Campania, Nicola Cosentino coordinatore e candidato in pectore del Pdl alla Regione
Un politico che ha contratto un "debito di gratitudine" con il clan camorristico dei Casalesi.
Il pentito Vassallo: «Vidi consegnargli una busta con 50mila euro».
Il coordinatore del Pdl campano e candidato in pectore del Pdl alla Regione Campania «contribuiva, sin dagli anni '90
a rafforzare vertici e attività del gruppo camorrista facente capo alle famiglie di Bidognetti e Schiavone».
Si legge così nell'ordinanza con cui il gip Raffele Piccirillo chiede l'arresto per l'attuale sottosegretario al Tesoro.

Nell'ordinanza del gip il sostegno dei Casalesi a Nicola Consentino
10 novembre 2009
Nicola Cosentino «contribuiva, sin dagli anni '90 a rafforzare vertici e attività del gruppo camorrista facente capo alle famiglie di Bidognetti e Schiavone». È quanto si legge, tra l'altro, nel capo di imputazione per concorso esterno in associazione mafiosa emesso dal gip Raffaele Piccirillo nei confronti del sottosegretario all'Economia e coordinatore regionale del Pdl. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere, che si compone DI 351 pagine, è stata trasmessa alla Camera per l'autorizzazione all'esecuzione.

Da tale sodalizio Consentino «riceveva puntuale sostegno elettorale in occasione alle elezioni a cui Cosentino. partecipava quale candidato diventando consigliere provinciale di Caserta nel 1990, consigliere regionale della Campania nel 1995, deputato per la lista Forza Italia nel 1996 e, quindi, assumendo gli incarichi politici prima di vice coordinatore e poi di coordinatore del partito di Forza Italia in Campania, anche dopo aver terminato il mandato parlamentare del 2001». Cosentino avrebbe in particolare «garantito il permanere dei rapporti tra imprenditoria mafiosa, amministrazioni pubbliche e comunali».

Nel capo di imputazione si fa riferimento, inoltre, a «indebite pressioni nei confronti di enti prefettizi per incidere, come nel caso della Eco4 spa (società che operava nel settore dei rifiuti, ndr) nelle procedure dirette al rilascio delle certificazioni antimafia». Cosentino è anche accusato di aver cerato e cogestito «monopoli d'impresa, quali l'Eco4 spa e nella quale Cosentino esercitava, in posizioni sovraordinata a Giuseppe Vitiello, Michele Orsi (ucciso poi in un agguato di camorra, ndr), e Sergio Orsi, il reale potere direttivo e di gestione, così consentendo lo stabile reimpiego dei proventi illeciti, sfruttando delle attività di impresa per scopi elettorali, anche mediante l'assunzione di personale e per diverse utilità».

Fu il boss Francesco Bidognetti a indicare all'imprenditore casertano Gaetano Vassallo, che dal 2008 collobora con i magistrati dopo essere stato arrestato nell'ambito delle inchieste sulle infiltrazioni dei clan nella gestione dello smaltimento rifiuti in Campania, la necessità di procurare voti per il parlamentare Pdl Nicola Cosentino.

Le dichiarazioni dell'imprenditore Gaetano Vassallo, ritenuto vicino al clan dei Casalesi, sono riportate in più parti nell'ordinanza di custodia emessa nei confronti di Nicola Cosentino. Il collaboratore di giustizia collega la figura del parlamentare «alla società ECO4 della quale Cosentino sarebbe stato "controllore" politico fin dalla sua costituzione». Vassallo è inserito nella compagine societaria come rappresentante della fazione "bidognettiana" del clan dei Casalesi, per investitura del capo Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e mezzanotte.

Al rapporto tra Cosentino e la ECO 4, Vassallo - osserva il gip Raffaele Piccirillo - collega la dazione da parte di Sergio Orsi della somma contante di 50mila euro, che sarebbero stati consegnati da Orsi all'esponente politico in una busta gialla.

«Confesso - premette Vassallo - che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società ECO4 s.p.a. gestita dai fratelli Orsi. Sono stato di fatto loro socio perchè richiesto di farlo da parte di Massimiliano Miele investito da Francesco Bidognetti. All'epoca era Aniello Bidognetti la persona a gestire gli affari del clan, riferiti alla famiglia Bidognetti e, a fronte degli impegni prestati dal clan ai fratelli Orsi, era stata fissata una tangente mensile pari a cinquantamila euro, con la previsione ulteriore dell'assunzione di cinquanta persone scelte dal clan».

