Finmeccanica, le carte dell'inchiesta - Soldi e favori a tutti i partiti.
Così il colosso guidato da Guarguaglini è diventato la centrale per finanziare la politica.
Gonfiando il costo degli appalti pubblici. E seguendo le regole della vecchia Tangentopoli
Lirio Abbate e Gianluca Di Feo

Continuava a ripeterlo senza sosta: "D'accordo?", tanto da sembrare l'imitazione di Vanna Marchi. Davanti ai magistrati la donna che guida l'azienda italiana con il più alto livello di tecnologia si è difesa abusando dello slogan che ha reso famosa la tele-imbonitrice.

Marina Grossi, numero uno della Selex e moglie del presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini, ha negato di essere a conoscenza del "Sistema" che elargiva mazzette a partiti e manager. Ma le sue parole non hanno convinto i pubblici ministeri che accusano lei e il marito, indicati come i registi di un "Sistema" che finanziava la politica sfruttando un'azienda che ha fatturato 18 miliardi e ha 73 mila dipendenti: una risorsa nazionale che adesso rischia di affondare, travolta dagli scandali, da scelte industriali sbagliate e dalla crisi del settore bellico.

Quello che emerge dalle indagini è un dinosauro sopravvissuto alla glaciazione di Tangentopoli: in Finmeccanica vigono ancora le regole della prima Repubblica. Per il pm Paolo Ielo è un déjàvu: gli illeciti che sta smascherando oggi sono la brutta copia della rete Enel di cui si occupò venti anni fa per Mani Pulite. Oggi come allora, tutti i partiti siedono alla tavola. C'è chi si fa pagare cash, con le valigiette piene di banconote consegnate ai tesorieri come ai tempi di Mario Chiesa. E chi pretende commesse per le aziende amiche, che poi foraggiano i politici di riferimento: quello che appunto accadeva in passato con le coop rosse inserite dal Pci negli appalti Enel. Finmeccanica applica lo stesso copione, con qualche variazione sul tema e molto meno rigore.

Il "Sistema" è antico. Il gran pentito di questa storia, Lorenzo Cola, ha descritto bustarelle distribuite già agli inizi del nuovo millennio da Paolo Prudente, che allora guidava la holding del gruppo dedicata a radar ed elettronica: mance da 300 mila euro a botta. Cola è l'uomo a cui sono state affidate alcune delle operazioni più importanti per la storia economica recente del Paese. E' lui che ha gestito l'accordo per produrre negli Usa l'aereo Alenia C27J: un patto che ha tagliato l'Italia fuori dalle alleanze europee. E' sempre lui che ha aperto la strada all'acquisto di Drs, il colosso statunitense degli armamenti costato nel 2008 ben 3 miliardi, che ha inserito Finmeccanica nell'orbita del Pentagono e si è rivelato un pessimo affare. E' stato sempre lui, alla presenza dei due Divi Giuli, Andreotti e Tremonti, a trovare le chiavi per aprire alla Libia di Gheddafi le porte dell'azionariato di Finmeccanica. Tre mosse che hanno allontanato il gigante statale dalla tradizione europeista e rischiano ora di mandarlo alla deriva.

Oltre a Cola, sta riempiendo verbale su verbale davanti ai pm napoletani anche Lorenzo Borgogni, il responsabile delle relazioni istituzionali e cerimoniere del "Sistema". Un esecutore, che prendeva ordini solo da Guarguaglini e che continua a seguirne la linea. Dai loro interrogatori si capisce che oggi come ai tempi di Tangentopoli, i pagamenti dovevano soprattutto garantire il sostegno della politica ai vertici aziendali. Nei fascicoli della procura di Roma ci sono già elementi su tutti i partiti dell'ultimo decennio, dai Comunisti italiani ad An, da Forza Italia al Pd, dall'Udc alla Lega. Con regalie e favori divisi in base al peso parlamentare.

Negli ultimi anni il problema del "Sistema" era stato quello di creare un legame con Tremonti, che come titolare del Tesoro era l'azionista principe della holding. Cola racconta come il referente fosse Marco Milanese, il braccio destro del ministro ora accusato di corruzione. Milanese non voleva trattare con Borgogni, che chiamava "il ladro di polli": chiede e ottiene di parlare direttamente con Guarguaglini. Per Milanese è stata una relazione proficua, che gli avrebbe fruttato soldi e potere tanto da trasformarsi in un'incriminazione. Tremonti, sentito come teste dai pm nelle scorse settimane, invece è rimasto sempre molto formale nei rapporti con Guarguaglini. Cola ha anche detto che lo studio Vitali-Romagnoli - fondato dal ministro - ha ottenuto incarichi nella miliardaria operazione Drs: una dichiarazione su cui sono ancora in corso accertamenti. Ma il professore di Sondrio negli ultimi due anni ha cercato in tutti i modi di costruire un'alternativa al potere assoluto di Guarguaglini.

