La confessione di Evelino Loi

Il cadavere di Armando Calzolari viene ritrovato oltre un mese dopo la sua scomparsa, il 28 gennaio. Verso la meta' dello stesso mese, un uomo si era presentato alla redazione di un settimanale romano e aveva rilasciato una lunga dichiarazione, registrata su nastro magnetico alla presenza di alcuni testimoni. Il suo racconto finiva con questa frase: "Ho deciso di parlare con voi perche' mi sono accorto che avevo sbagliato gli ambienti di Calzolari."

L'uomo si chiama Evelino Loi, e un sardo disoccupato e ha 25 anni. Al suo arrivo a Roma era stato protagonista di una clamorosa protesta: salito sul Colosseo aveva minacciato di buttarsi nel vuoto se non gli veniva trovato un lavoro. Lo assumono in Vaticano , come uomo delle pulizie in casa di un Monsignore.

Dopo qualche giorno Loi si licenzia e comincia a frequentare i prtici della Stazione Termini in compagnia di un gruppo di sottoproletari meridionali e sardi. Vive di espedienti. Quando nell'inverno del 1968 il movimento studentesco occupa la facolta' di Magistero in Piazza Esedra, di fronte a Termini, Evelino Loi, che viene da una famiglia di comunisti, chiede di partecipare alle lotte degli studenti, e viene accolto. La facolta' occupata gli serve anche come asilo notturno. Nel giro di pochi giorni organizza una squadra dei suoi amici meridionali che aiutano gli studenti a respingere gli attacchi dei fascisti.

Il 3 febbraio 1969 durante la visita del presidente Nixon a Roma, i fascisti danno l'attacco alla facolta' con razzi e bombe incendiarie. Un anarchico, Domenico Congedo. Precipita dal quarto piano e muore. La polizia, che ha assistito all'attacco senza intervenire, coglie il pretesto per sgomberare l'edificio. Gli studenti continuano l'occupazione alla citta' universitaria dove si trasferisce anche Evelino Loi con il suo gruppo. Dopo qualche giorno 3.000 poliziotti e carabinieri irrompono all'alba: nelle aule sono presenti solo sette ragazzi che vengono malmenati e arrestati. Tra di essi c'e' un operaio meridionale del ruppo di Loi. Il movimento studentesco organizza una colletta e Loi e' uno degli incaricati: raccoglie circa 400.000 lire. Quando i sette escono dal carcere si scopre che quei soldi non gli sono mai stati consegnati. Evelino Loi confessa il furto e viene immediatamente allontanato. Poco dopo il quotidiano di destra "La Luna" pubblica una suna intervista nella quale egli accusa il movimento studentesco di "teppismo" e di fregarsene degli operai" in cambio di quelle dichiarazioni ha ricevuto 100.000 lire. Da quel momento Evelino Loi diventa uno dei tanti mazzieri dei fascisti, partecipa in prima fila alle loro manifestazioni vestito della divisa del volontario del MSI. Nell'autunno del 1969 tenta di riavvicinarsi agli ambienti della sinistra offrendo informazioni sui fascisti ma e' guardato da tuttti con sospetto: a parte i suoi precedenti, sono molti i compagni che, fermati nel corso di qualche manifestazione, se lo sono ritrovato nella stessa camera di sicurezza della questura a fare domande, chiedere nomi, episodi. Inoltre, nonostante gli sia stato consegnato piu' volte il foglio di via obblibatorio, ha sempre contravvenuto alla diffida, riuscendo a rimanere a Roma.

E' questo il tipo d'uomo che, un giorno di meta' gennaio 1970, si presenta nella redazione di un settimanale della capitale per rilasciare una lunga confessione. Per prudenza, non e' stata mai pubblicata. Tuttavia, credibile o no, oggi e' doveroso renderla nota.

"Alcuni giorni prima dello sciopero generale del 19 novembre fui avvicinato dal comandante Bianchini e dal vice comandante Santino Viaggio, ex appartenente alla X Mas e attuali collaboratori di Junio Valerio Borghese nell'organizzazione di estrema destra Fronte Nazionale. Mi accennarono all'eventualita' di compiere delle azioni terroristiche simultaneamente a Roma e a Milano e mi chiesero se, dietro pagamento, fossi disposto a parteciparvi. Compresi che doveva trattarsi di qualcosa di grosso e rifiutai. I due non insistettero e passarono circa dieci giorni finche' subito dopo la manifestazione dei metalmecanici a Roma, il 29 o il 30 novembre, si misero di nuovo in contatto con me su questo argomento. Mi riproposero di partecipare ad azioni terroristiche molto importanti e alla mia richiesta di maggiori chiarimenti dissero che "poteva scapparci anche il morto". Mi promisero pero' molti soldi, Io mi spaventai e rifiutai ancora. Dopo un paio di giorni mi presentai in Questura a San Vitale, e chiesi di parlare con il capo dell'ufficio politico, dott. Provenza. Mi rilasciarono un regolare "passi" e fui ricevuto dal dott. Improta a cui raccontai tutto. Mi sembro' molto scettico e mi disse di ripassare il giorno 5. Il 5 dicembre tornai i questura, mi feci rilasciare il "passi" e fiu rticevuto dal dott. Improta e dal dtt. Provenza. Mi chiesero se sapessi dove tenevano l'esplosivo e alla mia risposta negativa minimizzarono la cosa e mi congedarono. Ritornai spontaneamente una terza volta, il 9 dicembre, mi feci rilasciare il "passi" ed andai dal dott. Provenza. Il suo atteggiamento era sempre scettico. Il giorno 12 dicembre ci furono gli attentati di Roma e Milano.

