LA MAFIA IN SICILIA:
LA MAPPA DEL VIMINALE

"Il panorama criminale siciliano risulta ancora caratterizzato dalla perdurante egemonia di Cosa nostra che, nonostante i ridimensionamenti subiti per la consistente azione di constrasto delle Forze dell'ordine, mantiene tuttora il totale controllo del territorio". Si apre con queste parole il capitolo dedicato alla Sicilia della relazione del Viminale sulla sicurezza presentata al Parlamento.
"Posizione egemone - si legge nella relazione - e' rivestita dal noto latitante Bernardo Provenzano che ha conferito all'azione di Cosa nostra nuova efficacia e maggiore aderenza all'attuale situazione criminogena (mediante compartimentazione, mimetizzazione e consenso interno ed esterno), rinnovando l'organizzazione e recuperando credito e affidabilita' tradizionali".
Provenzano, dicono gli esperti del Viminale, "ha garantito maggiore autonomia in periferia per quanto riguarda gli assetti militari e predatori (estorsione, usura, droga) ed ha invece centralizzato la gestione dei finanziamenti in loco e delle relazioni politico-economiche".
"Cio' potrebbe rappresentare un rischio potenziale - avvertono gli investigatori - se si dovesse eccessivamente ampliare lo iato tra la dirigenza, collettrice di ricchezze, e la base, ancorata ad oneri sul territorio poco remunerativi".

Questa la mappa mafiosa provincia per provincia
cosi' come l'ha definita la relazione del Viminale.

PROVINCIA DI RAGUSA. E' attuale l'ipotesi secondo cui il gruppo Dominante di Vittoria avrebbe avviato "un processo di riorganizzazione dei propri ranghi, gia' fortemente depotenziati sia dalla conflittualita' con i Piscopo (collegati alla potente articolazione gelese di Cosa nostra, riconducibile al latitante Daniele Emmanuello), sia dalla pressante ed efficace azione di contrasto delle Forze di Polizia". Gli esperti osservano che "tale fase di transizione, pero', sta favorendo una recrudescenza della microcriminalita', attiva perlopiu' nel settore delle rapine e dello spaccio di droga". E' stato, contestualmente, registrato "un incremento del numero degli attentati incendiari ai danni di operatori economici della zona di Scicli, circostanza che potrebbe essere sintomatica di una ricerca di nuovi spazi illeciti da parte dei clan vittoriesi, riconducibili alle forze emergenti presenti nei due gruppi antagonisti". Il fenomeno della microcriminalita', infine, e' da attribuirsi "alla presenza di comunita' extracomunitarie, in particolare nella zona costiera, che si dedicano prevalentemente ai reati contro il patrinmonio, anche gravi, o allo spaccio di droga. Risultano presenti esponenti criminali, in particolare albanesi, che gestirebbero il traffico d'armi e di stupefacenti".

PROVINCIA DI SIRACUSA. L'analisi del Viminale rileva come la provincia, nonostante la presenza mafiosa, sia interessata anche per la crisi economica locale, da "fenomeni criminali comuni, di particolare aggressivita'". Si registra, in particolare, "l'incremento del numero di omicidi volontari e del numero di attentati dinamitardi e incendiari: 19 contro i 4 del 2000". "Nel territorio emergono per importanza le seguenti cosche mafiose:
zona nord, con la famiglia Nardo dominante in tutta la provincia (epicentro Lentini) e legata a Cosa nostra catanese (la carcerazione del leader sta indebolendo la struttura con delegittimazione progressiva nei territori di confine, ove permane un sanguinoso conflitto);
zona sud: cosca Aparo e Trigila;
capoluogo: cosca Bottaro, estranea alla tradizione di Cosa nostra, ed il gruppo della cosiddetta cosca di Santa Panagia (legata ai Nardo e ai Trigila).
Gli esperti registrano che "la provincia e' interessata negli ultimi mesi da un sanguinoso contrasto tra i gruppi criminali dei comuni siracusani di Francofonte
e Lentini e quelli di Scordia e Palagonia della contigua provincia di Catania". Lo scontro deriverebbe "dal tentativo del clan Nardo di acquisire il controllo
del territorio, avversato dai Cursoti di Catania", legati ai Di Salvo di Scordia.

