Sulla strada statale Catania-Gela ci sono decine di
cartelloni pubblicitari che ritraggono il “Mineo Residence” di proprietà
della società Pizzarotti Parma. “Offriamo dal 1° aprile 2011
appartamenti confortevoli a 900 euro”, riportano le scritte rigorosamente
in lingua inglese. Il prezzo è ottimo, davvero, si tratta di villette
unifamiliari di 160 metri quadri di superficie, più giardino e barbecue,
all’interno di un complesso residenziale di 25 ettari con tanto di campi
da tennis, baseball e parco giochi per bambini. Sino allo scorso mese di
dicembre il villaggio ospitava una parte del personale militare USA di
stanza nella base aeronavale di Sigonella. Il Dipartimento della difesa
ha deciso però di non rinnovare il contratto di leasing e pur di
non chiudere il villaggio, Pizzarotti S.p.A. ha provato di affittare le
404 unità direttamente ai militari a canoni semi-stracciati, offrendo
incluso un servizio navetta gratuito sino alla base. Conti alla mano, piazzando
tutte le villette, dopo un anno sarebbero entrati in cassa poco meno di
4 milioni di dollari, un bel gruzzolo, ma meno della metà di quanto
la società di Parma aveva strappato in passato al Pentagono. Gli
americani a Mineo però non ci vogliono più stare e la super-offerta
viene disertata. Mai disperare, però. Con l’“emergenza” sbarchi
migranti ecco l’occasione per nuovi lucrosi affari. Quello che sino
a ieri era il “Residence degli Aranci” viene ribattezzato
“Villaggio della solidarietà” e il duo Berlusconi-Maroni concorda
con Pizzarotti la conversione della struttura in “centro
a quattro stelle” per immigrati-clandestini-richiedenti asilo, ecc. ecc..
Il battesimo è per domani 23 febbraio quando
si avvierà la deportazione a Mineo di molti dei migranti che hanno
raggiunto Lampedusa nei giorni scorsi e - nelle intenzioni del governo
- finanche dei rifugiati e dei richiedenti asilo ospiti nei centri
di prima accoglienza di tutta Italia.
Con un’ordinanza di protezione civile firmata dal presidente
del Consiglio, il prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, è stato
nominato commissario straordinario per l’emergenza immigrazione: potrà
contare su 200 militari delle forze armate da impiegare sino al 30 giugno
per la “vigilanza e la sicurezza” anti-migranti e su un milione di euro
in cash per “l’avvio dei primi interventi” nel centro di Mineo. Un’impresa
privata è già stata contatta per rafforzare i sistemi di
controllo all’ingresso
dell’ex “Villaggio degli Aranci”. In barba alle normative,
non è stato esposto alcun cartello ad indicare la tipologia dell’opere,
l’importo e il committente. Gli operai, debitamente sforniti di caschi,
hanno lavorato pure per tutta la giornata di domenica, guardati a vista
da quattro Marines USA e da una pattuglia della Military Police.
È ai militari statunitensi che è affidata
ancora la vigilanza del residence. “ La Marina lascerà il complesso
di Mineo utilizzato dalle truppe di stanza a Sigonella, il prossimo 31
marzo, data in cui scadrà il contratto d’affitto”, spiega il portavoce
regionale di US Navy, Timothy Hawkins. “Da parte del governo italiano o
dei proprietari, non abbiamo ricevuto alcuna richiesta ufficiale di lasciare
il villaggio prima del 31 marzo. Siamo impegnati a cooperare con i nostri
partner italiani nel modo migliore e stiamo adempiendo ai nostri obblighi
contrattuali con il locatore. Diversi tentativi di ottenere informazioni
da parte del ministro degli Interni e da Pizzarotti & Co. sono rimasti
senza risposta. Sebbene gli alloggi di Mineo siano stati svuotati,
la polizia militare continuerà a controllare
gli ingressi del complesso sino alla cessazione del contratto. La US Navy
è incorsa in costi minimi per evacuare il complesso,
buona parte dovuti alla movimentazione di attrezzature e materiali
o per completare i servizi che vi svolgeva”. Sino
a fine marzo, dunque, a controllare i deportati di Mineo,
oltre alle forze dell’ordine e all’esercito italiano,
ci penseranno pure i marines USA.
“Ancora una volta è l’opzione militare a governare
tragedie e dinamiche sociali internazionali a cui l’Italia contribuisce
con le proprie scelte economiche dissennate”, è
il commento di Alfonso Di Stefano della Rete Antirazzista Catanese.
