatura NON MUTA.
Così come la compressione locale dello spazio viene realizzata mediante
emissioni di treni di onde gravitazionali coerenti, l'espansione nella
regione opposta viene ottenuta tramite emissioni coerenti di warpers,
particelle bosoniche portatrici della Forza Repulsiva.
La Forza Repulsiva, come detto nella nota 14, è una delle forze fondamentali della natura (l'ultima, solitamente, ad essere scoperta), e manifesta la sua azione in presenza di elevate concentrazioni di massa (o di energia). Tale forza è inferiore, come ordine di grandezza, all'attrazione gravitazionale, e difatti in condizioni normali non è in grado di contrastarne significativamente gli effetti. Quando però i campi gravitazionali sono di tale intensità da renderne non trascurabili gli effetti quantistici (come avviene nelle singolarità, e nei campi di curvatura), essa è in grado di opporsi al collasso infinito della materia (il volume delle singolarità, difatti, è piccolo, ma non nullo). Ciò fornisce una giustificazione del noto paradosso della meccanica relativistica pre-unificazione, la quale non era in grado di chiarire come la curvatura dello spazio-tempo assumesse nelle singolarità un valore infinito, senza che la massa collassante, per effetto dell'accelerazione gravitazionale sempre crescente, raggiungesse o superasse la velocità della luce. La forza repulsiva, insomma, pone un limite "di sicurezza" alla comprimibilità della massa.
Gli warpers, particelle vettori della forza repulsiva, agiscono insomma come una sorta di gravità negativa. La loro "gestione" nel campo di curvatura è in buona parte analoga a quella dei gravitoni: normalmente, per ottenere una significativa quantità di warpers sarebbe necessario disporre di concentrazioni di massa elevatissime, persino superiori a quelle richieste per i campi gravitazionali delle singolarità. Nel campo di curvatura, tuttavia, gli warpers si formano come "sottoprodotto" della creazione dei treni d'onda gravitazionali coerenti, e tendono a muoversi nella direzione opposta: un'elevata concentrazione di gravitoni polarizzati, generati dal punto P e concentrati ad una distanza D da esso, produce un'analoga concentrazione di warpers ad una distanza –D da P, ossia dalla parte opposta. In P, che poi sarebbe la nostra astronave, il campo gravitazionale è "normale", ossia identico a quello locale, non generato dal campo di curvatura. Andando in avanti, seguendo il treno d'onda di gravitoni, il campo gravitazionale aumenta d'intensità, sino a raggiungere il valore massimo, detto CUP (Curvatura Utile Positiva) nella regione in cui i treni d'onda entrano in concordanza di fase. Dall'altra parte, viceversa, il campo di espansione raggiunge il valore massimo nella regione in cui gli omologhi treni di warpers coerenti entrano a loro volta in concordanza di fase; il campo di espansione raggiunge in tale punto il valore massimo, detto CUN (Curvatura Utile Negativa).
A questo punto il lettore attento avrà notato immediatamente un
problema: si è detto in precedenza che la forza repulsiva opera
su un ordine di grandezza inferiore rispetto a quella gravitazionale. Per
la precisione, o meglio per fornire un'approssimazione accettabile in questa
sede, il rapporto tra le due forze è pari a circa 1/1000: se occorre
un'energia E per produrre un campo gravitazionale di una data intensità,
occorrerà circa 1000 volte quell'energia per produrre un campo di
espansione (o repulsione che dir si voglia) di intensità analoga,
ossia in grado di produrre un'espansione bilanciante esattamente la compressione.
A ciò si pone rimedio con due sistemi: in primo luogo alterando
la simmetria del campo, e precisamente facendo in modo che il CUN abbia
una distanza dalla sorgente pari a circa 1/10 di quella del CUP. In secondo
luogo, mediante un treno d'onda supplementare di warpers, che posto in
opportuna concordanza di fase con quello principale fa assumere al CUN
il valore necessario per bilanciare la compressione generata dal CUP.
Peraltro, non
è necessario che CUP e CUN abbiano valori (in modulo) identici,
esiste un margine di tolleranza che non influisce significativamente sull'effetto
"propulsivo", margine che però si riduce al crescere della tensione
del campo di curvatura, e tende a 0 all'approssimarsi del limite teorico
(secondo la scala attualmente vigente) di curvatura 10.
Quando però il margine di tolleranza non viene rispettato, e supera il valore soglia oltre il quale la contrazione dello spazio non è più bilanciata dall'espansione, si verifica il noto "effetto cavitazione"17.
Per comprendere
appieno l'effetto cavitazione, occorre precisare che, all'interno del campo
di curvatura, per ragioni che formano tuttora oggetto di studio, la costante
gravitazionale assume un valore inferiore al normale. La massa inerziale
della nave, di conseguenza, è molto inferiore a quella posseduta
in condizioni normali. La nave, tuttavia, conserva per inerzia la velocità
posseduta al momento dell'ingresso in curvatura. Poiché tale velocità
è di solito pari ad una frazione significativa
di quella della luce (in ragione dell'uso della propulsione ad impulso
nelle fasi di allontanamento e avvicinamento ai pianeti), quando la nave
entra in cavitazione la spinta inizialmente posseduta fa accelerare la
nave a velocità prossime a quella della luce18,
come se fosse diventata improvvisamente "più leggera".
Un'ulteriore accelerazione viene impressa alla nave dal CUP, che, non più
bilanciato correttamente dal CUN, esercita una forte attrazione gravitazionale,
applicando sulla nave una forza che, in base alla seconda legge della Dinamica,
ne incrementa la velocità.
La nave si trova pertanto esposta a subire i noti effetti relativistici
delle alte velocità (dilatazione del tempo, contrazione delle lunghezze).
