Patate «etiche» made in Sicilia
Cinzia Gubbini Il Manifesto 13 aprile 2010
A Cassibile africani sfruttati come a Rosarno.
PATATE NOVELLE ESENTI DA SCHIAVISMO
"Forse non tutti sanno che lo SCHIAVISMO non è stato debellato da abraham lincoln,
come ci insegnarono a scuola, ma che anzi la globalizzazione lo sta riportando in auge."
Una proposta per cambiare:
Al via la campagna «io non assumo in nero» in provincia di Siracusa.

Sono tornati i migranti a Cassibile: come ogni anno, quando ricomincia la stagione della raccolta delle patate, sono in centinaia a ritrovarsi in questo piccolo paese in provincia di Siracusa. Cassibile si snoda lungo un'unica strada, per l'anagrafe ci vivono poco più di mille abitanti, il suo posto nella storia l'ha guadagnato con la firma dell'armistizio tra Italia e forze alleato nel '43, e oggi un edificio proprio all'inizio del paese ospita una moschea. Gli abitanti di Cassibile mal sopportano l'"ondata" africana che tutti gli anni si insedia nel paese. Eppure gli immigrati portano avanti la stagione della patata, prezioso tubero per l'economia locale. Tutti si servono di questi lavoratori. All'alba è un via vai di camioncini che raccolgono persone da portare nei campi, ma anche a fare qualche lavoretto di edilizia o quel che ci scappa. Ma la presenza di tanti ragazzi la sera nella piazza del paese, il fatto che molti di loro dormano letteralmente sotto gli alberi quando non possono pagare uno degli esosi affitti piazzati sul mercato siracusano, ha già fatto scoppiare qualche atto di intolleranza, e una manifestazione lo scorso anno per denunciare la loro presenza. C'è che dice che questa sarà «la prossima Rosarno», con la «caccia al nero» e tutto ciò che ne consegue. Poche settimane fa il ministero dell'Interno ha montato una tensostruttura, c'è posto per dormire per circa 120 persone, possono usufruirne i lavoratori che hanno un regolare permesso di soggiorno, un tentativo di smorzare la tensione che si taglia con il coltello.

Ma certo non basta dare un tetto ai lavoratori. Ne è convinta la Rete antirazzista di Catania, che sta anche organizzando il primo maggio proprio a Cassibile: «Il principio di uguale lavoro per uguale salario deve diventare la bussola dell'associazionismo antirazzista e del sindacalismo conflittuale o si innescheranno sempre di più guerre fratricide tra poveri», dice Alfonso Di Stefano della Rete. La proposta, allora, è di provare a spezzare il micidiale meccanismo che caratterizza il lavoro in agricoltura: anche se sei regolare, anche se un permesso di soggiorno in tasca ce l'hai, sono pochi gli imprenditori che ti fanno un contratto in regola. Le aziende agricole un po' schiacciate dai prezzi stracciati imposti dalla distribuzione, un po' per una precisa politica che mira al maggior profitto a tutti i costi, utilizzano questa procedura: contratto regolare per due-tre lavoratori, e dietro una schiera di persone che faticano al nero. Ed ecco l'idea della Rete antirazzista: lanciare la campagna «Io non assumo in nero». «Vogliamo fare in modo che gli imprenditori che accettano di offrire contratti regolari di lavoro possano sopravvivere alla concorrenza sleale di chi si avvale del lavoro irregolare - dice Di Stefano - bisogna ripartire dai diritti dei lavoratori. Ed è importante farlo in una terra come questa, dove gli italiani hanno rimosso le lotte bracciantili di quarant'anni fa, che causarono anche dei morti tra i lavoratori». L'obiezione è semplice: e chi un permesso non ce l'ha? La Rete non dimentica i cosiddetti clandestini. Anzi, è proprio da loro che bisogna cominciare, la manodopera più ricattabile che ci sia. «Occorre favorire la regolarizzazione di chi emerge dal lavoro nero. Come prevede in parte la direttiva europea - ricorda Di Stefano - che permette a chi denuncia lo sfruttamento l'ottenimento di un permesso, che dovrebbe essere per lavoro».
Ma come fare per convincere gli imprenditori ad assumere in regola? Semplice: assicurando loro un guadagno. Per questo la Rete ha messo di mezzo i gruppi di acquisto solidale - i Gas - quei circoli di cittadini che in tutta Italia si organizzano per acquistare cibo biologico e sicuro. Questa volta i Gas sono chiamati a comprare non un prodotto biologico ma un prodotto etico: patate raccolte senza sfruttare i lavoratori. Per far circolare l'idea è stato lanciato un appello, che sta girando a livello nazionale. Se l'impresa funzionasse anche singoli, associazioni, partiti dovrebbero impegnarsi ad acquistare patate dagli imprenditori che non sfruttano i lavoratori. Un ostacolo sta nella quantità di tuberi da ordinare: «Almeno una tonnellata per le ordinazioni fuori Sicilia», dice Di Stefano (nel box a fianco c'è un'alternativa, ndr). Ma è pur vero che la patata non è un prodotto deperibile: anzi, una volta veniva conservata per mesi nelle cantine. Il prezzo stabilito, per ora, è di 65 centesimi al chilo. Se cominciassero a fioccare ordinazioni l'idea è anche quella di coinvolgere una ditta di trasporti confiscata alla mafia, da allora penalizzata dal mercato "tradizionale" e che lavora per le aziende di prodotti biologici. Si tratterebbe, insomma, di mettere insieme esperienze che cercano di contrastare le regole drogate del mercato, facendo convergere gli interessi degli imprenditori, dei lavoratori e degli acquirenti. Forse è un sogno, ma sempre meglio che aspettare la prossima Rosarno.
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«Io partecipo: chi lavora sia pagato il giusto»
L'imprenditore siciliano Davide Proietto: «Il vero problema è la burocrazia»
Davide Proietto è un imprenditore che ha accettato di partecipare all'iniziativa della Rete antirazzista.
Anzi, in qualche modo l'iniziativa è ispirata a lui che da anni assume soltanto immigrati in regola,
subendo la concorrenza sleale degli altri imprenditori.
Signor Proietto, la domanda può sembrare strana, ma perché assume lavoratori in regola?
Perché penso sia giusto così. Prima di tutto mi piace stare tranquillo, e comunque penso che non siano i pochi euro di contributo a cambiarti la vita, anche se adesso lavorare la campagna è dura. E poi sappiamo cosa significa per questi lavoratori: la possibilità di rinnovare i loro permessi.

