Siracusa 07 Aprile 2011
Alessandro Acquaviva
Consigliere provinciale Siracusa
oggetto: Interrogazione su rischio nucleare nella rada di Augusta
Visto l’art. 130 del D.L.vo 230/95 che recita.”La popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica viene informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica”.
Visto l’art. 134 che attribuisce alle Prefetture il compito di predisporre i piani di informazione della popolazione,
sulla base degli schemi predisposti dalla Commissione permanente per l'informazione sulla protezione contro i rischi
da radiazioni ionizzanti;
chiedo di sapere se intende accertare , nell’interesse della popolazione di tutta la provincia di Siracusa, se sono state attuate dagli organi competenti tutte le procedure finalizzate a garantire alla popolazione la conoscenza sul rischio radiologici presente e sulle eventuali misura di emergenza da adottare in caso di incidente;
chiedo, altresì, di sapere se intende richiedere uno specifico parere alla Commissione Tecnica Regionale sulla compatibilità della funzione militare del porto di Augusta con il progetto del rigassificatore ricadente all’interno della rada.
(in Suppl. ordinario n. 74, alla Gazz. Uff. n. 136, del 13 giugno). -- Attuazione delle direttive Euratom 80/836, 84/467, 84/466, 89/618, 90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti. Definizioni concernenti particolari impianti nucleari e documenti relativi. 1. Per l'applicazione del presente decreto valgono le seguenti definizioni Sezione I 1. L'emergenza nucleare disciplinata nel presente capo e' riferita alle situazioni determinate da eventi incidentali --a) in impianti al di fuori del territorio nazionale; Art. 120. 1. Il piano di emergenza esterna deve essere riesaminato dal prefetto e dal Comitato provinciale di cui all'art. 118 STATO DI EMERGENZA NUCLEARE Sezione II Informazione della popolazione. Art. 127. 1. Le norme della presente sezione disciplinano le attivita' e le procedure di informazione della popolazione sulle misure Capo X Art. 128. 1. Ferme restando le definizioni di cui al capo II, Art. 129. 1. Le informazioni previste nella presente sezione devono essere fornite Art. 130. 1. La popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica viene informata e regolarmente aggiornata Art. 133. 1. e' istituita presso il Ministero della sanita' una commissione permanente Art. 134 1. Con decreto del Ministro della sanita', d'intesa con i Ministri dell'interno, per il coordinamento della protezione civile e dell'ambiente, sentita l'ANPA e le altre amministrazioni interessate, sono individuati le autorita' e gli enti che provvedono o concorrono alla diffusione dell'informazione di cui all'art. 130, i relativi |
Testo integrale dell’articolo: |
Sono lo strumento di distruzione più micidiale della coalizione internazionale in guerra contro Gheddafi. Hanno sganciato centinaia di missili “Tomahawk” all’uranio impoverito, spargendo polveri radioattive nelle città e nei villaggi della Libia. Transitano in immersione nei mari del sud Italia, attraversando i corridoi marittimi più trafficati come lo stretto di Messina. Per le loro soste scelgono le popolatissime baie ai piedi di due vulcani, l’Etna e il Vesuvio, accanto a depositi di carburante e munizioni, raffinerie e industrie chimiche. Si tratta dei sottomarini a propulsione nucleare della marina militare USA, impianti antiquati e pericolosi tipo “centrale Chernobyl”, con l’aggravante che se ne vanno a spasso liberi per i nostri mari. Uno di essi è approdato il 4 aprile ad Augusta (Siracusa), in un’area ad altissimo rischio ambientale, sede di un’importante base della Marina militare italiana e del principale polo navale delle forze USA e NATO nel Mediterraneo.
