I magistrati palermitani non hanno dubbi sul deputato azzurro di Giovanni Panunzio http://old.lapadania.com/1998/luglio/08/080798p05a2.htm |
Roma Una serie di intercettazioni telefoniche e le accuse di numerosi pentiti avrebbero incastrato il deputato di Forza Italia Gaspare Giudice, per il quale la Procura di Palermo ha chiesto l'autorizzazione all'arresto. La prima indicazione dei rapporti tra il parlamentare di Forza Italia e la cosca capeggiata da Panzeca emergerebbe dall'interrogatorio di Salvatore Barbagallo sulle attività illecite della cosca capeggiata dai boss Lorenzo Di Gesù e Giuseppe Panzeca. «Altre operazioni di riciclaggio - dichiara il pentito - il Panzeca aveva compiuto con la complicità di un direttore della Sicilcassa, tale giudice, prima operante in Termini Imerese e successivamente trasferito a Palermo».E in un successivo interrogatorio, alla richiesta di precisazione da parte dei magistrati, Barbagallo risponde : «Con riferimento a tale giudice, funzionario della Sicilcassa, del quale ho parlato nel precedente verbale, posso precisare che si tratta di Giudice Gaspare, funzionario operante presso l'agenzia della Sicilcassa di Termini Alta, almeno sino al 1984. Costui era la persona di fiducia della quale Di Gesù si serviva per compiere operazioni di riciclaggio di denaro sporco appartenente a Pippo Calò (il cassiere della mafia, ndr). Ricordo che nel periodo in cui operava a Termini Imerese, io ero solito portargli circa due volte al mese contante per un ammontare non superiore a 50 milioni. Questi soldi il Giudice, a seconda delle necessità, me li cambiava subito con altri biglietti di taglio diverso ovvero li depositava su libretti al portatore aventi nomi di fiori».Angelo Siino, il cosiddetto ministro dei Lavori pubblici di Cosa Nostra, lo individua in una foto che gli mostrano i magistrati inquirenti, dichiara di conoscerlo fin da ragazzo e lo coinvolge negli affari illeciti degli uomini d'onore di Caccamo e Termini Imerese.Un altro pentito, l'ing. Salvatore Lansalaco afferma che Giudice, quando era detenuto per la truffa dei falsi rimborsi Iva, avrebbe avuto subito il sostegno delle persone a vantaggio delle quali si sarebbe adoperato. E che in carcere sarebbe entrato in contatto con boss del calibro di Pietro Vernengo e Carlo Greco. «Per questo motivo - dichiara - il Giudice durante tutta la carcerazione e fino alla fine del procedimento penale non aveva fatto alcuna ammissione e si era guadagnato la stima di queste persone». Secondo i magistrati palermitani le dichiarazioni dei pentiti troverebbero ampi riscontri nelle indagini svolte dai cc. Non solo, ma il gip scrive che «il riscontro incontrovertibile alle dichiarazioni di Barbagallo, Siino e Lanzalaco proviene dalle indagini svolte dal pool dell'Ufficio istruzione del tribunale di Palermo nel procedimento denominato Mafia delle Madonie». Un altro capitolo delle accuse a Giudice riguarda la gestione di alcune società nautiche che coprivano traffici illeciti. «Sulla base delle dichiarazioni acquisite - scrivono i magistrati - e dei molteplici e univoci elementi di riscontro accertati, si può affermare che l'on. Giudice Gaspare sia stato l'abile manovratore di una straordinaria azione di riciclaggio dei patrimoni illeciti facenti capo a Carlo Greco, Tinnirello Lorenzo, D'Agati Giovanni e Vernengo Pietro, tutti esponenti di primo piano delle famiglie mafiose». |
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