«I rapporti economici tra i fratelli Orsi e il clan - prosegue - sono stati regolati direttamente da Massimiliano Miele, con modalità che non conosco. Posso dire che la società ECO4 era controllata dall'onorevole Cosentino e anche l'onorevole Landolfi aveva svariati interessi in quella società. Presenziai personalmente alla consegna di cinquantamila euro in contanti da parte di Sergio Orsi all'onorevole Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest'ultimo a Casal di Principe. Ricordo che Cosentino ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio m'informò del suo contenuto (...) Spiegando le ragioni della mia presenza in occasione del versamento della somma contante dell'Orsi Sergio al Cosentino, rappresento che io ero sostanzialmente un 'sociò, seppure occulto, all'interno della ECO4 e la cosa era ben nota al Cosentino stesso. Astrattamente era come se quei soldi provenissero anche da me, tanto che Cosentino ebbe a ringraziare entrambi».

Attraverso esponenti della famiglia Bidognetti, e anzi proprio attraverso il capo Francesco Bidognetti detto 'Cicciotto 'e mezzanottè, Vassallo sostiene di aver conosciuto Cosentino, alcuni anni prima della costituzione della ECO4. «Cosentino - afferma il collaboratore - sapeva che io ero socio della ECO4 e sapeva perfettamente dei miei rapporti con la famiglia Bidognetti, per la quale ero il referente all'interno della società: faccio presente che io ebbi a conoscere Nicola Cosentino proprio attraverso Bidognetti Francesco, proprio in un periodo antecedente all'arresto di quest'ultimo. Mi ero aggiudicato il servizio di raccolta degli R.S.U. sul comune di San Cipriano con la SETIA SUD, intestata a mio fratello Salvatore e un giorno Bidognetti Francesco mi convocò affinchè indicessi una riunione con le maestranze per sostenere il candidato Nicola Cosentino per le elezioni provinciali. Me lo presentò come suo amico e io personalmente ebbi a prelevare il Cosentino insieme al fratello minore e a portarlo presso il deposito ove erano state riunite le maestranze, invitandole al voto secondo le indicazioni di Francesco Bidognetti ».

A quella presentazione - scrive il gip - fecero seguito altri incontri, altre sponsorizzazioni elettorali ma anche l'impegno di proselitismo profuso dall'odierno collaboratore di giustizia in favore del partito dell'indagato. «A partire da quell'episodio ebbi ad incontrare il Cosentino anche dopo la sua elezione a parlamentare. Faccio presente che sono tesserato Forza Italia e grazie a me sono state tesserate numerose persone presso la sezione di Cesa: mi è capitato in due occasioni di sponsorizzare la campagna elettorale del Cosentino offrendogli cene presso il ristorante "zì Nicola" di mio fratello, cene costose essendo invitate centinaia di persone delle quali io e i miei fratelli ci assumevamo interamente il costo».

Il giudice spiega che il ruolo di «grande elettore» rivestito nel clan Bidognetti da Gaetano Vassallo trova piena conferma nelle dichiarazioni di Domenico Bidognetti, cugino del boss. «Con riferimento a Gaetano Vassallo - afferma quest'ultimo - specifico che tra i suoi compiti rientrava anche quello di convogliare i voti verso i candidati prescelti dai clan. In questo senso, certamente anche Vassallo, che aveva un grosso bacino elettorale a Cesa anche in forza della consistenza numerica della famiglia di appartenenza e in forza delle sue conoscenze, si è sempre attivamente prodigato per convogliare i voti secondo le indicazioni fornitegli da mio cugino Cicciotto».



Intervista allo scrittore Roberto Saviano:
"Cosentino ha sempre avuto un ruolo attivo in quel territorio"
"Il suo partito si è accorto in ritardo dei suoi legami: com'è possibile?"
Saviano: "Verità che arriva in ritardo tutti sapevano, ora si metta da parte"

ROMA - "Ho pensato subito "non mentivamo". Tutto quello che abbiamo scritto in questi mesi viene confermato da questa richiesta della magistratura". Roberto Saviano commenta così, in un'intervista a Radio Capital, la richiesta di arresto per Nicola Cosentino. "La cosa dolorosa è che Nicola Cosentino è stato per anni una colonna portante del centro destra in Campania e soltanto ora ci si accorge che aveva dei legami con il clan dei Casalesi. Come è possibile questo ritardo? Perché andava bene quando era solo sottosegretario e adesso che si è candidato alla presidenza della regione crea questo allarme?". 