E allora perché gli altri imprenditori assumono al nero?
Non lo so. Magari qualcuno lo mettono in regola e poi gli altri li fanno lavorare al nero e li mettono in fondo al campo, dove non guarda nessuno. Comunque se ti beccano sono problemi: 4 mila euro di multa, ne vale la pena? Io ho una causa aperta da cinque anni perché un giorno venne un lavoratore al posto di un altro che avevo assunto, e siccome erano i primi giorni non me ne ero neanche accorto. Adesso tutte le mattine i lavoratori mi devono mostrare i loro documenti.

Ma chi assume in nero le fa concorrenza sleale?
E' ovvio.

Quanti lavoratori ha quest'anno?
Abbiamo appena iniziato, per adesso solo cinque. Più avanti con la stagione incrementeremo i lavoratori, almeno speriamo.

Ha avuto qualche problema?
Più che altro devo dire che è sempre più difficile assumere lavoratori regolari. E' paradossale, ma la burocrazia ci si mette di mezzo. Quest'anno, per esempio, alla questura di Siracusa avevano introdotto la procedura per cui il rinnovo del permesso di soggiorno doveva essere chiesto due mesi prima della scadenza, invece che fino a due mesi dopo. Lavoratori con cui sono in contatto da anni rischiavano di perdere il documento. Ma ora la questura sembra essere tornata indietro.

Pensa che la campagna "Io non assumo in nero" sia utile?
Penso di sì, è una bella iniziativa, che incoraggia chi cerca di seguire le regole. Per me sarebbe importante poter sapere che venderò il prodotto, avere la possibilità di programmare.
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Bene aderire anche senza bio
Roberto Li Calzi è il titolare dell'azienda biologica «Le Galline felici», che si trova a Siracusa e Catania, e rappresenta il punto di riferimento dei Gruppi di acquisto solidale della Sicilia. Li Calzi ha subito condiviso la proposta della Rete antirazzista di Catania, ed è certamente la persona migliore a cui chiedere se c'è qualche possibilità che i Gas italiani aderiscano all'iniziativa: «I Gas ormai da molto tempo sostengono anche le iniziative etiche - spiega Li Calzi - quindi sono interessati a premiare le aziende che non sfruttano i lavoratori, come in questo caso», spiega. «Ma - aggiunge - punto imprescindibile dei Gas è il prodotto biologico, e questo potrebbe essere un elemento che scoraggia le richieste». Le patate che producono gli agricoltori a Siracusa, in effetti, non sono biologiche. «Diversa la valutazione di chi avanza riserve perché il prodotto non sarebbe a 'chilometro zero': in questo momento le patate si raccolgono solo in queste zone». E in quanto alla quantità di prodotto, dice Li Calzi: «Credo che sarà difficile trovare gruppi in grado di ordinare una tonnellata di patate, ma noi siamo disposti a inserire ordini per la 'patata etica' nei nostri trasporti: quindi se ne possono ordinare anche solo cinque o sei cassette». Insomma, il principale ostacolo all'iniziativa sta nella genuinità del prodotto, ma è chiaro che gli ordini possono arrivare anche da singoli, associazioni, insomma da chiunque possa superare questa pregiudiziale.
 

