SENTENZA N. 225 ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Dott. LUIGI OGGIONI
Avv. ANGELO DE MARCO
Avv. ERCOLE ROCCHETTI
Prof. ENZO CAPALOZZA
Prof. VEZIO CRISAFULLI
Dott. NICOLA REALE
Prof. PAOLO ROSSI
Avv. LEONETTO AMADEI
Dott. GIULIO GIONFRIDA
Prof. EDOARDO VOLTERRA
Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale:

- degli artt. 1, 2 e 18 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067 (Norme per il servizio delle comunicazioni senza filo); -

degli artt. 1, 166, 168, n. 5,178 (come sostituito dall'art. 1, n. 2, della legge 14 marzo 1952, n. 196) e 251 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645 (Approvazione del codice postale e delle telecomunicazioni);

- del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180 (Approvazione ed esecutorietà della Convenzione per la concessione alla RAI del servizio di radioaudizioni e televisione circolare e del servizio di telediffusione su filo);

- dell'art. 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196 (Modificazioni degli articoli 178, 269 e 270 del codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con regio decreto 27 febbraio 1936, n. 645);

- del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214 (Nuove norme sulle concessioni di impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori);

- degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni);

promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 15 maggio 1971 dal pretore di Poggibonsi nel procedimento penale a carico di Parronchi Sergio, iscritta al n. 273 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 22 settembre 1971;

2) ordinanza emessa il 14 gennaio 1972 dal pretore di omegna nel procedimento penale a carico di Porta Giuseppe ed altro, iscritta al n. 40 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 90 del 5 aprile 1972;

3) ordinanza emessa il 17 febbraio 1972 dal pretore di Macerata nel procedimento penale a carico di Meschini Italo, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11 O del 26 aprile 1972;

4) ordinanze emesse l'11 aprile 1972 dal pretore di Sampierdarena nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Parodi Giancarlo ed altri e di Parodi Giovanni ed altro, iscritte ai nn. 197 e 198 del registro ordinanze 1972 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 165 del 28 giugno 1972;

5) ordinanze emesse il 18 aprile 1972 dal pretore di Sestri Levante nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Marchetti Pier Giorgio e di Di Gennaro Gian Luigi, iscritte ai nn. 212 e 213 del registro ordinanze 1972 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 180 del 12 luglio 1972;

6) ordinanze emesse il 18 e il 20 maggio 1972 dal pretore di Bologna nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Riccò Vitaliano ed altro e di Buscemi Ignazio, iscritte ai nn. 244 e 245 del registro ordinanze 1972 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 del 30 agosto 1972;

7) ordinanza emessa il 6 giugno 1972 dal pretore di Bologna nel procedimento penale a carico di Gelli Giorgio, iscritta al n. 262 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 247 del 20 settembre 1972;

8) ordinanza emessa il 27 giugno 1972 dal pretore di Fidenza nel procedimento penale a carico di Colacicco Michele, iscritta al n. 312 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 279 del 25 ottobre 1972;

9) ordinanza emessa il 15 marzo 1972 dal pretore di Milano nel procedimento penale a carico di Begozzi Bruno ed altri, iscritta al n. 324 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 296 del 15 novembre 1972;

10) ordinanza emessa il 9 dicembre 1972 dal pretore di Assisi nel procedimento penale a carico di Di Bernardino Vittorio, iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 55 del 28 febbraio 1973;

11) ordinanza emessa il 9 marzo 1973 dal pretore di Terni nel procedimento penale a carico di Pierantoni Pietro ed altro, iscritta al n. 170 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 169 del 4 luglio 1973;

12) ordinanza emessa il 5 febbraio 1973 dal pretore di Genova nel procedimento penale a carico di Giacobbe Emilio ed altro, iscritta al n. 228 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 198 del 1 agosto 1973;

13) ordinanza emessa il 21 màggio 1973 dal pretore di Gavirate nel procedimento penale a carico di De Zuanni Gianfrancesco ed altri, iscritta al n. 280 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 29 agosto 1973;

14) ordinanza emessa il 12 ottobre 1972 dal pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Bedello Donatella ed altri, iscritta al n. 287 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 29 agosto 1973;

15) ordinanza emessa il 22 marzo 1973 dal pretore di Perosa Argentina nel procedimento penale a carico di Ferraretto Franco, iscritta al n. 334 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 249 del 26 settembre 1973;

16) ordinanza emessa il 15 giugno 1973 dal pretore di Verona nel procedimento penale a carico di Pinton Giorgio ed altri, iscritta al n. 423 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2 del 2 gennaio 1974.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 29 maggio 1974 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Le ordinanze indicate in epigrafe, emesse tutte da pretori dal maggio 1971 al giugno 1973, hanno riproposto, in riferimento all'art. 21 - e talune anche agli artt. 41 e 43 della Carta - la questione di legittimità costituzionale della riserva in esclusiva allo Stato dei servizi di telecomunicazioni (artt. 1 r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067; 1 r.d. 27 febbraio 1936, n. 645; 1 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156).

Quasi tutte le suddette ordinanze denunziano, poi, per contrasto con i menzionati articoli della Carta, anche gli artt. 2 e 18 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067; 166, 168 n. 5, 178 (così come sostituito dall'art. 1, n. 2, della legge 14 marzo 1952, n. 196) e 251 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645; 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156; 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196; il d.P.R. n. 1214 del 5 agosto 1966; il d.P.R. n. 180 del 26 gennaio 1952.

I procedimenti penali nel corso dei quali le cennate questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate riguardano, in prevalenza, la detenzione non denunziata e l'uso privato di apparecchi radio ricetrasmittenti, senza averne ottenuto preventivamente la prescritta concessione. In pochi casi (procedimenti pendenti presso i pretori di Omegna, di Gavirate, di Perosa Argentina e di Verona), trattasi di installazione abusiva di ripetitori, allo scopo di poter ricevere i programmi televisivi svizzeri o jugoslavi.

In tutti i giudizi avanti questa Corte non vi é stata costituzione di parti. Soltanto in quelli conseguiti alle ordinanze dei pretori di Poggibonsi, Omegna, Macerata e Verona é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

2. - Dai giudici di merito si premette che, dopo aver attribuito l'appartenenza in esclusiva allo Stato dei servizi di telecomunicazioni, il legislatore ha statuito, tra l'altro, che "nessuno può eseguire od esercitare impianti di telecomunicazioni senza aver ottenuto la relativa concessione" (art. 166 r.d. n. 645 del 1936; art. 183 d.P.R. n. 156 del 1973 e, prima ancora, sostanzialmente, art. 2 r.d. n. 1067 del 1923); "che l'impianto e l'esercizio di stazioni radioelettriche fisse e terrestri, ad uso esclusivamente privato, può essere concesso, purché concorrono ragioni di pubblico interesse" (art. 251 r.d. n. 645 del 1936) e che per detenere apparecchi radiotrasmittenti occorre averne fatta preventiva denuncia all'autorità locale di pubblica sicurezza ed al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni (art. 3 legge 14 marzo 1952, n. 196). Sono state, altresì, dettate norme per la concessione di impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori (d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214) e per la concessione in esclusiva alla RAI per il periodo di venti anni dei servizi delle radioaudizioni e di televisione circolare (d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180). L'infrazione alle surriportate disposizioni il legislatore ha poi sanzionato penalmente (art. 178 del r.d. n. 645 del 1936, così come sostituito dall'art. 1, n. 2, legge n. 196 del 1952; art. 3 di questa legge; art. 195 del d.P.R. n. 156 del 29 marzo 1973).

Ciò posto si osserva che la legittimità costituzionale di siffatta disciplina legislativa, conseguente al monopolio statuale delle telecomunicazioni e, prima ancora, la legittimità costituzionale di questo monopolio, non può ritenersi inconfutabilmente dimostrata dalla sentenza n. 59 del 1960 della Corte costituzionale. Inoltre, dopo oltre dieci anni da tale decisione, le considerazioni di ordine più strettamente tecnico sulle quali essa é fondata sarebbero state superate dallo sviluppo della scienza delle radiotelediffusioni.

3. - Per quanto attiene più specificamente alla detenzione di apparecchi radio ricetrasmittenti e all'uso esclusivamente privato di essi (artt. 3 legge 14 marzo 1952, n. 196; 251, 166, 178 r.d. n. 645 del 1936), si fa presente che l'art. 21 della Costituzione sancisce la libertà di manifestazione del pensiero con ogni mezzo di diffusione; chiunque, quindi, ha diritto di manifestare in qualsiasi modo ed in ogni circostanza il proprio pensiero, diritto da considerarsi inviolabile ai sensi dell'art. 2 della medesima Carta.

Ne discende che il dovere, per chiunque intenda stabilire od esercitare un impianto radioelettrico, di richiedere ed ottenere la prescritta concessione, il cui rilascio é del tutto discrezionale per la competente autorità, costituisce una grave ed ingiustificata limitazione del diritto di manifestare "liberamente" il proprio pensiero con ogni mezzo di diffusione. Tanto più che siffatto diritto, da qualificarsi come uno dei fondamentali proclamati e protetti dalla Costituzione e come uno di quelli che meglio caratterizzano l'attuale regime democratico vigente nello Stato, non può incontrare che limitazioni sostanziali fondate in precetti e principi costituzionali enunciati esplicitamente nella Costituzione, oppure desumibili da questa mediante una rigorosa interpretazione giuridica.

Le ragioni inerenti alla limitatezza del mezzo devono dirsi venute meno con il notevole diffondersi, anche a seguito della sentenza n. 39 del 1963 di questa Corte, del fenomeno dei radiotelefoni portatili, certamente non destinate a dar luogo ad una situazione di oligopolio.

In definitiva, in Italia, il commercio dei radiotelefoni é libero, ma il cittadino che li acquista é obbligato a denunciarne la detenzione ai sensi dell'art. 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196; ed é in ogni caso impossibilitato non solo a farne uso, ma anche e soprattutto a conservarli nella propria abitazione in condizioni di "possibile uso".

É certo che all'uso indiscriminato degli apparecchi radioelettrici, quale mezzo di diffusione del pensiero, si frappongono interessi di natura politica, economica, militare, che é difficile individuare con esattezza. Ma nessuna pratica giustificazione appare sufficiente a legittimare il mantenimento della riserva statale. Tuttavia, se questa fosse abolita, un valido regolamento di esercizio delle radio-comunicazioni potrebbe, nel rispetto dei principi vigenti in materia, assicurare allo Stato un'efficace funzione di controllo e di repressione degli illeciti eventualmente commessi a mezzo delle radionde.

Va infine fatto presente che lo Stato ha fatto luogo alla liberalizzazione della vendita e dell'uso di apparecchi radio trasmittenti e riceventi di modesta potenza operanti sulle bande dei 27 MHz, ma non ha provveduto ad abolire le norme che vietano la trasmissione e la ricezione su queste frequenze (art. 9 d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214); il che contrasta con l'art. 21 della Costituzione.

4. - Le norme contenute negli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (già artt. 1, 166 e 178 r.d. 27 febbraio 1936, n. 645) pongono inoltre rilevanti ostacoli al diritto alla circolazione di informazioni, protetto dall'articolo 21 della Costituzione, ove si osservi che, sanzionando penalmente anche l'installazione e l'esercizio d'impianti idonei alla sola ricezione e diffusione di programmi televisivi esteri, s'impone al cittadino di attingere le proprie notizie unicamente dai servizi radiotelevisivi nazionali, attualmente affidati in regime di monopolio alla RAI-TV, precludendogli la possibilità di accedere ad altre non irrilevanti fonti di informazione e selezionare, in base alle proprie personali opzioni, le fonti medesime. E ciò pur non sussistendo nella specie alcuna delle ragioni in forza delle quali la Corte, con la sentenza n. 59 del 13 luglio 1 960, ritenne comprimibile il bene protetto dall'art. 21 e conforme ai precetti costituzionali la riserva allo Stato dei servizi radiotelevisivi e l'attuale regime di affidamento degli stessi in concessione esclusiva alla RAI.

L'installazione e l'esercizio di impianti del tipo in esame non sono, infatti, certamente tali da originare situazioni di monopolio o di oligopolio, ove si consideri che essi sono alla portata di semplici commercianti di materiali radiotecnici, e che, soprattutto, sono volti non già a consentire a pochi privilegiati di manifestare il proprio pensiero quanto, invece, a permettere alla generalità di accedere agevolmente ad una pluralità di fonti d'informazione.

Né l'esercizio degli impianti in parola può essere riguardato come servizio pubblico essenziale od attività di preminente interesse generale non ponendosi, evidentemente, nella specie alcuno dei problemi di obbiettività ed imparzialità considerati dalla Corte nella sentenza n. 59 del 1960 ed essendo invece i ripetitori destinati ad ampliare, in sostanziali condizioni di eguaglianza per i destinatari del servizio, il novero degli strumenti di informazione e consentire la libera circolazione tra i consociati di notizie e di idee.

Non va, inoltre, trascurato che i "ripetitori" sono dotati di limitatissima potenza e sono idonei ad irradiare segnali per un raggio di poche decine di chilometri, così da rendere meramente teorico il pericolo di interferenze tra diverse stazioni.