“Alla ri-trasformazione di Lampedusa in una fortezza-prigione,
all’invio di nuovi reparti militari lì come a Pantelleria, al rafforzamento
dei dispositivi navali e di pattugliamento aereo si aggiunge adesso la
“conversione” dei villaggi residenziali
a centri di massima vigilanza. E se ciò non
bastasse, spuntano come i funghi in Sicilia le stazioni radar fisse e mobili
della Guardia di finanza in funzione anti-sbarco. Acquistati con fondi
dell’Unione europea dalle aziende chiave del complesso militare industriale
israeliano, i radar vengono installati all’interno di riserve e parchi
marini, come è successo ad esempio
a Capo Murro di Porco, Siracusa. Anche la proliferazione
degli aerei senza pilota a Sigonella, a partire dai famigerati
“Global Hawk”, risponde in parte alle logiche di repressione
dei flussi di migranti nel Mediterraneo”.
Tra i tanti “meriti” del governo anche quello di avere
bypassato le comunità e gli amministratori interessati al piano
“accoglienza”. Il Consiglio comunale di Mineo ha votato un ordine del giorno
in cui denuncia la “mancata trasparenza delle istituzioni sovracomunali
per il non coinvolgimento degli Enti Locali” e chiede spiegazioni al ministro
Maroni “attraverso
un rapporto dettagliato sulle reali finalità
del probabile centro, sulla tempistica di adeguamento delle abitazioni
e sui flussi dei migranti destinati al Villaggio della Solidarietà”.
L’odg si conclude però invocando “tutte quelle misure necessarie
a fugare i timori per i rischi di ordine pubblico conseguenti all’insediamento
di migliaia d’immigrati, al fine di salvaguardare le esigenze della popolazione
locale, delle attività produttive e degli imprenditori locali”.
Il sindaco, Giuseppe Castania, dichiara di non essere mai stato informato
né sul numero né sullo status delle persone che il governo
trasferirà a Mineo e amplifica l’allarme sicurezza. “Il governo
deve chiarire cosa intende fare per far convivere all’interno di un’unica
struttura persone di provenienza, lingue e religioni differenti”, spiega
Castania. “Ammassare migliaia di immigrati in quel posto, potrebbe rivelarsi
una scelta scriteriata, che creerebbe una grandissima sacca di emarginazione
in un territorio già di per sé tormentato dall’elevato tasso
di disoccupazione e di povertà”. Secondo il
sindaco, a Roma ci sarebbe l’intenzione ad apportare modifiche strutturali
all’interno del residence, in modo da ricavare 2.000
abitazioni ed ospitare fino a 7.000 persone. “Una situazione insostenibile,
se si considera che il nostro Comune conta appena
5.000 abitanti”, aggiunge Castania. “Nel villaggio è possibile insediare
invece fino ad un massimo di 1.938 abitanti, in rispetto
delle norme sui volumi previsti dal piano d’insediamento”.
Il complesso residenziale fu realizzato a fine anni
’90 con variante allo strumento urbanistico, autorizzata dalla Regione
Siciliana, che prevedeva un vincolo di destinazione esclusiva per “insediamento
residenziale a ambito chiuso per le famiglie del personale militare USA
della base aeronavale di Sigonella”, come ricorda l’amministrazione di
Mineo in una lettera di diffida inviata alla Pizzarotti e Banca Intesa
San Paolo, l’istituto di credito che ha finanziato il progetto. “Il provvedimento
esclude esplicitamente il cambio di destinazione d’uso e il nuovo piano
regolatore adottato nel 2002 dal Comune ha mantenuto
il vincolo per l’area”, aggiungono gli amministratori.
“Qualora si addivenisse alla scelta di una destinazione diversa
del residence si dovranno attivare le procedure occorrenti
per ottenere dagli organi competenti le autorizzazioni dovute”.
Da registrare infine l’ennesimo giro di valzer del
governatore Raffaele Lombardo. Dopo il “sì” e il “nì” al
“piano Mineo”,
nelle ultime ore è giunto un “no” deciso. “Migranti
e richiedenti asilo vanno ospitati in un territorio e in un ambiente nel
quale
ci sono opportunità di lavoro. Come la Lombardia
o il Veneto”, afferma Lombardo. “Maroni mi ha comunque parzialmente rassicurato,
confermandomi che al villaggio di Mineo non saranno destinati gli immigrati
giunti nelle ultime settimane sulle sponde siciliane. Si prevede, invece,
di ospitare i richiedenti asilo, per il tempo necessario alla valutazione
dell’istruttoria.