Poiché le navi della Flotta Stellare non sono progettate per sopportare
a lungo simili velocità, che comportano, oltretutto, gravi pericoli
per l'equipaggio (come visto nella Sezione Prima), il computer di bordo,
in caso di cavitazione, interrompe immediatamente l'iniezione del plasma
nelle bobine delle gondole19, con
conseguente collasso del campo di curvatura. La nave riacquista gradatamente
la massa inerziale "normale", e la velocità diminuisce sino al valore
precedente l'ingresso in curvatura (il tempo necessario è pari,
mediamente, a circa 30 secondi). Sempre per motivi di sicurezza, i controlli
di volo vengono disabilitati (una virata imporrebbe alla nave severissimi
stress
strutturali), per cui eventuali oggetti che si trovano sulla traiettoria
della nave, che non possano essere deviati dai deflettori di navigazione
a causa della grande massa (ad esempio, piccoli asteroidi) devono essere
immediatamente distrutti.
Torniamo al campo di curvatura. Poiché esso produce tensioni gravitazionali
elevatissime, appare ovvio che debba essere generato ad una distanza di
sicurezza dalla nave. Le gondole, contenenti le bobine generatrici del
campo, sono solitamente collocate ai lati della nave, ad una distanza tra
loro non inferiore a 0,8 volte la larghezza del resto dello scafo (una
distanza leggermente superiore è ammessa per le navette, in ragione
della bassa potenza del campo warp), e posizionate in modo che i
treni d'onda emessi non entrino in contatto con le strutture dell'astronave.
La propulsione a curvatura deve inoltre essere attivata in regioni di spazio
quanto più vuote possibile, e ciò per una serie di ragioni.
Innanzitutto, la compressione dello spazio implicherebbe consumi energetici
immensamente elevati qualora la regione ove si forma il CUP non fosse (ragionevolmente)
vuota: la compressione della materia (che, lo si ricorda, è già
"spazio-tempo compresso") è infatti molto più difficile di
quella dello spazio vuoto, anche per effetto della Forza Repulsiva, per
cui i motori si surriscalderebbero rapidamente oltre i limiti di sicurezza.
Va poi considerato che il CUP è pur sempre un campo gravitazionale,
e di intensità elevatissima; di conseguenza, ove lo spazio non fosse
vuoto, le masse circostanti, specie se modeste, verrebbero attirate con
enorme forza e scagliate contro la nave, con conseguenze facilmente immaginabili.
Non solo: le tensioni gravitazionali farebbero
a pezzi tali masse per "effetto marea"20,
ed è chiaro quali sarebbero le conseguenze se si trattasse di navi
spaziali21. Usare il campo warp come arma non è
comunque vantaggioso, perché la pioggia di detriti accelerati ad
altissima velocità (tra cui il nucleo di curvatura e le riserve
di antimateria della nave distrutta!) renderebbe decisamente breve, ed
assai cara, la vittoria ottenuta!
SEZIONE QUARTA: LA VELOCITA' DI CURVATURA.
L'unità di misura dell'intensità del campo di curvatura è
il cochrane (C), in omaggio allo scienziato terrestre Zephram Cochrane,
inventore del motore a curvatura. Per misurazioni maggiormente accurate
viene utilizzato il sottomultiplo millicochrane (mC), pari a 1/1000 di
cochrane.
Si assume pari ad un cochrane un campo di curvatura che produca una velocità
virtualmente pari a quella della luce. Si parla di velocità virtuale
in quanto, come visto, la propulsione curvatura opera sullo spazio-tempo,
non sulla nave: il termine velocità è dunque usato in modo
atecnico, per descrivere l'effetto propulsivo del campo warp. In
pratica, si adotta il punto di vista di un ipotetico osservatore esterno,
il quale "vede" la nave spostarsi a velocità pari o superiori a
quella della luce, non essendo solidale col sistema di riferimento rappresentato
dalla nave stessa. E' superfluo dire che si tratta di un paragone fittizio,
dal momento che un oggetto in moto a velocità superiore a quella
della luce è ovviamente invisibile.
La velocità curvatura viene espressa in multipli della velocità
della luce.
L'effetto propulsivo viene calcolato con una funzione cubica:
v = (aw3 + ) c
SEZIONE QUINTA: CURVATURA E PARADOSSI RELATIVISTICI
La propulsione a curvatura consente di spostarsi in tempi brevi su distanze
interstellari aggirando il limite relativistico della velocità della
luce. Occorre a questo punto esaminare alcuni dei cosiddetti paradossi
relativistici, connessi all'impossibilità del superamento della
velocità della luce e al comportamento dei corpi materiali all'approssimarsi
a tale velocità.
Come si illustrerà in proseguo, si tratta di paradossi soltanto
apparenti, e dovuti all'equivoco del confondere il limite c con l'impossibilità
di inviare informazioni eludendo tale limite.
Causa-effetto.
Cominciamo col
principio del sovvertimento del rapporto causa – effetto. Supponiamo che
sul pianeta X avvenga l'estrazione di una lotteria, e l'informazione sui
numeri estratti debba essere trasmessa sul pianeta Y, distante un anno
luce, dove si trova il giocatore interessato. Normalmente, il giocatore
saprà quali numeri sono stati estratti un anno dopo l'effettiva
estrazione, dal momento che l'informazione, trasmessa mediante radiazioni
elettromagnetiche (mettiamo da parte le trasmissioni subspaziali), impiega
questo tempo per raggiungerlo. Se però un viaggiatore spaziale,
usando una nave a curvatura, gli comunica il risultato dell'estrazione
prima del decorso dell'anno, ecco che il giocatore conosce un evento che
ancora appartiene al "suo" futuro, e può cominciare a far spese...
prima della vincita.
Oppure, per fare un altro esempio, supponiamo che a 10 anni luce dal pianeta
P esploda una supernova: gli abitanti di P sapranno dell'evento solo dopo
10 anni. Ma se il solito viaggiatore spaziale con nave a curvatura li va
ad avvisare prima che la luce (e le radiazioni) della nova li raggiungano,
ecco che consente loro di salvarsi da un evento che esiste solo nel "loro"
futuro.
