Berlusconi a Milano a una manifestazione elettorale pro Moratti
Attacca il presidente della Camera e, di nuovo, i pm.
"Le cellule rosse dei pm non trionferanno"
GianfrancoFini: "Sono menzogne". Anm: "Il nostro patto è solo con la legge"
Autore dei manifesti "Br in procura" candidato nelle liste della Moratti
e Berlusconi denuncia "Patto tra Fini e i giudici"
Roberto Lassini, candidato PDL con la Moratti, si assume la paternità dei cartelloni.
La Moratti lo scarica: "Si è autosospeso". Ma lui la smentisce:
"Resto in lista, non posso essere escluso per un reato d'opinione"

MILANO 17 aprile 2011- Si chiama Roberto Lassini, già sindaco Dc di un comune in provincia di Milano, l'autore dei contestati manifesti "Via le Br dalle procure" 1. Lo conferma lui stesso in un'intervista a Il Giornale, in cui chiarisce che "quei manifesti sulla giustizia non volevano essere offensivi verso i magistrati, né mancare di rispetto alle istituzioni. Sono stati una provocazione". L'uscita allo scoperto di Lassini rinfocola la polemica sulla vicenda, tanto più che l'ex primo cittadino di Turbigo risulta oggi candidato nelle liste Pdl per le prossime elezioni comunali a Milano. Il sindaco uscente Letizia Moratti, che cerca la riconferma, si affretta ad annunciare che "Lassini si è autosospeso". Ma il diretto interessato la smentisce e conferma: "Il coordinamento regionale del partito ha ribadito la mia candidatura".

"Sostengo il premier, la giustizia non funziona". Intervistato dal Giornale sulla vicenda dei manifesti, Lassini spiega: "Non è mia la paternità ma sono il presidente onorario" dell' associazione 'Dalla parte della democrazia' che li ha fatti realizzare e "allora eccomi - dice -, ci metto la faccia". Sul contenuto dei manifesti, osserva: "Credo che i militanti abbiano fatto una sintesi dell'espressione" del premier che ha parlato di brigatismo giudiziario. Lassini racconta poi la sua storia. Accusato di tentata concussione, "sono stato in carcere da innocente e ho perso tutto. In cella 42 giorni a San Vittore e poi 5 anni e mezzo per la sentenza di proscioglimento: risarcito con 5 mila euro" non sufficienti nemmeno per "le spese legali". Racconta anche che "la procura nemmeno fece appello. Nel frattempo però mi dimisi da sindaco", e poi si chiede: "quanti sono i casi come il mio? Noi siamo stati dimissionati da Tangentopoli!". Lassini spiega quindi il senso del suo invito alla mobilitazione: "E' il sistema giustizia che non funziona. La nostra associazione è nata per sostenere il premier nella battaglia per la riforma".

L'imbarazzo della Moratti. La presenza di Lassini nelle liste che la sostengono è un evidente motivo di imbarazzo per il sindaco di Milano Letizia Moratti che in tarda mattinata, al termine della sua convention elettorale al Teatro Nuovo, si affretta a dichiarare: "Ho già stigmatizzato questo comportamento: le istituzioni vanno tutte rispettate e so che Lassini si è autosospeso". Una versione che non convince l'avversario della Moratti, il candidato del centrosinistra Giuliano Pisapia, che attraverso il suo portavoce osserva: "Questo signore, che si assume la responsabilità di un'azione di propaganda i cui contorni e i cui mandanti restano tuttora oscuri, resterà sulla lista elettorale fino all'ultimo perché non esiste il concetto giuridico di autosospensione dalle liste elettorali. Sarebbe ora di smetterla di prendere in giro Milano e i milanesi e sarebbe ora di gettare la maschera da parte di chi è il vero ispiratore dei manifesti ingiuriosi che equiparano i magistrati ai terroristi".

E in serata è lo stesso Lassini a smentire la Moratti: "E' nato un equivoco", dichiara, "non mi sono assolutamente autosospeso e il coordinamento regionale del partito ha ribadito la mia candidatura". Secondo Lassini, è addirittura "paradossale che per un presunto caso di reato d'opinione come è il vilipendio, il Pdl mi possa fare una richiesta" come quella della sospensione della candidatura. "La Moratti? Non la conosco", taglia corto. "La stimo e mi dispiace che si sia creato questo equivoco".
 


Berlusconi: "Una mattinta surreale, un processo illegittimo al Presidente del consiglio,
chiamato come imputato buttando fango su di lui, sul suo governo sul suo paese".