1 Dicembre 2009 La resa dei conti
Il fuori onda di Fini: "Berlusconi ha il consenso per governare non l'immunità"
- La nascita di Forza Italia e le bugie del Cavaliere -
01 dicembre 2009
"Lui confonde la leadership con la monarchia assoluta... il consenso popolare che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità...". Parole di Fini, anzi "rubate" al presidente della camera il 6 novembre scorso durante un convegno a Pescara. Fini parla con un magistrato al tavolo del convegno e non accorgendosi di essere registrato dà giudizi sul premier e la sua vocazione all'immunità.  Il dialogo è stato riprodotto dal sito online di Repubblica, ed è una sintesi efficace di cosa pensa il presidente della Camera sul rapporto tra Berlusconi e il potere, anche giudiziario.

Fini, parlando col giudice Trifuoggi affronta prima il tema delle dichiarazioni del pentito Spatuzza: "Il riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza (ndr il pentito Gaspare Spatuzza)... speriamo che lo facciano con uno scrupolo tale da... perché è una bomba atomica". Aggiunta: "Si perché non sarebbe solo un errore giudiziario, è una tale bomba che... lei lo saprà .. Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro degli Interni, e di ... (ndr Berlusconi?)... uno è vice presidente del CSM e l'altro è il Presidente del Consiglio..."   Il magistrato interviene: "Però comunque si devono fare queste indagini". Fini: "E ci mancherebbe altro"

Fini spiega: "No ma lui, l'uomo (ossia il premier ndr) confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di... qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo... magistratura, Corte dei Conti, Cassazione, Capo dello Stato, Parlamento... siccome è eletto dal popolo..."

Commenta il magistrato:  "E' nato con qualche millennio di ritardo, voleva fare l'imperatore romano". Fini:  "Ma io gliel'ho detto... confonde la leadership con la monarchia assoluta.... poi in privato gli ho detto... ricordati che gli hanno tagliato la testa a... quindi statte quieto".

Piacerà il Fini in libertà a Berlusconi? Probabile di no.


L'analisi. Nel '94 l'annuncio, ma il progetto partì nel '92. Il premier lamenta
di essere accusato di "cose mai viste" a proposito delle stragi di mafia del 1993
La nascita di Forza Italia e le bugie del Cavaliere
Ma ci sono anche documenti notarili che retrodatano la creazione del partito
1 dicembre 2009 GIUSEPPE D'AVANZO

FORZA ITALIA nasce nel 1993, da un'idea covata fin dal 1992. Non c'è dubbio che già nell'aprile del 1993 - quindi alla vigilia della prima ondata delle stragi di mafia di via Fauro, Roma (14 maggio), via dei Georgofili, Firenze (27 maggio) - è matura la volontà di Berlusconi di "mettersi alla testa di un nuovo partito". 

In luglio - in parallelo con la seconda ondata di bombe, via Palestro, Milano, 27 luglio; S. Giorgio al Velabro, S. Giovanni in Laterano, Roma, 28 luglio - si mette a punto il progetto politico che diventa visibile in settembre e concretissimo in autunno. E' una cronologia pubblica, quasi familiare, documentata da testimoni al di sopra di ogni sospetto. Dagli stessi protagonisti. Addirittura da atti notarili. Se è necessario ricordarla, dopo sedici anni, è per le sorprendenti parole di Silvio Berlusconi. Dice il presidente del Consiglio a Olbia: "Mi accusano di cose mai viste. Dicono che io sia il mandante delle stragi di mafia del '92 e '93; che avrei orchestrato insieme a Dell'Utri per destabilizzare il Paese. E' una bufala visto che Forza Italia non era ancora nata e nacque solo un anno dopo quando diversi sondaggi mi avevano detto che c'era un spazio politico per evitare che finissimo in mano ai comunisti" (il Giornale, 29 novembre). 

"La pianificazione dell'operazione politica di Berlusconi cominciò nel giugno 1993, subito dopo la vittoria dei partiti di sinistra alle elezioni amministrative, e già a fine luglio se ne cominciarono a scorgere le prime, anche deboli, avvisaglie pubbliche", scrive Emanuele Poli (Forza Italia, strutture, leadership e radicamento territoriale, il Mulino). 