In entrambi i casi, il paradosso consisterebbe nel fatto che le azioni
del giocatore del pianeta Y e degli abitanti del pianeta P siano influenzate
da eventi per loro ancora non accaduti. Difatti, poiché per la relatività
classica nessuna informazione può essere trasmessa nell'universo
a velocità superiore a quella della luce, i soggetti in questione
non hanno alcun modo di conoscere gli avvenimenti citati, né di
sapere della contemporaneità, rispetto al loro sistema di riferimento,
dell'estrazione della lotteria o dell'esplosione della supernova. Alla
base del paradosso sta l'asserita impossibilità, per osservatori
molto distanti tra loro, di sapere se un dato evento sia o meno contemporaneo
per entrambi. Questo perché nella relatività classica dall'insuperabilità
della velocità della luce veniva desunto il corollario dell'impossibilità
della trasmissione di informazioni a velocità superiore, sia pure
in altro modo. Corollario che la propulsione warp ha dimostrato
essere falso.
Da come sono costruiti gli esempi appare difatti chiaro che il paradosso è soltanto apparente. L'estrazione della lotteria e l'esplosione della supernova sono difatti avvenuti PRIMA che l'informazione fosse ricevuta dagli interessati, per cui il principio di causalità viene pienamente rispettato.
Spostamento Doppler e contrazione delle lunghezze.
L'effetto Doppler è quel fenomeno in base al quale, data una sorgente
di onde in moto rispetto ad un osservatore, questo percepisce un aumento
della frequenza delle onde quando la sorgente si avvicina a lui e una diminuzione
quando se ne allontana. Se si tratta di onde luminose, l'osservatore registrerà
uno spostamento verso il violetto dello spettro della luce ricevuta in
caso di avvicinamento della sorgente, e uno spostamento verso il rosso
in caso di allontanamento.
Le gondole di curvatura delle navi della Federazione emettono una caratteristica
luce bluastra, dovuta all'emissione di fotoni aventi lunghezza d'onda di
circa 4000 Angstrom22, rappresentanti
un innocuo residuo del processo di generazione del campo di curvatura.
Osservando una nave che entra in curvatura, un osservatore fermo ai principi
della relatività classica noterà immediatamente due fenomeni
che appaiono contraddire le leggi della fisica: innanzitutto percepirà
come bluastra la luce emessa dalle gondole, mentre in base all'effetto
Doppler questa, al pari delle luci di navigazione e di quella proveniente
dagli oblò della nave, dovrebbe apparire decisamente rossastra (considerato
il fatto che la nave "accelera" in pochi istanti a "velocità" estremamente
alte). In secondo luogo osserverà la nave "allungarsi" nella direzione
dell'accelerazione, in netto contrasto col il principio relativistico della
contrazione delle lunghezze nel senso del moto.
La chiave di tali paradossi consiste nell'espansione dello spazio determinata
dal campo di curvatura. L'osservatore che percepisce la nave allontanarsi
si trova, ovviamente, nella regione interessata dal campo di espansione:
le onde luminose che viaggiano nello spazio espanso subiscono, per effetto
dell'espansione, uno spostamento verso il violetto tale da compensare quello
verso il rosso dovuto all'effetto Doppler. Per le stesse ragioni le immagini
appaiono distorte, allungate nella direzione del moto. D'altra parte, poiché
come detto più volte, la propulsione a curvatura non sposta la nave
(che, al limite, potrebbe essere in quiete rispetto all'osservatore), non
vi è alcuna contrazione relativistica nel senso del moto.
Effetto "stelle filanti".
Chiunque abbia viaggiato su una nave con propulsione a curvatura avrà
notato il caratteristico e suggestivo effetto delle strisce luminose attorno
alla nave.
Secondo il solito osservatore fermo alla relatività classica, a
bordo di una ipotetica nave in moto a velocità superluce non si
dovrebbe vedere alcun panorama esterno, dal momento che le onde luminose
provenienti dagli oggetti esterni non possono raggiungere la nave.
Sappiamo però che la nave non si muove, in realtà, più
veloce della luce, per cui è senz'altro possibile la percezione
del panorama esterno.
Tuttavia, quando le onde luminose provenienti dall'esterno entrano nella
zona di azione del campo di curvatura, subiscono una deviazione verso il
CUP, a causa del forte campo gravitazionale23.
Di conseguenza, si ha un mutamento della posizione apparente della stella.
Poiché il CUP si sposta insieme alla nave, l'osservatore a bordo
vede mutare le posizioni apparenti delle stelle. La frequenza dei mutamenti,
superiore ai 10 per secondo, è sufficiente ad impressionare la retina
della maggior parte delle forme di vita umanoide, generando la percezione
di una scia luminosa.
L'effetto cessa con la disattivazione del campo di curvatura.
SEZIONE SESTA: CURVATURA E TUNNEL SPAZIALI.
Nelle singolarità quantiche la deformazione dello spazio-tempo raggiunge
un livello talmente elevato da creare una sorta di pozzo gravitazionale.
Per riprendere l'antico esempio citato in precedenza, si immagini lo spazio-tempo
come un foglio di gomma. La masse dei pianeti e delle stelle provocano
su tale foglio degli "infossamenti", tanto più profondi quanto maggiore
è la massa deformante. Nel caso delle singolarità, l'infossamento
è un vero e proprio "baratro".
Che succede se tale baratro entra in contatto con un altro analogo? Se,
in altre parole, le deformazioni dello spazio-tempo generate da due (o
più) singolarità sono contigue? Si crea ciò che con
espressione pittoresca viene definito "tunnel spaziale", una sorta di cunicolo
nello spazio-tempo, in grado, teoricamente, di consentire l'attraversamento
di vaste regioni dello spazio in tempi brevissimi.