Il giorno successivo, sabato 13, seppi da alcuni iscritti alla Giovine italia che il dottor Improta mi aveva fatto cercare in sede in Via Firenze che io frequentavo abitualmente. Telefonai ad dottor Improta il quale mi disse di passsare direttamente da lui, senza farmi rilasciare il "passi" entrando dall'ingresso secondario di via Genova. In questura c'era una grande confusione, mi fecero attendere un po' in una stanza da solo e poi fui ricevuto dal dottor Improta. Improta mi chiese di rifargli il racconto delle proposte che avevo ricevuto in merito alle bombe, poi mi congedo' raccomandandomi di non parlarle con nessuno. In particolare mi disse "E' meglio per te, non passi guai." Poi mi fece uscire, in fretta, dalla via secondaria. Da allora non mi hanno piu' cercato.

Il vicecomandante Santino Viaggio lo avevo conosciuto ad un comizio di ex combattenti tenutosi al cinema Quirinale, In quella occasione mi condusse con se nella sede del Fronte Nazionale e volle che gli raccontassi i particolari sulle mie precedenti esperienze politiche. La sede del Fronte era in Via XXI Aprile. Gli dissi che avevo fatto parte del Movimento Studentesco di Magistero, ma che poi, deluso dalle sinistre, era entrato nella Giovine Italia. Gli dissi che ero in grado di mobilitare un discreto numero di disoccupati disposti ad azioni anche pericolose. In effetti io assolvevo il compito di reclutatore per la Giovine Italia. In aalcune occasioni reclutai tra i sardi e i calabresi disoccupati che frequentano la stazione Termini e vivono di espedienti, spesso prostituendosi, alcuni elementi per azioni violente come quella davasnti alla Rai-TV. Santino Viaggio mi promise dei soldi e infatti il giorno dello sciopero generale del 19, mi diede 50.000 lire perche' portassi della gente, cosa che feci. In piu' di un'occasione accenno' con ma all'eventualita' di affittare un locale nei pressi della stazione, per farci dormire questi ragazzi disoccupati in modo da averli sempre a portata di mano per eventuali aazioni. Un giorno sentii Santino Viaggio e Bianchini parlare di fare un'azione al parlamento con dei gas per addormmentare tutti i deputati. Mi pare che qualcuno poi mi disse che l'azione non era stata fatta per l'opposizione di alcuni deputati del MSI.

Dopo lo sciopero generale del 19, Viaggio, nella sede del MSI in via Quattro Fontane ebbe un violento litigio con Almirante. Credo che poi si siano riappacificati perche' al comizio tenuto al Palazzo dello Sport da Almirante, una settimana dopo gli attentati, c'era anche Viaggio. Qualche settimana dopo gli attentati telefonai a Viaggio chiedendogli notizie sulle attivita' del Fronte Nazionale e lui mi disse che non ne faceva piu' parte perche' aveva litigato con gli altri. Non mi risulta che Viaggio e Bianchini siano stati interrogati dalla polizia dopo gli attentati. Personalmente non sono piu' stato nella sede del Fronte Nazionale.

Quando mi staccai dalla sinistra (...) ricominciai a fequentare i portici della stazione ed un giorno fui avvicinato da un certo King, che io sapevo essere un poliziotto, frequentatore abituale di quella zona. Egli si cogratulo' con me per l'intervista (rilasciata a "La Luna" n.d.r.) e mi disse piu' o meno: "Bene! Hai capito finalmente di che razza sono i comunisti!" Mi propose quindi di entrare nella Giovine Italia e la sera stessa mi prto' nella sede centrale di Via Firenze N.11 dove mi presento' ad un certo Franco De Marco, allora presidente dell'associazione. Fui accolto molto bene e non mi facevani mancare i soldi; si fidavano molto di me. Io reclutavo i ragazzi per le azioni e ricevevo, a secondo dei casi dalle cento alle 300.000 mila lire che distribuivo in parte ai reclutati. Quelli della Giovine Italia parlavano molto ma mancavano di coraggio. Le bottiglie molotof alla Rai-TV le fecero tirare dai sardi portati da me. Io partecipavo alle azioni e al'organizzazione, ma non partecipavo materialmente perche' ero troppo conosciuto e inoltre avevo una diffida. Conobbi personalmente, in quel periodo l'onorevole Caradonna e Massimo Anderson, dirigente del MSI. In varie occasioni vidi tra i fequentatori delle sedi missine dei greci, degli spagnoli e dei portoghesi.