Il 28 luglio, intervistato da Repubblica, Berlusconi invoca "la necessità di una nuova classe dirigente" e rivela che, in quelle settimane, "sta incontrando in varie città d'Italia chiunque condividesse i "valori liberaldemocratici" e credesse nella libera impresa". Nello stesso giorno, intervistato dal Corriere della Sera, Giuliano Urbani, docente di Scienza della politica alla Bocconi, svela i suoi incontri con intellettuali, opinionisti, imprenditori di Confindustria che condividono le preoccupazioni "per una replica su scala nazionale della vittoria delle sinistre alle amministrative". In segreto, Berlusconi e Urbani già lavorano insieme. 

Il loro progetto politico diventa pubblico il 29 giugno, quando molti uomini vicini a Berlusconi (Marcello Dell'Utri, Cesare Previti, Antonio Martino, Mario Valducci) costituiscono l'"Associazione per il buon governo" presso lo studio del notaio Roveda a Milano. Le nove sezioni tematiche dell'Associazione raccolte in un libretto ("Alla Ricerca del Buongoverno") diventano il "riferimento ideologico" dei nascenti club di Forza Italia. Il 6 settembre, Berlusconi ne inaugura il primo. Il 25 novembre viene fondata a Milano da Angelo Codignoni, ex direttore di La Cinq, il network francese di Fininvest, l'"Associazione nazionale del Club di Forza Italia". 

Questa è la storia ufficiale, verificata dai politologi. Se ne può mettere insieme un'altra con le testimonianze dirette, che sono mille e una. Ne scegliamo qui soltanto tre. La prima è di Indro Montanelli (L'Italia di Berlusconi, Rizzoli). "Il 22 giugno del 1993, Urbani espone le sue tesi a Gianni Agnelli, che ascoltò con attenzione limitandosi a dire: "Ne ha parlato con Berlusconi?". Il 30 del mese Urbani si trattenne alcune ore a villa San Martino ad Arcore. Le idee che espose erano idee che il Cavaliere già rimuginava. Sta di fatto che, a distanza di un paio di giorni, Berlusconi convocò Gianni Pilo, direttore del marketing in casa Fininvest. Pilo doveva accertare quali fossero i "sogni" degli italiani: il che fu fatto tramite due istituti specializzati in sondaggi d'opinione. Qualche settimana più tardi Pilo ebbe un istituto demoscopico tutto suo mentre Marcello Dell'Utri gettava le fondamenta d'una struttura organizzativa su scala nazionale". Quindi, i primi sondaggi sono del '93 e non del '94. 

Il secondo testimone diretto è Enrico Mentana, che retrodata al 30 marzo "il primo indizio chiaro della volontà di Berlusconi" di creare un partito. Quel giorno, consueta riunione mensile ad Arcore dei responsabili della comunicazione del gruppo. Ci sono Berlusconi, il fratello Paolo, Letta, Confalonieri, Dell'Utri e Del Debbio di Publitalia, l'amministratore delegato Tatò, i direttori dei periodici, Monti (Panorama), Briglia e Donelli (Epoca), la Bernasconi e la Vanni dei femminili, Orlando il condirettore de il Giornale, Vesigna (Sorrisi e Canzoni). E poi i televisivi, Costanzo, Ferrara, Fede, Gori, Mentana, direttore del Tg5. Che cita (Passionaccia, Rizzoli) il verbale della riunione: "Ad avviso di Silvio Berlusconi, l'attuale situazione è favorevole come non mai per chi provenendo da successi imprenditoriali voglia dedicare i propri talenti al governo della cosa pubblica. Non nasconde che gli viene una gran voglia di mettersi alla testa di un nuovo partito". Cinque giorni dopo, la decisione è presa. Lo racconta il terzo testimone, Enzo Cartotto, ghost writer di Giovanni Marcora e Piero Bassetti, prima di diventare consigliere politico di Berlusconi e Dell'Utri. 