Ci sono soltanto due piccoli problemi: in primo luogo i tunnel spaziali
naturali sono fortemente instabili, e questo comporta il pericolo di essere
distrutti dalle forze mareali di una delle singolarità prima di
averli attraversati. In secondo luogo i campi gravitazionali delle singolarità,
essendo molto ospitali, farebbero di tutto per non farci andare via (fortuna
che abbiamo la propulsione a curvatura). Avventurarsi in un tunnel spaziale
naturale può essere pertanto un'esperienza molto sgradevole.
Ma nel caso in cui si riuscisse a "stabilizzare" un tunnel spaziale (ad
esempio, mediante immissione di warpers per tenerlo aperto e di
verteroni per impedire la scissione dei due "baratri" spaziotemporali),
oppure a crearne uno artificiale (come quello nel sistema di Bajor, che
attualmente è l'unico noto), avremmo realizzato un sistema di spostamento
ancora più rapido della propulsione a curvatura, e non contrastante
con la previsioni della relatività, se non per il fatto di consentire
la trasmissione di informazioni aggirando il limite della velocità
della luce.
Ci sono però altri problemi. I campi gravitazionali delle singolarità
hanno effetti anche sul tempo, e un viaggio in un tunnel spaziale rischierebbe
di condurci in un'epoca diversa da quella di partenza. Effetto che non
è possibile prevedere con esattezza, sino
a quando la tecnologia non consentirà di produrre tunnel artificiali
del tutto controllabili.
Per inciso, si ritiene che la propulsione transcurvatura utilizzata dai
Borg utilizzi tunnel spaziali artificiali, all'interno dei quali è
possibile raggiungere velocità di curvatura prossime a 10.
Inoltre le estremità del tunnel non sono certo fisse nello spazio,
si spostano in continuazione, pertanto il tunnel ha entrate e uscite sempre
diverse.
Riassumendo, nella propulsione a curvatura si ha una distorsione temporanea
e localizzata dello spazio-tempo, nei tunnel spaziali la distorsione è
permanente, e dura sinché dura il tunnel.
SEZIONE SETTIMA: IL MOTORE A CURVATURA.
Esaurita la trattazione teorica della propulsione a curvatura, concludiamo
questo saggio con una sommaria analisi del funzionamento di un motore a
curvatura. Si prenderà come riferimento un modello base, senza fare
riferimento ad alcuna nave in particolare, e si eviterà un livello
di dettaglio e di tecnicismo eccessivi.
I componenti fondamentali del motore a curvatura sono i seguenti:
A) Sistema di stoccaggio e trasferimento dei Reagenti.
B) Nucleo.
C) Gondole.
A) Sistema di stoccaggio e trasferimento dei Reagenti.
La generazione del campo di curvatura avviene, secondo la tecnologia attuale,
esponendo una particolare lega metallica contenente elementi transuranici
pesantissimi (detta cortenide di verterio) a plasma ad alta energia. Gli
ioni contenuti nel plasma, interagendo con i nuclei atomici, provocano
l'emissione di verteroni (gravitoni polarizzati), i quali si irradiano
in senso parallelo all'asse della bobina di curvatura, e l'emissione di
warpers
in senso opposto.
Il plasma viene generato mediante una reazione di annichilazione tra materia
ed antimateria. L'antimateria, difatti, è la sostanza in grado di
fornire la resa energetica più elevata rispetto al suo volume: nelle
reazioni di fusione nucleare che alimentano i motori a impulso soltanto
lo 0.8% della massa si trasforma in energia. Nel processo di annichilazione,
invece, la massa coinvolta nella reazione è pari, praticamente,
al 100%.
I reagenti utilizzati per la produzione del plasma, nonché di buona
parte dell'energia necessaria per il funzionamento della nave, sono da
un lato il deuterio e dall'altro un gas di ioni di anti – idrogeno.
Il deuterio è un isotopo dell'idrogeno avente il nucleo formato
da un protone e un neutrone. Tale reagente viene conservato a bassa temperatura
ed elevata pressione al fine di limitarne l'elevata volatilità.
Per lo stesso motivo viene immesso nel nucleo mediante condotti dotati
di campi magnetici di confinamento (toroidi di restrizione), i quali sfruttano
per il contenimento la polarizzazione della molecola di deuterio in movimento
(il nucleo, più pesante, resta indietro, per cui la molecola presenta
una carica positiva nella regione posteriore e una negativa in quella anteriore).
Nella miscela sono anche presenti, in percentuale minore, trizio, elio
e argon.
L'anti – idrogeno è formato in buona misura da antiprotoni e, in
percentuale minore, da nuclei di anti – deuterio
e anti – trizio24. Nella miscela sono presenti anche
anti - ioni H3O-.
L'antimateria viene prodotta negli impianti di realizzazione del propellente
dei cantieri navali della Flotta Stellare. La fabbricazione avviene con
un processo di conversione controllata dell'energia in materia (con sistemi
analoghi a quelli usati nel teletrasporto), mediante il quale nella rimaterializzazione
vengono prodotte soltanto antiparticelle. Tale sistema di produzione, in
uso da circa 300 anni, ha sostituito quello precedente, estremamente costoso
e inefficiente, che utilizzava gli acceleratori di particelle.
Ai fini del confinamento, è essenziale che l'antimateria venga immagazzinata
in forma di ioni e non di atomi neutri: i campi magnetici di confinamento
non hanno difatti effetto su particelle neutre, con le conseguenze facilmente
immaginabili.
Di solito l'antimateria viene immagazzinata nella
parte inferiore della nave, per facilitare le operazioni di rifornimento;
in caso di emergenza i contenitori possono essere espulsi. Essi sono dotati
di generatori autonomi di emergenza in grado di mantenere il campo di confinamento
per diversi minuti, dando tempo alla nave di allontanarsi.
L'immissione nella camera di reazione (detta nucleo del motore di curvatura,
in breve nucleo di curvatura) avviene, come nel caso del deuterio, mediante
condotti isolati magneticamente (toroidi di restrizione), dotati della
stessa polarità (negativa) degli anti ioni.