Cosa vuol dire? 
"Chi segue da tempo le cose di camorra, sa che Nicola Cosentino ha avuto sempre un ruolo attivo in quel territorio. Un suo fratello, infatti, è sposato con la sorella di Giuseppe Russo cioè Peppe il Padrino, esponente del clan dei Casalesi e della famiglia Schiavone". 

E se il Parlamento dovesse respingere questa richiesta della magistratura? 
"Cosentino dovrebbe farsi da parte o comunque rinunciare all'immunità parlamentare, come ha promesso. Vediamo se la sua era una parola d'onore o una parola, come direbbe Leonardo Sciascia, da mezzo uomo". 

Proprio due giorni fa Cosentino ha detto: "Sto dalla parte di Saviano e di Don Peppe Diana, contro i clan". 
"Lo fa solo per la volontà di confondere le acque e soprattutto di evitare un conflitto che potrebbe danneggiarlo. Nicola Cosentino, non ha mai fatto antimafia, mai. Non è mai stato presente in prima linea nelle battaglie contro le organizzazioni criminali. Mi ha sempre colpito che Casal di Principe abbia tre parlamentari: una realtà di 20 mila persone riesce ad esprimere tre parlamentari. Nessuno dei tre ha mai portato avanti una battaglia contro le organizzazioni criminali. Che sia chiaro, se vieni da quella realtà, con un fortissimo clan presente sul territorio, in cui centinaia di persone sono state condannate per associazione mafiosa, è necessario che la politica risponda nell'immediato".



I VERBALI:
E il boss dei Casalesi disse "Cosentino il nostro candidato"
"Giuseppe Setola disse che l'onorevole era amico di Bidognetti"
Nell'inchiesta spuntano i nomi di Bocchino e Landolfi

11 novembre 2009 DARIO DEL PORTO e CONCHITA SANNINO
NAPOLI - Un politico che ha contratto un "debito di gratitudine" con il clan camorristico dei Casalesi. A questa organizzazione "deve, almeno in parte, le sue fortune". È il ritratto di Nicola Cosentino disegnato nell'ordinanza con la quale il gip di Napoli Raffaele Piccirillo chiede al Parlamento l'arresto del sottosegretario all'Economia e leader regionale del Pdl. Cosentino, accusa il giudice, è stato "sostenuto" dalla cosca di Gomorra "in una pluralità di competizioni elettorali" ricevendo "un contributo di lungo termine e rilievo strategico" e contribuendo così "al permanere dei rapporti tra imprenditoria mafiosa e amministrazioni pubbliche e comunali". Non solo: a metà degli anni '90, Cosentino avrebbe assicurato ai Casalesi che Forza Italia avrebbe ridimensionato "i giudici di sinistra". 

Le toghe rosse 
In un verbale del 1996 il boss pentito Dario De Simone rivelò di aver commentato con l'allora consigliere regionale Nicola Cosentino il difficile momento giudiziario attraversato dai Casalesi a seguito dell'inchiesta "Spartacus". "Cosentino mi riferì che la vittoria della coalizione di Forza Italia avrebbe sicuramente comportato un alleggerimento della pressione nei nostri confronti. In particolare si riferiva alle disposizioni di legge sui collaboratori di giustizia. Parlavamo anche degli orientamenti politici dei giudici che si occupavano delle nostre vicende, in particolare del dottor Greco e del dottor Cafiero (entrambi oggi procuratori aggiunti a Napoli, ndr) che ritenevamo particolarmente agguerriti nei nostri confronti. Arrivammo alla conclusione - sostiene ancora De Simone - che l'affermazione di Forza Italia avrebbe potuto mutare la situazione, nel senso che i giudici di sinistra sarebbero stati ridimensionati, non avrebbero avuto più quel potere che avevano alla Procura di Napoli". 

Il business rifiuti
L'impianto centrale dell'inchiesta condotta dai pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci riguarda il rapporto fra Cosentino e l'attività imprenditoriale nel settore dei rifiuti dei fratelli Sergio e Michele Orsi (quest'ultimo assassinato dall'ala stragista del clan nel giugno 2008, poco dopo aver iniziato a rendere dichiarazioni ai magistrati). Imprese, quelle degli Orsi, come la società mista Eco4, ritenute dal gip "geneticamente connesse e funzionali alla camorra casalese" e nelle quali, secondo il pentito Gaetano Vassallo, Cosentino avrebbe esercitato un controllo assoluto di "assunzioni, nomine e incarichi". Al punto da sostenere: "L'Eco4 song' io". Per Michele Orsi il 70 per cento delle assunzioni nella società furono "effettuate in concomitanza con le scadenze elettorali". 