5. - L'Avvocatura dello Stato osserva che, contrariamente a quanto si asserisce nelle ordinanze di rimessione, oggi, rispetto al 1960 (epoca in cui questa Corte ha pronunciato la più volte menzionata sentenza n. 59 del 1960) la limitata disponibilità dei canali televisivi é rimasta immutata. E all'uopo esibisce - con una memoria illustrativa - un parere emesso in tal senso il 9 aprile 1974 dal Consiglio Superiore Tecnico delle Telecomunicazioni. Conseguentemente permangono tutti i motivi illustrati in detta sentenza, per i quali fu dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale del monopolio televisivo, e ulteriormente chiariti, per quanto attiene all'art. 21 della Costituzione, nella successiva sentenza n. 105 del 1972, secondo la quale il principio della libertà di manifestazione del pensiero va inteso non già nel senso che tutti debbono avere, in fatto, la materiale disponibilità di tutti i possibili mezzi di diffusione. Più realisticamente, sta a significare che a tutti la legge deve garantire la giuridica possibilità di usarne o di accedervi, con le modalità ed entro i limiti resi eventualmente necessari dalle peculiari caratteristiche dei singoli mezzi o dalla esigenza di assicurarne l'armonica coesistenza col pari diritto di ciascuno o dalla tutela di altri interessi costituzionalmente apprezzabili. E secondo l'Avvocatura, quanto affermato in detta sentenza vale anche per i cosiddetti ripetitori, perché anch'essi, in definitiva, sono stazioni trasmittenti onde hertziane. A nulla rileverebbe che testi trasmettono non programmi originali, ma programmi trasmessi da altre trasmittenti. In realtà, per i mezzi tecnici impiegati, e per le interferenze cui possono dar luogo, sarebbero assoggettabili pleno jure alla disciplina delle radiotelecomunicazioni.

6. - Per quanto attiene alla eccepita incostituzionalità dell'art. 251 del codice postale, che disciplina il settore dei radiocollegamenti ad uso privato, occorre osservare - continua l'Avvocatura - che la limitatezza delle frequenze d'onda, assegnate in sede internazionale ai singoli Paesi, impone la necessità di vagliare le richieste di concessioni o di autorizzazioni per soddisfare, nei limiti delle disponibilità dei mezzi, quelle che siano motivate da imprescindibili esigenze di utilità generale o che siano rivolte, se avanzate da singoli o da enti commerciali o industriali, al miglioramento delle condizioni economiche e sociali della collettività.

In difetto di una "disciplina delle frequenze" si verificherebbero inammissibili interferenze fra i vari radiocollegamenti sì da rendere impossibile usufruire di detto mezzo anche a quegli organismi o istituzioni pubbliche che utilizzano su scala nazionale determinate ed appropriate bande di frequenza (stazioni radio p.t.; servizi radioelettrici delle FF.AA. e della Polizia; stazioni a bordo di navi; radiotelevisione, etc.), con grave pregiudizio di servizi essenziali o di interesse generale.

L'esistenza di concessioni di radiocollegamenti ad uso privato peraltro dimostra che il monopolio statale é temperato dalla larghezza con cui si fa luogo al rilascio di autorizzazioni o concessioni a privati di collegamenti radiotelegrafici o radiotelefonici.

7. - In ordine, infine, alla questione di incostituzionalità dell'art. 9 del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214, nella parte in cui non ha abrogato le norme che vietano la trasmissione e ricezione da apparecchi operanti sulla banda dei 27 MHz, l'Avvocatura rileva che il menzionato decreto ha natura regolamentare; la questione di costituzionalità della citata norma non può quindi essere sollevata avanti alla Corte costituzionale, che ai sensi dell'art. 134 della Costituzione può conoscere solo della costituzionalità di norme aventi forza di legge.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze indicate in epigrafe propongono - in riferimento agli artt. 21, 41 e 43 della Costituzione - identiche o analoghe questioni di legittimità costituzionale concernenti disposizioni in forza delle quali i servizi di radiodiffusione e televisione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche sono riservati allo Stato e di conseguenza non possono essere esercitati - anche se si tratti di apparecchi ricetrasmittenti per uso privato - da chi non ne abbia avuta la concessione.

I relativi giudizi, congiuntamente discussi nell'udienza pubblica, vengono pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Con la sentenza n. 59 del 1960, questa Corte ha già dichiarato che gli artt. 21, 41, 33 e 43 della Costituzione non sono violati dalla riserva allo Stato dei servizi di televisione circolare a mezzo di onde radio elettriche, e dal conseguente divieto di impiantare ed esercitare servizi del genere senza avere ottenuto la prescritta concessione. E la decisione si articola sulle seguenti proposizioni:

a) esiste una attuale limitatezza dei canali utilizzabili, talché la televisione si caratterizza indubbiamente come una attività predestinata, in regime di libera iniziativa, quanto meno all'oligopolio di fatto;

b) i servizi televisivi si collocano, pertanto, tra le categorie di imprese che si riferiscono a situazioni di monopolio, nel senso in cui all'art. 43 della Costituzione;

c) ricorrono altresì gli altri due requisiti voluti dall'articolo 43 della Costituzione, e cioé l'attività di preminente interesse generale e le ragioni di utilità generale, idonee a giustificare l'avocazione in esclusiva dei servizi allo Stato;

d) non é violato l'art. 21 della Costituzione, perché data la limitatezza di fatto della possibilità di utilizzazione del mezzo televisivo, lo Stato monopolista si trova istituzionalmente nelle condizioni di obbiettività e imparzialità più favorevoli per conseguire il superamento delle difficoltà frapposte dalla naturale limitatezza del mezzo alla realizzazione del precetto costituzionale volto ad assicurare a tutti la possibilità di diffondere il pensiero con qualsiasi mezzo.

Quasi tutte le ordinanze dei pretori assumono invece che la limitatezza dei canali di trasmissione, sulla quale fondamentalmente si basa la motivazione suindicata, sarebbe oramai superata dallo sviluppo della scienza e della tecnica delle radiodiffusioni. L'esistenza di ampie bande di frequenza, i moderni metodi di trasmissione multicanale, ed il sistema di emissioni su uno stesso canale da parte di stazioni lontane, fra loro non interferenti, renderebbero pressoché illimitata la possibilità di trasmissioni.

Aggiungono, poi, che la sentenza avrebbe fatto ricorso al concetto di oligopolio, assimilandolo alla situazione di monopolio di cui all'art. 43 della Costituzione, mentre la parificazione fra le due situazioni si rivelerebbe inaccettabile; che la riserva allo Stato, con la conseguente eliminazione degli operatori privati, esige che il fenomeno comporti un beneficio per la collettività, mentre il sistema del monopolio - consentendo allo Stato di lasciare inutilizzata buona parte delle frequenze - , produce "una strozzatura del consumo", in contrasto con i fini di utilità generale di cui all'art. 43 della Costituzione; che é molto più facile diffondere notizie parziali e non obbiettive in regime di monopolio, quando manca il confronto con lo stesso mezzo di diffusione; che é contestabile il presupposto da cui muove la sentenza, che cioé l'attività televisiva costituisca un servizio destinato alla diffusione del pensiero e che lo Stato, avocandolo a sé, ne sia il migliore garante. Dopo aver affermato che l'art. 21 regola la materia in modo autonomo, sottraendola a quella dei rapporti economici, concludono che alla conclamata libertà di diffusione del pensiero dovrebbe accompagnarsi la libertà di fare uso dei mezzi indispensabili ad essa.

3. - La Corte rileva che sussistono tuttora, nonostante il contrario assunto delle ordinanze di rimessione, quelle stesse ragioni giustificative della riserva allo Stato che nella precedente decisione furono enunciate a proposito della televisione circolare. E difatti sia per quest'ultima, sia per la radiodiffusione circolare la disponibilità delle bande di trasmissione, come risulta dalla motivata ed analitica relazione del Consiglio superiore delle telecomunicazioni allegata agli atti, é tanto limitata da consentire solo a pochi, ove la riserva non fosse disposta, l'utilizzazione del mezzo radiotelevisivo.

4. - Quanto innanzi si é detto consente di affermare che, a causa della limitazione delle bande di trasmissione disponibili, l'attività di radiotelediffusione circolare integra quella situazione di monopolio che l'art. 43 della Costituzione considera legittimo presupposto della riserva allo Stato.

Se la ratio di quella disposizione costituzionale risiede nella ragionevole previsione che, là dove non esiste o addirittura non é possibile la libera concorrenza, il monopolio statale (o degli .altri soggetti tassativamente indicati) meglio garantisce l'interesse della collettività, ciò vale a maggior ragione quando, come nella materia in esame, si tratti di attività che, ben al di là della sua rilevanza economica, tocca molto da vicino fondamentali aspetti della vita democratica. Né vale l'obbiezione che nella specie vi sarebbe, al più, pericolo di un oligopolio, non già di un monopolio. Ed invero le due situazioni, almeno se riferite ai servizi di cui qui si discorre, sostanzialmente si identificano negli effetti, atteso che la disponibilità in poche mani di uno strumento di comunicazione di massa non presenterebbe rischi minori di quelli insiti in un monopolio in senso stretto.

Del resto ricorre nella specie anche un'altra delle tre ipotesi contemplate nell'art. 43 della Costituzione. Ed infatti, non potendosi minimamente dubitare che nell'attuale contesto storico la radiotelediffusione soddisfi un bisogno essenziale della collettività, si deve convenire che trattasi di un servizio pubblico essenziale, caratterizzato da quel preminente interesse generale che la norma costituzionale richiede perché legittimamente possa essere disposta la riserva.

Che poi ricorrano "fini di utilità generale" é cosa che già risulta da quanto s'é detto. La radiotelevisione adempie a fondamentali compiti di informazione, concorre alla formazione culturale del paese, diffonde programmi che in vario modo incidono sulla pubblica opinione e perciò é necessario che essa non divenga strumento di parte: solo l'avocazione allo Stato può e deve impedirlo.

5. - Il monopolio statale, che per le cose dette trova fondamento nell'art. 43 della Costituzione e per ciò stesso non viola l'art. 41 Cost., non risulta nemmeno incompatibile con l'art. 21 della Costituzione.

La Corte, anche qui ribadendo argomenti già svolti nella ricordata decisione n. 59 del 1960, rileva che, se quel monopolio non venisse disposto, non per ciò riuscirebbe ad avere attuazione il diritto di "tutti" di manifestare liberamente il proprio pensiero con ogni mezzo di diffusione. A parte la considerazione che siffatto diritto non comprende anche quello di disporre di tutti i possibili mezzi (cfr. sent. n. 105 del 1972), giova riaffermare che, non essendo controvertibile che il numero delle bande di trasmissione sia limitato, la liberalizzazione inevitabilmente si tradurrebbe in una effettiva riserva a pochi, comportando con ciò grave violazione di quel principio di eguaglianza che é cardine del nostro ordinamento e la cui scrupolosa osservanza si impone specialmente là dove venga in giuoco l'esercizio di un fondamentale diritto di libertà.

La verità é che proprio il pubblico monopolio - e non già la gestione privata di pochi privilegiati - può e deve assicurare, sia pure nei limiti imposti dai particolari mezzi tecnici, che questi siano utilizzati in modo da consentire il massimo di accesso, se non ai singoli cittadini, almeno a tutte quelle più rilevanti formazioni nelle quali il pluralismo sociale si esprime e si manifesta. Ché, anzi, é proprio questa un'ulteriore via attraverso la quale si devono raggiungere quei "fini di utilità generale" in funzione dei quali l'art. 43 della Costituzione rende legittima la riserva: il monopolio pubblico, in definitiva, deve essere inteso e configurato come necessario strumento di allargamento dell'area di effettiva manifestazione della pluralità delle voci presenti nella nostra società.

6. - Le considerazioni fin qui esposte concorrono a dimostrare che il monopolio statale dei servizi radiotelevisivi a trasmissione circolare non viola in via di principio le disposizioni costituzionali di raffronto. Ma occorre a questo punto accertare se quel monopolio risulti costituzionalmente giustificato in tutta la sua ampiezza e se, nella parte di sua legittima operatività, esso sia accompagnato da garanzie idonee ad assicurare che il suo esercizio sia effettivamente diretto al conseguimento di quei fini di utilità generale che soli possono consentirlo.

7. - Quanto al primo aspetto, la Corte osserva che la riserva allo Stato, in quanto trova il suo presupposto nel numero limitato delle bande di trasmissione assegnate all'Italia, non può abbracciare anche attività, come quelle inerenti ai c.d. ripetitori di stazioni trasmittenti estere, che non operano sulle bande anzidette. É evidente che in questo particolare settore, senza apprezzabili ragioni, l'esclusiva statale sbarra la via alla libera circolazione delle idee, compromette un bene essenziale della vita democratica, finisce col realizzare una specie di autarchia nazionale delle fonti di informazione. Può ammettersi che l'impianto e l'esercizio di siffatti ripetitori debbano essere sottoposti ad una disciplina legislativa in considerazione della salvaguardia di pubblici interessi. Ma é anche vero che la tutela di questi ultimi può realizzarsi con un regime di autorizzazione, non esige certo l'esclusione del diritto del singolo.

8. - Volgendo ora l'esame al diverso problema delle garanzie che devono accompagnare la riserva allo Stato, occorre trarre le debite conclusioni da quanto si é detto nei Precedenti paragrafi. La sottrazione del mezzo radiotelevisivo é legittima solo se si assicuri che il suo esercizio sia preordinato a due fondamentali obbiettivi: a trasmissioni che rispondano alla esigenza di offrire al pubblico una gamma di servizi caratterizzata da obbiettività e completezza di informazione, da ampia apertura a tutte le correnti culturali, da imparziale rappresentazione delle idee che si esprimono nella società; a favorire, a rendere effettivo ed a garantire il diritto di accesso nella misura massima consentita dai mezzi tecnici. In mancanza di una disciplina legislativa che imponga queste due linee direttive e che predisponga gli strumenti all'uopo adeguati, il mezzo radiotelevisivo, posto nella libera disponibilità di chi lo gestisce, rischia - non meno, e forse con maggior danno, che se fosse nelle mani di pochi privati - di essere un poderoso strumento a servizio di parte, non certo a vantaggio della collettività. In altri termini, il monopolio pubblico, una volta libero da ogni regola che correttamente ed efficientemente ne disciplini l'esercizio, potrebbe tendere a fini e portare a risultati diametralmente opposti a quelli voluti dalla Costituzione.