La quantità di antimateria immagazzinata a bordo di una nave stellare
dipende, ovviamente, dalla classe. Nelle navi di classe Galaxy un
"pieno" di antimateria corrisponde a circa 5 tonnellate, e assicura un'autonomia
media di 3 anni (utilizzando la propulsione a curvatura per il 10% del
tempo a viaggiando, in media, a curvatura 6).
E' inoltre possibile, in caso di emergenza, la produzione a bordo di piccole
quantità di antimateria, da utilizzare in caso di esaurimento delle
scorte. A tal fine vengono utilizzati i Collettori
Bussard, dispositivi collocati
alle estremità delle gondole e generanti un intenso campo magnetico
(che non interferisce con quello di curvatura, essendo di livello energetico
estremamente inferiore) per raccogliere le particelle cariche dallo spazio
esterno. Si tratta di un processo inefficiente, perché l'energia
necessaria per la conversione delle particelle in antimateria supera quella
ottenuta dall'antimateria prodotta (a tal fine vengono utilizzati gli accumulatori
di riserva e i reattori a fusione dei motori a impulso). L'uso di tali
dispositivi è difatti estremamente raro, e limitato a condizioni
di emergenza. Le particelle raccolte vengono teletrasportate nei contenitori
di antimateria, rimaterializzandole con inversione della carica e dei numeri
quantici.
B) Nucleo di curvatura.
Il nucleo di curvatura è la zona del motore ove avviene la reazione
di annichilazione tra materia ed antimateria, e dove viene quindi prodotto
il plasma necessario per l'attivazione delle bobine di curvatura.
La reazione di annichilazione viene controllata attraverso la regolazione
della quantità di reagenti immessa nel nucleo e delle percentuali
di materia e di antimateria. Il controllo della miscelazione, estremamente
complesso, viene definito Intermix.
La gestione dell'Intermix (detta formula dell'Intermix)
è fondamentale per ottenere l'effetto propulsivo. Per ottenere del
plasma non è difatti possibile limitarsi ad immettere un'identica
quantità di materia ed antimateria, che produrrebbe soltanto radiazioni
gamma. La quantità di materia immessa deve essere maggiore dell'antimateria,
al fine di ottenere del gas ionizzato. Le percentuali variano da 25:1 a,
eccezionalmente, 1:1, quando è necessario energizzare il plasma.
I reagenti vengono immessi nel nucleo di curvatura tramite condotti dotati
di campi magnetici di contenimento (toroidi di restrizione). L'ingresso
e la quantità dei reagenti immessi vengono controllati da una coppia
di cristalli di dilitio.
Il dilitio (composto avente formula grezza 2[5]6 dilitio – 2[:]1 – diallosilicato
– 1[9]1 – eptoferranuro) è un cristallo rinvenibile in natura sulla
superficie di pianeti esposti ad alti livelli di radiazioni (ad esempio,
da esplosioni di supernova). Nel 24° secolo ne è tuttavia possibile
la produzione artificiale. Esso ha la peculiare caratteristica di potere
essere attraversato da ioni di anti idrogeno senza dar luogo a processi
di annichilazione, quando al cristallo viene applicata un'opportuna differenza
di potenziale. La struttura del cristallo è difatti tale che gli
anti ioni vengono instradati attraverso "corridoi" creati dai campi elettromagnetici
degli elettroni del cristallo, attraversandone la struttura senza interagire
con le particelle. La quantità di antiparticelle che è possibile
immettere attraverso il cristallo dipende dalla tensione applicata allo
stesso; al crescere della stessa, difatti, è possibile immettere
una maggior quantità di antimateria, in ragione della maggiore "tenuta"
dei corridoi elettromagnetici.
Quando ai cristalli non è applicata alcuna tensione, non è
possibile l'immissione di antiparticelle senza innescare il processo di
annichilazione. In tale condizione i toroidi di restrizione sono sigillati
alle estremità, e nessun reagente viene immesso nel nucleo.
Una volta applicata la tensione utile, gli estremi inferiori dei toroidi
vengono disattivati, e i reagenti possono essere immessi nel nucleo. I
cristalli di dilitio funzionano, in sostanza, come "rubinetti" che consentono
una regolazione "fine" del flusso dei reagenti (mentre con i campi di contenimento
sarebbe possibile soltanto una regolazione del tipo aperto – chiuso). Se
i cristalli di dilitio, per qualsiasi ragione, non sono operativi, i sistemi
di sicurezza impediscono l'immissione dei reagenti. Se difatti la quantità
degli stessi non venisse debitamente controllata, la produzione
di energia sarebbe eccessiva ed incontrollata, mettendo in serio pericolo
l'incolumità della nave.
I cristalli potevano essere utilizzati, in passato, per circa 6 mesi prima
che fosse necessaria la loro sostituzione, in ragione della destrutturazione
dell'edificio cristallino conseguente all'uso. Attualmente è possibile
la ricristallizzazione artificiale, che ne prolunga la durata a diversi
anni.
Il nucleo di curvatura ha forma di doppio cono tronco
unito per le due basi maggiori. Le pareti sono in duranio25
(lo stesso materiale usato per lo scafo delle astronavi),
con spessore medio solitamente non inferiore a 45 cm. All'interno del nucleo,
potenti campi magnetici impediscono il contatto del plasma con le pareti.
I flussi dei reagenti si incontrano nella regione centrale del nucleo.
Le antiparticelle si annichilano con le particelle, producendo radiazioni
gamma ad alta energia (per ogni coppia protone – antiprotone vengono prodotti
3 fotoni gamma). Tali radiazioni, unitamente alle elevate condizioni di
temperatura e pressione, ionizzano l'idrogeno immesso in eccedenza rispetto
all'antimateria. Il gas, grazie all'elevata pressione, viene immesso nei
due condotti di trasferimento che dal nucleo conducono il plasma all'EPS
(Electro Plasma System), il sistema di distribuzione controllato che conduce
il gas ionizzato alle gondole e, in percentuale minore, lo rende disponibile
per le esigenze energetiche della nave. In situazioni di emergenza è
possibile deviare il plasma per alimentare i sistemi richiedenti una quantità
di energia superiore ai normali ranges operativi (scudi deflettori,
campo di integrità strutturale).
