Il Giornale, Gabriele Villa venerdì 28 agosto 2009, 09:04 Direttore Vittorio Feltri
Boffo il supercensore direttore di Avvenire, condannato per molestie

«Articolo 660 del Codice penale, molestia alle persone. Condanna originata da più comportamenti posti in essere dal dottor Dino Boffo dall’ottobre del 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale, a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’autorità giudiziaria, si è constatato il reato». Comincia così la nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del grande moralizzatore, alias il direttore del quotidiano Avvenire, disposto dal Gip del Tribunale di Terni il 9 agosto del 2004.

Copia di questi documenti da ieri è al sicuro in uno dei nostri cassetti e per questo motivo, visto che le prove in nostro possesso sono chiare, solide e inequivocabili, abbiamo deciso di divulgare la notizia. A onor del vero, questa storia della non proprio specchiata moralità del direttore del quotidiano cattolico, circolava, o meglio era circolata a suo tempo, per le redazioni dei giornali. Dove si chiacchiera, anche troppo, per tirar tardi la sera. C’è chi aveva orecchiato, chi aveva intuito, chi credeva di sapere.

Ma le chiacchiere non bastano a crocefiggere una persona. O meglio bastano, sono bastate, solo nel caso di due persone: Gesù Cristo per certi suoi miracoli e, più recentemente, Silvio Berlusconi per certi suoi giri di valzer con signore per la verità molto disponibili.

Ma torniamo alle tentazioni, in cui è ripetutamente caduto Dino Boffo e atteniamoci rigorosamente ai fatti, così come riportati nell’informativa: «...Il Boffo - si legge - è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione. Rinviato a giudizio il Boffo chiedeva il patteggiamento e, in data 7 settembre del 2004, pagava un’ammenda di 516 euro, alternativa ai sei mesi di reclusione. Precedentemente il Boffo aveva tacitato con un notevole risarcimento finanziario la parte offesa che, per questo motivo, aveva ritirato la querela...».

Dino Boffo, 57 anni appena compiuti, è persona molto impegnata. O, come si dice quando si pesca nelle frasi fatte, vanta un curriculum di rispetto. È direttore di Avvenire da quindici anni, direttore e responsabile dei servizi giornalistici di Sat 2000, il network radio-televisivo via satellite dei cattolici italiani nel mondo, nonché membro del comitato permanente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, che detta le linee guida delle Università Cattolica del Sacro Cuore. Acuto osservatore della vita politica italiana e delle vicende che segnano il mutamento dei tempi e dei costumi, recentemente, in più d’una occasione, Boffo si è sentito in obbligo, rispondendo alle pressanti domande dei suoi smarriti lettori, di esprimere giudizi severi sul comportamento del presidente del Consiglio. E, turbato proprio da quel comportamento, è arrivato a parlare di «disagio» e di «desolazione». Persino, e dal suo punto di vista è assolutamente comprensibile, di «sofferenza». Quella sofferenza, per citare testualmente quanto ha scritto ancora pochi giorni fa, sul giornale che dirige «che la tracotante messa in mora di uno stile sobrio ci ha causato». Questa riflessione l’ha portato a esprimere, di conseguenza, più e più volte il suo desiderio più fervido, ovvero il «desiderio irrinunciabile che i nostri politici siano sempre all’altezza del loro ruolo».

Nell’informativa, si legge ancora che della vicenda, o meglio del reato che ha commesso e delle debolezze ricorrenti di cui soffre e ha sofferto il direttore Boffo, «sono indubbiamente a conoscenza il cardinale Camillo Ruini, il cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Giuseppe Betori».

I primi due non hanno bisogno di presentazione, l’ultimo, per la cronaca, è l’arcivescovo di Firenze. Si dice che le voci corrono. Ma, alla fine, su qualche scrivania si fermano.

Caso Boffo, scontro tra Cei e il Giornale Berlusconi: "Rispettare la vita privata"

Il Giornale venerdì 28 agosto 2009, 20:01

Milano - Polemica in corso fra il quotidiano della Cei e il Giornale. "Il direttore dell Avvenire - scrive Feltri nell’editoriale di prima pagina sul Giornale - non ha le carte in regola per lanciare anatemi furibondi contro altri peccatori, veri o presunti, e neanche per tirare le orecchie a Berlusconi. Il problema è che in campo sessuale ciascuno ha le sue debolezze ed è bene evitare di indagare su quelle del prossimo. Altrimenti succede di scoprire che il capo dei moralisti scatenati nel vituperare il capo del governo riveli di essere come quel bue che dava del cornuto all’asino. Mai quanto nel presente periodo - scrive Feltri, - si sono visti in azione tanti moralisti, molti dei quali, per non dire quasi tutti, sono sprovvisti di titoli idonei. Ed è venuto il momento di smascherarli. Dispiace, ma bisogna farlo affinchè i cittadini sappiano da quale pulpito vengono certe prediche".
Feltri: "Quale killeraggio? E' documento pubblico" Il direttore del Giornale si difende e attacca. Nessun killeraggio ma solo la trascrizione "di un documento del casellario giudiziario, cioè pubblico": prosegue Vittorio Feltri. "Abbiamo semplicemente ricordato - dice Feltri - che Boffo ha dovuto rispondere in tribunale di una vicenda, che si è conclusa con patteggiamento e ammenda, e che risulta in modo chiaro dal casellario giudiziario di Terni. Ebbene, questa vicenda attiene alla sfera dei comportamenti sessuali".