Nel residence non ci saranno militari, ma la Caritas
e la Croce Rossa ”. L’ennesimo gioco delle parti. Con la bugia, enorme,
che a presidiare i richiedenti-detenuti ci saranno
i volontari e non le forze armate.
Mentre buona parte dell’associazionismo siciliano pro-migranti
assiste in silenzio agli osceni sviluppi della vicenda, dal Friuli Venezia
Giulia è giunta la dura posizione della Tenda della pace e dei Diritti.
“Il residence di Mineo sorge in un’area isolata
e si pone quindi come perfetta congiunzione nella
guerra globale, dal sostegno ai conflitti, alla gestione dei flussi migratori
attraverso politiche di detenzione e ghettizzazione”, scrive l’organizzazione.
“Si tratta di un enorme business creato ad arte sulla pelle, la vita e
la morte delle persone. Ancora una volta il governo potrebbe cogliere l’occasione
di sfruttare lo “stato di emergenza” per perseguire i propri fini. La costruzione
dei CpT ora Centri di identificazione ed espulsione (CIE) ha eluso
le normali procedure di realizzazione di opere pubbliche
riferendosi ad una legge sullo stato di emergenza. Forse riferendosi all’orda
dei tunisini che ci stanno invadendo il governo riuscirà ad ottenere
con tempi rapidi l’apertura di nuovi CIE, basterà girare la chiave
alle porte dei CARA, i Centri di accoglienza rifugiati e richiedenti asilo”.
Perplessità e preoccupazioni sulla decisione
di trasferire nel piccolo centro siciliano i richiedenti asilo ospitati
nei vari centri
di protezione disseminati in quasi 100 comuni italiani
sono state espresse pure dall’Alto commissariato per i rifugiati delle
Nazioni Unite (UNHCR) e dal Consiglio italiano rifugiati (CIR). “Una soluzione
del genere significherebbe sradicare persone
e famiglie che hanno già avviato un percorso
di integrazione e trasferirle in un luogo dove queste condizioni non sussistono”,
ha dichiarato la portavoce UNHCR, Laura Boldrini.
“È sorprendente che per far posto agli ultimi immigrati arrivati
dalla
Tunisia, che sono per lo più migranti economici,
si vada a intaccare e a mettere in discussione l’intero sistema di asilo,
che, sia pur con dei limiti, è funzionante.
Si finirebbe inoltre per stravolgere l’equilibrio dei centri di accoglienza,
rallentando
ancor di più il lavoro di accertamento che
precede la concessione dell’asilo da parte delle “Commissioni Territoriali”.
In una lettera inviata al ministro Maroni, il CIR sottolinea
come il “concentramento” di rifugiati o richiedenti asilo
in una grande struttura “rappresenterebbe il contrario
dell’attuale sistema di protezione coordinato dall’Anci in accordo
con il ministero dell’Interno che prevede decentramento,
ospitalità in piccoli centri, coinvolgimento degli enti locali e
delle associazioni”. “Già una volta, nella primavera del 1999, 5.000
sfollati kosovari furono ospitati nella ex base Nato di Comiso
in Sicilia e inevitabilmente in poco tempo la situazione
divenne totalmente ingovernabile”, scrivono ancora i rappresentanti
del CIR. “Chiediamo un ripensamento sull’utilizzo
del Villaggio degli Aranci di Mineo che potrebbe effettivamente servire
come centro di smistamento e prima identificazione delle persone solo per
un limitatissimo periodo di accoglienza in caso
di arrivi massicci dal nord-Africa, caso che non è
affatto da escludersi considerando anche l’attuale situazione in Libia”.
Contro le accoglienze-detenzioni dei cittadini africani
in fuga si schierano invece la Commissione episcopale per le migrazioni
(Cemi) e la Fondazione Migrantes. Ponendo la necessità di imboccare
“percorsi strutturali politici e sociali di integrazione”
per chi arriva in Italia, le due organizzazioni chiedono
di valutare la possibilità di “un decreto flussi straordinario per
offrire regolarmente un lavoro agli immigrati”. Una richiesta semplice
e sostenibile che minerebbe gli interessi dei profittatori dell’Emergenza
Migranti S.p.A.
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