Il nucleo di curvatura è l'unica zona della nave dove materia ed
antimateria entrano in contatto, e il suo corretto funzionamento, soprattutto
in punto di contenimento, è oggetto di monitoraggio costante in
tempo reale, sia da parte del sistema computerizzato che dal personale
addetto della sala macchine. L'indebolimento del campo di confinamento
al di sotto della soglia di sicurezza è definito "rottura
del nucleo" e, ove non tempestivamente riparato, pone
in serio pericolo l'incolumità della nave: la fuoriuscita di plasma
e di radiazioni ad alta energia, oltre ad essere letale, provoca la distruzione
dei sistemi locali di confinamento, con conseguente fuoriuscita incontrollata
dell'antimateria e distruzione della nave. Per evitare queste conseguenze,
il nucleo può essere espulso nello spazio con procedura automatica
o manuale (se la gravità del danno è tale da non consentire
l'intervento umano, il computer procede immediatamente alla sequenza di
espulsione). Il tempo necessario per l'espulsione è di circa 8 secondi.
Insieme al nucleo vengono espulsi i tratti terminali dei toroidi di costrizione
(che spesso risultano danneggiati dalla fuoriuscita di plasma e radiazioni),
mentre le estremità dei condotti di trasferimento dei reagenti e
del plasma vengono sigillati magneticamente. Il nucleo ha un autonomo campo
di confinamento di emergenza, che assicura il contenimento sinché
possibile, in attesa della procedura di espulsione o,
se questa non fosse possibile, dell'abbandono della nave. Normalmente il
campo interno di emergenza riesce a mantenere il confinamento per circa
5 minuti.
Una nave priva del nucleo non è in grado di spostarsi a velocità
di curvatura, ed ha autonomia energetica limitata ai reattori a fusione
utilizzati per la propulsione ad impulso e agli accumulatori.
In condizioni normali di funzionamento, il nucleo è perfettamente
isolato e non emette radiazioni pericolose. E' perciò possibile
lavorare nelle sue vicinanze, e anche toccarlo: la temperatura esterna
è pari a quella ambientale, mentre quella interna varia tra i 2000
e i 180.000 gradi Kelvin. La pressione media all'interno del nucleo è
di circa 700 bar.
C) Gondole.
Il campo di curvatura, ossia l'emissione di treni d'onda di warpers
e di verteroni in direzioni opposte, è generato esponendo al plasma
(preventivamente raffreddato) le bobine di curvatura, ospitate nelle gondole.
Le gondole sono strutture gemelle, di forma oblunga e di massa pari, mediamente,
al 20-25% di quella totale della nave. Sono poste ai lati dello scafo,
collegate da piloni di sostegno. Il numero di gondole è solitamente
pari a 2, benché alcune classi di navi ne utilizzino 4 (soluzione
poco diffusa, giacché a fronte di un notevole aumento della complessità
della struttura della nave non si ottengono apprezzabili vantaggi rispetto
al modello classico). La distanza tra gli assi delle gondole è solitamente
non inferiore a 0.8 volte la larghezza dello scafo (leggermente maggiore
per le navette).
L'uso di coppie di gondole è necessario per due motivi: 1) le bobine
devono essere esterne alla nave, per non sottoporre l'equipaggio agli effetti
del campo warp, e l'uso di una sola bobina produrrebbe un campo asimmetrico
rispetto allo scafo; 2) i campi prodotti dalle bobine si sovrappongono,
creando un unico campo maggiormente stabile ed intenso. L'introduzione
di opportune asimmetrie tra i campi consente inoltre alla nave di manovrare
anche a velocità di curvatura, nel caso si rendano necessarie correzioni
di rotta o manovre di emergenza.
Nelle gondole sono ospitate le bobine di curvatura, i sistemi di iniezione
e recupero del plasma, le strutture accessorie. Alle estremità anteriori
delle gondole sono collocati i Collettori Bussard, di cui si è parlato
in precedenza.
Le bobine di curvatura si dividono in primarie e secondarie: le prime sono
quelle normalmente utilizzate per la propulsione. Le seconde, autonome,
vengono impiegate in caso di danni alle prime.
Le bobine hanno forma toroidale e sono disposte
lungo l'asse della gondola, perpendicolarmente allo stesso, in dimensioni
e numero variabile a seconda della classe della nave. Esse sono composte
di cortenide di verterio.
Il verterio è un elemento transuranico di peso atomico 1216,07 e
caratteristiche metalloidi. Si tratta di un elemento artificiale di elevatissima
instabilità. La stabilizzazione avviene con procedimenti particolari,
mediante i quali gli atomi di verterio vengono inseriti al centro di reticoli
di una lega composta da cobalto, rodio, titanio,
tecnezio e, in piccola percentuale, da altri elementi transuranici (di
peso atomico molto minore) stabilizzati. Il composto risultante viene detto
cortenide di verterio.
Quando la bobina viene esposta all'azione del plasma ad alta energia, emette
warpers e verteroni in direzioni opposte. Gli ioni contenuti nel plasma
causano un collasso della struttura reticolare della cortenide di verterio,
che subisce un repentino aumento di densità; cessata l'esposizione
al plasma, la lega riprende la struttura originaria a causa delle forze
repulsive delle nubi elettroniche degli atomi. Nella fase di densificazione
vengono emessi verteroni lungo l'asse maggiore della bobina, in quella
di espansione warpers in senso opposto. Ogni fase dura circa 18 millisecondi,
per cui l'emissione di warpers e verteroni è quasi sincrona (il
ritardo non ha conseguenze apprezzabili sull'effetto propulsivo). Le caratteristiche
fisiche della cortenide di verterio, e la disposizione degli iniettori
rispetto alle bobine, fanno in modo che i gravitoni e gli warpers si irradino
in una sola direzione, parallela all'asse della bobina.
