Tarantini ai magistrati: "Tra le donne portate a Berlusconi anche amiche di mia moglie". Nicla in lacrime: "Anche se mi ha tradita non lascio mio marito, ho paura che si suicidi" "Da Silvio mogli di notai e avvocati" Gianpi svela le intercettazioni-shock ROMA - "Gianpi" Tarantini è terrorizzato. E' preoccupato delle numerose intercettazioni telefoniche tra lui e Silvio Berlusconi quando parlavano delle "amiche" che avrebbe portato a Palazzo Grazioli e con Valter Lavitola, ora latitante all'estero. Intercettazioni "bomba", conversazioni che Tarantini conosce a memoria e che teme possano provocare altri guai al suo "amico" Silvio Berlusconi, ma soprattutto a se stesso. Perché - ha detto davanti ai pm di Napoli Woodcock, Piscitelli e Curcio che lo interrogavano - quelle conversazioni faranno tremare (in verità già franno tremare, perché il tam tam è avviato da giorni) la Bari-bene. Tra oggi e domani le intercettazioni saranno depositate dal procuratore di Bari Antonio Laudati e dal sostituto Ciro Angelillis per la conclusione delle indagini. Tarantini, come lui stesso ha ammesso, non ha portato al premier soltanto escort da lui pagate, ma anche sue "amiche". È questo che terrorizza Tarantini. "Dopo che usciranno questi verbali, sicuramente mia moglie mi lascerà" dice rassegnato Tarantini ai pm napoletani che lo hanno interrogato nei giorni scorsi. Perché la moglie Nicla - è il timore dell'imprenditore barese - scoprirà che le sue amiche più intime l'hanno abbandonata. "Sono scomparse anche quelle più fidate" ha detto Nicla in lacrime ai pm. E adesso, con il deposito delle intercettazioni delle telefonate tra il marito e Berlusconi, scoprirà il perché: alcune di queste amiche erano amanti di suo marito. "MOGLI DI NOTAI"
"SOLO MIE FANTASIE"
"NOI INGANNATI"
"TRADITA TANTE VOLTE"
GLI INCONTRI CON SILVIO
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"ho dovuto dirgli basta" La segretaria di Berlusconi davanti ai magistrati: "Stava sempre a insistere, non lo si poteva fermare. E Tarantini diceva: "Vogliono che io chiudo il coso mio, il procedimento, inchiavicandomi la vita 5 settembre 2011 NAPOLI - L'"approfittatore" Valter Lavitola e le dure parole contro di lui della segretaria di Silvio Berlusconi, Marinella Brambilla. La rabbia per un contratto che scade e la principesca villa ai Parioli di Debbie Castaneda, l'affascinante colombiana passata dalle particine in tv al ruolo di consulente per l'estero di Finmeccanica. E poi lo sfogo di Giampaolo Tarantini prima di finire in carcere ("Vogliono inchiavicarmi la vita"). E il bruciante avvertimento di Lavitola a "Gianpi": "Attenti, non fate i bambini. Questi (i magistrati, ndr) hanno sgamato tutto!". LAVITOLA SENZA LIMITI
Tono basso, parole meditate. Così Marinella Brambilla, 48 anni portati con asciutta eleganza, dinanzi ai pm di Napoli, tre giorni fa, scarica Lavitola, il faccendiere accusato di estorsione, tuttora latitante, e intercettato sia in una conversazione con il premier, sia al telefono con la fidatissima segretaria del Cavaliere. "Lavoro con il Dottore da 32 anni - spiega la signora Marinella - Sono la figlia della governante di casa Berlusconi. Mi occupo della sua segreteria personale e della sua agenda. Sono io a stoppare qualche telefonata se il presidente è immerso negli impegni istituzionali". Ma quel genere di stop non funziona con Lavitola. Nella telefonata con Valter del 28 giugno, la Brambilla reagisce bruscamente: "Ho capito... Non rompere più. Dai Valter, fai il bravo". Lui, in un'altra conversazione con Gianpi, ricambia dicendo: "Lì (la segreteria del presidente, ndr) è un covo di vipere, non mi fido più neanche di Marinella". La Brambilla riannoda, davanti ai pm, il filo tortuoso di quei contatti. "Quell'uomo si era fatto invadente, oltre ogni previsione. Interrompeva continuamente il lavoro, pretendeva ascolto, dava l'impressione di approfittare della situazione". CASA DA 3.000 METRI QUADRI