I ricordi di Cartotto si possono ricavare dall'interrogatorio reso alla Procura di Palermo il 20 giugno 1997 e da un suo libro Operazione Botticelli. 
"Nel maggio-giugno 1992 sono contattato da Marcello Dell'Utri perché vuole coinvolgermi in un progetto. Dell'Utri sostiene la necessità che, di fronte al crollo degli ordinari referenti politici del gruppo, Fininvest "entri in politica" per evitare che un'affermazione delle sinistre possa portare il gruppo Berlusconi prima a un ostracismo e poi a gravi difficoltà. Dell'Utri mi fa presente che questo suo progetto incontra molte difficoltà nel gruppo e, utilizzando una metafora, mi dice che dobbiamo operare come sotto il servizio militare, e cioè preparare i piani, chiuderli in un cassetto e tirarli fuori in caso di necessità. Dell'Utri mi invita anche a sostenere questa sua tesi presso Berlusconi, con il quale io coltivo da tempo un rapporto di amicizia. Successivamente a questo discorso, comincio a lavorare presso gli uffici della Publitalia. (...) Partecipo a un incontro tra Berlusconi e Dell'Utri, nel corso del quale Berlusconi dice espressamente a Dell'Utri e a me di non mettere a conoscenza di questo progetto né Fedele Confalonieri, né Gianni Letta. Dall'ottobre 1992 in poi, mi occupo di contattare associazioni di categoria ed esponenti del mondo politico dell'area di centro e il risultato del sondaggio fu che tutte queste forze sentono fortemente la mancanza di un referente politico. Si arriva quindi all'aprile del 1993, quando Berlusconi mi dice che aveva la necessità di prendere una decisione definitiva su ciò che si deve fare perché le posizioni di Dell'Utri e Confalonieri gli sembrano entrambe logiche e giuste, e lui non è mai stato così a lungo in una situazione di incertezza. Che devo fare?, mi chiede Berlusconi. Confessa: "A volte mi capita perfino di mettermi a piangere, quando sono sotto la doccia e sono solo con me stesso. Non so veramente come venirne fuori". Mi dice che, per prendere una decisione, quella sera ad Arcore, ha chiamato Bettino Craxi. Alla riunione partecipiamo soltanto noi: io, Craxi e Berlusconi. (...) Dice Craxi: "Bisogna trovare un'etichetta, un nome nuovo, un simbolo che possa unire gli elettori che un tempo votavano per il pentapartito. Io sono convinto che, se tu - Silvio - trovi una sigla giusta, con le televisioni e con le strutture aziendali di cui disponi puoi riuscire a recuperare quella parte di elettorato che è sconvolto, confuso ma anche deciso a non farsi governare dai comunisti e dagli ex comunisti". (...) "Bene - dice Silvio - so quello che devo fare. E' deciso. Adesso bisogna agire da imprenditori. Chiamare gli uomini, comunicare la decisione. Adesso bisogna dirlo a Marcello (Dell'Utri), perché mi metta attorno persone che mi possano accompagnare. Bisogna fare quest'operazione di marketing sociale e politico. Va bene, allora andiamo avanti, procediamo su questa strada, ormai la decisione è presa". 

E' il 4 aprile 1993. Quel giorno - è domenica, piove, fa freddo come in inverno - può essere considerato il giorno di nascita di Forza Italia. Perché il Cavaliere vuole farlo dimenticare? 

Non è una novità, in Berlusconi, l'uso politico e sistematico della menzogna. In questo caso egli nega la realtà, la sostituisce con una menzogna per liberarsi di un sospetto - fino a prova contraria, soltanto una coincidenza - sollecitato dal sincronismo tra le sue mosse politiche e la strategia terroristica di Cosa Nostra. E' una contemporaneità che i mafiosi disertori dicono combinata. Se c'è stata intesa o collaborazione, non ha trovato per il momento alcun attendibile, concreto conforto. Confondere le cose, eclissare fatti da tutti conosciuti, appare a Berlusconi la migliore via d'uscita dall'imbarazzante angolo. E' la peggiore perché destinata a rinvigorire, e non a sciogliere, i dubbi. Un atteggiamento di disprezzo per la realtà già non è mai moralmente innocente. In questi casi, la negazione della realtà - al di là di ogni moralistica condanna - finisce per mostrare il bugiardo corresponsabile di una colpa. Che bisogno ne ha Berlusconi, quando raccontando la verità dei fatti può liberarsi di quella nebbia? Perché non lo fa? Qual è la ragione di questa fragorosa ultima menzogna, in un momento così delicato per il Cavaliere? 



30 novembre 2009 Attilio Bolzoni, Giuseppe D'Avanzo 
La Fininvest contesta il contenuto degli articoli di Repubblica
"Il consulente escluse ogni possibile ombra"
La replica dei giornalisti Bolzoni e D'Avanzo
"Ma quella zona grigia è nella sentenza"