Il termovalorizzatore 
Viene ritenuta esemplare la vicenda dell'impianto di Santa Maria la Fossa, nel Casertano. Dice Vassallo: "Cosentino e gli Orsi, per realizzare il progetto, lasciarono il gruppo Bidognetti e passarono con gli Schiavone (le due famiglie della confederazione criminale dei Casalesi n. d. r.). Passaggio incruento perché rispondeva a dinamiche di controllo territoriale". Quando Vassallo chiese conto a Cosentino della sua estromissione dall'iniziativa, il politico gli rispose "che aveva dovuto adeguarsi alle decisioni prese a monte dagli Schiavone". 

Il boicottaggio contro Fisia
Il magistrato rileva un altro, delicatissimo, nodo: quello della "strategia di creazione di un ciclo integrato dei rifiuti" teso a estromettere, nel 2001-2002, gli originari affidatari di Fisia Italimpianti. I "momenti cruciali" di questa strategia sono stati "tutti patrocinati da Cosentino", argomenta il gip che individua nella "politica di boicottaggio del sistema affidato a Fisia Italimpianti", nella promozione del consorzio Impregeco nel quale erano interessati gli Orsi e nella monopolizzazione dei servizi di raccolta dei rifiuti condotte che "obbediscono obiettivamente a una strategia convergente con quella del clan dei Casalesi". Sulla convenzione con Impregeco è stato sentito come teste il governatore Antonio Bassolino, all'epoca commissario rifiuti il quale, rileva il gip, "non sapeva fornire ragioni sull'ordinanza e la convenzione che pure ebbe a firmare" indicando come uno degli autori principali dell'atto l'allora subcommissario Giulio Facchi. 

I voti 
Vassallo racconta di essere stato incaricato dal boss Francesco Bidognetti di procurare i voti per Cosentino: "Ebbi modo di conoscere il politico attraverso Bidognetti prima che venisse arrestato". Successivamente proprio quel padrino, dalla cella, avrebbe fatto arrivare l'ordine di sostenerlo alla Provincia. "Fui contattato da Bernardo Cirillo, cugino di Bidognetti - afferma Vassallo - il quale mi disse che dovevamo organizzare un incontro per Cosentino: era uno dei nostri candidati di riferimento. Cirillo specificò che era stato proprio "lo zio" a far arrivare questo messaggio mediante canali illegali". Riunione che poi Vassallo avrebbe organizzato con le sue maestranze in un deposito per la raccolta dei rifiuti. Cosentino, scrive il gip, avrebbe ricevuto "puntuale sostegno elettorale" dal clan: consigliere provinciale di Caserta nel 1990, consigliere regionale nel 1995, deputato per Forza Italia nel 1996, vice coordinatore e poi di coordinatore di Fi in Campania, anche dopo il 2001. 

Il tessuto 
Vassallo fa i nomi di altri politici che non risultano indagati: "Raffaele Bidognetti mi riferì nel 2007 che gli onorevoli Italo Bocchino, Nicola Cosentino, Gennaro Coronella e Mario Landolfi facevano parte del 'nostro tessuto camorristico'". Landolfi, imputato di corruzione aggravata in un diverso filone ora stralciato, definisce il pentito "inquinatore bugiardo". A Cosentino i magistrati contestano inoltre "indebite pressioni su enti prefettizi per incidere nelle procedure sul rilascio delle certificazioni antimafia". 

La busta con 50mila euro 
Vassallo ricorda di aver assistito "personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Sergio Orsi all'onorevole Cosentino a casa di quest'ultimo a Casal di Principe. Ricordo che Cosentino ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio m'informò del suo contenuto". Cosentino, aggiunge Vassallo, "ringraziò entrambi". Un anno fa Sergio Orsi ha smentito la circostanza. 

"Nicola è il mio padrone" 
Il gip cita una telefonata nella quale Sergio Orsi "intimorito della sola prospettiva che qualcuno potesse presentarlo a Cosentino come un ostacolo sul percorso delle assunzioni clientelari" dice: "Nicola è il mio padrone". Lo stesso Sergio Orsi, in un'altra telefonata, riferisce che Cosentino gli avrebbe detto: "Ma non tieni fiducia in me, io per te mi faccio uccidere". Frase che il giudice definisce come "il patto di lealtà con l'imprenditore mafioso che lo stesso Cosentino orgogliosamente rivendica". 