Nel fare questa affermazione la Corte non intende esprimere alcun giudizio sul modo col quale i mezzi radiotelevisivi sono stati finora gestiti: intende solo adempiere al suo dovere di accertare quali siano le condizioni minime necessarie perché il monopolio statale possa essere considerato conforme ai principi costituzionali.

A tal proposito la Corte - pur nel rispetto della discrezionalità del legislatore di scegliere gli strumenti più appropriati ad assicurare il conseguimento dei due fondamentali obbiettivi di cui innanzi si é discorso - ritiene che la legge debba almeno prevedere: a) che gli organi direttivi dell'ente gestore (si tratti di ente pubblico o di concessionario privato purché appartenente alla mano pubblica) non siano costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l'obiettività; b) che vi siano direttive idonee a garantire che i programmi di informazione siano ispirati a criteri di imparzialità e che i programmi culturali, nel rispetto dei valori fondamentali della Costituzione, rispecchino la ricchezza e la molteplicità delle correnti di pensiero; c) che per la concretizzazione di siffatte direttive e per il relativo controllo siano riconosciuti adeguati poteri al Parlamento, che istituzionalmente rappresenta l'intera collettività nazionale; d) che i giornalisti preposti ai servizi di informazione siano tenuti alla maggiore obbiettività e posti in grado di adempiere ai loro doveri nel rispetto dei canoni della deontologia professionale; e) che, attraverso una adeguata limitazione della pubblicità, si eviti il pericolo che la radiotelevisione, inaridendo una tradizionale fonte di finanziamento della libera stampa, rechi grave pregiudizio ad una libertà che la Costituzione fa oggetto di energica tutela; f) che, in attuazione di un'esigenza che discende dall'art. 21 della Costituzione, l'accesso alla radiotelevisione sia aperto, nei limiti massimi consentiti, imparzialmente ai gruppi politici, religiosi, culturali nei quali si esprimono le varie ideologie presenti nella società; g) che venga riconosciuto e garantito - come imposto dal rispetto dei fondamentali diritti dell'uomo - il diritto anche del singolo alla rettifica.

A tanto non provvede la legislazione vigente, nella quale - a parte alcune disposizioni contenute nel d.l.C.P.S. 3 aprile 1947, n.428 (modificato dalla legge 23 agosto 1949, n. 681), palesemente insufficienti ad assicurare serie direttive in ordine ai programmi ed a consentire un efficiente controllo del Parlamento - nulla si rinviene che possa corrispondere a quel minimo di regolamentazione a cui innanzi si é fatto cenno.

9. - Per le ragioni esposte deve essere dichiarata, nei sensi di cui in motivazione e nella parte relativa ai servizi di radiotelediffusione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche, l'illegittimità costituzionale: a) degli artt. 1, 166, 168, n. 5, 178 e 251 del r.d. 27 febbraio l936, n. 645 (in parte modificato dalla legge 14 marzo 1952, n. 196); b) degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156.

10. - L'ordinanza 15 maggio 1971 del pretore di Poggibonsi impugna gli artt. 1, 2 e 18 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 1067, ma, correttamente interpretando il provvedimento, le censure devono essere ritenute rivolte alle corrispondenti norme contenute nel r.d. n. 645 del 1936, oggetto della dichiarazione di parziale illegittimità.

L'ordinanza 17 febbraio 1972 del pretore di Macerata impugna l'art. 9 del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214, e l'ordinanza 22 marzo 1973 del pretore di Perosa Argentina impugna il d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180. In entrambi i casi si tratta di atti non aventi forza di legge e pertanto le relative questioni devono essere dichiarate inammissibili.

Varie ordinanze impugnano, fra l'altro, l'art. 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196. Ma poiché ovviamente tale disposizione, che si limita a disporre l'obbligo di preventiva denuncia della detenzione di apparecchi radiotrasmittenti, non viola gli artt. 21, 41 e 43 della Costituzione, la questione deve essere dichiarata non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, 166, 168, n. 5, 178 (così come sostituito dall'art. 1, n. 2, della legge 14 marzo 1952, n. 196) e 251 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645 (Approvazione del codice postale e delle telecomunicazioni), e degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte relativa ai servizi di radiotelediffusione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche;

b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 del d.P.R. 5 agosto 1966, n. 1214 (Nuove norme sulle concessioni di impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori), e del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180 (Approvazione ed esecutorietà della convenzione per la concessione alla RAI del servizio di radioaudizioni e televisione circolare e del servizio di telediffusione su filo), sollevata in riferimento agli artt. 21, 41 e 43 della Costituzione;

c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 14 marzo 1952, n. 196, sollevata in riferimento agli artt. 21, 41 e 43 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della consulta, il 9 luglio 1974.

FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, PRESIDENTE

GIUSEPPE VERZÌ, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1974.
 

La sentenza 202/76 della Corte Costituzionale che liberalizza l'etere

Pronuncia n. 0202 del 1976
Numero Massima: 8513
Relatore: DE MARCO
Camera di Consiglio
Tipo giudizio: INC 

SENT. 202/76 B. RADIOTELEVISIONE - MONOPOLIO STATALE SU SCALA NAZIONALE - LIBERTA' DI INSTALLAZIONE E DI ESERCIZIO, PREVIA AUTORIZZAZIONE, PER TRASMISSIONI VIA ETERE SU SCALA LOCALE - LEGGE 14 APRILE 1975, N. 103, ARTT. 1, 2 E 45 - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE - ART. 14: PREVEDE L'ESAURIMENTO, DA PARTE DELLA SOCIETA' CONCESSIONARIA, DELLE DISPONIBILITA' CONSENTITE DALLE FREQUENZE ASSEGNATE, IN SEDE INTERNAZIONALE, ALL'ITALIA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE CONSEGUENZIALE.

La sussistenza per le radioteletrasmissioni locali via etere di una disponibilità di canali sufficienti a consentire la libertà d'iniziativa privata senza pericolo di monopoli od oligopoli, fa venire meno l'unico motivo che, per tali trasmissioni, possa giustificare quella grave compressione del fondamentale principio di libertà sancito dall'art. 21 della Costituzione, che anche un monopolio di Stato necessariamente comporta, tanto più che non vi è alcun ragionevole motivo perchè siano consentite le radioteletrasmissioni private via cavo su base locale e non anche quelle via etere. Ciò non comporta che debba escludersi la legittimità costituzionale delle norme che riservano allo Stato le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale, giacchè la diffusione sonora e televisiva su scala nazionale, rappresenta un servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale. Nè esclude che il legislatore possa subordinare ad apposita licenza che stabilisca le modalità d'esercizio concreto delle radioteletrasmissioni private via etere. - S. nn. 59/1960, 225/1974.

Sentenza 28 luglio 1976 n. 202

Sentenza 28 luglio 1976, n. 202 (Gazzetta ufficiale 4 agosto 1976, n. 205); Pres. P. ROSSI, Rel. A. DE MARCO, imp. Recca, Romani, Cattozzi, Cazzulo, Gasparini, Campione, Sacchi, Murtas, Comparini, Anastasio (Avv. G. Guarino) ed altri, parte civile R.a.i.-TV (Avv. P. Barile, E. Santoro, A. Pace); interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti).

Radiotelevisione e servizi radioelettrici – Impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale – Divieto di esercizio previa autorizzazione – Esauribilità delle frequenze da parte della società concessionaria - Incostituzionalità (Costituzione, art. 3, 21; legge 14 aprile 1975 n. 103, nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva, art. 1, 2, 14, 45).

Radiotelevisione e servizi radioelettrici - Questioni inammissibile e manifestamente infondata di costituzionalità (Costituzione, art. 1, 2, 3, 9, 10, 11, 21, 33, 41, 43, 49, 138; d. pres. 29 maggio 1973 n. 156, t. u. delle disposizioni in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, art. 195; legge 14 aprile 1975 n. 103, art. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47, 48).

Sono illegittimi, per violazione degli art. 3 e 21 Cost.: a) gli art. 1, 2, 45 legge 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l’installazione e l’esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale (nella motivazione si precisa che "il riconoscimento di iniziativa privata […], data la connessione con il servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale, costituito, tra l’altro, dalla diffusione via etere su scala nazionale di programmi radiofonici e televisivi ed affidato al monopolio statale, postula la necessità dell’intervento del legislatore nazionale perché stabilisca l’organo dell’amministrazione centrale dello Stato competente a provvedere all’assegnazione delle frequenze ed all’effettuazione dei conseguenti controlli, e fissi le condizioni che consentano l’autorizzazione all’esercizio di tale diritto in modo che questo si armonizzi e non contrasti con il preminente interesse generale di cui sopra e si svolga sempre nel rigoroso rispetto dei doveri ed obblighi, anche internazionali, conformi a Costituzione. In particolare si dovranno stabilire: a) i requisiti personali del titolare dell'autorizzazione e dei suoi collaboratori, che diano affidamento di corretta e responsabile gestione delle trasmissioni; b) le caratteristiche tecniche degli impianti e la relativa zona di servizio, nonché la specificazione delle frequenze e dei canali utilizzabili; c) l'esatta indicazione dell'ambito di esercizio, il cui carattere "locale" deve essere ancorato a ragionevoli parametri d'ordine geografico, civico, socio-economico, che consentano una limitata ed omogenea zona di utenza, senza, peraltro, eccessive restrizioni, tali da vanificare l'esercizio medesimo; d) eventuale fissazioni turni ed adozione di ogni altro accorgimento tecnico, al fine di non turbare il normale svolgimento del servizio come sopra riservato allo Stato ai sensi degli art. 1 e 2 della citata legge n. 103 del 1975 e di ogni altro servizio parimenti riservato allo Stato, ed al fine di rendere possibile il concorrente esercizio di attività da parte degli altri soggetti autorizzati; e) limiti temporali per le trasmissioni pubblicitarie, in connessione con gli analoghi limiti imposti al servizio pubblico affidato al monopolio statale; f) ogni altra condizione necessaria perché l'esercizio del diritto, previa autorizzazione, si svolga effettivamente nell'ambito locale e non dia luogo a forme di concentrazione o situazioni di monopolio o oligopolio. Ove concorrano le condizioni, da stabilire nei modi sopra indicati., il rilascio dell'autorizzazione è vincolato e non meramente discrezionale, con tutte le conseguenze giuridiche che tal natura dell'atto comporta nel nostro ordinamento); b) (ai sensi. dell'art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87) l'art. 14 legge 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui prevede la possibilità che mediante le realizzazioni di impianti da parte della società concessionaria siano esaurite le disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all'Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione. (1)

E inammissibile, sia per contraddittorietà e carenza di motivazione, sia per difetto di rilevanza rispetto ad un procedimento penale per il reato di cui agli art. 1, 183 e 195 codice postale per avere posto in opera una stazione emittente televisiva via etere, la questione di costituzionalità degli art. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47 e 48 legge 14 aprile 1975 n. 103, in riferimento agli art. 1, 2, 3, 2" comma, 9, 10, 11, 21, 33, 49 e 138 Cost. (2)

E manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 195, 1. e 5" comma, d. pres; 29 maggio ,1973 n. 156, già dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte costituzionale n. 225 del 1974, in riferimento agli art. 41 e 43 Cost. (3)

La Corte, ecc. - 1. - I dieci giudizi, promossi con le ordinanze di cui in epigrafe, avendo per oggetto, sostanzialmente, questioni identiche o strettamente connesse, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - In ordine logico deve essere esaminata per prima la questione sollevata con l'ordinanza 23 dicembre 1975 del Pretore di Ancona, dato che, per effetto delle eccezioni sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato e anche dal patrocinio della parte privata, imputato nel giudizio a quo, si presentano problemi pregiudiziali di ammissibilità, anche sotto il profilo del difetto di rilevanza.

Come si è detto in narrativa, infatti, con l'ordinanza in esame, vengono denunziati, in riferimento agli art. 1, 2, 9, 10, Il, 21, 33, 49, 138 e "ai principi generali della Costituzione", gli art. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47 e 48 legge n. 103 del 1975 e comunque l'intera legge, che pur si afferma non presentare vizi di costituzionalità "sul piano teorico", in base all'asserzione che nell'applicazione pratica si rileva la deviazione dalle linee fondamentali indicate dal legislatore costituente.

Sennonché, nella pur diffusa motivazione, a parte considerazioni astratte, che non trovano riscontro in concreto indicazioni che possano far individuare come e perché siano stati violati gli articoli della Costituzione richiamati, come si riconosce nella stessa ordinanza di rinvio, "forse in numero sovrabbondante rispetto all'effettiva necessità" invano si ricerca la formulazione di un concreto motivo di censura.

L'unico rilievo specifico, attraverso il quale si potrebbe giungere ad identificare la violazione di talune norme costituzionali a riferimento è quello relativo alle tecniche d'attribuzione dei posti negli organi deliberanti ed alle nomine di funzionari di grado elevato e dei dirigenti, ma è chiaro che tutto ciò non ha alcuna riIevanza ai fini dell'oggetto del giudizio a quo.