LA LETTERA 
Egregio Direttore, 
La presidente della Fininvest Marina Berlusconi - annunciando la decisione di procedere per le vie legali - ha già anche espresso il giudizio sull'operazione diffamatoria organizzata dalla Repubblica nei confronti di un grande gruppo imprenditoriale come il nostro per colpire il suo fondatore. Non ci sarebbe altro da aggiungere. Tuttavia, nell'articolo "Quelle nebbie misteriose sulle origini della Fininvest", la Repubblica torna sul tema con alcuni elementi su cui non è possibile tacere. Vediamo i principali. 
Il pezzo forte dell'articolo sembra essere la ricostruzione degli apporti finanziari alle origini del gruppo Fininvest, affidata dalla Procura di Palermo al funzionario della Banca d'Italia Francesco Giuffrida. I due giornalisti citano la sentenza del Tribunale palermitano secondo cui né il consulente della Procura né quello della difesa sono riusciti "a risalire in termini di assoluta certezza e chiarezza all'origine, qualunque essa fosse, lecita o illecita, dei flussi di denaro investititi nella creazione delle holding Fininvest". Ma è proprio così? Per quanto riguarda il consulente della difesa, i verbali delle udienze sono a disposizione: è sufficiente leggerli per valutare come alcune sue dichiarazioni siano state travisate e quanto invece risultino nette le affermazioni sull'assoluta trasparenza di tutte le operazioni esaminate. 
Relativamente alla consulenza chiesta dalla Procura, due esperti di cose mafiose come gli autori dell'articolo dovrebbero ben sapere che cosa accadde dopo la sentenza citata. Visto che loro non lo raccontano, lo raccontiamo noi. Chiamato in causa dalla Fininvest, secondo la quale nella sua consulenza era arrivato a conclusioni errate per grave negligenza, il dottor Giuffrida ha sottoscritto la seguente affermazione: "All'esito di una prospettazione maggiormente organica delle operazioni ... e della relativa documentazione già disponibile, (il dottor Giuffrida ndr) riconosce i limiti delle conclusioni rassegnate nel proprio elaborato e delle dichiarazioni rese al dibattimento, ed inoltre che le ... operazioni oggetto del suo esame consulenziale erano tutte ricostruibili e tali da escludere l'apporto di capitali di provenienza esterna al Gruppo Fininvest" (il testo integrale dell'atto di transazione è dal 27 luglio 2007 a disposizione sul nostro sito, www.fininvest.it). Tradotto dal linguaggio tecnico, a noi, e non solo a noi, pare che il concetto sia chiaro: nessuna zona d'ombra. 
Ma l'articolo odierno ha un altro "punto forte", il libro di Paolo Madron "Le gesta del Cavaliere" (1994). Repubblica, intercalando abilmente frasi prese dal libro con allusioni e ammiccamenti, lo utilizza per arrivare all'enormità, a insinuare addirittura - nemmeno troppo velatamente - che una quota della Fininvest sia in mano alla mafia. Basta però leggere il libro di Madron per rendersi conto che in quelle pagine non esiste alcun tipo di riferimento diretto o indiretto, allusione, evocazione, nulla di nulla che possa in qualche modo far pensare a qualsivoglia collegamento con capitali mafiosi. 
Questi sono fatti, sono documenti, non sono inaccettabili insinuazioni. Di quelle dovrà essere reso conto nelle aule di giustizia. 
Franco Currò 

(Direttore Comunicazione Fininvest) 

