Ma perché proprio il paragone con Aiazzone e non con Chirac o Putin o Bush o la signora Thatcher. Chi è costui? Trattasi del proprietario di un mobilificio. Lo trovate anche oggi su Internet. C'è stato un periodo in cui invadeva tutti noi di messaggi pubblicitari d’ogni tipo, balzando da uno schermo televisivo all'altro. Un po' come i cartelloni elettorali che promettono ad ogni cambiar di stagione “Meno tasse per tutti”. Un’orgia di promesse e d’annunci. Troppo e il troppo stroppia. Ecco perché oggi, dice il Crespi, “il prodotto Berlusconi non vende piu”. I “clienti” si sono stufati, cambiano negozio.
L’analisi del pubblicitario che paragona il presidente del Consiglio quasi ad un venditore di tappeti, non ci convince del tutto. Avremmo preferito un’analisi comparata con Bush, Chirac, Putin e via cantando. E invece si tira in ballo un mobiliere del Biellese. E allora viene da pensare che l'errore vero stia nel manico. La chiamata al voto, la politica, i partiti, i programmi elettorali sono una cosa impegnativa, non una sfilata promozionale. Non è come vendere un mobile e nemmeno un dentifricio o un aspirapolvere. Entrare in un seggio, in una cabina elettorale non è come passeggiare in un supermercato.
Il Penati di Milano, raccontano ora, non era una soubrette, non scendeva le scale come Vanda Osiris, i suoi salotti erano i condomini di Sesto San Giovanni. Non sapeva vendere.
Eppure ha vinto sulla star Ombretta Colli. Forse è finita la politica spettacolo.
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