Campania Rifiuti, l'ultima bugia di Berlusconi
Aveva giurato: "Entro dieci giorni tutto a posto".
1 novembre 2010 di Claudio Pappaianni
Siamo andati a vedere se la promessa è stata mantenuta.
L'immagine qui sotto, scattata lunedì 1 novembre a Napoli, rende l'idea del risultato

Aveva aggiunto rassicurante il presidente del Consiglio:
"Prevediamo che in dieci giorni la situazione possa tornare nella norma.
Entro dieci giorni dalla discarica di Terzigno non proverranno odori o miasmi,
che giustamente hanno preoccupato e preoccupano la popolazione".

Così parlò il premier Silvio Berlusconi, uscito sorridente dal Consiglio dei ministri del 22 ottobre scorso,
mentre attorno alla discarica infuriavano gli scontri. "Le cave saranno coperte di terra e si potrà impiantarvi boschi o parchi",

Sulla situazione a Napoli, invece, il Cavaliere si era espresso il 28 ottobre, nel giorno della sua visita all'impianto di Acerra, dov'era andato a presiedere una riunione sull'emergenza con Guido Bertolaso: "Entro tre giorni Napoli sarà ripulita".

Entrambi gli appuntamenti, dunque, erano per il primo novembre: doveva essere il giorno del nuovo miracolo.

Ebbene, lunedì Napoli si è svegliata trovando per strada 2.200 tonnellate di sacchetti, coreografia maleodorante di questo ponte di Ognissanti. E le immagini che si ripetono lungo le diverse zone sono sempre le stesse: cumuli, enormi, che coprono interi tratti di strada. Solo nella notte tra domenica e lunedi'. sono stati 40 gli interventi dei Vigili del Fuoco per spegnere gli incendi dati ai cassonetti.

L'Asia, l'azienda comunale che si occupa della raccolta in città, è costretta a tenere 50 camion pieni di spazzatura stipati nei depositi: "Non sappiamo dove andare a scaricare", spiega a "L'espresso" l'assessore Paolo Giacomelli. "Ci avevano indicato Taverna del Re ma la situazione, ora, non lo permette: meglio tenerli dentro ed evitare quel che ci è successo a Terzigno due settimane fa".

Il piano del Presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, prevede che per i prossimi 30 giorni i rifiuti di Napoli vadano a Giugliano, ammassati nella mega-piattaforma creata per accogliere 5 milioni di rifiuti impacchettati nelle ormai famigerate ecoballe. Due anni fa, il sottosegretario e il Presidente del Consiglio, avevano chiesto l'ultimo sforzo a quella terra martoriata da sversamenti, leciti e illeciti: "Successivamente si procederà alla definitiva chiusura del sito di Taverna del re senza ulteriori conferimenti se non in virtù di un espresso provvedimento di legge", è scritto nero su bianco su un protocollo di intesa siglato dal capo della Protezione Civile.

Così, dopo l'annuncio della riapertura dell'impianto, da tre giorni il sito è presidiato dai cittadini e ora, anche le "mamme vulcaniche", animatrici della protesta sul Vesuvio, hanno attraversato l'intera provincia, da parte a parte, per essere accanto alla popolazione di Giugliano.

Una protesta pacifica, dove però non sono mancate le tensioni con le forze dell'ordine: un manifestante, lunedì mattina, è finito all'ospedale con il setto nasale fratturato. Alla fine, solo cinque camion carichi di rifiuti son riusciti a passare. Il resto è stato costretto a tornare indietro.

A Terzigno, intanto, c'è attesa per l'arrivo dei rifiuti dei comuni della provincia. Al presidio della Rotonda Panoramica di Boscoreale cresce l'attesa. L'ala più intransigente pretende di bloccare il passaggio, nonostante sembra ormai scongiurata l'ipotesi di apertura di una seconda discarica. Blocchi, tensioni, spazi insufficienti e sacchetti per le strade, l'inceneritore di Acerra ancora a mezzo servizio e gli impianti di tritovagliatura dei rifiuti praticamente out: è crisi vera.