LA RISPOSTA Attilio Bolzoni, Giuseppe D'Avanzo
Repubblica non ha mai scritto che la frase ripresa dal libro Le gesta del Cavaliere di Paolo Madron ("Non meno dell'80 per cento delle azioni delle holding che controllano Fininvest sono di Berlusconi. Sull'altro 20 per cento ci si può ancora sbizzarrire") faccia "riferimento a un collegamento con capitali mafiosi". Si discute di questo: la famiglia mafiosa di Brancaccio lascia dire che ha in mano "un asso nella manica" contro la Fininvest. Ci si chiede: ci sono zone grigie nel passato della Fininvest che possano rendere concreto quel ricatto? Sì, una zona d'ombra c'è. È l'autorevolissima fonte di Paolo Madron - il banchiere Carlo Rasini, primo e decisivo finanziatore di Silvio Berlusconi, testimone e protagonista diretto della nascita delle sue imprese - a sostenere che il "venti per cento della Fininvest" non è (al 1994) nella disponibilità del capo del governo. E' un'affermazione che contraddice in modo radicale la dichiarazione di ieri di Marina Berlusconi: ("Non c'è stata mai una sola azione della Fininvest che non facesse capo alla famiglia Berlusconi. Così è oggi e così è da sempre"). È bizzarro contestare ciò che non si è scritto per non smentire quel che davvero è stato detto. 
Veniamo ora allo strano caso del dottor Giuffrida, vicedirettore della Banca d'Italia di Palermo. L'argomento della Fininvest è prevedibilissimo e - purtroppo - sfortunato, se lo si racconta tutto intero. Incaricato dal pubblico ministero di valutare i finanziamenti alle holding di controllo della Fininvest, Giuffrida rintraccia molte operazione che giudica "anomale". Per esempio: 113 miliardi di lire negli anni settanta (pari a circa 308 milioni di euro di oggi) erano "flussi di provenienza non identificabile". Fininvest muove contro il consulente un'azione civile. Che si conclude con una transazione in cui Giuffrida, è vero, "riconosce i limiti delle sue conclusioni". Quel che la Fininvest non ricorda mai, quando evoca lo strano caso del dottor Giuffrida, è quel che dissero i suoi avvocati (Maria Taormina Crescimanno e Antonio Coppola) all'Ansa. Quel giorno il 28 luglio 2007, alle ore 20,48: "Il dottor Giuffrida ha personalmente ricevuto la proposta di transazione dalla Fininvest e solo il 18 luglio ha sottoposto ai suoi legali una bozza di accordo che gli stessi non hanno condiviso, ritenendo che quanto affermato nel documento non corrispondesse alle reali acquisizioni processuali. Il successivo 26 luglio, il dottor Giuffrida ha inviato all'avvocato Coppola il testo della bozza parzialmente corretto. Consultatisi i difensori hanno tuttavia ritenuto di non condividere la proposta di transazione. Ieri, 27 luglio, i difensori hanno saputo dai media, e solo successivamente da Giuffrida, della stipula dell'atto che non hanno sottoscritto e che non sottoscriveranno non condividendo la ricostruzione dei fatti e le affermazioni in esso contenute". Quel che conta non sono le parole di Giuffrida, ma quel che è scritto nella sentenza contro Marcello Dell'Utri, II sezione del Tribunale di Palermo, 11 dicembre 2004: "Non è stato possibile, da parte dei consulenti [del pubblico ministero e della difesa], risalire in termini di assoluta certezza e chiarezza all'origine, qualunque essa fosse, lecita od illecita, dei flussi di denaro investiti nella creazione delle holding Fininvest. (...). La consulenza [della difesa] Iovenitti non ha fatto chiarezza e non ha contribuito a chiarire la natura di alcune operazioni finanziarie "anomale" e a evidenziare la correttezza delle risultanze societarie, contabili e bancarie del gruppo Fininvest". 
Anche in questo caso, è chiaro il metodo di Fininvest. Si contesta, con un atto privato del tutto estraneo al processo (la transazione del povero Giuffrida), quel che non si può negare ha accertato un Tribunale: ci sono all'origine di Fininvest "operazioni finanziarie "anomale"". È difficile contestare che una zona grigia ci sia, se nemmeno il consulente di Marcello Dell'Utri è riuscito a illuminarla.
il Giornale Lunedì 30 novembre 2009 Pagina 3: IL FATTO
 "La prova che smonta le accuse a Fininvest"
Le insinuazioni di «Repubblica» su presunti fondi mafiosi nel gruppo di Segrate si basano su una perizia di 10 anni fa
già sconfessata in tribunale dallo stesso consulente dell’accusa che l’aveva firmata: «Era solo un’ipotesi di lavoro»
Gian Marco Chiocci