SOLDI DA SPILLARE AL PREMIER
LO SCANDALO ESCORT DI BARI
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"Passatemi il presidente voglio ancora tre milioni" Nelle informative della Digos di Napoli allegate agli atti dell'inchiesta i colloqui tra Tarantini, Lavitola e Nicla Devenuto, moglie del primo e amante del secondo. "Voglio vedere la faccia di Berlusconi quando usciranno le porcate che ha detto" 4 settebre 2011 ROMA - Una storia comune, aver sedotto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, "l'imperatore", procurandogli belle donne. Affari comuni, come un investimento sui fondi Fas o alcune faccende con Eni e Finmeccanica. E una compagna, una persona con cui confidarsi in comune: Nicla, moglie di Gianpaolo e amante di Valter. Sono storie parallele quelle di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola. Il primo che si racconta come uno che "a vent'anni era sulla barca di D'Alema e a trenta a dormire a casa di Berlusconi" ed è convinto che "se mi fai parlare a me, quello (Berlusconi) ci dà tre milioni". Il secondo che è in Sud America per scegliere "le modelle alla Fininvest" e che si vanta di parlare con schede criptate (in realtà intercettate) "con Berlusconi e con questi della Cia". Affari, millanterie, dialoghi da film di Vanzina, storie al confine della legalità, così come ricostruite nelle informative della Digos di Napoli allegate agli atti dell'inchiesta. PROSTITUTE A PALAZZO
LA RABBIA DI NICLA
GLI AFFARI CON I FONDI FAS
TARANTINI E FINMECCANICA
I CONSIGLI DI DELL'UTRI
LA CASTANEDA E IL PRESIDENTE
"PIÙ MERDA C'È MEGLIO È"
MARINELLA E LE VIPERE
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Escort, da Berlusconi a Tarantini altri 350.000 euro in contanti Interrogati i coniugi arrestati. "Il premier era come uno zio". Tre incontri con il Cavaliere. Giampi e Nicla in lacrime pronti a denunciare Lavitola. Ieri è stato interrogato dai magistrati di Napoli I Pm: "Ghedini sapeva dei pagamenti illeciti La Brambilla ai magistrati: "Pagavo Lavitola" Berlusconi rinvia il suo interrogatorio 4 settembre 2011 NAPOLI - Un premier che si fa usare come un bancomat. Costretto a tenere a libro paga per un anno Gianpi Tarantini e la moglie Angela Devenuto, detta Nicla. Ora, grazie ai loro ricordi affiorati in carcere, emerge un più cospicuo bollettino dei pagamenti: quasi 350 mila euro sono stati versati da Silvio Berlusconi in più soluzioni e sempre in contanti, sia a Roma che a Milano. Un tesoretto, comprensivo di spese legali, cui va aggiunto il "finanziamento" da mezzo milione che però finirà per quattro quinti nelle tasche di Valter Lavitola. "Berlusconi è un benefattore che aiuta le persone in difficoltà. A quanti altri ha fatto del bene? Ve lo dico io: Dell'Utri, Lele Mora", assicura Tarantini. Due interrogatori. Sette ore in tutto. Caldo torrido nel carcere di Poggioreale. Gianpi e Nicla si ritrovano per la prima volta dopo l'arresto. Lei lo vede e piange, lui appare tesissimo. Li interrogano il gip Amelia Primavera, con i pm Francesco Curcio, Henry John Woodcock, Vincenzo Piscitelli titolari dell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco. Accanto agli indagati, gli avvocati Ivan Filippelli e Alessandro Diddi. Gianpi e Nicla ammettono di aver ricevuto dal premier tantissimi soldi. Meno, comunque, di quanti ne avrebbero ancora spillati. "Il 12 agosto, prima di partire per le vacanze a Cortina, sono andata a Palazzo Grazioli per chiedere 5 mila euro. Un collaboratore del presidente però ci disse che avevamo avuto già troppi soldi", ricorda