L’arrivo del sottomarino è stato comunicato dalla Capitaneria di Porto della cittadina siciliana. “Visto il vigente piano di emergenza e le norme per la sosta di unità militari a propulsione non convenzionale nel porto di Augusta - si legge nell’ordinanza firmata dal comandante Francesco Frisone - è fatto divieto a tutte le unità navali non specificatamente autorizzate di avvicinarsi, transitare o sostare ad una distanza inferiore a 1.000 metri dalla unità a propulsione non convenzionale posta alla fonda nel punto di latitudine 37° 10? 18”N e longitudine 015° 14? 36”E”. Durante le manovre di ingresso e uscita dell’unità militare è stato pure sospeso il traffico mercantile nel golfo di Augusta. Con la guerra, la Sicilia è sempre più a sovranità limitata: il più grande porto industriale dell’isola è dichiarato off limits per consentire le spericolate manovre dei sottomarini atomici, l’aeroporto di Trapani-Birgi viene chiuso al traffico civile, l’uso dello spazio aereo di Catania-Fontanarossa viene limitato per non disturbare le missioni dei caccia e dei velivoli senza pilota della vicina base di Sigonella.
Le autorità italiane hanno mantenuto il più stretto riserbo sul sottomarino in rada ad Augusta. Fonti del Pentagono riferiscono che le unità subacquee dislocate nel Canale di Sicilia per bombardare gli obiettivi militari e civili libici sono tre: l’USS Providence (SSN 719), l’USS Scranton (SSN 756) e l’USS Florida (SSGN 728). Ma all’area operativa della VI flotta è pure assegnato l’USS Newport News (SSN 750). Il Providence ha effettuato una sosta tecnica a Gibilterra dal 24 al 28 marzo e pare improbabile che all’equipaggio sia stata concessa un’altra licenza-premio dalla guerra in nord Africa. È presumibile dunque che il sottomarino nucleare approdato in Sicilia sia lo Scranton (già fotografato nelle acque di Augusta il 6 marzo 2011), il Florida (tra il 3 e il 4 marzo in sosta nel porto di Napoli) o il Newport News, transitato da Napoli, secondo il Comando delle forze navali statunitensi in Europa ed Africa, lo scorso 8 marzo. In tutti e tre i casi c’è assai poco da star tranquilli. Scranton e Newport News (come il Providence) appartengono alla classe “Los Angeles”: realizzati nella prima metà degli anni ’80, sono lunghi 110 metri, pesano 6.184 tonnellate, imbarcano 110 uomini e dispongono di un imponente arsenale di morte (siluri Mk48 ADCAP, missili per attacco a terra “Tomahawk” block 3 SLCM con una gittata di 3.100 km. e missili anti-nave “Harpoon”). La loro spinta è assicurata da un reattore ad acqua pressurizzata S6G, dove la S sta per Submarine platform, il 6 per Sixth generation e la G per General Electric, la società realizzatrice dell’impianto nucleare con una potenza di 165 MW.
Ancora più imponente l’USS Florida, sottomarino della classe “Ohio”: varato nei primi anni ’80, è lungo 170 metri e pesa 18.750 tonnellate, mentre il reattore nucleare è indicato con il codice S8G PWR (di ottava generazione) con una potenza di 26,1 MW. Il suo carburante è l’uranio arricchito nell’isotopo U235, sostituito di norma ogni 7-8 anni invece dei 18 mesi previsti per i reattori degli impianti “civili” di terra. Nel 2003 il Florida è stato convertito da sommergibile con lanciatori di missili nucleari balistici intercontinentali (SSBN) a piattaforma lanciamissili per l’attacco a terra (SSGN), 22 gruppi di lanciatori con 7 missili ciascuno BGM-109 “Tomahawk” TLAM. L’attacco sferrato contro la Libia ha segnato il battesimo di fuoco per le unità SSGN della classe “Ohio”. “Questo nuovo guided missile submarine dispone di un potere dodici volte maggiore dei vecchi sommergibili d’attacco della classe “Los Angeles”, e di gran lunga superiore perfino agli incrociatori lanciamissili”, scrive l’attivista Phil Rushton di Peacelink. “Oltre all’equipaggio composto da 159 uomini, il Florida può imbarcare 60 militari SEAL delle Special Operations Forces (SOF), specializzati in operazioni di incursioni segrete, sabotaggio e intelligence, e che dispongono dei propri mezzi sommergibili per arrivare al bersaglio”. L’unità è pure dotata di un sistema di comunicazione di ultima generazione con antenne “High Data Rate”, che le consente di operare da struttura di comando e coordinamento dell’attacco di più mezzi, organizzati intorno al concetto militare di Small Combatant Joint Command Center (piccolo centro combattente di comando congiunto).
