Mediatrade, indagati Berlusconi Silvio e il figlio Piersilvio
La Procura di Milano ha chiuso le indagini preliminari sull'inchiesta Mediatrade e contesta
a Silvio Berlusconi e ad altri indagati un'appropriazione indebita di quasi 35 milioni di euro, mentre al premier, Piersilvio Berlusconi, Fedele Confalonieri, e altri indagati
viene attribuita una frode fiscale per circa otto milioni di euro.
22 gennaio 2010
La Procura di Milano ha chiuso le indagini preliminari sull'inchiesta Mediatrade e contesta a Silvio Berlusconi e ad altri indagati (Frank Agrama, Daniele Lorenzano, Roberto Pace e Gabriella Ballabio) un'appropriazione indebita di quasi 35 milioni di euro, mentre al presidente del Consiglio, a due cittadini cinesi, a Piersilvio Berlusconi, Fedele Confalonieri, Frank Agrama, Daniele Lorenzano, Roberto Pace, Gabriella Ballabio, Giorgio Del Negro, viene attribuita una frode fiscale per circa otto milioni di euro.

L'avviso di conclusione delle indagini è previsto dall'articolo 415 bis del codice di procedura penale e, solitamente, prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, con la quale viene esercitata l'azione penale. Il pm, infatti, non deve informare l'indagato se decide di chiedere l'archiviazione delle indagini preliminari. L'avviso di conclusione delle indagini ha funzione di garanzia per l'indagato e contiene la sommaria enunciazione del fatto e le norme violate. La garanzia principale data all'indagato è che egli viene avvertito che può prendere visione ed estrarre copia del fascicolo delle indagini: è il momento della “discovery”, cade la segretezza e l'indagato viene a conoscenza non solo del fatto contestato, ma anche degli atti sui quali si regge l'accusa.

Entro 20 giorni dal ricevimento dell'avviso di conclusione delle indagini - che viene notificato anche al difensore - l'indagato può presentare richieste o memorie, chiedere al pm il compimento di ulteriori indagini o chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Queste attività, salvo l'ultima, non pongono un obbligo per i pm; l'unico obbligo è l'interrogatorio, che deve essere compiuto perché è un momento di esercizio del diritto di difesa.

Dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, degli esiti degli accertamenti eventualmente disposti su richiesta della difesa e del contenuto dell'interrogatorio (se richiesto dall'indagato), il pm valuta se esercitare l'azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio dell'indagato (che solo allora diventa imputato) o richiedere al gip l'archiviazione delle indagini preliminari.

«Le contestazioni mosse hanno dell'incredibile sia per il contenuto delle stesse sia per gli anni a cui si riferiscono, periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benché minima possibilità di incidere sull'azienda», ha detto Niccolò Ghedini.


IL DOCUMENTO/ Nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari
il "sistema di frode" dietro le operazioni finanziarie di Mediaset
"Format comprati in Usa a prezzi gonfiati per creare fondi neri per il Cavaliere"
MILANO 23 gennaio 2010 EMILIO RANDACIO

- Una società quotata in borsa, con migliaia di azionisti e sottoposta alle rigide norme del mercato,
utilizzata come il salvadanaio di casa. Il direttore generale di Mediaset, Giovanni Stabilini, che anziché vigilare sui conti aziendali, "disperde e occulta il denaro ricevuto, provento del delitto di appropriazione indebita ai danni di Mediaset spa", gestisce i liquidi attraverso triangolazioni "sul conto corrente di cui era titolare (Soriso presso Banca Syz & Co di Ginevra)",
e successivamente tenta di farli sparire versandoli sul conto "Pallas", sempre a Ginevra, foraggiandolo anche attraverso "versamenti in contanti". Il destinatario finale? Silvio Berlusconi.

Un "sistema di frode", quello che sono convinti di aver scoperto i magistrati De Pasquale e Spadaro analizzando le operazioni finanziarie di Mediaset, addirittura "utilizzato dalla fine degli anni '80". Meccanismo piuttosto semplice, nella sintesi, mascherato da complessi bonifici girati tra istituti di credito di mezzo mondo. Fininvest prima, Mediaset poi, acquistavano
a "prezzi gonfiati" i diritti di programmi televisivi prodotti dalla major americana Paramount. Telefilm e serial  famosissimi poi trasmessi sui canali del Biscione, arrivavano in Italia a prezzi che l'accusa, oggi svela, essere stati fuori mercato.
A giustificare tutto, ecco che in scena entra il mediatore di origini egiziane, Frank Agrama. Amico personale di vecchia data
di Berlusconi, titolare di società in mezzo mondo, di fiduciarie ad Hong Kong, di conti bancari in Svizzera,
Agrama è dal 1976 che è in affari con il Cavaliere, e sulla sua scrivania negli uffici di Los Angeles, a testimoniarlo campeggia una foto che li ritrae sorridenti insieme. I due si conoscono dai tempi di Telemilano, la prima avventura nell'etere dell'attuale presidente del Consiglio. 
Che gli affari con Agrama non fossero propriamente convenienti per Mediaset, prima dei magistrati, lo avevano già sostenuto alcuni manager chiamati alla fine degli anni '90 a riequilibrare i conti del gruppo. Erano stati loro i primi che avevano provato a stoppare le mediazioni di Agrama, considerandole decisamente "salate". Ma direttamente dai vertici aziendali, erano arrivati ordini precisi e tassativi: il ruolo di Agrama, non si tocca. È un "amico del Dottore", si sente rispondere un giorno del 2001 il manager Roberto Pace dall'allora presidente Fininvest. Quando di Dottore, in "ditta", ce ne è uno solo: ovvero il fondatore dell'azienda.

