Secondo quanto appreso con loro sarebbero anche scomparsi due, forse tre iracheni, tutti operatori umanitari. Ne ha dato notizia urgente la tv del Qatar Al Jazira, precisando nella striscia rossa che corre nella parte bassa dello schermo che le due operavano per un'organizzazione umanitaria in Iraq e che sono state state sequestrate nel centro di Baghdad. La sede di Un ponte per si trova a circa dieci minuti dall'hotel Palestine, quello nel cuore di Baghdad che solitamente ospita la stampa.
Fonti della Farnesina hanno fatto sapere di aver avviato le verifiche sulla notizia. L'agenzia di stampa Reuters cita dei testimoni, che avrebbero visto alcuni uomini armati di Ak-47 (un tipo di kalashikov), una decina in tutto, fare irruzione nell'edificio che ospita la sede dell'organizzazione Un Ponte per. Insieme a Simona Pari e Simonetta Torretta, sono stati prelevati anche due loro colleghi iracheni, un uomo e una donna che lavoravano rispettivamente per Un ponte per e per Intersos, un'altra ong. Il primo era un'ingegnere, la seconda un'operatrice.
Ma ecco la dinamica del rapimento. Una decina di uomini armati, presentatisi come funzionari del governo Allawi, hanno fatto irruzione nella sede di Un ponte per. Sono state prelevate Simona Pari, Simonetta Torretta e un loro collega iracheno. Poi, i sequestratori si sono spostati nella sede di Intersos, l'altra ong, vicina a quella Un ponte per. Qui sarebbe stato rapito un altro uomo, sempre iracheno. Ma c'è chi parla del sequestro di un altro uomo ancora.
L'Ong Un ponte per era nata agli inizi degli anni Novanta, più precisamente nel 1991, in seguito alla prima guerra del Golfo. Originariamente, un ponte per Baghdad - questo il primo nome dell'Ong - si era posta il compito di raccogliere fondi da destinare alla famiglie delle vittime della guerra del Golfo. Poi la sua attività si è allargata anche ad altre zone, tra cui l'ex Jugoslavia e l'Afghanistan. Il lavoro di Un ponte per è collegato con quello dell'Unicef. L'Ong italiana si occupa soprattutto della costruzione di scuole.
Gli scontri tra truppe Usa e di al Sadr
In mattinata, si combatte a Baghdad. Nella capitale, a dire il vero, non si è smesso mai di farlo. Ma la guerriglia sciita fedele a Moqtada Al-Sadr sembrava aver risentito del ritiro dei miliziani sciiti dal mausoleo di Alì a Najaf e della conseguente tregua tra esercito del Mahdi e forze statunitensi nella città santa. Invece i guerriglieri sciiti sono tornati da diversi giorni a farsi sentire.
Bombe e mortai nella Zona Verde, quella delle ambasciate e delle istituzioni irachene, attentati, scontri. E proprio in seguito a scontri tra miliziani sciiti e forze d’occupazione americane, sono morte – così afferma il ministero della Sanità iracheno – ben 40 persone. In un primo momento i morti risultavano 33, poi c’è stata la rettifica. Oltre a 40 persone uccise, negli scontri in corso da lunedì sera nel quartiere ribelle di Sadr City, sono state ferite 172 persone, molte della quali civili.
Diverse le perdite anche tra gli americani: 12 nelle ultime ventiquattro ore. Sette marines erano morti in seguito all’esplosione di un’autobomba, a Falluja (attentato rivendicato dal gruppo di Zarqawi). Uno è morto a Mosul, nel nord dell'Iraq. Tre militari Usa sono invece morti nella capitale, in seguito ad altrettanti attacchi dinamitardi, perpetrati dalla guerriglia con la tattica delle bombe di fabbricazione artigianale nascoste sul ciglio di una strada e fatte detonare a distanza, al passaggio di un convoglio alleato. L'ultimo, il dodicesimo, è deceduto dopo che nei giorni scorsi aveva riportato ferite gravi durante un combattimento. Lo ha precisato il Comando Usa in Iraq con un nuovo comunicato. Sale così a 993 il numero dei soldati americani morti dall’inizio della guerra. C'è però chi parla addirittura di 998 morti. Ma sono calcoli non ufficiali.
Una spiegazione per l’escalation delle violenze ce l’ha il leader sunnita Jawal Al-Khalisi. «Hanno fatto sì – dice lo sceicco Al-Khalisi riferendosi alla “coalizione dei volenterosi” – che gli iracheni abbiano odiato la cosiddetta democrazia voluta dagli americani. Siamo stati testimoni della sottovalutazione da parte dei soldati americani, italiani, britannici dei valori umani». Poi lo sceicco descrive anche il modo in cui sono percepiti i militari italiani di stanza a Nassiriya. «Il ruolo dell'Italia purtroppo lo consideriamo un ruolo negativo, visto che l'Italia ha partecipato con le sue forze militari alla guerra in Iraq».
Ma a finire sotto mira, a Baghdad, non sono solo le forze di occupazione. Oltre agli attentati, quasi quotidiani, a caserme della polizia e della Guardia Nazionale irachene, la guerriglia non si esime dal colpire anche esponenti, alti esponenti del governo iracheno. Il governatore di Baghdad, Ali al-Hadari, è rimasto illeso lunedì mattina nell'esplosione di una bomba al passaggio del suo convoglio. Nello scoppio una persona è morta e diverse altre sono rimaste ferite. Al Hadari ha riferito alla rete televisiva Al Arabiya che l'attacco è avvenuto mentre si recava al lavoro. «Intendo continuare ad impegnarmi per costruire un Iraq libero e democratico», ha dichiarato. Gli attentati mirati contro esponenti del governo iracheno si estendono però a tutto l'Iraq. A Mosul è stato assassinato da ignoti il figlio del governatore della provincia settentrionale
irachena di Niniveh (il cui capoluogo è proprio Mosul), Dureid Kashmula, il cui predecessore era stato ucciso lo scorso luglio in circostanze analoghe.
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