Berlusconi: "Mi dissocio dal Giornale" Il premier prende le distanze dall'attacco a Dino Boffo. "Il principio del rispetto della vita privata è sacro e deve valere sempre e comunque per tutti. Ho reagito con determinazione a quello che in questi mesi è stato fatto contro di me usando fantasiosi gossip che riguardavano la mia vita privata presentata in modo artefatto e inveritiero. Per le stesse ragioni di principio non posso assolutamente condividere ciò che pubblica oggi il Giornale nei confronti del direttore di Avvenire e me ne dissocio".

La replica di Boffo "La lettura dei giornali di questa mattina - scrive il direttore di Avvenire è in una nota - mi ha riservato una sorpresa totale, non tanto rispetto al menù del giorno, quanto riguardo alla mia vita personale. Evidentemente il Giornale di Vittorio Feltri sa anche quello che io non so, e per avvallarlo non si fa scrupoli di montare una vicenda inverosimile, capziosa, assurda. Diciamo le cose con il loro nome: è un killeraggio giornalistico allo stato puro, sul quale è inutile scomodare parole che abbiano a che fare anche solo lontanamente con la deontologia. Siamo, pesa dirlo, alla barbarie".

Feltri: "Io sono indipendente" "Il presidente del Consiglio non poteva dire una cosa diversa su questo argomento e il fatto che si sia dissociato dimostra solo che Il Giornale e il suo direttore sono indipendenti da lui, il contrario di quello che dicono tutti". Così Feltri commenta le parole di Berlusconi. "Non mi sento né rafforzato né indebolito da questa critica - dice ancora Feltri -. Io rispondo semplicemente al mandato che mi è stato dato al momento in cui ho assunto la direzione di questo quotidiano, che è quella di rilanciarlo e lo faccio con i mezzi che ho a disposizione". Sottolinea Feltri che "nel momento in cui mi hanno chiamato a dirigerlo penso che mi conoscessero e io certo non chiedo il permesso all’editore prima di fare qualcosa". Ma in queste ore ha sentito il suo editore? "No, non ho sentito Paolo Berlusconi e non ho avuto quindi nessun confronto con lui". Quanto alle sue rivelazioni sulla vita privata del direttore di Avvenire, "io ho un documento e lo pubblico e lo commento e basta. In Italia si butta via tutto, io pubblico".

Arcygay: "Schedatura gay dimessa da tempo" Ma la schedatura degli omosessuali non era una pratica dimessa da tempo, precisamente da quando era ministro degli Interni Giorgio Napolitano? Come mai "la Polizia conosceva l’omosessualità del direttore di Avvenire". Con questo interrogativo il presidente dell’Arcigay, Aurelio Mancuso, interviene sulle rivelazioni del quotidiano Il Giornale, della famiglia Berlusconi, che ha pubblicato oggi in prima pagina la notizia di "un incidente sessuale" del direttore dell’Avvenire, Dino Boffo.

Il direttore rilancia Feltri non è pentito e anzi avverte: "Domani continuo". Dopo la bufera scatenata dal suo editoriale di fuoco contro l’omologo dell’Avvenire Dino Boffo, tra le cause (come lui stesso ammette) dell’annullamento della cena tra Silvio Berlusconi e il Card. Tarcisio Bertone, Vittorio Feltri non fa marcia indietro: "Ho dato una notizia ufficiale, non ho raccolto pettegolezzi di portineria. Non mi sento colpevole, rifarei quello che ho fatto e anzi domani continuo". Insomma, il direttore del Giornale non teme la querela di Boffo: "Le querele possiamo farle tutti, poi dobbiamo vincerle. Io ho i documenti sulla mia scrivania. Cosa vuole querelare? Che lo faccia, chi se ne frega". D’altronde, "se non avesse fatto il moralista, nessuno avrebbe detto niente". Feltri si dice "molto divertito nel constatare che per tre mesi la Repubblica ha insistito a pubblicare in prima pagina la vita privata di un signore che fa il presidente del Consiglio e nessuno ha detto nulla. Il Giornale scopre che il capofila dei moralisti, che scrive tutto quel che può scrivere contro Berlusconi, ha dovuto patteggiare e pagare una sanzione pecuniaria perchè molestava la moglie del suo amante: insomma, consentiamo ai cittadini di sapere da quale pulpito viene la predica. Non credo sia una condotta scorretta, d’altronde, come diceva Craxi, ’a brigante, brigante e mezzo".

"Nessuno ha il diritto di lapidare gli altri" Feltri è consapevole che il suo editoriale ha, con ogni probabilità, contribuito all’annullamento dell’incontro Berlusconi-Bertone: "Forse i vescovi - taglia corto - è bene che sappiano che il loro portavoce giornalistico è questo signore. Poi facciano quel che vogliono. Ma di certo nessuno ha diritto di lapidare gli altri". Il direttore non rinuncia poi a commentare la manovra del premier contro repubblica: "Dopo tre mesi di persecuzione, credo che una reazione di questo tipo sia il segno che non c’è altro da fare che questo. Poi non è la prima volta che si querela un giornale, non ci vedo niente di inedito. Dopodichè - aggiunge - che si querelino i giornalisti e i giornali non mi va bene".