Il cambio di rotta ha prodotto i suoi frutti anche a questi manager, fino ad allora meticolosi. Secondo l'accusa, gli ex responsabili della direzione acquisti di RTI spa, Gabriela Ballabio, di Mediatrade, ovvero lo stesso Pace, e di Fininvest prima e Mediaset dopo, Daniele Lorenzano, avrebbero ottenuto il loro tornaconto. Una parte della "torta" sarebbe spettata anche a loro, su conti svizzeri, lontani dal fisco italiano. E ora, tutti e tre, rischiano un processo per appropriazione indebita.
La differenza con il reale prezzo dei format televisivi ("il 45%", sostengono oggi i magistrati), finiva su conti "di società di comodo dello stesso Agrama". Qui, per capire esattamente i destinatari, il percorso a ritroso si è decisamente complicato per gli inquirenti. Solo grazie a faticose rogatorie (le autorità Usa hanno misteriosamente stoppato un imponente sequestro effettuato direttamente dall'Fbi negli uffici di Agrama), la procura si è convinta di aver ricostruito gli "utilizzatori finali" di questi soldi. Il denaro "successivamente veniva depositato presso l'Ubs di Lugano nella disponibilità di fiduciari". Lo schema fin qui descritto, era già emerso dai pochi atti resi necessariamente pubblici dalle attività di indagini svolte in questi tre anni dalla procura di Milano. Il passaggio successivo, frutto degli esiti delle rogatore e di indagini blindate, fino a ieri invece si poteva solo intuire. Ora, si scoprono i ruoli centrali proprio di Stabilini, ma anche del banchiere italo-svizzero Paolo Del Bue. Entrambi indagati per riciclaggio, sarebbero stati loro a permettere al Cavaliere di riottenere su altri conti, il denaro delle sovrafatturazioni dei diritti cinematografici, per creare fondi neri. Del Bue, in particolare, scorrendo l'atto di accusa, avrebbe assecondato la spartizione del denaro sottratto a Mediaset, "ricevendo tramite la Bankers Trust di New York e occultando su conti di Banca Arner Sa, fondi per un ammontare di un milione di dollari".

I soldi, nella schema finale tracciato dai magistrati, uscivano dalle casse Mediaset, raggiungevano i conti di Agrama, poi, stornati dell'effettivo valore, in parte restavano nelle mani del mediatore egiziano, e in parte rientravano nella disponibilità del fondatore di Mediaset, assecondato dai suoi stessi manager. Ma il denaro, anche in questa circostanza, sfuggiva agli azionisti e soprattutto al fisco. Questo meccanismo, spinge la procura di Milano a sostenere nelle sue conclusioni come Frank Agrama sia, in realtà, nientemeno che il "socio occulto di Silvio Berlusconi".


Mediatrade: si attende rinvio a giudizio
L'avviso di conclusione delle indagini preliminari - emesso oggi nei riguardi di Silvio Berlusconi, del figlio Persilvio,
di Fedele Confalonieri ed altri indagati dell'inchiesta Mediatrade - è previsto dall'articolo 415 bis del codice di procedura penale e, solitamente, prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, con la quale viene esercitata l'azione penale.
Il pm, infatti, non deve informare l'indagato se decide di chiedere l'archiviazione delle indagini preliminari.

L'avviso di conclusione delle indagini ha funzione di garanzia per l'indagato e contiene la sommaria enunciazione del fatto
e le norme violate. La garanzia principale data all'indagato è che egli viene avvertito che può prendere visione ed estrarre copia del fascicolo delle indagini: è il momento della discovery, cade la segretezza e l'indagato viene a conoscenza non solo
del fatto contestato, ma anche degli atti sui quali si regge l'accusa. Entro 20 giorni dal ricevimento dell'avviso di conclusione delle indagini - che viene notificato anche al difensore - l'indagato può presentare richieste o memorie, chiedere al pm
il compimento di ulteriori indagini o chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

Queste attività, salvo l'ultima, non pongono un obbligo per pm; l'unico obbligo è l'interrogatorio, che deve essere compiuto perchè è un momento di esercizio del diritto di difesa. Dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini,
degli esiti degli accertamenti eventualmente disposti su richiesta della difesa e del contenuto dell'interrogatorio
(se richiesto dall'indagato), il pm valuta se esercitare l'azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio dell'indagato
(che solo allora diventa imputato) o richiedere al gip l'archiviazione delle indagini preliminari.