Ogni bobina è servita da quattro serie di iniettori di plasma, disposte
a 90 gradi tra loro, in modo da potere variare la struttura del campo warp
abilitando o disabilitando una (o più) serie, al fine di far manovrare
la nave a velocità di curvatura. Gli iniettori vengono attivati
in sequenza, con cicli e frequenze dipendenti dalle necessità di
manovra e propulsione, in modo che i verteroni e gli warpers entrino
in concordanza di fase a determinate distanze dalla nave, come visto in
precedenza (sezione terza).
Nella parte posteriore della gondola vi è una serie di bobine supplementari
(e una serie di riserva), dette "rafforzatrici CUN", aventi lo scopo, già
illustrato, di intensificare il campo di espansione mediante un'emissione
supplementare di warpers. In tali bobine soltanto gli warpers
vengono polarizzati, mentre i gravitoni vengono emessi in ogni direzione.
Il plasma residuo, raffreddato, viene in parte reimmesso nell'EPS e in
parte impiegato nei reattori a fusione dei motori a impulso, utilizzando
un circuito di condotti di recupero. Vi sono inoltre dei serbatoi di stoccaggio
temporaneo.
In caso di emergenza, quando è necessaria l'immediata disattivazione
del campo di curvatura, il flusso del plasma diretto alle gondole viene
interrotto e il plasma contenuto nelle gondole espulso nello spazio. Per
emergenze più gravi (danni strutturali rilevanti) è possibile
la separazione della gondola dal pilone di sostegno; in tal caso é
necessario che anche l'altra venga disattivata o separata.
Bibliografia:
La
fisica di Star Trek, di Laurence Krauss, edizioni Longanesi.
Dio non gioca
a dadi, di Walter Cassani, edizioni Demetra.
Dal Big Bang
ai buchi neri, di Stephen Hawking, BUR Rizzoli.
Scienza ed emergenze
planetarie, di Antonino Zichichi, BUR Rizzoli.
Filmografia:
Star Trek I –
the motion picture.
Star Trek VIII
– Primo Contatto.
La cruna dell'ago
(VOY).
Ancora una volta
(VOY).
Echi mentali
(TNG).
Il diritto di
essere (TNG).
Déjà-Q
(TNG).
L'Emissario (DS9).
Nelle mani dei
profeti (DS9).
Internet:
HyperTrek, a
cura Luigi Rosa.
Tech Trek.
Webtrek Italia.
1) La massa può
essere definita in diversi modi; la nozione più comune definisce
la m. come quantità di materia contenuta in un corpo. La
m. inerziale è, come visto, la resistenza che oppone un corpo alle
variazioni del suo stato di quiete o di moto. La m. gravitazionale indica
l'attrazione esercitata su o da altre masse. In proseguo sarà illustrato
il concetto di massa relativistica, che può essere approssimativamente
definita come la resistenza opposta da un corpo ad essere accelerato a
velocità prossime a quelle della luce; a differenza della massa
inerziale e di quella "sostanziale", che sono costanti, la massa relativistica
varia al variare della velocità.
2) Per la precisione, il lavoro è dato
dal prodotto della forza per lo spostamento per il coseno dell'angolo formato
tra la direzione della forza e quella dello spostamento ottenuto: L = F
x S x cos():
il lavoro è massimo quando tale angolo è pari a 0°; (cos
0°=1) e nullo quando l'angolo è di 90° (cos 90°= 0).
3) Si tratta di un'affermazione avente carattere
indicativo e pragmatico: il campo gravitazionale non è mai nullo
in alcun punto dell'universo, ma poiché decresce in ragione del
quadrato della distanza dalla fonte, ad una certa distanza dalla medesima
gli effetti divengono trascurabili. Per quanto riguarda l'attrito, la densità
media dello spazio "vuoto" à di circa un atomo di idrogeno per metro
cubo, valore anch'esso del tutto trascurabile.
4) Un anno luce è la distanza percorsa da
un raggio di luce in un anno solare terrestre, ossia circa 9.460.800.000.000
chilometri.
5) Per basse velocità la massa inerziale
della fisica classica coincide sostanzialmente con quella relativistica:
a 400 km/s la differenza tra le due masse è pari a circa un milionesimo.
A velocità prossime a quella della luce la massa relativistica aumenta
rapidamente, secondo questa relazione:
dove M è
la massa relativistica, M0 è la massa inerziale, V è la velocità,
c
è la velocità della luce. Appare evidente che ad alte velocità,
ossia quando V ha valori abbastanza vicini a c, la massa relativistica
aumenta in modo rilevante, e quando V = c, M assume un valore infinito.
Appare inoltre evidente come per ottenere accelerazioni sempre maggiori
siano necessarie quantità di energia sempre crescenti: è
necessaria molta più energia per passare da 0,9999991 c a
0,9999992 c che non da 0,1 a 0,2 c!
t
T
= ________________________
V2
(1 - ________
)1/2
c2
dove, a parte T
e t,
le variabili hanno lo stesso significato dell'equazione di cui alla nota
n. 5. Ne deriva che, al crescere della velocità, per l'osservatore
in moto gli eventi avranno una durata sempre maggiore, rispetto alle misurazioni
effettuate dall'osservatore in quiete. Inoltre, due eventi contemporanei
per uno degli osservatori potrebbero non esserlo per l'altro. Va precisato
che non si tratta di un effetto limitato agli strumenti di misura utilizzati
(ad esempio, orologi), bensì relativo all'effettivo scorrere del
tempo per i vari osservatori. Un famoso esempio per illustrare tale concetto
è il cosiddetto paradosso dei gemelli: se un individuo compie
un viaggio a velocità relativistiche, e il suo gemello resta a casa,
al rientro il viaggiatore troverà il gemello (e il resto dell'universo)
invecchiato molto più rapidamente; se per lui il viaggio è
durato un anno, per il gemello potrebbero essere trascorsi invece diversi
anni, o decenni, o secoli (a seconda delle velocità raggiunte).