Dieci anni dopo, siamo punto e daccapo. Le menzogne passate in giudicato sul presunto patrimonio mafioso del premier,
son tornate d’attualità. Spacciate, anche e non solo da Repubblica, come spunto per nuove indagini sui link «finanziari» fra Cosanostra e il Cavaliere. Il documento che pubblichiamo sotto serve a ricordare come stanno le cose a chi ha ripreso a fantasticare sui flussi sporchi di denaro delle holding Fininvest sulla base di quanto inizialmente riportato in una perizia dal
consulente del pool di Palermo, Francesco Giuffrida, poi dallo stesso drasticamente ridimensionata nella «transazione» del 26 luglio 2007 con il gruppo di Segrate che l’aveva citato per danni.
L’atto sotto scritto da quest’exconsulente della Banca d’Italia chiamato a ricostruire la genesi della Fininvest al processo Dell’Utri, non ammette repliche: nessun capitale mafioso è transitato nelle casse del Biscione.
Non esiste una carenza di trasparenza sulla genesi del «tesoro».
Nessun«peccato originale» è riscontrato.
Punto. Per tardiva ammissionedell’interessato, la perizia che tanto servì ad alimentare gigantesche campagne mediatiche, fu carente e «parziale» anche perché non vennero approfondite «otto operazioni finanziarie». L’intero lavoro («continuamente sottoposto allo specifico e ineludibile coordinamento e controllo dei pm») andava sviluppato e soprattutto completato, ma ciò non fu possibile poiché il fascicolo originario finì in archivio. E se si decise di «acquisire determinati atti»a discapito
di altri «fu per decisione dei magistrati ».Non sua. Stando alla procura di Palermo le investigazioni contabili si rendono necessarie nel dicembre del 1997 quando alcuni pentiti cominciano a parlare di«consistenti apporti economici di provenienza
mafiosa» confluiti nella Fininvest. I pm si affidano a Giuffrida per scandagliare il patrimonio di Silvio Berlusconi.
testuale: «Per verificare la legittimità degli apporti finanziari intervenuti alle origini della Fininvest da parte di soggetti terzi».
Il consulente impiega un anno e mezzo per ultimare gli accertamenti.
Ad aprile ’99 deposita tutto, e tutto il gip Scaduti fa finire in archivio per mancanza di prove. Lo stesso malloppo di carte, però, tempo sei mesi ce lo ritroviamo al processo Dell’Utri.
Quando Giuffrida è convocato in aula a illustrare la relazione,scoppia il finimondo per quelle «otto operazioni» di cui, ammette, non si è riusciti a identificare l’origine della provvista.
Tanto basta a far ipotizzare che sotto c’è la mafia dei colletti bianchi.
L’azienda pazienta fino al 2006, anno della definizione del primo grado di giudizio dove Giuffrida forniva le sue prestazione contabili ai pm del processo Dell’Utri. Dopo di ché sferra l’offensiva.
Cita Giuffrida per danni anche perché per «quelle otto operazioni», spiega, poteva benissimo «verificare che i soldi erano pacificamente rivenienti da persone, fisiche o giuridiche, tutte immediatamente riferibili all’allora costituendo gruppo Fininvest e quindi senza alcun afflusso di denaro dall’esterno».

Spiazzato dalla citazione civile Giuffrida spiega che «quella» consulenza era incompleta poiché costituiva una
bozza ancora tutta da integrare, «era solo una prima ipotesi di lavoro», quando così non era. Perché se altri
accertamenti non vennero disposti ciò era dovuto alla sopravvenuta archiviazione del procedimento per il quale era stata inizialmente redatta. 
Bene. Ieri Repubblica, riprendendo la sentenza di primo grado del processo Dell’Utri, rilanciava fiera: «La consulenza dell’accusa, nonostante la parziale documentazione messa a disposizione, evidenzia la scarsa trasparenza o l’anomalia di molte operazioni effettuate dal gruppo Fininvest negli anni 1975-1984».

IL DOCUMENTO
 il testo integrale, pubblicato da IlGiornale il 30 Novembre 2009, della transazione tra la Fininvest e Francesco Giuffrida, il consulente del pool di Palermo che firmò la perizia sui flussi di capitale alla società di Berlusconi.
Citato per danni dal gruppo di Segrate, il 26 luglio 2007 Giuffrida ha accettato di firmare questa transazione che smentisce in modo assoluto
la campagna diffamatoria contro Fininvest, nonostante proprio negli ultimi giorni sia stata rilanciata dal gruppo Espresso. Il consulente infatti riconosce la «parzialità» della consulenza, priva dei necessari «approfondimenti».
La FININVEST S.p.A, (C.F.:...)
con sede in Roma, Largo Nazareno n. 8, in persona della procuratrice speciale avvocato Maria Enrica Mascherpa, in forza di procura rilasciata dall’Amministratore Delegato e legale rappresentante dott.
Pasquale Cannatelli in data 26 luglio 2007, autenticata con atto del Notaio Arrigo Roveda di Milano, rep. 36992, rappresentata dagli avv.ti prof.Francesco Vassalli e Fabio Roscioli, con studio in Roma, Via Eleonora Duse, 35
di seguito anche denominata Fininvest o Società 

E FRANCESCO PAOLO GIUFFRIDA C.F.:...), nato a Montevago (AG) in data 16 maggio 1954, residente in..., Via...,rappresentato dagli avv.ti Maria Taormina Crescimanno e Antonio Coppola, con studio in Palermo, Via Messina, 7/d;
di seguito anche denominato dott. Giuffrida o Consulente con giuntamente anche denominati le Parti

PREMESSA
A) In considerazione delle dichiarazioni di taluni pentiti di mafia, secondo i quali la Fininvest avrebbe beneficiato dell’apporto di capitali di provenienza mafiosa, con verbale di consulenza tecnica e di conferimento dell’incarico in data 5 dicembre 1997, i PP.MM. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo-Direzione Distrettuale Antimafia, dott.ri Domenico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova e Umberto De Giglio, nell’ambito del procedimento 6031/94 R.G.N.R., affidavano al dott. Giuffrida l’incarico di verificare la legittimità degli apporti finanziari intervenuti alle origini della Fininvest da parte di soggetti terzi.