Nicla. La conferma dei pagamenti consolida l'impianto accusatorio che ipotizza un ricatto ai danni del presidente del Consiglio ad opera dei Tarantini e di Valter Lavitola, l'unico sfuggito al carcere perché all'estero. Per la Procura si tratta di un'estorsione. Ma Gianpi e signora replicano che Berlusconi ha pagato quel denaro spontaneamente "e non perché minacciato" da possibili ricadute sulla sua immagine del processo di Bari, dove Tarantini è indagato di favoreggiamento della prostituzione per le escort condotte dal premier. "Aveva preso a cuore i nostri problemi, ci trattava come se fosse un padre. uno zio. Si sentiva un po' il nonno delle nostre figlie", dichiara Angela Devenuto. Lo ripete anche suo marito: "Il presidente mi voleva aiutare". Tuttavia Tarantini sembra contraddirsi quando rivela ai pm, riportandosi ad alcuni passaggi del suo memoriale. "In effetti, avevo timore che una mia eventuale uscita dal processo avrebbe potuto determinare una caduta di attenzione da parte del presidente per le mie vicende. Mi rendo conto della puerilità del mio agire, avendo in quel momento dubitato della spontaneità e della generosità del presidente. Però all'epoca ero ancora in attesa del finanziamento di 500 mila euro che mi era stato promesso". Anche Tarantini e la moglie, dopo la segretaria del premier, Marinella Brambilla, sentita come teste venerdì, scaricano pesantemente Lavitola. "Lo voglio denunciare - dice Tarantini ai magistrati - Valter ha approfittato della situazione. Ha sfruttato un nostro periodo di debolezza e difficoltà per fare soldi". Tarantini, dopo il caso escort, lascia gli arresti domiciliari nell'estate 2010. Da quel momento il premier si fa carico di tutte le esigenze di una famiglia abituata ai lussi. Lo conferma Nicla. "Avevamo bisogno effettivamente di tanto denaro perché abbiamo un alto tenore di vita". Per almeno tre volte incontrano il premier per ottenere denaro. Ricorda Tarantini: "Il primo incontro con il presidente avviene, tramite Lavitola, nel novembre 2010 a Palazzo Grazioli, ci va mia moglie. La seconda volta è nel marzo 2011: dopo numerose insistenze, Lavitola ci accompagna a Villa San Martino, ad Arcore. Ero emozionatissimo, tra l'altro, perché non vedevo il presidente da due anni. E l'ultimo incontro è recente, agosto 2011, a Palazzo Grazioli". Poi evidenzia un particolare significativo: "Nell'ultima occasione avevo fissato l'appuntamento con un collaboratore di Berlusconi per andare lì da solo. Ma Lavitola lo venne a sapere e pretese di venire con noi". Nicla, la signora che ama le borse Cartier, piange ripetutamente. "Mi sono ritrovata in una cella con altre cinque detenute, una delle quali tossicodipendente. Fino a ieri dormivo con la mia bambina". Oggi tornerà a casa con l'ok della Procura: il lungo interrogatorio e la sua condizione di madre con due figlie piccole hanno indotto il gip a firmare il provvedimento di arresti domiciliari. |
Tra Lavitola e Tarantini, il piano per far dimettere Letta. Il faccendiere sul premier: "Tu non hai idea a che punto si arriverà con sta storia, io lo dovrò mettere spalle al muro". L'ex direttore de 'L'Avanti' aveva cercato di organizzare un incontro tra il Premier e il manager "Silvio stia attento, arriva una bomba in casa sono arrivate le minorenni" Le telefonate tra Lavitola e Tarantini: "Farò dimettere Letta". Il faccendiere sul premier: "Tu non hai idea a che punto si arriverà con sta storia, io lo dovrò mettere spalle al muro" 3 settembre 2011 NAPOLI - "Questo sta proprio con il cervello da un'altra parte". Così Valter Lavitola, si riferisce al presidente del Consiglio Berlusconi in una conversazione del 14 luglio scorso con Angela Devenuto detta "Nicla" o "Ninni", la moglie di Gianpiero Tarantini. Nella stessa telefonata la Devenuto, agitata per le difficoltà economiche in cui dice di trovarsi, esprime rabbia e amarezza nei confronti del premier, che lei stessa ha incontrato in compagnia del marito. Arrivando a riferire una dura espressione che "Gianpi", suo marito, avrebbe usato nei confronti del presidente: "Mi aiutasse a fare questa cosa e poi si togliesse dai coglioni, che mi ha rovinato la vita". "IL CERVELLO DA UN'ALTRA PARTE"