Ne consegue che sia per contraddittorietà e carenza di motivazione, sia per difetto di riIevanza la questione deve dichiararsi inammissibile.

3. - Sempre in ordine logico deve essere, poi, esaminata la questione sollevata con l'ordinanza 21 ottobre 1975 dal giudice istruttore presso il Tribunale di Genova.

Questa ordinanza ha per oggetto il procedimento penale per una contravvenzione, punibile ai sensi dell'art. 195 t. u. approvato con il d. pres. n. 156 del 1973, reato bensì permanente ma la cui permanenza deve ritenersi cessata, per effetto della sentenza del Pretore di Genova, sezione staccata di Torriglia, in data 5 aprile 1974, sentenza appellata dal pubblico ministero, senza peraltro contestazione della continuazione.

Il giudice istruttore presso il Tribunale di Genova era, pertanto, investito della cognizione, in grado di appello, di un reato consumato in data anteriore al 5 aprile 1974.

Conseguentemente, essendo nel frattempo intervenuta la sentenza di questa corte n. 225 del 1974 (Foro it., 1974, I, 1945), con la quale l'impugnato art. 195 t. u. del 1973 n. 156 è stato dichiarato costituzionahnente illegittimo, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata, come già è stato deciso, in casi identici, con la sentenza di questa corte n. 1 del 1976 ,(id., 1976, I, 863).

4. - Le altre otto ordinanze (due delle quali e precisamente quella del Pretore di Ragusa e quella del giudice istruttore presso il Tribunale di Reggio Emilia si riferiscono ad impianti per trasmissioni televisive via etere, le altre ad impianti per trasmissioni radiofoniche via etere) senza contestare la legittimità costituzionale del. monopolio statale per le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale, e richiamandosi, anzi, alle motivazioni delle sentenze di questa corte che l'hanno affermato, contestano la legittimità della estensione del. regime di monopolio agli impianti ed all'esercizio di stazioni radiofoniche e televisive via etere su scala locale, per i quali chiedono l'assoggettamento a regime di autorizzazione in analogia con quanto è stato dichiarato con la sentenza di questa corte n. 226 del 1974 (Foro it., 1974, 1, 1945) ed attuato con la legge n. 103 del 1975 nella parte relativa alle trasmissioni televisive via cavo.

Comune a tutte queste otto ordinanze è la tesi che il motivo fondamentale che ha indotto questa corte a riconoscere la legittimità del monopolio statale è la limitatezza dei canali utilizzabili (sentenze n. 59 del 1960, Foro it., 1960, I, 1065, e n. 225 del 1974) e che questo motivo, se può ritenersi tuttora valido, allo stato attuale, per le trasmissioni su scala nazionale, non lo è per quelle su scala locale.

Di qui la conseguenza che la persistente estensione del monopolio statale a queste ultime trasmissioni sarebbe costituzionalmente illegittima, in riferimento: a) secondo il Pretore di Novara, agli art. 3, 10, 21, 41 e 43 Cost.; b) secondo il Pretore di S. Miniato, agli art. 2, 3, 21, 41 e 43; c) secondo il Pretore di Livorno, agli art. 3, 21, 41 e 43; d) secondo il Pretore di Ragusa, agli art. 3, 10 e 21; e) secondo il giudice istruttore presso il Tribunale di Reggio Emilia, agli art. 21, 41 e 43; f) secondo il Pretore di Lecco, agli art. 3 e 21; g) ed h) secondo i Pretori di Biella e di Castelfranco Veneto, all'art. 21.

A sostegno della tesi della possibilità di trasmissioni su scala locale senza intralci né per quelle delle reti nazionali, né per quelle di altre su scala locale, le varie ordinanze di rimessione si richiamano o a consulenze tecniche esibite dalle parti private o allo stato di fatto ormai esistente, secondo il quale attualmente sarebbero funzionanti in Italia ben 400 impianti del genere.

Tanto l’avvocatura dello Stato, quanto il patrocinio della R.a.i.-TV contestano, anzitutto, sulla base di elaborati accertamenti tecnici, la disponibilità, se non illimitata, tuttavia sufficientemente ampia, di canali utilizzabili per impianti su scala locale, asserita nelle ordinanze di rimessione.

Sostengono, poi, che, come ha riconosciuto la sentenza di questa corte n. 225 del 1974, quello radiotelevisivo costituisce un servizio pubblico essenziale, di preminente interesse generale che, per questa sua natura, non può formare, neppure in parte, oggetto di attività privata.

Il patrocinio della R.a.i.- TV, inoltre; ammette sostanzialmente l'esistenza dello stato di fatto asserito nelle ordinanze, ma deduce che è reso possibile soltanto transitoriamente, in quanto è in corso di completamento lo studio da parte degli organi tecnici statali, per la realizzazione, su scala nazionale, di due nuove reti televisive, realizzazione che assorbirebbe gran parte della disponibilità di canali attualmente esistenti.

L'Avvocatura generale dello Stato, infine, prospetta, senza peraltro insistervi; una eccezione di difetto di rilevanza, comune a tutte le ordinanze in esame, che dovrebbe trovare fondamento nella considerazione che, agli effetti penali, sia in regime di concessione, sia in regime di autorizzazione, la sanzione, in caso di inosservanza delle norme che le disciplinano, è identica;

Chiariti, come precede, i termini delle tesi contrapposte, valgono, in ordine ad esse, le considerazioni che seguono.

5. - La eccezione di difetto di rilevanza prospettata, nei termini sopra esposti, dall'Avvocatura generale dello Stato, è priva di giuridico fondamento.

L'eventuale dichiarazione di fondatezza delle questioni sollevate con le ordinanze in esame, infatti non implicherebbe l'automatica applicazione agli impianti già esistenti del regime di autorizzazione, ma renderebbe necessario l'intervento del legislatore per stabilirne i modi e le condizioni di attuazione, in attesa del quale, poiché il regime di autorizzazione presuppone un vero e proprio diritto perfetto del richiedente, sarebbero inapplicabili sanzioni penali prevedute per ipotesi diverse, anche se analoghe.

6. - Nel passare, quindi, all'esame del merito delle proposte questioni, è necessario tener presente che, come si è posto in rilievo in narrativa, la legittimità costituzionale del monopolio statale per quanto attiene alle trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale non è contestata dalle ordinanze di rimessione, le quali anzi, in conformità con le statuizioni della sentenza di questa corte n. 226 del 1974 recepite dal legislatore nell'art. 1 legge n. 103 del 1975, ne riconoscono il carattere di servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

La tesi fondamentale, comune a tutte le ordinanze e sopra ricordata, sulla quale poggiano le denunziate violazioni di norme costituzionali, consiste nell'affermazione che il presupposto del riconoscimento della legittimità di tale monopolio è la limitatezza dei canali disponibili e che tale presupposto non sussiste per quanto attiene alle trasmissioni su scala locale.

Ai fini del decidere è, quindi, necessario accertare se e sino a qual punto siano esatti i termini giuridici e di fatto sui quali poggia la tesi come sopra riassunta.

A tale riguardo è da rilevare che dalle sentenze n. 59 del 1960

e n. 223 del 1974 risulta in modo del tutto evidente che questa corte al riconoscimento della legittimità del monopolio statale è pervenuta sul presupposto della limitatezza dei canali utilizzabili.

Ma, nel contempo, emerge la considerazione dell'attività d'impresa di cui si tratta, come servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

Stante ciò, ove si constati, come è ragionevole fare sulla base delle diffuse cognizioni tecniche e delle pratiche realizzazioni in atto esistenti, la ingiustificatezza, allo stato attuale, della tesi secondo cui sussisterebbe una concreta limitatezza in ordine alle frequenze utilizzabili per le trasmissioni radiofoniche e televisive, deve riconoscersi su scala locale che il relativo presupposto non possa ulteriormente essere invocato.

Il che, però, non richiede né tanto meno comporta che debba escludersi la legittimità costituzionale delle norme che riservano allo Stato le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale. Giacché, e ciò giova ribadirlo in modo espresso, la radiodiffusione sonora e televisiva su scala nazionale rappresenta un servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

7. - Ne consegue che la normativa de qua, oggetto di denuncia, si appalesa costituzionalmente illegittima in riferimento agli art.3 e 21 Cost.

Sotto il profilo della violazione dell'art. 3, in quanto che, se non sussiste la illimitatezza di frequenze, propria delle trasmissioni via cavo, esiste, tuttavia, per le trasmissioni su scala locale via etere una disponibilità sufficiente a consentire la libertà di iniziativa privata senza pericolo di monopoli od oligopoli privati, dato anche il costo non rilevante degli impianti, cosicché il. non consentirla, al contrario di quanto si è fatto per le trasmissioni via cavo, implica violazione del principio di eguaglianza, sancito dalla norma a riferimento.

Sotto il profilo della violazione dell'art. 21 Cost., giacché, esclusa la possibilità di monopoli od oligopoli per le trasmissioni su scala locale, viene meno l'unico motivo che per queste ultime trasmissioni possa giustificare quella grave compressione del fondamentale principio di libertà, sancito dalla norma a riferimento, che anche un monopolio di Stato necessariamente comporta.

8. - Il riconoscimento del diritto di iniziativa privata, nei limiti risultanti da quanto precede, data la connessione con il servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale., costituito, tra l'altro, dalla diffusione via etere su scala nazionale di programmi radiofonici e televisivi ed affidato al monopolio statale, postula la necessità dell'intervento del legislatore nazionale perché stabilisca l'organo dell'amministrazione centrale dello Stato competente a provvedere all'assegnazione delle frequenze ed all'effettuazione dei conseguenti controlli, e fissi le condizioni che consentano l'autorizzazione all'esercizio di tale diritto in modo che questo si armonizzi e non contrasti con il preminente interesse generale di cui sopra e si svolga sempre nel rigoroso rispetto dei doveri ed obblighi, anche internazionali, conformi a Costituzione.

In particolare si dovranno stabilire: a) i requisiti personali del titolare dell'autorizzazione e dei suoi collaboratori, che diano affidamento di corretta e responsabile gestione delle trasmissioni; b) le caratteristiche tecniche degli impianti e la relativa zona di servizio, nonché .la specificazione delle frequenze e dei canali utilizzabili; c) l'esatta indicazione dell'ambito di esercizio, il cui carattere "locale" deve essere ancorato a ragionevoli parametri d'ordine geografico, civico, socio-economico, che consentano di circoscrivere una limitata ed omogenea zona di utenza, senza, peraltro, eccessive restrizioni, tali da vanificare l'esercizio medesimo; d) eventuale fissazione di turni ed adozione di ogni altro accorgimento tecnico, al fine di non turbare il normale svolgimento del servizio come sopra riservato allo Stato ai sensi degli art. 1 e 2 citata legge n. 103 del 1975 e di ogni altro servizio parimenti riservato allo Stato, ed al fine di rendere possibile il concorrente esercizio di attività da parte degli altri soggetti autorizzati; e) limiti temporali per le trasmissioni pubblicitarie, in connessione con gli analoghi limiti imposti al servizio pubblico affidato al monopolio statale; f) ogni altra condizione necessaria perché l'esercizio del diritto, previa autorizzazione, si svolga effettivamente nell'ambito locale e non dia luogo a forme di concentrazione o situazioni di monopolio o oligopolio.

Ove concorrano le condizioni, da stabilire nei modi sopra indicati, il rilascio dell'autorizzazione è vincolato e non meramente discrezionale, con tutte le conseguenze giuridiche che tale natura dell'atto comporta nel nostro ordinamento.

9. - Va, infine, rilevato che nell'art. 14, 1° comma, lette d), legge n. 103 del 1975 è posta a carico della società concessionaria "la realizzazione graduale di altri impianti radiofonici e televisivi, ad esaurimento delle disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all'Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione", e va considerato che dalla presente declaratoria di illegittimità costituzionale consegue, a norma dell'art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87, la stessa declaratoria per il detto art. 14 per la parte in cui è previsto l'esaurimento delle disponibilità.

Per questi motivi, a) dichiara l'illegittimità costituzionale degli art. 1, 2 e 45 legge 14 aprile 1975 n. 103 (nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva) nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l'ambito locale; b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli art. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47 e 48 citata legge 14 aprile 1975 n. 103, sollevata, in riferimento agli art. 1, 2, 3, capov., 9, 10, 11, 21, 33, 49 e 138 ,Cost., dal Pretore di Ancona con l'ordinanza indicata in epigrafe; c) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 195, 10 ed ult. comma, d. pres. 29 maggio 1973 n. 156 (approvazione del t. u. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) sollevata, in riferimento agli art. 41 e 43 Cost., dal Tribunale di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe; d) dichiara, a norma dell'art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 14 citata legge 14 aprile 1975 n. 103 nella parte in cui prevede la possibilità che mediante le realizzazioni di impianti da parte della società concessionaria siano esaurite le disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all'Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione.

Legge 14 aprile 1975, n. 103.

Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva.

Titolo I - Del Servizio Pubblico di diffusione radiofonica e televisiva.
(Artt. 1 - 23)
Titolo II - Degli impianti di diffusione sonora e televisiva via cavo.
(Artt. 24 - 37)
Titolo III - Degli impianti ripetitori via etere privati di programmi sonori e televisivi esteri e nazionali.
(Artt. 38 - 44)
Titolo IV
Modifiche agli articoli 1,183 e 195 del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni.
(Art. 45)
Titolo V
Disposizioni transitorie e finali.
(Artt. 46 - 49)

LA CAMERA DEI DEPUTATI ED IL SENATO DELLA REPUBBLICA HANNO APPROVATO;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA
LA SEGUENTE LEGGE:
 

Titolo I
Del Servizio Pubblico di diffusione radiofonica e televisiva.