PROVINCIA DI PALERMO. "Nella provincia palermitana - si legge nella relazione - e' in fase di attuazione il processo di normalizzazione, avviato da Provenzano, teso a recuperare l'affidabilita' della struttura mafiosa sia all'interno (attraverso la riqualificazione di leaders emarginati da Riina e la drastica riduzione della collaborazione di giustizia), sia all'esterno recuperando la credibilita' ed il consenso sociale, messi a dura prova dalla politica stragista dell'ultimo decennio".
In sintesi, gli esperti rilevano che Provenzano ha adottato "procedure di reclutamento più severe"; "un decentramento periferico degli interessi generali di Cosa nostra, affidati a soggetti vicini all'attuale leadership, indipendentemente dalla stretta competenza territoriale". Da cio' deriva la "riorganizzazione territoriale dell'ordinamento mafioso, con la soppressione di alcune strutture a favore di altre, piu' aderenti alla politica di rinnovamento, al fine di rendere piu' coesa la geografia mafiosa". Emerge, inoltre, progressivamente "la figura del latitante Salvatore Lo Piccolo che estende il proprio controllo ormai sul capoluogo e sull'hinterland palermitano,
con la piena legittimazione del boss Provenzano, di cui parrebbe costituire un possibile alter ego".

PROVINCIA DI AGRIGENTO. "Il territorio della provincia - scrivono gli esperti del Viminale - e' caratterizzato da una duplice geografia criminale: l'area centrale e occidentale, in cui predominano le famiglie agrigentine di Cosa nostra e l'area orientale, in cui non tutte le organizzazioni dominanti appartengono
a Cosa nostra, esistendo nella provincia gruppi mafiosi minori, come la stidda e i paracchi ". In particolare, la Stidda, nonostante i ripetuti scontri con Cosa nostra, "ha saputo trovare accordi e alleanze con le piu' potenti famiglie mafiose". "Meno incisiva - si legge nella relazione - e' invece l'azione dei paracchi (Palma di Montechiaro, Favara, Canicatti'), organizzazione fondata su aggregazioni di tipo quasi tribale". "La criminalita' mafiosa agrigentina - osservano gli investigatori - appare particolarmente impegnata nel traffico internazionale di droga".

PROVINCIA DI CALTANISSETTA. Nel documento del Viminale si sottolinea come in questa provincia, "i fenomeni di devianza giovanile e della dispersione scolastica sono alla base del coinvolgimento in attivita' illecite di minori, i quali tendono a riunirsi in bande che possono essere facilmente attratte dalle organizzazioni criminali per un successivo impiego come manovalanza". "Da un punto di vista geo-criminale - si legge nella relazione - il territorio puo' essere diviso in tre aree: la parte nord e' interessata dalla cosidetta mafia del Vallone, di stretta osservanza corleonese e dedita prevalentemente al controllo degli appalti pubblici; la parte centrale, comprensiva del capoluogo e del comune di San Cataldo, dove prevale Cosa nostra; il comprensorio gelese (Gela, Mazarino, Butera, Riesi e Niscemi) dove sono presenti i gruppi legati a Cosa nostra, in lotta tra loro, e alla Stidda che attualmente svolge attivita' di mediazione e pacificazione". "Il comprensorio gelese - scrivono gli esperti - e' oggi teatro di violenti scontri all'interno della famiglia locale che non ha ancora trovato un assetto definitivo". Da segnalare, infine, "la recente scarcerazione di Francesco Cammarata, di Riesi, che avrebbe assunto la direzione della locale famiglia mafiosa". Piu' che nelle altre province, infine, si registra "la presenza di gruppi criminali albanesi dediti al traffico di stupefacenti, che anziche scatenare una reazione di rigetto, pare sia stata tollerata dalle organizzazioni mafiose gelesi".