"PORTO TARANTINI AD ARCORE"
BERLUSCONI SPALLE AL MURO
"LE MINORENNI IN CASA"
LE DIGHE IN ALBANIA
"FAR DIMETTERE LETTA"
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La memoria difensiva di Tarantini è affidata a 14 pagine scritte a mano: "Ricevetti 500mila euro per lavorare". La prima visita con la moglie a Palazzo Grazioli, la seconda a Villa San Martino ad Arcore di FRANCESCO VIVIANO Le accuse: "Tarantini pagato per tacere" di TIZIANA TESTA 3 settembre 2011 Il memoriale di Tarantini "Così presi soldi dal premier" Due incontri amichevoli, le dazioni "spontanee" di 20mila euro al mese, le mediazioni di Lavitola. Nella sua memoria difensiva, l'imprenditore barese tenta di giustificare il suo legame "economico" con Silvio Berlusconi e di difendersi dall'accusa di estorsione NAPOLI - Ha affidato la sua difesa in un memoriale di quattro pagine consegnato ai pm di Napoli che oggi lo hanno interrogato per oltre 7 ore nel carcere di Poggioreale. Tarantini respinge l'accusa di avere estorto migliaia e migliaia di euro al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (ventimila euro al mese più gli extra, più 500mila euro "gestiti" da Valter Lavitola), affermando che si trattava di un aiuto economico per ricominciare a vivere e non del prezzo per comprare il suo silenzio nella vicenda D'Addario. Ma in questo memoriale, pur difendendosi, mette in cattiva luce il suo benefattore, al quale procurava le escort per le feste di Palazzo Grazioli. Ecco cosa scrive Tarantini nel suo "memoriale". Il documento, composto di 14 pagine, è stato scritto nella serata di mercoledì scorso, poche ore prima che venisse arrestato. Un memoriale dove naturalmente respinge ogni accusa di estorsione nei confronti del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ma che contiene anche due particolari: due incontri avvenuti in gran segreto proprio con il suo "amico" Silvio Berlusconi che per mesi aveva tentato di vedere da vicino. Incontri che aveva sollecitato a Lavitola il quale non riteneva "opportuno" che Berlusconi ed il suo procacciatore di escort si vedessero per non alimentare altre polemiche di stampa. Ma Tarantini insisteva, voleva vedere a ogni costo il Presidente e alla fine Berlusconi e Lavitola decisero di incontrare Tarantini e sua moglie. Ecco cosa scrive nel suo "memoriale" Tarantini. "Nell'autunno dell'anno scorso, non sono ora in grado di ricostruire tutte le cadenze temporali (anche perché le ritengo ininfluenti), il Lavitola mi fece sapere che il Presidente (Berlusconi ndr) gradì molto i miei saluti che contraccambiava con affetto e che mi avrebbe certamente aiutato. Ricordo che il Lavitola mi disse anche come il Presidente mi avrebbe potuto eventualmente aiutare, sostenendo mie nuove iniziative economiche. Per il momento, per far fronte alle prime esigenze di vita, iniziai a ricevere settimanalmente, tramite Lavitola, somme di denaro in contanti che mia moglie andava a prelevare in Via del Corso a Roma presso gli uffici di Lavitola. Complessivamente ho ricevuto circa 20 mila euro al mese (oltre ad altre somme per far front ad esigenze extra) fino al mese di Luglio". Tarantini giustifica questa richiesta di denaro al Cavaliere con "esigenze di vita": le sue aziende sono ormai crollate e deve sostenere moglie, figli e mamma