Art. 1.
La diffusione circolare di programmi radiofonici via etere o, su scala nazionale, via filo e di programmi televisivi via etere, o, su scala nazionale via cavo e con qualsiasi altro mezzo costituisce, ai sensi dell'articolo 43 della costituzione, un servizio pubblico essenziale ed a carattere di preminente interesse generale in quanto volta ad ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del paese in conformità ai principi sanciti dalla costituzione. Il servizio e' pertanto riservato allo stato.

La indipendenza, l'obiettività e l'apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali, nel rispetto delle libertà garantite dalla Costituzione, sono principi fondamentali della disciplina del servizio pubblico radiotelevisivo.

Ai fini della attuazione delle finalità di cui al primo comma e dei principi, di cui al secondo comma, la determinazione dell'indirizzo generale e l'esercizio della vigilanza dei servizi radiotelevisivi competono alla commissione prevista dal decreto legislativo del capo provvisorio dello stato 3 aprile 1947, n.428. Sono soppressi gli articoli 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 del decreto legislativo del capo provvisorio dello stato 3 aprile 1947, n.428, e la legge 23 agosto 1949, n.681. 

Detta commissione assume la denominazione di commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Essa e' composta di quaranta membri designati pariteticamente dai presidenti delle due camere del Parlamento, tra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari.

La commissione elabora un proprio regolamento interno che sarà emanato di concerto dai presidenti delle due Camere del Parlamento sentiti i rispettivi uffici di presidenza. detto regolamento stabilisce le modalità per il funzionamento della commissione stessa e la sua articolazione in sottocommissioni per l'adempimento dei poteri di cui al presente articolo. Una di dette sottocommissioni permanenti è competente per l'esame delle richieste di accesso, secondo quanto stabilito dal successivo articolo 6.

Art. 2
La riserva del servizio allo stato, di cui all'articolo 1, comprende:
l'installazione e l'esercizio tecnico degli impianti destinati alla diffusione circolare radiofonica e televisiva, fatta eccezione per gli impianti ripetitori privati via etere di programmi televisivi e radiofonici stranieri e nazionali, la cui installazione e utilizzazione sono regolate dal Titolo III della presente legge;

 
la trasmissione, mediante gli impianti predetti, di programmi di qualsivoglia natura, sia all'interno che all'estero.

Sono altresì incluse nella riserva la filodiffusione sonora e la televisione via cavo, fatta eccezione per le ipotesi previste dal Titolo II della presente legge.

Art. 3
Il Governo può provvedere al servizio pubblico della radio e della televisione con qualsiasi mezzo tecnico, mediante atto di concessione ad una società per azioni a totale partecipazione pubblica sentita la commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

La concessione importa di diritto l'attribuzione alla concessionaria della qualità di società di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 2461 del codice civile .

Art.4.
la Commissione Parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi:

formula gli indirizzi generali per l'attuazione dei principi di cui all'articolo 1 , per la predisposizione dei programmi e per la loro equilibrata distribuzione nei tempi disponibili; 

controlla il rispetto degli indirizzi e adotta tempestivamente le deliberazioni necessarie per la loro osservanza;

stabilisce, tenuto conto delle esigenze della organizzazione e dell'equilibrio dei programmi, le norme per garantire l'accesso al mezzo radiotelevisivo e decide sui ricorsi presentati contro le deliberazioni adottate dalla sottocommissione parlamentare di cui al successivo articolo 6 sulle richieste di accesso;

disciplina direttamente le rubriche di tribuna politica, tribuna elettorale, tribuna sindacale e tribuna stampa;

indica i criteri generali per la formazione dei piani annuali e pluriennali di spesa e di investimento facendo riferimento alle prescrizioni dell'atto di concessione;

approva i piani di massima della programmazione annuale e pluriennale e vigila sulla loro attuazione; 

riceve dal consiglio di amministrazione della società concessionaria le relazioni sui programmi trasmessi e ne accerta la rispondenza agli indirizzi generali formulati;

formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e le responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo;

analizza, anche avvalendosi dell'opera di istituti specializzati, il contenuto dei messaggi radiofonici e televisivi, accertando i dati di ascolto e di gradimento dei programmi trasmessi;

riferisce con relazione annuale al parlamento sulle attività e sui programmi della commissione;

elegge dieci consiglieri di amministrazione della società concessionaria secondo le modalità previste dall' articolo 8;

esercita le altre funzioni ad essa demandate dalla legge.

La commissione trasmette i propri atti per gli adempimenti dovuti alle presidenze dei due rami del Parlamento, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministro per le poste e le telecomunicazioni, ai consigli regionali e al consiglio di amministrazione della società concessionaria.

Per l'adempimento dei suoi compiti la commissione può invitare il presidente, gli amministratori, il direttore generale e i dirigenti della società concessionaria e, nel rispetto dei regolamenti parlamentari ,quanti altri ritenga utile; può, altresì, chiedere alla concessionaria la effettuazione di indagini e studi e la comunicazione di documenti.

Art. 5
Ogni consiglio regionale elegge, con voto limitato almeno ai due terzi dei membri da eleggere, un comitato regionale per il servizio radiotelevisivo, composto da nove membri. Questi durano in carica tre anni e il loro mandato e' gratuito.

La carica di membro del comitato regionale radiotelevisivo è incompatibile con quella di consigliere regionale, di dipendente della società concessionaria, nonché con l'appartenenza agli organi di cui agli articoli 4 e 8 della presente legge.

Il comitato regionale e' organo di consulenza della regione in materia radiotelevisiva; 

formula indicazioni sui programmi radiotelevisivi destinati alla diffusione regionale.

Formula altresì proposte da presentare al consiglio di amministrazione della società concessionaria in merito a programmazioni regionali che possono essere trasmesse in reti nazionali.

Il comitato regionale regola l'accesso alle trasmissioni regionali, secondo le norme della commissione parlamentare.

Art.6
Sono riservati dalla società concessionaria, per apposite trasmissioni, tempi non inferiori al 5 per cento del totale delle ore di programmazione televisiva e al 3 per cento del totale delle ore di programmazione radiofonica, distintamente per la diffusione nazionale e per quella regionale, ai partiti ed ai gruppi rappresentati in parlamento, alle organizzazioni associative delle autonomie locali, ai sindacati nazionali, alle confessioni religiose, ai movimenti politici, agli enti e alle associazioni politiche e culturali, alle associazioni nazionali del movimento cooperativo giuridicamente riconosciute, ai gruppi etnici e linguistici e ad altri gruppi di rilevante interesse sociale che ne facciano richiesta.

Per le testate dei giornali quotidiani che non siano organi ufficiali di partito e' istituita una tribuna della stampa.

La sottocommissione permanente per l'accesso, costituita nell'ambito della Commissione Parlamentare, procede trimestralmente, sulla base delle norme stabilite dalla commissione stessa, all'esame delle richieste di accesso, delibera su di esse, determina il tempo di trasmissione complessivamente riservato allo accesso ai programmi nazionali e locali, provvede alla ripartizione del tempo disponibile tra i soggetti ammessi. 

Le norme emanate dalla Commissione Parlamentare devono ispirarsi:

a) all'esigenza di assicurare la pluralità delle opinioni e degli orientamenti politici e culturali;

b) alla rilevanza dell'interesse sociale, culturale ed informativo delle proposte degli interessati;

c) alle esigenze di varietà della programmazione.

La sottocommissione stabilisce le modalità di programmazione, sentita la concessionaria. 

Contro le decisioni della sottocommissione è ammesso ricorso da parte del richiedente alla commissione parlamentare in seduta plenaria. i soggetti interessati devono designare la persona responsabile, agli effetti civili e penali, del programma da ammettere alla trasmissione e comunicare alla sottocommissione ed alla concessionaria il contenuto del programma stesso.

I soggetti ammessi all'accesso devono, nella libera manifestazione del loro pensiero, osservare i principi dell'ordinamento costituzionale, e tra essi in particolare quelli relativi alla tutela della dignità della persona nonché della lealtà e della correttezza del dialogo democratico e astenersi da qualsiasi forma di pubblicità commerciale.

I soggetti che fruiscono dell'accesso, nell'organizzare il proprio programma in modo autonomo, possono avvalersi della collaborazione tecnica gratuita della concessionaria secondo norme ed entro limiti fissati dalla Commissione Parlamentare per soddisfare esigenze minime di base.

Art. 7
Ai telegiornali ed ai giornali radio si applicano le norme sulla registrazione dei giornali e periodici contenute negli articoli 5 e 6 della legge 8 febbraio 1948, n.47; i direttori dei telegiornali e dei giornali radio sono, a questo fine, considerati direttori responsabili.

Chiunque si ritenga leso nei suoi interessi materiali o morali da trasmissioni contrarie a verità ha il diritto di chiedere che sia trasmessa apposita rettifica.

La richiesta deve essere presentata al direttore della rete radiofonica o televisiva o al direttore del telegiornale o del giornale radio, nei cui programmi la trasmissione da rettificare si è verificata.

Il direttore competente e' tenuto a disporre che la rettifica sia effettuata, senza ritardo, purché la rettifica stessa non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penale.

Salvo casi di particolare rilevanza, le rettifiche vengono effettuate nell'ambito di apposite trasmissioni.

Il rifiuto di ottemperare all'obbligo di rettifica è punito con le sanzioni previste dall'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n.47.
Si osservano in tal caso le norme di cui all'articolo 21 della stessa legge.

La trasmissione della rettifica non esclude le responsabilità penali e civili nelle quali si sia già incorsi.

Art. 8
Il consiglio di amministrazione della concessionaria è composto da 16 membri, di cui:

sei eletti dall'assemblea dei soci; dieci eletti dalla commissione parlamentare con la maggioranza di tre quinti dei suoi componenti, dei quali 4 scelti sulla base delle designazioni effettuate dai consigli regionali. 

Ciascun consiglio regionale designa da uno a tre nominativi nei trenta giorni anteriori alla scadenza del consiglio di amministrazione e, nella prima attuazione della presente legge, entro quindici giorni dalla sua entrata in vigore.

Trascorsi i termini la commissione procede sulla base delle designazioni pervenute.

Il consiglio di amministrazione dura in carica tre anni.

Il consiglio di amministrazione della società concessionaria nomina il presidente, scelto tra i suoi componenti, e il direttore generale.

Il consiglio di amministrazione nomina altresì uno o più vice presidenti tra i suoi componenti.

Al consiglio di amministrazione spetta la gestione della società, salve le materie riservate per legge alla assemblea sociale.

Il consiglio approva trimestralmente, in attuazione del piano annuale di massima approvato dalla commissione parlamentare, lo schema dei programmi da svolgere nel trimestre successivo; 

esamina periodicamente le proposte allo studio per la futura programmazione; verifica periodicamente i programmi trasmessi, per accertarne la rispondenza alle direttive ed agli schemi approvati; 

trasmette alla commissione parlamentare periodiche relazioni sui programmi trasmessi.

Il consiglio, nel quadro degli indirizzi e dei criteri generali formulati dalla Commissione Parlamentare, provvede alla definizione del preventivo annuo globale delle entrate con maggioranza dei tre quarti dei suoi membri, provvede all'assegnazione annuale degli stanziamenti per le attività dei vari settori, alla determinazione del piano annuale di massima della programmazione e degli investimenti e alle modifiche generali dell'organizzazione. 

Il consiglio provvede altresì alle assunzioni, ai trasferimenti, alle promozioni del personale con qualifica di dirigente ed assimilate e detta norme generali per l'assunzione degli altri dipendenti e dei giornalisti e per le collaborazioni che abbiano carattere continuativo.

Art. 9
La carica di componente del consiglio di amministrazione è incompatibile con l'appartenenza al Parlamento, ai consigli regionali e con la titolarità di rapporti di interesse o di lavoro con imprese o società, pubbliche o private, interessate all'esercizio della radio e della televisione e concorrenti della concessionaria.

Art. 10
Il presidente ha la rappresentanza legale della società, presiede il consiglio di amministrazione al quale risponde, esercita la sorveglianza sull'andamento della gestione aziendale ai fini del raggiungimento degli scopi sociali e per l'attuazione degli indirizzi della commissione parlamentare.

Art. 11
Il direttore generale e' responsabile dello svolgimento del servizio radiotelevisivo nei confronti del consiglio di amministrazione, in attuazione delle delibere del consiglio stesso secondo gli indirizzi formulati dalla Commissione Parlamentare.

A tal fine presiede alla organizzazione e all'attività della azienda;

partecipa senza voto deliberativo alle riunioni del consiglio di amministrazione.

Art. 12
Il consiglio di amministrazione e il direttore generale decadono quando in un esercizio finanziario il totale delle spese superi di oltre il 10 per cento il totale delle entrate previste. l'aumento della indennità di contingenza eccedente la quota prevista nel bilancio di previsione non e' calcolata a questi fini.

Il collegio dei sindaci qualora accerti che, in un esercizio finanziario, nel bilancio consuntivo il totale delle spese supera di oltre il 10 per cento il totale delle entrate previste per l'esercizio stesso, riferisce entro quindici giorni alla commissione parlamentare che, accertato il superamento del limite del 10 per cento, dichiara che ricorrono le condizioni di cui al precedente comma.

In questo caso la commissione parlamentare nomina a maggioranza di due terzi dei componenti un collegio commissariale di cinque membri di cui due designati dall'assemblea degli azionisti, uno dei quali con funzioni di presi-

dente. 