La consulenza, intitolata «1ª Nota Informativa sui flussi finanziari delle società denominate Holding Italiana1-22» (di seguito anche denominata 1ª Nota Informativa),veniva depositata in data 21 aprile 1999 nell’ambito del procedimento 6031/94 R.G.N.R. Di lì a breve il procedimento veniva definitivamente archiviato dal GIP di Palermo, dott. Gioacchino Scaduto, in data 1 dicembre 1999.

B) In data 25giugno 2000, l’elaborato peritale del dott. Giuffrida veniva acquisito al fascicolo dei citati PP.MM.dott.ri Domenico Gozzo e Antonio Ingroia e, indata 7 maggio 2002, a quello del Tribunale nell’ambito del procedimento 843/97 R.G.Trib. nei confronti del dott. Marcello Dell’Utri + altri in cui era stato ipotizzato il riciclaggio come reato fine rispetto a quelli contestati nel capo di imputazione.

C)All’esito dell’acquisizione dell’elaborato del dott. Giuffrida al predetto procedimento e, successivamente, in occasione della deposizione resa dal dott. Giuffrida nella fase dibattimentale del giudizio, gli organi di informazione, nazionali ed esteri, davano ampio risalto alle risultanze della consulenza e, in particolare, al fatto che per otto delle operazioni esaminate il dott. Giuffrida non era riuscito ad identificare l’origine della provvista.
Il che aveva generato nell’opinione pubblica la convinzione che la Società potesse effettivamente aver goduto dell’apporto di capitali d i provenienza mafiosa.

D) La Fininvest, pur assolutamente certa dell’evidenza della provenienza lecita delle risorse conferite originariamente al proprio capitale, e quindi certa dell’erroneità delle conclusioni cui era pervenuto il Consulente, aveva preferito tuttavia non agire immediatamente a tutela dei propri diritti, ritenendo che una simile iniziativa avrebbe potuto turbare il regolare andamento del processo in cui il dott. Giuffrida rivestiva il ruolo di consulente del P.M.

E) Solo a seguito della definizione in primo grado del giudizio penale di cui sopra, la Fininvest, con atto notificato in data 28 febbraio 2006,citava il dott. Giuffrida dinanzi al Tribunale Ordinario di Palermo, per sentir accertare e dichiarare la sua grave negligenza nell’espletamento della 1ª Nota Informativa e nella ripetizione delle relative conclusioni nella fase dibattimentale del processo di primo grado tenutosi a Palermo nei confronti del dott. Marcello Dell’Utri+altri
(843/97 R.G.Trib.), chiedendone conseguentemente la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali, da liquidarsi equitativamente da parte del Giudice.
La Società sottoponeva alla cognizione del Tribunale soltanto l’esame di quelle otto operazioni che il Consulente non era stato in grado di ricostruire integralmente
o per le quali egli aveva concluso in senso dubitativo, ingenerando così la convinzione che vi potessero esser stati afflussi di denaro di provenienza illecita nelle casse della Fininvest.

Si tratta, più precisamente, delle operazioni in data: 26 marzo 1984 per 7.172 mln. di lire; 16 maggio 1984 per 2.297 mln. di lire; 29 giugno 1979, per 6.000 mln di lire; 31 dicembre 1984 per 850 mln. di lire, 24, 29, 30, 31 dicembre 1980 per 19.224 mln. di lire; 7 dicembre 1978 per 17.980 mln. di lire; 19 dicembre
1979 per 27.680 mln. di lire; 4 ottobre 1979 per 11.000 mln.di lire e così per un totale di 93.933 mln. di lire.

Nell’atto di citazione veniva esposto che il dott. Giuffrida, adempiendo con la dovuta diligenza all’incarico affidatogli, avrebbe potuto ricostruire completamente ognuna di tali otto operazioni ed accertare che l’origine delle provviste era pacificamente riveniente da persone, fisiche e giuridiche, tutte immediatamente riferibili all’allora costituendo Gruppo Fininvest e, quindi, senza alcun afflusso di denaro dall’esterno.