vedova. "Sempre nel corso dei nostri incontri, riferii a Lavitola la volontà, ove ovviamente condivisa, di incontrare il Presidente Berlusconi perché il mio desiderio era quello di potere mantenere vivo il mio rapporto di amicizia, visto anche i segni di affetto che ricevo tramite Lavitola. Quest' ultimo, però, in un primo momento mi disse che non era opportuno che io incontrassi il Presidente Berlusconi perché se ci avessero visto insieme sarebbe potuta scattare una nuova campagna stampa che sarebbe stata nociva per me e per lo stesso Presidente". Ma l'imprenditore pugliese insistette ancora e nel
novembre del 2010 fu organizzato un incontro a Palazzo Grazioli con Berlusconi
dove andò soltanto la moglie di Tarantini. "Lo scopo dell'incontro
- scrive Tarantini nel suo memoriale - era quello di ringraziare il Presidente
per le disponibilità manifestatee per chiedergli se poteva aiutarlo
ancora per lavorare". Ma Tarantini voleva vedere ad ogni costo il Presidente
Berlusconi e dopo tante insistenze, a marzo scorso "Lavitola accompagnò
me e mia moglie dal Presidente Berlusconi ad Arcore, presso la dimora del
Presidente a Villa San Martino... L'incontro durò circa un'ora,
Berlusconi fu con me affettuosissimo. Lo ringraziai umilmente per i disagi
e gli imbarazzi, che - mio malgrado - gli avevo procurato... e mi permisi
di richiedere al Presidente Berlusconi un finanziamento di 500 mila euro
per riprendere a lavorare".
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Tra qualche mese me ne vado" I verbali che hanno portato all'arresto di Gianpaolo Tarantini per estorsione nei confronti di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere: rapinato da pm di sinistra. Lavitola: metto Silvio alle corde 2 settembre 2011 CENTOCINQUE pagine esplosive. La scena, praticamente
registrata in diretta, delle minacce e dei ricatti
E poi le strategie, gli insulti, le regie occulte degli
estorsori del premier, uomini e donne che sanno troppo.
BERLUSCONI E LA P4
Valter: "Presidente... ".
LETTA AL QUIRINALE, TREMONTI A PALAZZO CHIGI
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lo sfogo del "mantenuto" del premier L'imprenditore pugliese Giampaolo Tarantini Centocinque pagine per dimostrare la necessità dell'arresto di Giampaolo Tarantini e di sua moglie Angela Devenuto. E nelle intercettazioni telefoniche con Valter Lavitola, che ha materialmente incassato mezzo milione di euro da Berlusconi, prende forma l'estorsione: "Poi Mora e Fede, hai visto? E io sono il coglione?" 1 settembre 2011 ROMA – Il presidente del Consiglio tenuto sotto scacco, quasi “in ginocchio”, da chi conosce i suoi segreti. Un capo del governo che dice al telefono ad uno dei suoi presunti ricattatori: "Basta, vado via da questo paese di merda, sono nauseato". E il suo denaro destinato a comprare il silenzio di persone che egli percepisce come potenziali pericoli. Così si spiegano, secondo l'accusa, i 500mila euro versati a Valter Lavitola e destinati a Giampaolo Tarantini, già procacciatore delle escort per il premier sotto inchiesta a Bari, più “lo stipendio” mensile di 20mila euro, più il fitto della residenza romana destinata al solo Tarantini. Esplode lo scandalo più insidioso sulla corte dei “mantenuti” del presidente. L'accusa: estorsione. Parte offesa, lo stesso presidente del Consiglio. Su richiesta dei pm di Napoli Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, a Roma finiscono in carcere Giampaolo Tarantini e sua moglie Angela Devenuto, detta anche Nicla o Ninni. Sfugge invece alla cattura Valter Lavitola, l'uomo già indagato nell'ambito dell'indagine napoletana sulla P4. "Sono all'estero per lavoro", fa sapere lui. Si tratta dell'editore del giornale “Avanti!”, oggi accusato di essere il burattinaio