Secondo quanto denunciato nel 2004 dall’allora parlamentare dei Verdi Mauro Bulgarelli, oltre ad Augusta e Napoli ci sarebbero altri nove porti italiani in cui vengono periodicamente ospitati sottomarini o unità navali a propulsione nucleare (Brindisi, Cagliari, Castellamare di Stabia, Gaeta, La Maddalena , La Spezia , Livorno, Taranto e Trieste). “Per motivi di sicurezza e per l’impossibilità delle autorità militari di ottemperare secondo legge alle disposizioni delle autorità civili, in nessuno degli attuali porti italiani è ammissibile la presenza di unità nucleari”, afferma l’ingegnere Massimo Zucchetti, professore ordinario di “Impianti nucleari” presso il Politecnico di Torino. Autore del prezioso studio sull’utilizzo nel conflitto in Libia di missili “Tomahawh” all’uranio impoverito, il professore Zucchetti ha avuto modo di esaminare i cosiddetti “piani di emergenza esterna” relativi alla sosta di unità militari a propulsione nucleare nei porti di La Spezia , Taranto, Gaeta e La Maddalena. “L’elaborazione dei piani e la loro pubblicità è richiesta dalla vigente legislazione civile sulla radioprotezione”, spiega il docente. “È indispensabile una informazione completa sui dettagli tecnici relativi all’impianto per effettuare un’analisi incidentale credibile e stimare adeguatamente il rischio. Nel caso di reattori nucleari a bordo di unità navali militari, molte di queste informazioni mancano o sono insufficienti. Quanto sarebbe necessario acquisire, conoscere, ispezionare ed accertare si scontra molto spesso con il segreto militare. Mancano molte delle informazioni che sarebbe necessario ottenere, oppure sono inottenibili o vengono trasmesse mediante comunicazioni da parte della Marina Militare o addirittura della US Navy, con una modalità di autocertificazione che è inaccettabile nel caso dell’analisi di sicurezza di un impianto nucleare”.
Massimo Zucchetti ricorda inoltre come le normative prevedano intorno ai reattori nucleari un’area in cui non sia presente popolazione civile (la cosiddetta “zona di esclusione”), mentre è richiesta, in una fascia esteriore più ampia, una scarsa densità di popolazione per ridurre le dosi collettive in caso di rilasci radioattivi, sia di routine che incidentali. Normalmente, la fascia di rispetto ha un raggio di 1.000 metri e vi sono requisiti di scarsa densità di popolazione per un raggio di non meno di 10 km dall’impianto. “Nell’ambito della localizzazione e del licensing di reattori nucleari civili terrestri, questi requisiti vengono rispettati nella fase di selezione del sito e dell’installazione della centrale”, spiega Zucchetti. “Cosa del tutto diversa nel caso dei reattori nucleari a bordo di unità navali militari, dato che molti dei porti si trovano in aree metropolitane densamente popolate e i punti di attracco e di fonda delle imbarcazioni sono, in alcuni casi, posti a distanze minime dall’abitato”. “La presenza di reattori nucleari in zone densamente popolate – conclude l’ingegnere - provoca poi, in caso di incidente, evidenti difficoltà di gestione dell’emergenza. Anche in caso di messa in opera di avventurose soluzioni di rimedio, l’impatto ambientale è comunque assai rilevante”. L’orrore di Fukushima è tutt’altro che remoto per milioni di inconsapevoli cittadini italiani.