BENI CULTURALI: IL CODICE DEL MINISTRO HA TRE CERTEZZE... E beato lui......
PALERMO, 5 dicembre 2003 ore 09:40
A) Del tutto inalienabili,
B) ceduti ai privati con destinazione d' uso limitata
C) vendibili perche' privi di valore storico-artistico.
Sono le tre categorie in cui il ministro Giuliano Urbani ha diviso i beni demaniali nel Codice dei Beni culturali e paesaggistici presentato alla Commissione Istruzione e Cultura del Senato.
''Il codice - ha sottolineato Urbani - innova in molti campi e fa chiarezza su come trattare i beni demaniali.
Nella prima categoria rientrano il Colosseo, la Fontana di Trevi, il Duomo di Milano. indispensabile la proprieta' pubblica, viene sottolineato.
Nella seconda categoria ci sono i beni che possono essere ceduti ai privati, a patto che il loro uso sia limitato.
Per esempio palazzi che possono diventare sedi di musei privati, ma non discoteche o fast food.
Nella terza categoria, i beni che possono essere ceduti ai privati perche' non hanno valore artistico,
vi rientrano appartamenti, caserme, carceri, beni demaniali abbandonati.
In questo modo lo Stato ottiene due risultati positivi:
"Si libera di carichi costosi e libera risorse per meglio tutelare il patrimonio che ha bisogno di cura pubblica''.
I litorali, ha aggiunto il ministro, ''per definizione devono avere vincoli paesaggistici, ma dove e' scritto che non possano essere di proprieta' privata?
La cosa importante e' che tutto il paesaggio sia tutelato''.
E in proposito Urbani ha fatto notare che il titolo del Codice riguarda oltre ai Beni Culturali quelli paesaggistici.
''Considera - ha detto il ministro - il paesaggio come componente dei Beni Culturali (noi venivamo definiti Bel Paese) con nuovi istituti di tutela in circa 70 articoli''.
Il codice fa chiarezza anche sulla collaborazione fra Stato, Regioni, Province e Comuni.
''Oggi c'e' una grande confusione - ha sottolineato Urbani - che puo' ridurre la salvaguardia e creare paralisi decisionali''.
Sulla questione del silenzio-assenso, una disposizione che prevede che le sovrintendenze esprimano il loro parere entro 120 giorni, il ministro ha messo in chiaro
che: ''i beni culturali non hanno nulla da temere.
Il silenzio-assenso puo' essere interrotto in qualsiasi momento parlando o dissentendo.
"Non e' un pericolo, e' un vincolo temporale che penalizza l' inerzia''