 

Dopo il 1° marzo a Cassibile, inizia la campagna “ Io non assumo in nero”

Dopo i terribili giorni di Rosarno e la positiva esperienza del 1° marzo a Cassibile, quest’anno vogliamo costruire una campagna di rilievo nazionale a difesa dei diritti dei migranti stagionali supersfruttati  nelle campagne siracusane.
Da anni centinaia di migranti vengono a Cassibile, soprattutto durante la stagione di raccolta delle patate (aprile/giugno), per essere sfruttati in condizioni neoschiaviste da un padronato che, grazie all’evasione contributiva, ai bassi salari ed alle condizioni disumane di lavoro, si arricchisce indistrurbato grazie all’intermediazione dei caporali ed all’inefficacia, o peggio assenza, delle istituzioni preposte e dei sindacati concertativi.

Da anni a Cassibile ci si preoccupa esclusivamente di contenere la visibilità dei migranti in paese, quando tornano dal lavoro, anche se pagano (chi può, altrimenti dorme in mezzo agli alberi) esosi affitti e consumano come i locali abitanti.Da anni si aspettano le ultime settimane per provvedere ad un’accoglienza, sempre d’emergenza, (addirittura l’anno scorso neanche quella), ma solo per poche decine di migranti “regolari”; una regolarità pretesa per offrire loro un posto letto, ma ignorata quando si tratta delle garanzie contrattuali e delle tutele sindacali. E’ drammatico che ciò si ripeta in una terra dove 42 anni fa ci furono eroiche lotte bracciantili, che riuscirono a debellare a livello nazionale le piaghe delle gabbie salariali e del caporalato.

A Cassibile come a Rosarno la maggioranza dei migranti sono regolari (rifugiati, richiedenti asilo, in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno, da poco licenziati, alla ricerca di nuova occupazione), ma questa maggioranza con il passare del tempo viene spinta verso l’irregolarità (grazie a vergognose leggi razziali come la Bossi-Fini ed il recente “pacchetto sicurezza”), se non dimostra i contributi versati.

Il principio di “Uguale salario per uguale lavoro” o diventa la bussola dell’associazionismo antirazzista e del sindacalismo conflittuale o la differenziazione etnica dei salari può innescare fratricide guerre fra poveri, contrapponendo lavoratori italiani ai migranti e fra gli stessi migranti di diverse nazionalità, soprattutto in presenza dell’attuale devastante crisi economica. 

Rivendichiamo inoltre l’ottenimento del permesso di soggiorno per chi denuncia chi sfrutta il lavoro nero, ribaltando in senso estensivo i contenuti della direttiva europea n.52 del 18/6/’09.

Quest’anno, anche in seguito all’assemblea nazionale dei GAS (Gruppi d’Acquisto Solidale) in Sicilia,
vogliamo proporre alle associazioni del consumo critico ed a tutte le reti di movimento solidale la campagna “Io non assumo in nero, comprate le patate socialmente eque”; già possiamo fornire alcuni recapiti di aziende che producono patate e che garantiscono l’assunzione in regola dei migranti stagionali ( alcune lo fanno da anni e subiscono una concorrenza sleale dalle altre).

Vogliamo e possiamo dimostrare che si può combattere il lavoro in nero, senza criminalizzare le vittime e con la loro partecipazione individuare chi si arricchisce con la piaga del caporalato e la consolidata rete di complicità. La lezione di civiltà, dataci dai migranti in rivolta contro i poteri criminali a Castelvorturno ed a Rosarno, deve incoraggiare la costruzione di una nuova stagione di lotta per i diritti di tutti i lavoratori, che veda i migranti come protagonisti della costruzione del proprio/nostro  futuro, libero dal razzismo e dallo sfruttamento.