Il collegio commissariale dura in carica quattro mesi. 

Il consiglio di amministrazione segnala tempestivamente al Governo, alla commissione parlamentare e al collegio sindacale, per gli opportuni provvedimenti di rispettiva competenza, le possibilità di aumento dei costi, derivanti da ragioni esterne, obiettive e non prevedibili che possono determinare la situazione di cui al presente articolo.

Art. 13
L'atto di concessione deve impegnare la società concessionaria ad organizzarsi in modi idonei per:

assicurare il rispetto dei principi fondamentali sanciti dall'articolo 1 della presente legge;

garantire la priorità dell'attività di produzione dei settori dei programmi e dell'informazione, anche con un equilibrato sviluppo delle capacità produttive aziendali;

favorire uno sviluppo del servizio che rispetti la importanza e la molteplicità delle opinioni, anche attraverso un decentramento ideativo e produttivo della azienda e stabilendo un efficace rapporto con la realtà del paese e in particolare con le organizzazioni più rappresentative dei lavoratori, dipendenti e autonomi, della cooperazione e con le forze della cultura;

garantire che i giornalisti preposti ai servizi di informazione siano tenuti all'imparzialità e che i giornalisti, gli autori ed i realizzatori dei programmi radiotelevisivi siano posti in grado di adempiere ai loro doveri nel rispetto dei principi della professionalità.

Il consiglio di amministrazione, non appena in funzione, e' impegnato ad esaminare le proposte riorganizzative dell'azienda, che siano in grado di assicurare funzionalità, efficienza, conduzione unitaria ed economicità di gestione, in attuazione di quanto stabilito dai successivi commi, e a deliberare su di esse.

L'ideazione e la realizzazione della programmazione televisiva e radiofonica, ad eccezione dei servizi giornalistici di cui al successivo settimo comma, vengono organizzate da direzioni di rete. ciascuna direzione di rete ha una sua distinta assegnazione di personale organizzativo e amministrativo. 

Le direzioni di rete sono articolate in strutture di programmazione, per ciascuna delle quali viene stabilito un numero di collocazioni orarie e i relativi stanziamenti e mezzi tecnici. 

Per quanto attiene alla impostazione, realizzazione e messa in onda dei programmi i direttore di rete sono alle dirette dipendenze del direttore generale.

Delle proposte allo studio per i programmi, dell'andamento delle produzioni e della messa in onda e' responsabile il direttore di rete che ne concorda i vari momenti di sviluppo e di attuazione con la direzione generale. 

Il piano annuale delle trasmissioni, il piano di produzione ed i piani trimestrali vengono proposti dai vari settori produttivi ai direttori di rete, che li rielaborano in una proposta alla direzione generale.

Il direttore generale coordina le varie proposte presentando un programma organico al consiglio di amministrazione. 

Il consiglio di amministrazione, sulla base dei piani di produzione e di trasmissione approvati, determina gli stanziamenti per ciascuna direzione.

I piani di trasmissione annuali, approvati dal consiglio di amministrazione, vengono successivamente presentati alla Commissione Parlamentare.

I servizi giornalistici quotidiani e periodici sono forniti in televisione da due telegiornali ed in radio da tre giornali radio, il direttore di ciascuno dei quali e' responsabile di fronte al direttore generale particolarmente della impostazione informativa e politica, della realizzazione e messa in onda delle trasmissioni.

Al fine di valorizzare le attività scolastiche ed educative del mezzo radiotelevisivo, anche nel quadro di un collegamento con esperienze didattiche a livello locale e regionale, realizzate nell'ambito delle competenze di legge, è istituito il dipartimento radiotelevisivo delle trasmissioni scolastiche ed educative per adulti, il direttore del quale è responsabile di fronte al direttore generale.

Servizi comuni di natura gestionale sono forniti dalle direzioni di supporto. 

I direttori delle direzioni di supporto, dei servizi giornalistici per l'estero, di tribuna politica, sono, indipendentemente dalle qualifiche, alle dipendenze del direttore generale.

Un vice direttore generale coordina l'attività delle reti televisive.

Un vice direttore generale coordina l'attività delle reti radiofoniche.

Un vice direttore generale coordina l'attività delle direzioni di supporto.

Per consentire un adeguato apporto di contributi regionali ed interregionali alla programmazione viene avviato a realizzazione un decentramento ideativo e produttivo che potenzi e sviluppi le strutture periferiche della concessionaria, anche attraverso un piano di riassetto organizzativo e tecnico ed una redistribuzione di personale e di mezzi. 

Il consiglio di amministrazione periodicamente stabilisce le percentuali dei programmi relative alle singole reti, che devono essere realizzati in sede regionale o interregionale e predispone le strutture produttive ed operative necessarie a tal fine.

La conservazione e la diffusione (attraverso specifiche attività editoriale, libraria, discografica, di supporti audiovisivi e simili) delle produzioni artistiche e culturali della concessionaria e di quelle comunque connesse alla sua attività e, in genere, le attività commerciali, sono effettuate direttamente o a mezzo di società collegate di totale o prevalente proprietà della concessionaria stessa.

Art. 14
L'atto di concessione, comprensivo di tutti i servizi che rientrano nella riserva allo stato e sono riportati nello articolo 2, deve avere validità per sei anni, e' rinnovabile per un periodo non superiore e prevede tra l'altro sulla base del preventivo annuo globale delle entrate della società concessionaria o delle entrate che ad essa eventualmente conceda con la legge lo stato:

I tempi ed i modi dell'introduzione delle trasmissioni televisive a colori su parere del C.I.P.E. ;

la prosecuzione dell'estensione delle reti radiofoniche e televisive assicurando la ricezione di tutti i suoi programmi possibilmente all'intero territorio nazionale, con qualsiasi mezzo tecnico, anche mediante eventuali convenzioni con i comuni, le province, le comunità montane o appositi consorzi degli enti locali;

la ristrutturazione delle reti e degli impianti al fine di adeguarli all'evoluzione tecnologica;

la costruzione di una terza rete televisiva;

la realizzazione graduale di altri impianti radiofonici e televisivi, ad esaurimento delle disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all'Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione;

la sperimentazione delle più recenti tecniche in tema di trasmissioni televisive.

I relativi piani tecnico- finanziari sono soggetti all'autorizzazione ed al controllo dei competenti organi ministeriali secondo le norme vigenti.

Art. 15
Il fabbisogno finanziario per una efficiente ed economica gestione dei servizi di cui all'articolo 1 e' coperto con i canoni di abbonamento alle radioaudizioni ed alla televisione di cui al regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n.246, convertito nella legge 4 giugno 1938, n.880, e successive modificazioni, nonché con i proventi derivanti dalla pubblicità radiofonica e televisiva e con le altre entrate consentite dalla legge.

Il canone di abbonamento e la tassa di concessione governativa, di cui al n.125 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.641, sono dovuti anche dai detentori di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni sonore o televisive via cavo o provenienti dall'estero.

La misura dei canoni e' determinata secondo le norme dell'articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n.347 .

Con lo stesso procedimento viene stabilita la misura dei canoni di abbonamento per autoradio, nonché la misura dei canoni di abbonamento suppletivi dovuti dai detentori di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di programmi televisivi a colori e dai detentori di apparecchi allacciati a reti pubbliche su scala nazionale di diffusione via filo o via cavo.

Con effetto dall'1 gennaio 1975 il canone per autoradio resta fissato nella misura prevista dal decreto ministeriale 30 dicembre 1974 pubblicato nella gazzetta ufficiale della Repubblica n.340 del 31 dicembre 1974.

Per i canoni eventualmente già versati in misura inferiore non si fa luogo a recupero della differenza.

Art.16
La riscossione dei canoni di abbonamento ordinari alle radioaudizioni e alla televisione, nonché la devoluzione dei canoni stessi restano regolati dalle vigenti disposizioni.

Nella misura dei canoni di abbonamento non sono comprese dall'1 gennaio 1975 le tasse postali di versamento e di affrancatura per il recapito a domicilio del libretto personale di iscrizione.

La misura del canone dovuto dalla concessionaria allo stato e' stabilita dalla convenzione di cui al successivo articolo 46.

Art. 17
Il termine di disdetta dell'abbonamento di cui allo articolo 10 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n.246, convertito nella legge 4 giugno 1938, n.880, è fissato al 31 dicembre di ciascun anno.

Art. 18
La società concessionaria deve adottare adeguate iniziative dirette allo sviluppo del servizio ed e' autorizzata, attraverso il censimento dell'utenza, a verificare i risultati raggiunti. 

A tal fine la società stessa può richiedere alla amministrazione finanziaria i necessari dati. 

L'automobile club d'Italia è tenuto a dare comunicazione alla società concessionaria dei dati riguardanti gli utenti e delle riscossioni relative alle utenze per autoradio e per autotelevisori.

Art. 19
La società concessionaria, oltre che alla gestione dei servizi in concessione, e' tenuta alle seguenti prestazioni:

a) a sistemare, secondo piani tecnici approvati dal ministero delle poste e delle telecomunicazioni, le reti trasmittenti televisive nelle zone di confine bilingui, per renderle idonee a ritrasmettere programmi di organismi esteri confinanti; ad attuare la ristrutturazione ed assumere la gestione degli impianti di terzi eventualmente ad essa affidati, esistenti in dette zone alla data di entrata in vigore della presente legge;

b) a predisporre annualmente, sulla base delle direttive della presidenza del consiglio dei ministri, sentita la commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, programmi televisivi

e radiofonici destinati a stazioni radiofoniche e televisive di altri paesi per la diffusione e la conoscenza della lingua e della cultura italiana nel mondo e ad effettuare, sentita la stessa commissione parlamentare, trasmissioni radiofoniche speciali ad onde corte per l'estero, ai sensi del decreto legislativo 7 maggio 1948, n.1132 ,e del decreto del presidente della repubblica 5 agosto 1962, n.1703 ;

c) ad effettuare trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e latina per la provincia di Bolzano ,in lingua francese per la regione autonoma valle d'Aosta ed in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia.

Art. 20
I corrispettivi dovuti alla società per gli adempimenti di cui al precedente articolo sono stabiliti come segue.

Per quanto previsto al punto a) si provvede mediante separate pattuizioni da effettuarsi d'intesa con i rappresentanti degli enti locali delle zone di confine interessate.

Per quanto previsto al punto b), i programmi televisivi e radiofonici destinati a stazioni radiofoniche e televisive di altri paesi sono regolati mediante convenzioni aggiuntive da stipularsi con le competenti amministrazioni dello stato entro novanta giorni dalla stipula della convenzione di cui al successivo articolo 46 mentre le trasmissioni radiofoniche speciali ad onde corte per l'estero sono regolate secondo le modalità e le condizioni previste dal decreto legislativo 7 maggio 1948, n.1132 , e dal decreto del Presidente della Repubblica 5 agosto 1962,n.1703 .

Per gli adempimenti di cui al punto c), le trasmissioni in lingua tedesca per la provincia di Bolzano sono regolate mediante convenzione aggiuntiva da stipularsi con le competenti amministrazioni dello stato entro lo stesso termine di cui al precedente comma, mentre le trasmissioni in lingua slovena da radio Trieste sono regolate secondo le modalità previste dalla legge 14 aprile 1956, n.308.

L'ammontare dei rimborsi della spesa per le trasmissioni in lingua tedesca effettuate dalla sede di Bolzano, nel periodo 7 febbraio 1966-31 dicembre 1972, è forfettariamente stabilito in lire 6.710 milioni oltre alla imposta sul valore aggiunto.

La misura del rimborso forfettario annuo, previsto per le trasmissioni radiofoniche da radio Trieste dalla legge 14 aprile 1956, n.308 , in considerazione dell'intervenuto aumento del numero di trasmissioni con l'inclusione nei programmi dell'ora della Venezia Giulia , viene elevata a lire 250 milioni l'anno, oltre all'imposta sul valore aggiunto, a partire dal 1968 e può essere soggetta a revisione triennale su richiesta di ciascuna parte contraente a far tempo dall'1 gennaio 1977.

L'ammontare dei rimborsi della spesa sostenuta per le trasmissioni in lingua francese per la regione autonoma valle d'Aosta e per le trasmissioni televisive in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia e' regolato con apposite convenzioni con le competenti amministrazioni dello Stato.

La somma di 8.300 milioni, iscritta al capitolo 2554 dello stato di previsione della spesa del ministero del tesoro dell'anno finanziario 1973 e di cui al capitolo aggiunto 7480 dell'anno finanziario 1974, resta destinata ed impegnata per la liquidazione degli oneri di cui al precedente quinto comma nonché a quello di cui al sesto comma per il periodo 1968-1972.all'onere derivante dall'applicazione dello stesso sesto comma per il periodo successivo al 1972, si provvede a carico dello stanziamento del capitolo 2549 dello stato di previsione della spesa del ministero del tesoro per l'anno finanziario 1974 e corrispondenti capitoli degli anni successivi.

Ai nuovi o maggiori oneri derivanti dalle altre convenzioni da stipulare ai sensi dei precedenti commi, si provvede con utilizzo dei proventi del canone dovuto dalla concessionaria allo stato e da determinare, ai sensi del precedente articolo 16, con la convenzione di cui al successivo articolo 46.

Il Ministro per il tesoro e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Per i servizi speciali radiotelevisivi, non compresi fra quelli suindicati, le amministrazioni dello stato richiedenti concordano, attraverso apposite convenzioni, con la società concessionaria le modalità delle prestazioni e l'entità dei relativi rimborsi, sentito il parere obbligatorio della commissione parlamentare.