Meno male che per Berlusconi l'emergenza doveva finire il primo novembre 2010
 

L'uomo che da un anno dovrebbe ripulire Napoli dalla monnezza
è un potente onorevole del Pdl detto «a' Purpetta».
Da sempre legato a Cosentino, è indicato da un pentito come fiduciario della camorra
Chi è Cesaro, il boss dei rifiuti
19 ottobre 2010 Emiliano Fittipaldi e Claudio Pappaianni

La situazione in Campania? È grave ma non è seria, direbbe Ennio Flaiano davanti allo spettacolo infinito della monnezza napoletana. In effetti, i sacchetti neri sono tornati protagonisti delle cronache dei quotidiani da un mese, e sotto il cielo azzurro del Golfo se ne vedono, come sempre, di tutti i colori. Le discariche aperte da Bertolaso e compagni sono in via di saturazione, l'inceneritore di Acerra non brucia quanto dovrebbe e avvelena (forse) più del dovuto, i disoccupati si trasformano in delinquenti e distruggono i camion della raccolta, la gente che vive sotto il vulcano urla contro il nuovo sversatoio di Terzigno invocando, letteralmente, l'intervento divino. Manifestazioni e violenze sono all'ordine del giorno, i camorristi fanno affari affittando i bobcat necessari ad alzare le centinaia di tonnellate di rifiuti rimaste a terra. Nel bailamme, il leghista Luca Zaia fa sapere che lui, la spazzatura napoletana, non se la prende manco da morto: pare puzzi più di quella padana. "In Veneto", ha detto il governatore, "non passa lo straniero".

La sceneggiata si ripete ormai da tre anni, uno show in cui i politici recitano a memoria il solito monologo dello scaricabarile, in un gioco delle parti, quello del rimpallo delle responsabilità, che stavolta ha il suo campione in Silvio Berlusconi. "Tutta colpa della Iervolino", ha tagliato corto puntando il dito sulla sindaca che starebbe rovinando il suo presunto miracolo, a pochi mesi dalle elezioni comunali. Ma nel suo j'accuse il presidente del Consiglio dimentica che da quasi un anno l'uomo che deve smaltire l'immondizia del capoluogo, l'amministratore diventato per legge Mr. Monnezza, è il suo amico e fedelissimo Luigi Cesaro detto "a' Purpetta", presidente della provincia di Napoli dal 7 giugno 2009.

Già: volente o nolente è lui che deve risolve il problema, lo spazzino condannato, dal decreto voluto da Silvio in persona, a ripulire le strade e ideare una strategia efficace a lungo termine. Anche Bertolaso lo ha ripetuto più volte al Cavaliere: "Dovete muovervi, prima che sia troppo tardi, prima che la Campania ricada in una crisi devastante come quella del 2008". 

Ma chi è davvero Mr. Monnezza, nato a Sant'Antimo 58 anni fa, figlio di una potente famiglia di costruttori, già avvocato, funzionario di un'Asl casertana e deputato del Pdl dal 1996? 

Di lui ha parlato ai giudici della Dda di Napoli il pentito Gaetano Vassallo, l'imprenditore che ha gestito il traffico dei rifiuti tossici per conto dei casalesi: secondo il collaboratore di giustizia, Cesaro sarebbe stato il "fiduciario dei Bidognetti" in un'operazione immobiliare, la riconversione di un'area industriale nel paese di Lusciano. Non è l'unica ombra che pesa sul politico: "Gigino", così lo chiama affettuosamente Paolo Bonaiuti quando lo incontra nei corridoi di Palazzo Chigi carico di mozzarelle di bufale per il premier, fu arrestato nel lontano 1984 perché accusato da altri due pentiti di avere rapporti di amicizia con i capi della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Per loro Gigino era un finanziatore della Nco, addirittura un "postino" dei clan. Condannato in primo grado a cinque anni, Cesaro fu assolto perché riuscì a convincere i giudici di essere in realtà "una vittima" del sistema criminale. I rapporti con Rosetta Cutolo, la sorella di don Raffaele, da lui stessi ammessi? Invece di andare dalla polizia, chiese i buoni uffici e la protezione della signora. Nulla di più.

Oggi scopriamo altri dettagli del passato di Cesaro. Il Comune di Sant'Antimo, dove la famiglia si occupa anche di sanità ed è propietaria di un centro sportivo dove il Milan si allena quando deve giocare a Napoli, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose nel 1991. Luigi ripete come un disco rotto che al tempo lui non era né assessore né sindaco: è così, solo il fratello Aniello sedeva in consiglio. Tommaso Sodano e Nello Trocchia, nel libro "La peste" appena uscito per Rizzoli, ricordano però come Luigi nello stesso anno fosse allora socio della cooperativa Raggio di Sole, strumento del potente clan Verde - recita la relazione del ministero degli Interni che accompagna il decreto di scioglimento per infiltrazione mafiosa - per gestire appalti e affari. Altro potente gruppo camorrista della zona è poi quello dei Puca. Ecco: secondo un'altra informativa del tenente colonnello dei carabinieri Antonio Sessa, "a' Purpetta" in quegli anni frequenta anche loro. Sessa va giù duro, e conclude così: "Cesaro per quanto compete risulta di cattiva condotta morale e civile... In pubblico gode di scarsa stima e considerazione. È solito associarsi a pregiudicati di spicco della malavita organizzata operante a Sant'Antimo e dintorni".