PROVINCIA DI CATANIA. Scrivono i tecnici del Viminale che "il panorama della criminalita' organizzata etnea e' contraddistinto dalla presenza di Cosa nostra e di gruppi autonomi che, in certi casi, supportano la politica mafiosa, e in altri, confliggono con essa". In posizione egemone permane "la famiglia mafiosa facente capo al detenuto Nitto Santapaola, che aggrega le famiglie Ercolano, Laudani, Savasta, Di Mauro e Sciuto detto Coscia. "La famiglia mafiose di Caltagirone, invece retta dai fratelli Francesco e Gesualdo La Rocca - si legge ancora nella relazione del Viminale - ha assunto una posizione contrapposta a Provenzano e conserva una certa autonomia solo per il carisma del leader che riescono a resistere alle pressioni di Cosa nostra etnea". Nel rapporto sono citate anche altre famiglie criminali "che, uscite sconfitte dalla guerra di mafia scatenata dai corleonesi, hanno dato vita ad organizzazioni mafiose distinte ed in conflitto con Cosa nostra: si tratta dei sodalizi Sciuto-Cappello, Piacenti detti Ceusi, ed il ricompattato clan Pillera". In tale contesto, gli esperti del Viminale hanno rilevato uno "scontro in atto tra i comuni catanesi di Scordia, Palagonia e quelli siracusani di Francofonte e Lentini, tra affiliati al clan Nardo, legato a Santapaola, ed elementi della cosca catanese dei Cursoti, cui sarebbero legati i Di Salvo". Un altro focolaio di tensione "si registra nel triangolo Bronte-Maniace-Maletto, conseguente alla crescente influenza sul territorio
del clan di Montagno Bozzone oviettivo, peraltro, di un recente attentato". Gli investigatori segnalano infine che "il forte controllo del territorio esercitato da Cosa nostra ha necessariamente condizionato gli ambiti criminali dei gruppi stranieri che, in virtu' di precisi accordi, operano col benestare delle famiglie locali nelle attivita' illecite ritenute piu' rischiose o di minor livello".

PROVINCIA DI ENNA. Cosa nostra ennese, secondo l'analisi del Viminale, sta attraversando "un periodo di instabilita' dovuto alla contrapposizione tra le famiglie di Pietraperzia, Piazza Armerina, Barrafranca e Villarosa, vicine a Provenzano, e le famiglie di Enna legate al calatino La Rocca". Tale squilibrio permane "anche per l'assenza di una leadership forte che possa comporre i dissidi e conferire una unitaria e condivisa strategia sul terirtorio, per i cospicui interessi in gioco nel settore degli appalti, previsti da Agenda 2000, e per la presenza di proiezioni mafiose extraprovinciali che cercano di legittimarsi quali referenti alternativi della provincia".

PROVINCIA DI MESSINA. "La realta' criminale messinese - osservano gli esperti del Viminale - conferma l'operativita' di diverse espressioni delinquenziali
dotate di un elevata carica offensiva, ma prive di qualificata connotazione mafiosa". Le propaggini palermitana e catanese di Cosa nostra, rilevano gli investigatori, hanno sempre privilegiato, in loco, "gli interessi economici piu' che le condotte tipicamente militari, tanto da creare una struttura finanziaria ed imprenditoriale strettamente legata ai vertici di Cosa nostra, funzionale al reinvestimento dei capitali provento, in buona parte, di attivita' illegali". Cosa nostra risulta presente "attraverso la famiglia di Mistretta, il clan dei Barcellonesi e l'alleato clan dei Tortoriciani". Anche la 'ndrangheta estende i suoi interessi nella provincia "attraverso affiliati delle cosche di Africo e Roghudi, nonche' alla cosca Strangio per quanto attiene al traffico di droga".

PROVINCIA DI TRAPANI. L'analisi del Viminale rileva come il territorio provinciale, sotto il profilo criminale, risulta diviso in quattro aree d'interesse, poste sotto la direzione del latitante Matteo Messina Denaro, rappresentante della famiglia mafiosa di Castelvetrano e boss di Cosa nostra. "Oltre alla famiglia di Castelvetrano, si registrano le famiglie di Mazara del Vallo; quella di Trapani, ad elevata vocazione economica anche per la presnza del boss storico Vincenzo virga, recentemente arrestato; quella di Alcamo, di stretta osservanza corleonese". L'elemento distintivo, osservano gli esperti, e' "lo stretto legame con i vertici delle famiglie mafiose palermitane di Cosa nostra". Questa simbiosi, si palesa nei settori prediletti nell'ambito delle attivita' illecite, "quali il condizionamento delle istituzioni finalizzato
al controllo degli appalti pubblici, e dei settori dell'edilizia, della produzione di calcestruzzi e cemento, nonche del riciclaggio in strutture turistico-alberghiere".