Ogni
viaggio a velocità relativistiche è quindi anche un "viaggio
nel tempo", e precisamente nel futuro... di chi resta.
m1x
m2
F = ______________
x G
r2
dove G è
la costante di gravitazione universale.
La forza Elettrodebole riguarda le interazioni tra particelle nucleari. Essa opera in due ambiti distinti, che si sono rivelati coincidenti alle alte energie, ma che nei fenomeni fisici della vita quotidiana riguardano fenomeni diversi. La forza Elettrodebole è difatti "composta" dalla Forza Elettromagnetica e dalla Interazione Nucleare Debole. La prima opera tra particelle dotate di carica elettrica, e agisce in senso attrattivo tra cariche diverse e repulsivo tra cariche uguali. La sua intensità, al pari della gravità, è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche e inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Le particelle vettori sono i fotoni. La seconda è connessa alla tendenza di ogni sistema, e quindi anche dell'atomo, a raggiungere la configurazione avente il livello energetico più basso possibile. Tale forza è difatti responsabile della radioattività, mediante la quale gli atomi più pesanti si "alleggeriscono" (emettendo radiazioni ) al fine di raggiungere una configurazione stabile. Le particelle vettori sono i bosoni vettoriali (W+,W-,Z0).
L'interazione nucleare forte è la forza che tiene insieme il nucleo atomico. Mentre difatti gli elettroni, che hanno carica negativa, sono attratti dal nucleo (che ha carica positiva) mediante la forza elettromagnetica, il nucleo dell'atomo, essendo composto da protoni (con carica positiva) e neutroni (con carica neutra), tenderebbe naturalmente a disintegrarsi, a causa della repulsione elettromagnetica dei protoni. L'interazione nucleare forte impedisce che ciò avvenga. Va precisato che protoni e neutroni sono entrambi composti da quark: un protone è formato da due quark di tipo up e un quark di tipo down, un neutrone da due quark down e uno up. La forza in questione, che tiene insieme i quark formanti i nucleoni e, di riflesso, i nucleoni stessi, opera mediante particelle dette gluoni, aventi la caratteristica di interagire solo con i quark e con altri gluoni. All'interno dei nucleoni, la principale caratteristica dell'inter. Forte è la cosiddetta libertà di confinamento asintotico: a differenza delle forze sinora viste, la forza che tiene insieme i quark aumenta di intensità all'aumentare della distanza, e decresce invece insieme a quest'ultima. Ciò fa del protone una delle strutture più solide (e longeve) della natura, anche se la scoperta del nadione (usato nei phaser) ha posto fine al mito della sua indistruttibilità. La libertà di confinamento asintotico non opera invece tra nucleoni: è difatti noto sin dall'antichità come il nucleo atomico possa essere "rotto" in più pezzi.
La forza Repulsiva è stata l'ultima ad essere scoperta: essa tende ad impedire le elevate concentrazioni di massa, e cresce di intensità al crescere della concentrazione (nelle singolarità difatti, a differenza di quanto ritenuto in passato, la densità - e quindi la gravità - non è infinita, bensì determinata dall'equilibrio tra forza gravitazionale, che tende a fare collassare la struttura, e forza repulsiva, che pone un limite alla densità della materia). La forza repulsiva opera, come detto, in funzione della concentrazione di massa: masse maggiori verranno respinte con intensità maggiore, elementi con peso atomico maggiore verranno respinti in misura maggiore rispetto ad elementi più leggeri. Tale forza opera su ordini di grandezza inferiori rispetto alla forza gravitazionale, e i suoi effetti divengono significativi solo in presenza di masse o campi gravitazionali elevati. Detta forza, come si vedrà in seguito nel testo, gioca un ruolo fondamentale nella propulsione a curvatura. Le particelle vettori sono, non a caso, chiamate warpers.
Tutte le forze
esaminate hanno natura discreta, ossia agiscono e si propagano (soltanto)
secondo multipli interi di un valore minimo; hanno, in altre parole, carattere
quantistico.
La teoria del Campo Unificato è difatti fondata da un lato sull'estensione
allo spazio-tempo del carattere quantistico delle forze fondamentali (in
parole povere, lo spazio e il tempo hanno anch'essi natura quantistica,
ossia risultano divisibili non all'infinito, come a lungo ritenuto in passato,
ma sino ad un valore limite) e dall'altro dall'abbandono del concetto di
particella puntiforme, cui viene sostituita una descrizione della materia
e della radiazione in termini ondulatori. Massa ed energia sono
quindi "perturbazioni" dello spazio-tempo discreto. Tale teoria, che solitamente
viene sviluppata in epoca prossima alla realizzazione della propulsione
a curvatura, consente di spiegare i fenomeni naturali in chiave deterministica,
anche a livello subnucleare, abbandonando le approssimazioni probabilistiche
della meccanica quantistica (che venivano invocate, ad esempio, a sostegno
dell'impossibilità del teletrasporto!); consente inoltre una piena
comprensione del funzionamento delle forze fondamentali, mediante equazioni
che ne descrivono l'azione sia alle alte energie che nei fenomeni quotidiani,
e che, come detto, hanno come comune denominatore l'interpretazione ondulatoria
e quantistica di ogni fenomeno naturale.
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ha avuto come "effetto collaterale" la scoperta di importati principi scientifici e l'invenzione di nuovi strumenti e macchinari che hanno avuto una fondamentale ricaduta nell'avanzamento dell'umanità Viaggi interstellari, dalla fantascienza alla realtà: Video integrale: Lectio Magistralis: Come attraversare l'Universo con un litro di carburante, dalla propusione a curvatura per astronavi intergalattiche, al motore a impulsi per macchine, camion, motorini, aerei e navi: |
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