Art. 21
La pubblicità è ammessa nel servizio radiotelevisivo come fonte di proventi accessoria. 

Essa e' soggetta ai limiti derivanti dagli indirizzi generali relativi ai messaggi pubblicitari stabiliti dalla commissione parlamentare ai sensi dell'articolo 4 e dalle esigenze di tutela degli altri settori dell'informazione e delle comunicazioni di massa.

La durata complessiva dei programmi pubblicitari non può superare il 5 per cento della durata delle trasmissioni sia televisive sia radiofoniche.

Entro il mese di luglio di ogni anno, la commissione parlamentare, sentita la commissione paritetica, istituita presso la Presidenza del Consiglio, servizi informazioni e proprietà letteraria, artistica e scientifica con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 ottobre 1967, stabilisce il limite massimo degli introiti pubblicitari radiotelevisivi della concessionaria per l'anno successivo. 

A tal fine considera i ricavi pubblicitari derivanti dalla pubblicità nazionale sulla stampa e in radiotelevisione relativi al-l'anno precedente e all'andamento dell'anno in corso.

Le variazioni percentuali relative a tale andamento costituiscono la base per definire il limite massimo degli introiti pubblicitari radiotelevisivi per l'anno successivo, in modo da garantire un equilibrato sviluppo dei due mezzi.

Art. 22 La società concessionaria e' tenuta a trasmettere i comunicati e le dichiarazioni ufficiali del Presidente della Repubblica, dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Corte Costituzionale, su richiesta degli organi medesimi, facendo precedere e seguire alle trasmissioni l'esplicita menzione della provenienza dei comunicati e delle dichiarazioni.

Per gravi e urgenti necessita' pubbliche la richiesta del Presidente del Consiglio dei Ministri ha effetto immediato. 

In questo caso egli e' tenuto a darne contemporanea comunicazione alla commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
 
 

Art. 23
Il controllo della gestione sociale e' effettuato, a norma degli articoli 2403 e seguenti del codice civile ,da un collegio sindacale composto da cinque sindaci effettivi e da due sindaci supplenti.

Il collegio e' composto:

da due componenti effettivi e un supplente designati dalla commissione parlamentare a maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti e scelti tra gli iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti;

da tre componenti effettivi e un supplente eletti dalla assemblea generale ordinaria dei soci, che fissa le indennità spettanti ai componenti il collegio.

Ai sindaci competono le attribuzioni stabilite dalla legge.

Titolo II
Degli impianti di diffusione sonora e televisiva via cavo

Art. 24
L'installazione e l'esercizio delle reti e degli impianti di diffusione sonora e/o televisiva monocanali via cavo e la distribuzione, attraverso di essi, di programmi sono ammessi relativamente al territorio di un singolo comune o relativamente ad aree geografiche, definite preventivamente dalla regione, comprendenti più comuni contigui aventi complessivamente una popolazione non superiore a 150.000 abitanti.

Per ogni singola rete di diffusione e' stabilita, in base a criteri preventivamente determinati con legge regionale, un'area nella quale sussiste l'obbligo di allacciamento degli utenti che ne facciano richiesta sino al raggiungimento del 30 per cento del massimo delle utenze consentite.

Ciascuna rete può servire non più di 40 mila utenze e può essere utilizzata per diffondere programmi solo di un unico titolare delle autorizzazioni di cui ai successivi articoli 26 e 30.

Art. 25
Chiunque, ai sensi dell'articolo 24 , intenda installare ed esercitare reti e impianti locali di diffusione sonora e televisiva via cavo e distribuire, attraverso di essi, i programmi indicati nello stesso articolo, deve chiedere autorizzazione al ministero delle poste e delle telecomunicazioni e alla regione competente per territorio.

Art. 26
Spetta al Ministro per le Poste e le Telecomunicazioni rilasciare l'autorizzazione per l'installazione e l'esercizio delle reti e degli impianti, in conformità alle disposizioni previste dalla presente legge.

L'autorizzazione e' rilasciata subordinatamente al possesso dei seguenti requisiti:

cittadinanza italiana se si tratta di persone fisiche o nazionalità italiana se si tratta di persone giuridiche;

si può prescindere da tali requisiti per i soggetti di stati membri della C.E.E. ,a condizione di reciprocità;

godimento dei diritti civili e politici da parte del richiedente.

Possono ottenere la autorizzazione oltre ai soggetti di cui al comma precedente anche le associazioni non riconosciute e i comitati.

Gli amministratori e i sindaci nonché i rappresentanti delle associazioni non riconosciute e dei comitati devono possedere i requisiti indicati al comma precedente.

Il Ministro per le Poste e le Telecomunicazioni, sentito il parere della commissione parlamentare, emana il regolamento della presente legge entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore di essa.

Il regolamento stabilisce le caratteristiche tecniche degli impianti e delle reti nonché le modalità per la loro installazione.

Il regolamento stabilisce, altresì, le modalità per la sospensione della autorizzazione e la cessione temporanea della rete e degli impianti agli organi dello Stato, alle Regioni, alle Province ed ai Comuni, a seguito di calamità o di gravi necessità pubbliche.

L'autorizzazione decade in caso di morte o di fallimento del titolare, in caso di trasferimento della rete a terzi, non autorizzato previamente dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, ovvero, per le persone giuridiche, in caso di scioglimento, fusione o incorporazione e in caso di decadenza dalla autorizzazione prevista all'articolo 30.

Il titolare dell'autorizzazione incorre, inoltre, nella decadenza qualora:

1) venga meno uno dei requisiti richiesti per il rilascio dell'autorizzazione e violi i limiti stabiliti dallo articolo 24 ;

2) si renda responsabile di gravi e ripetute irregolarità nell'esercizio delle reti e degli impianti;

3) non ottemperi ripetutamente ai provvedimenti presi dall'Autorità Governativa a norma di legge, o ne ostacoli l'esecuzione;

4) modifichi, senza l'assenso del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, le caratteristiche tecniche degli impianti.

La decadenza e' disposta dal Ministro per le Poste e le Telecomunicazioni ed e' preceduta da diffida nei casi di cui ai precedenti numeri 2),3) e 4).

Art. 27
L'amministrazione può procedere alla verifica tecnica della rete e può effettuare, in qualsiasi momento, sopralluoghi e verifiche allo scopo di riscontrare la rispondenza degli impianti alle prescrizioni tecniche.

L'amministrazione può imporre, con congruo preavviso, al titolare dell'autorizzazione di spostare gli impianti e la rete dei cavi qualora lo richiedano preminenti interessi pubblici, in conformità a parere espresso dal Consiglio Superiore Tecnico delle Telecomunicazioni del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni.

Art. 28
Il titolare dell'autorizzazione di cui all'articolo 26 , fermi restando gli obblighi previsti dalla presente legge e dal relativo regolamento, e' tenuto:

a) a completare l'installazione e l'attivazione della rete e degli impianti, in conformità al progetto esecutivo presentato in allegato alla domanda di autorizzazione, entro la data e con la progressione riportate nella autorizzazione medesima, salvo giustificato motivo;

b) a soddisfare alle richieste di allacciamento dei residenti nella zona definita dal secondo comma dell'articolo 24 .

Art. 29
Le misure dei canoni dovuti dagli utenti delle reti sonore e televisive via cavo locali sono stabilite dal Comitato Interministeriale dei Prezzi.

Art. 30
La regione, nella quale e' compreso il territorio nel cui ambito sono installati gli impianti, rilascia l'autorizzazione per la diffusione di programmi sonori e televisivi sulla rete via cavo locale autorizzata ai sensi dell'articolo 26.

L' autorizzazione può essere rilasciata a soggetto diverso dal titolare dell'autorizzazione di cui all'articolo 26.

L' autorizzazione decade in caso di morte o di fallimento del titolare e in caso di decadenza dell'autorizzazione rilasciata dal Ministro per le Poste e le Telecomunicazioni ai sensi dell'articolo 26.

Il titolare dell'autorizzazione incorre inoltre nella decadenza qualora:

1) venga meno uno dei requisiti richiesti per il rilascio dell'autorizzazione;

2) superi i limiti complessivi o superi ripetutamente i limiti orari posti alla trasmissione di messaggi pubblicitari;

3) non rispetti in ripetute occasioni il disposto di cui al quinto comma del presente articolo, ai punti b) e c).

Nel concedere l'autorizzazione la regione deve assicurare il rispetto delle seguenti norme:
a) il limite massimo di durata complessiva dei messaggi pubblicitari, che devono essere riservati alla pubblicità locale, non può superare il cinque per cento dei tempi totali di trasmissione, esclusi i tempi utilizzati per le repliche di programmi diffusi nei sei mesi precedenti, con una durata massima di 6 minuti per ciascuna ora solare di trasmissione; 

b) e' vietata ogni interconnessione per trasmissione contemporanea con altre reti, anche estere;

c) sul totale delle ore di trasmissione settimanali di ciascun canale, la quota parte composta da programmi acquistati, noleggiati o scambiati, non può superare quella composta da programmi prodotti in proprio.

Sono esclusi da questo computo i tempi di trasmissione di immagini fisse.

Le autorizzazioni di cui all'articolo 26 ed al presente articolo non sostituiscono le altre autorizzazioni e licenze previste dalle vigenti disposizioni legislative.

Art. 31
Per le trasmissioni dei programmi si applicano le disposizioni di cui agli articoli 3,5,6,9,13,14,15 e 21 della legge 8 febbraio 1948, n.47.

Art. 32
Le autorizzazioni di cui agli articoli 26 e 30 sono rilasciate per un periodo non superiore a dieci anni e possono essere rinnovate.

Esse non possono essere trasferite a qualsivoglia titolo a terzi, senza il consenso, rispettivamente, del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni e della Regione. 

Ove sulla domanda di trasferimento non si provveda da parte del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni o della regione, entro il termine di tre mesi, il consenso si intende accordato.

I provvedimenti di decadenza, di sospensione e di consenso alla cessione a terzi delle autorizzazioni devono essere partecipati immediatamente dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni alle regioni interessate e viceversa.

Art. 33
L'autorizzazione di cui all'articolo 26 e' soggetta alla tassa sulle concessioni governative nella misura e nei modi indicati nella tariffa annessa al decreto del presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n.641, come modificata dal comma seguente.

Dopo la voce n.126 della tariffa approvata con decreto del presidente della repubblica 26 ottobre 1972,n.641 , e' aggiunta la seguente:

(parte di testo non memorizzata)
Art. 34
Il direttore responsabile dei programmi emessi dalle stazioni di diffusione sonora e televisiva via cavo locali, autorizzate ai sensi degli articoli 26 e 30 della presente legge, ha l'obbligo di disporre senza ritardo, in apposite trasmissioni, le rettifiche richieste dai soggetti interessati, purché non abbiano contenuto che possa dar luogo a responsabilità penale.

In caso di mancato adempimento si osservano in quanto applicabili le disposizioni del primo e del penultimo comma dello articolo 7, fermo restando quanto previsto all'ultimo comma dello stesso articolo.

Art. 35
I titolare degli impianti di cui all'articolo 24 , già installati sul territorio nazionale, devono presentare, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del regolamento di cui all'articolo 26, domanda di autorizzazione corredata dalle caratteristiche tecniche degli impianti.

Il funzionamento in via provvisoria degli impianti suddetti e' consentito sino al rilascio dell'autorizzazione, semprechè sia stata presentata nei termini la domanda di cui al precedente comma.

Ove sia accertato che l'impianto non risponde ai requisiti stabiliti dalla legge e dal regolamento, l'autorizzazione non può essere rilasciata ed il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni assegna un termine di sei mesi entro il quale l'impianto deve essere adeguato ai requisiti di legge. 

Trascorso inutilmente tale termine, il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni dispone la disattivazione dell'impianto da eseguirsi d'ufficio.

Vengono pure disattivati quegli impianti per i quali non sia stata presentata domanda entro i termini di cui al primo comma.

Art. 36
Le sanzioni previste dall'articolo 195 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n.156, modificato dall'articolo 45 della presente legge, si applicano a chiunque stabilisce o esercita una rete televisiva via cavo e diffonde attraverso di essa programmi, senza aver ottenuto le autorizzazioni di cui agli articoli 26 e 30 della presente legge ovvero stabilisce o esercita una rete televisiva via cavo e diffonde attraverso di essa programmi con modalità e caratteristiche diverse da quelle indicate nelle autorizzazioni.

Le stesse sanzioni si applicano a chiunque, senza il preventivo assenso della amministrazione, modifichi la rete o ne alteri le caratteristiche tecniche nonché a chiunque la interconnetta ad altre reti ed impianti pubblici o privati di telecomunicazioni anche esteri ovvero l'adibisca ad uso diverso da quello autorizzato.

Art. 37
Non sono soggetti alle autorizzazioni previste dalla presente legge la installazione e l'esercizio degli impianti di cui ai precedenti articoli, che colleghino non più di 50 utenti, effettuati senza scopo di lucro.

Per l'allacciamento ai predetti impianti e per la distribuzione dei programmi mediante gli stessi, non può essere richiesto alcun canone.

E' altresì vietata la diffusione di programmi di pubblicità commerciale.

Chiunque intenda installare ed esercitare gli impianti, di cui al comma precedente, e' tenuto a darne preventiva comunicazione al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni ed alla Regione.

Sono vietati per tali impianti l'interconnessione e l'allacciamento con qualsiasi altra rete pubblica o privata di telecomunicazione. 

Si applicano le norme di cui all'articolo 31.