F) Si costituiva nel giudizio dinanzi alla dott.sa Galazzi della III Sez. del Tribunale Ordinario di Palermo(R.G.n.3261/06) il dott.Giuffrida, il quale, con propria comparsa di costituzione e risposta del 17 maggio 2006, adduceva di aver adempiuto l’incarico con professionalità e diligenza, precisando che la sua consulenza risultava parziale e non completa in quanto rappresentava solo una prima ipotesi di lavoro, che avrebbe poi potuto essere integrata e modificata a seguito di ulteriori approfondimenti tecnici e documentali. Approfondimenti che, tuttavia, non vennero mai effettuati a causa dello scadere
dei termini per le indagini preliminari e della successiva archiviazione del procedimento 6031/94 R.G.N.R.
Il dott. Giuffrida chiariva inoltre che la funzione di approfondimento tecnico che egli avrebbe dovuto svolgere era stata costantemente sottoposta allo specifico ed ineludibile coordinamento ed al diretto controllo dei PP.MM., così come parimenti era avvenuto anche per la scelta dei documenti da consultare e per lamateriale acquisizione degli stessi.

G) All’esito del tentativo di conciliazione e in pendenza dei termini ex art.184 c.p.c. concessi dal Giudice all’udienza del 30 maggio 2007, le Parti, al solo fine di addivenire ad una bonaria definizione della controversia tra loro insorta, pur mantenendo le rispettive posizioni di diritto fatte valere nel giudizio civile, hanno ora raggiunto un accordo transattivo che intendono formalizzare con il presente atto.

Tutto ciò premesso
SI CONVIENE E SI STIPULA QUANTO SEGUE

ART. 1
Le premesse formano parte integrante e sostanziale del presenteatto.

ART. 2
Le Parti, al solo fine di definire bonariamente il giudizio civile di cui alle Premesse, reciprocamente dichiarano quanto segue:
- il dott. Giuffrida, all’esito di una prospettazione maggiormente organica delle operazioni poste oggi alla cognizione del Tribunale Ordinario di Palermo e specificate alla lett. E) della Premessa e della relativa documentazione già disponibile, riconosce i limiti delle conclusioni rassegnate nel proprio elaborato e delle dichiarazioni rese al dibattimento ed inoltre, che le predette operazioni oggetto del suo esame consulenziale erano tutte ricostruibili e tali da escludere l’apporto di capitali di provenienza esterna al Gruppo Fininvest;
-laFininves triconosce che i limiti nella consulenza del dott. Giuffrida non sono dipesi da sua negligenza ma da eventi e stranei alla sua volontà
- scadenza dei termini per le indagini preliminari e successiva archiviazione del procedimento 6031/94R.G.N.R.-che lo hanno indotto a conclusioni parziali e non definitive.

ART. 3
Il dott. Giuffrida prende atto che la Fininvest potrà utilizzare pubblicamente la presente scrittura privata e divulgarne il contenuto; la Fininvest, da parte sua, si impegna ad utilizzare il predetto contenuto solo in forma integrale.

ART. 4
Le Parti, contestualmente alla sottoscrizione del presente Atto di Transazione, dichiarano di essere pienamente soddisfatte e di non avere null’altro a pretendere e richiedere in relazione alle condotte e/o ai fatti specificati negli scritti difensivi depositati nel giudizio civile di cui alla lettera E) della Premessa.

ART. 5 Il giudizio pendente avanti alla III Sezione del Tribunale OrdinariodiPalermo- G.U.Dott.sa Galazzi - R.G. n. 3261/06, verrà pertanto abbandonato, a spese compensate, nelle forme all’uopo previste dal codice di procedura civile.

ART. 6
Le Parti si danno reciprocamente atto che il presente Atto di Transazione non ha natura di transazione generale e non comporta, da parte della Fininvest, rinunzia all’azione per eventuali ulterio ricondotte lesive, diverse da quelle oggetto del giudizio civile di cui alla lettera E) della Premessa, che dovessero essere poste in essere dal dott. Giuffrida.

ART. 7
Sottoscrivono il presente atto tutti i Procuratori della Fininvest e del dott.Giuffrida, per espressa rinunzia al vincolo della solidarietà, ex art. 68 della L.P.
Le spese del giudizio, come anche quelle relative al presente atto, si intendono integralmente compensate tra le Parti.
Roma-Palermo, 27 luglio 2007
L.C.S.
Fininvest S.p.A.
avv. Maria Enrica Mascherpa
prof avv. Francesco Vassalli
avv. Fabio Roscioli
dott. Francesco Giuffrida
avv. Maria Taormina
Crescimanno
avv. Antonio Coppola