Loggia P3. Nei verbali di Martino il ruolo di Letta e Berlusconi
Antimafia duemila Monica Centofante - 29 settembre 2010
Ha lasciato ieri il carcere di Poggioreale per raggiungere la sua casa a Napoli, dove rimarrà ristretto agli arresti domiciliari. Arcangelo Martino - imprenditore partenopeo, ex assessore socialista, tra i principali indagati dell'inchiesta P3 –
ha ottenuto il primo “sì” dal gip Giovanni De Donato che ha accolto, ma solo in parte, la richiesta degli avvocati
Giuseppe De Santis e Simone Ciotti.

Per il loro assistito i due legali, con il parere favorevole della Procura di Roma, avevano infatti chiesto la libertà, ma le dichiarazioni rilasciate da Martino agli inquirenti nel corso degli interrogatori del 19 agosto e 24 settembre non hanno convinto del tutto il giudice. Che nel provvedimento scrive: “Sono solo parzialmente veritiere e in buona parte elusive del reale ruolo svolto”. Un tentativo di ridimensionare la sua posizione, quindi, che nella sostanza, se così fosse, cambierebbe solo limitatamente le dichiarazioni rese ai magistrati durante gli interrogatori. Quando Martino si è aperto con gli inquirenti fornendo dettagli di sicuro interesse investigativo.

Secondo indiscrezioni riportate dalla stampa l'imprenditore napoletano avrebbe infatti chiamato in causa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e il presidente Silvio Berlusconi. Entrambi coinvolti, secondo le dichiarazioni messe a verbale, nei noti (presunti) tentativi di condizionamento esercitati dalla P3 sulla Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sul “lodo  Alfano”. Così come sulla controversia fiscale Mondadori e sulle varie nomine di magistrati vicini alla cricca.

“Lombardi e Gianni Letta si conoscono da 15 anni – sono le parole di Martino – e avevano un rapporto di consuetudine. Capitava spesso che Lombardi lo chiamasse al telefono davanti a me. E so che, spesso, lo andava a trovare di persona. In genere il mercoledì, quando saliva a Roma. In un´occasione lo accompagnai a Palazzo Chigi, anche se rimasi ad attenderlo nell´anticamera”. Insieme “parlavano di nomine, di candidature di deputati, senatori, sottosegretari”. Tutte “soluzioni”, aggiunge Martino riferendosi a questo e ad altri temi, che come “Dell´Utri e Verdini ripetevano spesso”, “andavano sottoposte a Berlusconi”. Al quale Martino e Lombardi avrebbero chiesto un seggio in Parlamento, come ricompensa al loro lavoro “per la causa”.

“All'interno del partito a fare da tramite con Berlusconi”, avrebbe aggiunto Martino, “erano Marcello Dell'Utri e Denis Verdini, in stretti rapporti soprattutto con Flavio Carboni. Pasquale Lombardo faceva invece riferimento a Gianni Letta, cui si rivolgeva spesso per ogni questione di suo interesse, per telefono o anche a Palazzo Chigi su appuntamento”. Ma Lombardo, a quanto mi risulta, si incontrava anche con Berlusconi”.

“Un giorno – prosegue Martino - Lombardi mi chiese se volevo conoscere di persona il Presidente e accompagnarlo da lui”. Proposta che Martino avrebbe rifiutato perché “Lombardi doveva essere accompagnato da Nunzia De Girolamo e a me non piace parlare di questioni politiche in presenza di una velina”. Alla replica dei pm, che hanno ricordato all'indagato che la De Girolamo è un deputato, Martino ha ribadito: “Lo so, ma per me resta una velina”. Quella “velina” che avrebbe partecipato, il 23 settembre 2009 (la De Girolamo ha già smentito), sempre a detta del Martino, ad uno dei pranzi della cricca organizzati da Lombardo presso il ristorante romano Tullio. Tra gli ospiti Flavio Carboni, Giacomo Caliendo, Antonio Martone, Arcibaldo Miller, il deputato Renzo Lusetti, l'ex assessore campano Sica.

In quanto a Nicola Cosentino, si leggerebbe invece nel verbale depositato sempre ieri, ma all'udienza del Riesame contro l'ordinanza di custodia cautelare a carico dell'onorevole del Pdl - indagato a Napoli per concorso esterno in associazione camorristica – Martino ha raccontato ai giudici napoletani quanto appreso da Lombardi. Ricostruendo la vicenda riguardante i tentativi della P3 di influenzare l'iter del ricorso in Cassazione contro la stessa ordinanza (poi confermata a gennaio dalla Suprema Corte, ma non resa effettiva perché la Camera di appartenenza non ha dato l'autorizzazione) Martino ha confermato che Lombardi “si sarebbe interessato per Cosentino presso la Cassazione e la Procura. Voleva ripulirlo per farlo candidare come governatore”.
Nello stesso verbale, datato 17 settembre, Martino avrebbe ammesso di essersi “comportato in modo scellerato”, adoperandosi per “velocizzare” l'iter del ricorso, ma la maggiore responsabilità la attribuisce al Lombardi. Che, parole sue, “di mestiere fa il giro delle procure per i suoi scopi”. “Lombardi – continua - sosteneva la candidatura di Cosentino. Disse che avevano lavorato assieme in un consorzio” e che se lo avesse aiutato in cambio “avrebbe ricevuto incarichi”. Tuttavia, sottolinea l'imprenditore campano, non si “parlò mai direttamente di un´investitura di Cosentino per intervenire sulla Cassazione”.
Ancora, Martino avrebbe aggiunto che Lombardi “esibiva conoscenza amplissima e confidenza sorprendente” con molti magistrati, ma soprattutto con l´ex primo presidente della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone e con Antonio Martone, che non risultano indagati.
Le sue dichiarazioni sono ora al vaglio della Procura di Napoli mentre domani gli avvocati Giuseppe De Angelis e Simone Ciotti chiederanno nuovamente l'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare.