Irpinia terremoto 23 novembre 1980 - 26 giugno 2009

Cala la scure della prescrizione sul processo che vedeva coinvolti diversi esponenti politici
e del mondo imprenditoriale riguardo la speculazione avvenuta in Irpinia in seguito
al terremoto del 1980. Un avvenimento che dà il definitivo via libera alle future speculazioni
su calamità naturali, in primis la ricostruzione in Abruzzo.

Siamo in tempi di terremoto, o meglio di post-terremoto in Abruzzo, ma è anche tempo di terremoto politico.
Silvio Berlusconi infatti è stato avvolto da una tempesta giudiziaria che da Bari minaccia di coinvolgerlo in prima persona,
sebbene gran parte dei media si ostini a non far trapelare quasi nulla sulle dichiarazioni di alcune testimoni "eccellenti",
in vista anche del G8 che si è tenuto proprio a L’Aquila, ancora fortemente danneggiata dalla scossa del 6 aprile scorso
che la devastò. Tant’è, fra il degradante spettacolo politico e la tangibile tragedia abruzzese, possiamo appunto dire
che siamo in tempi di terremoto. In Italia però lo siamo sempre.

Non se n’è parlato molto dei superstiti "politici" di un altro terremoto, quello del 1980 in Irpinia: infatti c’è chi ne è uscito indenne. Non perchè sia stato miracolosamente salvato dalle macerie, ma perchè la prescrizione lo ha aiutato.
La catastrofica ricostruzione seguita al terremoto in Irpinia non ha dunque colpevoli al livello politico.
Quasi 60000 miliardi di vecchie lire, pari a 26 miliardi di euro, sono stati utilizzati fra gli anni ’80 e ’90
per ogni tipo di speculazione.

Spuntarono in aree agricole ville, piscine, aziende di barche da diporto in alta montagna, mostri di cemento insomma
che niente avevano a che fare col territorio. Poi nacquero enormi rioni abusivi tra Napoli e Provincia,
alcuni dei quali diventati oggi le roccaforti dei clan. Gli ultimi imputati ancora sotto processo sono stati salvati
dalla prescrizione, eccetto l’ex presidente della Regione Campania Antonio Fantini, attuale segretario regionale dell’UDEUR, condannato per 2 anni e 10 mesi al processo d’appello per tangenti riguardanti gli appalti post-terremoto.. Paolo Cirino Pomicino (riempì Napoli di tombini insieme al fratello defunto Mario), Giulio Di Donato, Ugo Grippo, Francesco De Lorenzo, Carmelo Conte, per gli imprenditori Eugenio Buontempo, Corrado Ferlaino e per l’ing. Vincenzo Maria Greco.
Va detto che la Corte d’Appello di Napoli ha riconosciuto che il reato sussiste per alcuni imputati al processo,
ma è scattata la prescrizione, e quindi l’impunità è compiuta.

Eppure ad ormai trent’anni dalla tragedia che coinvolse l’Irpinia, ancora oggi non abbiamo i nomi dei colpevoli della ricostruzione post-terremoto, tragedia nella tragedia; quella che permise ai clan della camorra di fare il salto di qualità ed arrivare ad investire al Nord nelle imprese. Nell’inchiesta istituita dalla Commissione parlamentare presieduta da Oscar Luigi Scalfaro furono coinvolte 87 persone fra politici ed imprenditori e vennero individuati forti collegamenti fra politica e camorra. Ai delitti finanziari commessi durante lo sperpero di denaro pubblico, si aggiunsero i delitti di sangue, che videro tra feriti e brutalmente assassinati uomini in seno alla magistratura e alle forze dell’ordine (omicidio Antonio Ammaturo), giornalisti, politici ecc.

L‘avvenuta prescrizione, che ha liberato gli imputati del pesante fardello giudiziario, non è forse un pericolosissimo segnale, specialmente a pochi mesi dal terremoto in Abruzzo? Non è un via libera definitivo alla speculazione, soprattutto
in un contesto politico e criminale come quello odierno, dove la Corte dei Conti ha da poco lanciato l’allarme corruzione
(si parla di cifre “infette” che si aggirano attorno ai 50/60 miliardi di euro), è mai possibile che la magistratura sia così debole da non assicurare quella giustizia prevista dalla legge? Cos’è un Paese dove la magistratura, invece di essere rafforzata,
viene indebolita? Quali disegni persegue la deviata classe politica italiana? Che influenza hanno le holding e i potentati economici sul Governo? Enorme, non c’è dubbio. Perché vi è l’impressione sempre maggiore che il nostro Paese non possa
fare più a meno dei fatturati prodotti dalle organizzazioni criminali. Il silenzio mediatico e politico sull’attività economiche
di Cosa Nostra, della Camorra e della ’ndrangheta (la mafia più potente in Europa) lo dimostra.