Setola alla tv 
Racconta il pentito Oreste Spagnuolo che Giuseppe Setola, capo dell'ala stragista del clan dei Casalesi protagonista nella primavera 2008 di 18 omicidi fra i quali quello di Michele Orsi, vedendo in televisione Cosentino avrebbe commentato:
"Disse che era amico di Cicciotto (il boss Francesco Bidognetti, ndr)".
Poi aggiunge: "Diceva testualmente che era una persona 'acconcia', cioè 'a posto'".


La Cei: i mafiosi fuori dalla Chiesa
10 novembre 2009
Era il maggio del 1993 quando, a un anno circa dall'uccisione dei giudici Falcone e Borsellino, Giovanni Paolo II denunciò per la prima volta la «mafia». Disse proprio così, chiamandola, inusualmente, per nome. «Dio - affermò in un discorso a braccio nella Valle dei Templi di Agrigento - ha detto non uccidere: nessuna agglomerazione umana, mafia, può calpestare questo diritto santissimo di Dio. Tuonò, Wojtyla: «Lo dico ai responsabili: Convertitevi. Una volta verrà il giudizio di Dio!». 

Parole che riecheggiano ancora oggi tra i vescovi italiani. Tanto che, mentre la magistratura torna ad occuparsi di quegli omicidi e della 'trattativa" tra Stato e Cosa nostra, mentre l'opinione pubblica si interroga sui legami tra criminalità organizzata e politica, il tema rimbalza anche ad Assisi, dove si tiene l'assemblea generale straordinaria della Conferenza episcopale italiana. I vescovi approveranno oggi un documento dedicato al Mezzogiorno. 

Sul Sud i vescovi concentrano da tempo la loro attenzione. Preoccupati dalle intemperanze della Lega e dall'effetto della crisi economica (proprio ieri il cardinal Bagnasco ha indicato il meridione come area a cui prestare particolare attenzione), affronteranno anche il tema della criminalità organizzata. E se Claudio Magris, dalle colonne del Corriere della sera, ha chiesto alla Chiesa di «pronunciare ad alta voce una scomunica ufficiale e specifica» dopo la diffusione di un video che ritraeva un omicidio in pieno giorno a Napoli, oggi è un vescovo siciliano, interpellato dai giornalisti, a rispondere. 

«Non c'è bisogno di comminare esplicite scomuniche - spiega il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata - perché chi fa parte di queste organizzazioni criminali già automaticamente è fuori dalla comunione ecclesiale anche se si ammanta di religiosità». La memoria va ai "pizzini" che Bernardo Provenzano conservava nella sua Bibbia. 

Crociata però puntualizza: «Non si risolve questo dramma sociale solo richiamando, come è doveroso, l'esclusione dalla Chiesa, ma con l'impego di tutti». È necessaria una «crescita di coscienza civile, cultuale ed umana» e serve un impegno non solo - «assolutamente necessario» - di magistratura e organi di sicurezza, ma di «tutte le istituzioni», le «istituzioni educative», i «cittadini tutti». 

Sugli altri temi dell'attualità politica, peraltro, il segretario della Cei smussa le asperità, stempera i toni, calibra le parole. Se c'è chi, nella Chiesa, è arrivato di recente a denunciare una «eutanasia della Repubblica democratica», Crociata sostiene che la democrazia non è in pericolo: «Io - afferma - non credo al catastrofismo, non credo che la prospettiva giusta sia quella apocalittica». Di fronte alla sentenza della Cassazione su Eluana Englaro ci fu chi tra i vescovi, criticò le toghe "laiciste" «Abbiamo il massimo rispetto della magistratura, come di tutte le istituzioni», risponde Crociata mentre. Sullo sfondo, il mondo della politica si divide sulla riforma della giustizia. In Abruzzo la ricostruzione avviene con dei «ritardi», ammette il presule, ma - aggiunge subito - «ciò non vuol dire che non si è fatto niente o non ci sia impegno». Nessun «allarme», da parte della Cei, neppure per la nuova influenza. I fedeli potranno continuare ad andare a messa, comunicarsi, intingere la mano nelle acquesantiere. 

Tra i temi ecclesiastici affrontati dal "parlamento" dei vescovi italiani, poi, un documento sul nuovo rito delle esequie
che permetterà la cremazione, pur negando lo spargimento delle ceneri. Nessuna decisione in vista, invece, 
sul nuovo direttore di "Avvenire". Con i cronisti che si esercitano nel toto-nomine, il monsignore scherza:
«Voi fate le nomine e poi proseguiamo...».