Non sono infine soggetti all'autorizzazione prevista dal presente articolo gli impianti ad uso privato ed esclusivo del proprietario di cui all'articolo 183 del decreto del presidente della repubblica 29 marzo 1973, n.156,così come sostituito dall'articolo 45 della presente legge.


Titolo III
Degli impianti ripetitori via etere privati di programmi sonori e televisivi esteri e nazionali

Art. 38
L'installazione e l'esercizio di impianti ripetitori destinati esclusivamente alla ricezione ed alla contemporanea ed integrale diffusione via etere nel territorio nazionale dei normali programmi sonori e televisivi irradiati dagli organismi esteri esercenti i servizi pubblici di radiodiffusione nei rispettivi paesi, nonché, dagli altri organismi regolarmente autorizzati in base alle leggi vigenti nei rispettivi paesi che non risultino costituiti allo scopo di diffondere i programmi nel territorio italiano, sono assoggettati a preventiva autorizzazione del ministero delle poste e delle telecomunicazioni, cui spetta coordinare tutti i sistemi di radiocomunicazioni nel rispetto delle esigenze prioritarie dei servizi pubblici nazionali e del loro sviluppo e, in particolare, l'assegnazione della frequenza di funzionamento degli impianti.

Tali impianti comunque non debbono interferire con le reti del servizio pubblico nazionale di radiodiffusione circolare, ne' con gli altri servizi di telecomunicazione. 

L'autorizzazione viene rilasciata dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, previo parere favorevole dei Ministeri degli Affari Esteri, dell'Interno e della Difesa.

Gli impianti devono inoltre essere conformi alle norme tecniche stabilite dal regolamento di cui all'articolo 26.

Il richiedente deve allegare alla domanda il progetto tecnico dell'impianto.

Art. 39
L'autorizzazione di cui al precedente articolo e' rilasciata subordinatamente al ricorrere dei seguenti requisiti:

cittadinanza italiana del richiedente, se si tratta di persone fisiche;

godimento dei diritti civili e politici da parte del richiedente;

sede principale dell'attività situata nel territorio nazionale se si tratta di società o persone giuridiche;

appartenenza a stati membri della Comunità Economica Europea che pratichino il trattamento di reciprocità, se si tratta di soggetti stranieri;

rispondenza degli impianti, per i quali la richiesta e' avanzata, alle norme del comitato elettrotecnico italiano, a quelle sulla prevenzione degli infortuni, nonché a tutte le altre norme di legge vigenti.

Il titolare dell'autorizzazione incorre nella decadenza qualora:
venga meno uno dei requisiti richiesti per il rilascio dell'autorizzazione;

si renda responsabile di gravi e ripetute irregolarità;

non ottemperi ripetutamente ai provvedimenti presi dall'autorità governativa a norma di legge o ne ostacoli l'esecuzione;

non osservi gli obblighi stabiliti dal presente Titolo III le modalità tecniche per il rilascio dell'autorizzazione sono determinate nel regolamento di cui all'articolo 26.

Art. 40
L'autorizzazione di cui all'articolo 38 obbliga il titolare ad eliminare dai programmi esteri tutte le parti aventi, sotto qualsiasi forma, carattere pubblicitario.

In caso di inadempimento dell'obbligo indicato nel comma precedente, il titolare degli impianti ripetitori sono disattivati e sequestrati, in via amministrativa, con provvedimento del ministro per le poste e le telecomunicazioni e l'autorizzazione viene revocata; si applicano inoltre le sanzioni di cui all'articolo 195 del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n.156,come risulta modificato dall'articolo 45 della presente legge.

Le stesse sanzioni si applicano in caso di diffusione di programmi diversi da quelli per i quali e' stata specificamente rilasciata l'autorizzazione o di impiego degli impianti per scopi diversi da quelli di cui all'articolo 38.

Art. 41

Il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni può imporre, in qualsiasi momento, la modifica senza indennizzo delle caratteristiche tecniche di un impianto, qualora ciò sia necessario per evitare interferenze al servizio pubblico nazionale di radiodiffusione e agli altri servizi pubblici di telecomunicazione.

Le autorizzazioni di cui agli articoli 38 e 43 della presente legge sono rilasciate per un periodo di cinque anni e possono essere rinnovate. 

Esse non sostituiscono le altre autorizzazioni previste dalle disposizioni legislative vigenti.

Le autorizzazioni di cui al precedente comma sono soggette alle tasse sulle concessioni governative nella misura e nei modi indicati dalla tariffa annessa al decreto del presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n.641, come modificata dal comma seguente.

Dopo la voce n.125 della tariffa approvata con decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.641, e' aggiunta la seguente:

(omissis)

Art. 42
Il titolare dell'autorizzazione, di cui all'articolo 38, e' responsabile delle trasmissioni effettuate.

Egli risponde dei danni cagionati a terzi, in dipendenza sia della realizzazione che dell'esercizio dell'impianto, come pure in dipendenza delle trasmissioni effettuate.

Lo stesso titolare e' responsabile anche agli effetti della legge 22 aprile 1941,n.633 ,e della legge 22 novembre 1973, n.866.

Art. 43
L'installazione e l'esercizio di impianti ripetitori privati, destinati esclusivamente alla ricezione e trasmissione via etere simultanea ed integrale dei programmi televisivi della concessionaria del servizio pubblico nazionale, sono assoggettati a preventiva autorizzazione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni.

Il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni assegna le frequenze di funzionamento degli impianti.

Gli impianti devono essere conformi alle norme tecniche stabilite dal regolamento di cui all'articolo 26 e devono essere compatibili con gli esistenti servizi di radiodiffusione e con gli altri servizi di telecomunicazione.

Il richiedente deve allegare alla domanda il progetto tecnico dell'impianto.

I requisiti cui la autorizzazione e' subordinata e le cause di decadenza sono quelli indicati all'articolo 39.

Si applica, altresì, per gli impianti di cui al presente articolo, il disposto dello articolo 41, ad eccezione del terzo comma.

Il titolare degli impianti risponde dei danni nei confronti di terzi, in dipendenza della realizzazione e dell'esercizio degli impianti stessi.

La autorizzazione e' revocata, senza indennizzo, quando la zona viene servita da impianti delle reti televisive nazionali.

Ove gli impianti vengano utilizzati per scopi diversi da quelli indicati nel presente articolo, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 195 del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n.156, come risulta modificato dall'articolo 46 della presente legge, e l'autorizzazione viene revocata.

Art 44
I titolari degli impianti di cui agli articoli 38 e 43 già installati sul territorio nazionale devono presentare, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del regolamento di cui all'articolo 26 della presente legge, domanda di autorizzazione corredata dalle indicazioni delle caratteristiche tecniche degli impianti.

Il funzionamento in via provvisoria degli impianti suddetti e' consentito fino al rilascio della autorizzazione, a condizione che sia stata presentata nei termini la domanda di cui al precedente comma, non vengano modificate le caratteristiche tecniche operative degli impianti e, per i ripetitori di cui allo articolo 38,che non siano diffusi messaggi pubblicitari esteri o nazionali.

Ove sia accertato che l'impianto non risponde ai requisiti stabiliti dalla presente legge e dal regolamento di cui all'articolo 26, l'autorizzazione non può essere rilasciata ed il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni diffida il titolare ad adeguare l'impianto entro tre mesi, trascorsi i quali senza che l'impianto sia stato adeguato, ne dispone la disattivazione, da eseguirsi anche di ufficio.

Sono pure disattivati gli impianti per i quali non sia stata presentata la domanda nel termine di cui al primo comma.

Titolo IV
Modifiche agli articoli 1,183 e 195 del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con decreto del presidente della repubblica 29 marzo 1973, n.156.

Art. 45
Gli articoli 1,183 e 195 del testo unico in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973,n.156,sono sostituiti dai seguenti:

Art.1 - (esclusività dei servizi postali e delle telecomunicazioni). 
Appartengono in esclusiva allo stato nei limiti previsti dal presente decreto:

i servizi di raccolta, trasporto e distribuzione della corrispondenza epistolare;

i servizi di trasporto di pacchi e colli;

i servizi di telecomunicazioni, salvo quelli indicati nel comma successivo.

Sono soggetti ad autorizzazione l'installazione e l'esercizio di:

a) impianti ripetitori privati di programmi sonori e televisivi esteri e nazionali;

b) impianti locali di diffusione sonora e televisiva via cavo.

Art.183 - (esecuzione ed esercizio di impianti di telecomunicazioni - esclusività - eccezioni - assegnazione di radiofrequenze). 
Nessuno può eseguire od esercitare impianti di telecomunicazioni senza aver ottenuto la relativa concessione o,

per gli impianti di cui al comma secondo dell'articolo 1, la relativa autorizzazione.

Tuttavia e' consentito al privato di stabilire, per suo uso esclusivo, impianti di telecomunicazioni per collegamenti a filo nell'ambito del proprio fondo o di più fondi di sua proprietà, purché contigui, ovvero nell'ambito dello stesso edificio per collegare una parte di proprietà del privato con altra comune, purché non connessi alle reti di telecomunicazione destinate a pubblico servizio.

Parti dello stesso fondo o più fondi dello stesso proprietario si considerano contigui anche se separati, purché collegati da opere permanenti di uso esclusivo del proprietario, che consentano il passaggio pedonale.

Salvo il caso previsto dal quarto comma dell'articolo 184, sono di competenza dell'amministrazione, nell'ambito del regolamento internazionale delle radiocomunicazioni, l'assegnazione di frequenze radioelettriche per tutte le radiocomunicazioni e la notificazione al comitato internazionale di registrazione delle frequenze dell'avvenuta assegnazione.

Art.195 - (impianto od esercizio di telecomunicazioni senza concessione o autorizzazione - sanzioni). 
Chiunque installa, stabilisce od esercita un impianto di telecomunicazioni senza aver prima ottenuto la relativa concessione, o l'autorizzazione di cui al secondo comma dell'articolo 184, e' punito, salvo che il fatto costituisca reato punibile con pena piu' grave:

1) con l'ammenda da l.100.000 a l.1.000.000 se il fatto non si riferisce ad impianti radioelettrici;

2) con l'arresto da tre a sei mesi e con l'ammenda da l.200.000 a l.2.000.000 se il fatto riguarda impianti radioelettrici o televisivi via cavo.

Le stesse sanzioni si applicano nei confronti di chiunque installa od esercita un impianto ripetitore via etere di programmi sonori e televisivi esteri o nazionali senza avere la prescritta autorizzazione.

Il contravventore e' tenuto, in ogni caso, al pagamento di una somma pari al doppio dei canoni previsti per ciascuno dei collegamenti abusivamente realizzati per il periodo di esercizio abusivo accertato, e comunque per un periodo non inferiore ad un trimestre.

Non si tiene conto, nella determinazione del canone, delle agevolazioni previste a favore di determinate categorie di utenti.

Indipendentemente dall'azione penale, l'amministrazione puo' provvedere direttamente, a spese del possessore, a suggellare o rimuovere l'impianto ritenuto abusivo ed a sequestrare gli apparecchi.

Titolo V
Disposizioni transitorie e finali

Art. 46
Dall'1 dicembre 1974 e fino all'entrata in vigore della nuova convenzione che disciplina la concessione dei servizi di cui all'articolo 2 della presente legge, sono prorogate la convenzione 26 gennaio 1952 e successive convenzioni aggiuntive e di modifica, già prorogate fino alla data del 30 novembre 1974 dal decreto legge 30 aprile 1974, n.113,convertito nella legge 26 giugno 1974, n.245, ad eccezione della condizione prevista nello ultimo periodo dell'articolo 6 della convenzione aggiuntiva approvata con decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1972, n.782 (a partire dalle attività pubblicitarie fino alla fine),che perde effetto dal 23 gennaio 1975.

Peraltro, fino all'entrata in vigore della convenzione suddetta, la società Sipra può assumere nuovi contratti per pubblicità non radiofonica o televisiva per un importo complessivo, rapportato ad un anno, non superiore al 10 per cento dell'importo del fatturato del 1974 relativo ai contratti non radiofonici o televisivi.

Il Ministro per le Partecipazioni Statali vigila sull'osservanza del predetto limite del 10 per cento e, sentita la commissione prevista dallo articolo 21 della presente legge, adotta i provvedimenti ritenuti necessari.

La nuova convenzione e' approvata e resa esecutiva, sentita la commissione parlamentare, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge debbono essere costituiti i nuovi organi societari, previo adeguamento dello statuto della società concessionaria.

Fino alla costituzione di tali organi rimangono in carica gli attuali amministratori della concessionaria, per l'ordinaria amministrazione e per eventuali atti urgenti e dovuti.

Art. 47
Le azioni della società concessionaria dei pubblici servizi di radiodiffusione circolare appartenenti a soggetti privati non aventi titolo ai sensi dell'articolo 3 della presente legge sono trasferite di diritto all'istituto per la ricostruzione industriale con effetto dall'1 dicembre 1974.

Il relativo indennizzo e' corrisposto agli aventi diritto secondo il valore risultante dall'ultimo bilancio approvato alla data della pubblicazione della presente legge.

Art. 48
Restano in vigore le disposizioni vigenti in materia di servizi di telecomunicazioni che non siano incompatibili con quelle della presente legge, nonché quelle attributive di competenze, nella stessa materia, alla Regione Trentino Alto Adige, alla provincia di Trento e alla provincia di Bolzano, contenute nel testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.670, e nelle relative norme di attuazione.

Art. 49
La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana.

la presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 14 aprile 1975

Leone - Moro - Orlando - Visentini - Gui - Bisaglia - Colombo - Reale - Andreotti
visto il guardasigilli: Reale