Franco De Marco mi porto' un giorno nella sezione del MSi del quartiere Trionfale. Quando arrivammo il locale era pieno di attivisti. C'erano due greci, uno dei quali (sui trent'anni) stava tenendo una conferenza sul colpo di Stato dei Colonnelli. Tra le altre cose disse che per arrivare al colpo di stato occorreva fare continue aggressioni e attentati contro le sinistre per provocarne le reazioni e suscitare il caos. Ci fu un dibattito molto vivace durante il quale gli fecero molte domande. Il greco sosteneva che i Colonnelli erano troppo democratici e che lui avrebbe preferito un regime piu' autoritario.. Alla fine del dibattito si erano tutti scaldati e alcuni tirarono fuori i manganelli. uno di loro disse: "Uscite in piccoli gruppi. La direzione gia' la sapete." Franco De M;atrco mi prese con lui in macchina e si diresse alla sezione del PCI del trionfale che stava poco distante da quella del MSI. Aspettammo li e dopo qualche minuto arrivarono gli altri tutti in gruppo. Franco De Marco scese e diede il via all'azione (segue la descrizione dell'assalto che, a una verifica, si e' rivelata fedele. ndr)

In varie occasioni ho conosciuto ufficiali di polizia, dei carabinieri e dell'esercito che fequentavano le sedi del MSI. Nella sede nazionale in Via Quattro Fontane, veniva spesso il maresciallo Scarlino, sottufficiale della Squadra Politica, a portare informazioni. Il 28 novembre, giorno della manifestazione dei metalmeccanici, ci disse che se gli operai si fossero mossi, loro avrebbero fatto una carnefiocina perche' avevano l'ordine di usare le armi. Varie volte ho visto, nel corso di manifestazioni, carabinieri e poliziotti in divisa, che avevo gia' visto in boghese nelle loro sedi.. Ricordo il capitano dei carabinieri Servolino, che in piu' occasioni ho visto parlare con alcuni funzionari della sede di Via Quattro Fontane. Credo che appartenga al comando dei Carabinieri di Viale Mazzini. Tra i frequantatori del Fronte Nazionale conosco: tenente colonnello dell'esercito Giordani; tenelte colonnello Lilli; capitano Nobili, comandante la compagnia carabinieri di Piazza Venezia; generale Dalla Chiesa.

La lunga dichiarazione di Evelino Loi si presta a diverse ipotesi e merita alcune considerazioni.

PRIMA IPOTESI: Loi e' un mitomane, un pazzo irresponsabile. In questo caso si capisce perche' i dirigenti dell'Ufficio Politico della Questura romana non hanno tenuto in nessun conto le sue denunce. Se e' cosi' passera' i suoi guai. Tuttavia non si e' inventato tutto: alcuni episodi da lui citati, (il poliziotto King, la meccanica dell'assalto fascista alla sezione PCI del Trionfale. il ruolo svolto dal De Marco, il reclutamento dei sardi e meridionali, ecc.) sono risultati autentici a una successiva verifica.

SECONDA IPOTESI: Loi e' un confidente della polozia e viene da essa strumentalizzato per rilasciare certe dichiarazioni, onde sviare i sospetti su falsi colpevoli. Ma questo significherebbe una precisa complicita' della polizia italiana negli attentati. o quantomeno una funzione di copertura. Restya da spigare pero' la convenienza di cinvolgere in questa provocazione poliziesca i dirigenti dellUfficio Politico di Roma.

TERZA IPOTESI: Loi e' un provocatore che al soldo di chi sa chi ritenta un gioco gia' attuato in questi mesi. Si veda l'episodio dell'ex legionario che rivela All' "Espresso" che la Legione addestra in Corsica giovani squadristi fascisti, salvo poi ritrattare e coinvolger il settimanale in un processo diffamatorio.

Dalla seconda e terza ipotesi discende questa conclusione logica: ammessso che l'operazione tentata da Evelino Loi sia quella di far sorgere precisi sospetti su polizia e fascisti, per poi smentire e quindi da un lato scagionare automaticamente chi ha incolpato e dall'altro far perdere ogni attendibilita' presso l'opinione pubblica a quei giornali che seguono queste piste, che senso avrebbe tutto cio' se chi muove Evelino Loi e' davvero estraneo agli attentati? A che scopo tentare queste provocazioni, col grosso rischio che comportano di essere smascherate, se chi le organizza ha davvero le mani pulite?

La dichiarazione di Evelino Loi rilasciata verso la meta' di , Gennaio fu registrata su un nastro magnetico. Il nastro fu riposto in una della due cassaforti del giornale. Circa due settimane dopo ignoti ladri sono penetrati sono penetrati negli uffici e hanno asportato una cassaforte: il nastro pero' era custodito in quell'altra.

Precedente/Successivo
Indice generale del libro