delle tangenti del premier, ma già noto come l'artefice della campagna di stampa sulla vicenda Montecarlo, diretta contro il presidente della Camera Gianfranco Fini. Indagati anche due personaggi legati a Lavitola: suo cugino Antonio Lavitola e Fabio Sansivieri, l'uomo che distribuiva il denaro intascato. Nelle 105 pagine dell'ordinanza emessa dal gip Amelia Primavera, spicca la lunga telefonata del premier, datata 13 luglio scorso, con Lavitola. Lo stesso Lavitola procura al capo del governo alcune schede intestate a cittadini sudamericani, e Berlusconi da quelle utenze che ritiene non intercettabili, discute con lui di Bisignani, di Gianni Letta ("è l'uomo più onesto che conosca"), della loggia P4 ("è lontana da me cento chilometri"), della decisione sul risarcimento alla Cir di De Benedetti (“una cosa troppo terribile mi hanno fatto, una rapina basata su due giudici talebani di sinistra”). Berlusconi si lascia andare anche a uno sfogo: "Io sono assolutamente tranquillo, a me l'unica cosa che mi possono dire è che scopo. Mi mettono le spie dove vogliono, non me ne fotte niente, io tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei". Ma nel provvedimento di custodia cautelare colpiscono anche le numerose e inquietanti conversazioni tra Lavitola e Tarantini, che addirittura litigano sul denaro già spillato o da spillare ancora a Berlusconi. Tarantini sospetta infatti che Lavitola stia distraendo per sé i 500mila euro ottenuti dal premier e da girare ai coniugi baresi. E sbotta: "Ma sono coglione io?... Allora Sabina ha una casa che sembra la Onassis, ma l'hai vista? Dieci milioni. Ma l'hai vista? Sembra finta, quella casa... Poi Mora e Fede, hai visto? E io sono il coglione?". In un'altra accesa telefonata Tarantini dirà, riferendosi al denaro da estorcere al premier: "Io a lui gli voglio dire una cosa, mi voglio mettere di fronte e gli voglio dire: "Presidè, io non c'ho una lira, sono disperato, sto facendo 'sta cazzo di operazione... nel frattempo, per favore, mi vuoi mantenere come Cristo comanda, senza avere rotture di coglioni di nessun genere?" Mi deve dire: no? Io non ci credo". E Lavitola prova a rabbonirlo: "Gianpà, quello cosa ti deve dire, ti deve dire: "Lo sto facendo", com'è vero che lo sta facendo". Non abbastanza, evidentemente. Emerge anche che Tarantini ha incontrato due volte, riservatamente, il presidente del Consiglio. E soprattutto che in ballo, come arma da usare per estorcere altri capitali, c'è la vicenda del processo a Bari: “Gianpi” dovrà assolutamente evitare il patteggiamento, che comporta la condanna certa per Tarantini e il sollievo per il premier, allarmato dai contenuti ritenuti potenzialmente “catastrofici” di quegli atti di Bari. Lavitola detta a Tarantini la linea: "Gli devi dire che il patteggiamento non lo fai, e solo se te lo chiede lui (Berlusconi, ndr) in ginocchio". Berlusconi, intanto, interpellato da "Panorama", che aveva anticipato l'intera istruttoria, ha sostenuto: "Ho solo aiutato una famiglia che ha drammatiche difficoltà economiche". Ma ora il premier potrebbe essere ascoltato come testimone dalla Procura di Napoli. Un'inchiesta che si intreccia e, per certi aspetti, spiega ciò che era rimasto nell'ombra in alcuni retroscena di parallele inchieste. Tarantini, ad esempio, sottolinea che Niccolò (Ghedini, ndr) lo avrebbe "messo nel panico, due anni fa", cioè quando esplode l'inchiesta sulla D'Addario. Un quadro che tira dentro anche le condotte, al vaglio dei magistrati, dei difensori di Tarantini e dello stesso premier. Un contesto di tinte così fosche che, come scrive il giudice per le indagini preliminari, "tira in ballo la stessa trasparenza delle istituzioni". |
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