Il presidente contava su un rapporto diretto e consolidato con Gianni Letta, il suo nume tutelare a Palazzo Chigi. E si teneva buoni i capi di An, compensando tutte le correnti di governo: nei verbali si parla a vario titolo di Altero Matteoli, di Ignazio La Russa, di Maurizio Gasparri e di Gianni Alemanno. Il "Sistema" distribuiva le gratifiche attraverso cinque canali. Anzitutto c'erano le designazioni dei consiglieri di amministrazione, sempre lottizzate sia nella holding sia nelle ricche società controllate. Alla segretaria di Milanese è stato sequestrato un file con la versione digitale del Manuale Cencelli, in cui spicca pure la Lega. Poi c'erano le assunzioni o le consulenze per i famigliari: le intercettazioni sono zeppe di pressioni per infilare figli di generali e mogli di deputati. Quindi i contratti assegnati agli amici degli amici: dalle scorrerie dell'harem di Gianpi Tarantini a quelle della Roma criminale di Gennaro Mockbel fino alle segnalazioni attribuite a Marco Follini, all'epoca vicepremier Udc. In alcuni casi si andava oltre e Finmeccanica acquistava la società tanto cara al ministro di turno. Tanto il costo ricadeva sulla collettività. Spesso si ricorreva alla sponsorizzazione di eventi dei partiti, delle fondazioni politiche o di altre iniziative raccomandate: Filippo Milone, capo della segreteria di La Russa, avrebbe chiesto che il compito fosse affidato "a una società esterna" per non sbandierare il legame con la holding. Ma si parla anche di finanziamenti per Aldo Brancher del Pdl.

Più complessa la questione dei versamenti cash. Finmeccanica non ha fondi neri: gli inquirenti sono convinti che il bilancio sia formalmente immacolato. Per questo contro i top manager vengono contestati solo reati fiscali o tributari. La prassi che emerge dalle indagini è quella di affidare ai fornitori il compito di creare e spesso distribuire la riserva in contanti. Il valore della prestazione veniva gonfiato e la differenza era pronta per saziare i politici. Nei verbali si dice che Guarguaglini chiamava questo ritocco "fare i compiti". Lo schema tipico è quello dei rapporti tra Selex e le ditte di Tommaso Di Lernia, che poi emetteva fatture false con una sigla di Cipro: il denaro passava dall'isola a San Marino. Il commercialista di Di Lernia spiega che solo nel 2009 questo trucco ha riguardato appalti per 220 milioni di euro.

Nel "Sistema" l'Enav, l'azienda pubblica per l'assistenza al volo, era diventata un architrave. Ha il compito di garantire la sicurezza dell'aviazione civile ma è anche - dopo la Difesa - il principale cliente italiano di Selex da cui acquista radar e torri di controllo. Ci sono appalti lievitati a dismisura: per l'aeroporto di Palermo si è partiti da 35 milioni e si è arrivati a 92. Nella mappa delle spartizioni, Enav è feudo di An e dell'Udc. Da qui nascono i 200 mila euro che sarebbero stati consegnati al tesoriere Udc Giuseppe Naro. Ma ci sono pure mance per i vertici aziendali, ad esempio l'ex generale Bruno Nieddu che di fronte alla contestazione di 200 mila euro finiti sul suo conto a San Marino ha detto stupito di non saperne nulla. O il consigliere ed ex deputato pdl Ilario Floresta che avrebbe intascato 15 mila euro al mese e una villa a Sharm-el-Sheik.

Quando cominciano le indagini, il "Sistema"potenzia altri due tentacoli. La prima è la rete di protezione contro gli investigatori, affidata soprattutto al boss della security Vittorio Savino, generale dei carabinieri in pensione, che contatta personalmente i capi dei reparti che indagano. Parla con il numero uno della Dia, va a cena con quello del Ros, discute con alti ufficiali delle Fiamme Gialle: ma non ottiene risultati concreti. Anzi si infuria per essere stato tagliato fuori da uno degli appalti più promettenti: quello del Sistri, la rete elettronica di monitoraggio dei rifiuti fortissimamente voluto dal ministro Stefania Prestigiacomo. Adesso sul business del Sistri convergono due inchieste dei pm di Roma e Napoli.

L'altra preoccupazione è mettere a tacere la stampa...


Le rivelazioni de "L'Espresso", che per primo ha svelato i rapporti tra Mockbel e Finmeccanica, diventano un tormento per i manager
che si attivano invano per scoprirne le fonti e fermare l'ondata di notizie giudiziarie. Si ricorre a una rete di giornalisti a libro paga -
di cui Borgogni oggi sta parlando con la procura partenopea - e si varano campagne pubblicitarie. 
In questo bailamme, ci scappano spesso ruberie personali e preziosi cadeux. Cola si fa comprare una casa in Svezia e una a Parigi.
E a Natale fa donare alla signora Grossi in Guarguaglini una borsetta di Hermès da 6.670 euro. Tanto non pagava lui, ma i soliti fornitori.

L'analisi di questo pasticciaccio mostra però come a rimetterci siano stati tutti i cittadini. Come negli appalti concessi a Selex sempre senza gara e con prezzi fuori mercato: nel caso di Enav quegli sperperi andavano poi a pesare anche sul prezzo dei biglietti aerei. Il costo maggiore che dovremo sopportare è però quello del declino di Finmeccanica, l'ultima realtà italiana in grado di muoversi nel mondo delle tecnologie avanzate. Pochi giorni fa il neoamministratore delegato Giuseppe Orsi ha sorpreso i mercati con l'annuncio di perdite per 767 milioni nei primi nove mesi del 2011. Vengono dall'aeronautica, il settore più trascurato perché Guarguaglini ha puntato sull'elettronica, ossia sulla Selex guidata dalla moglie. A quella drammatica assemblea il presidente non si è nemmeno presentato. E la signora ha rifiutato di cedere il timone dell'azienda, sulla quale in tutta Italia si moltiplicano le inchieste. Entrambi arroccati sulla poltrona. D'accordo?



Finmeccanica: 'L'Espresso sa tutto'
di Emiliano Fittipaldi
E' il 23 febbraio del 2010 e sul nostro sito un articolo raccontava l'origine dell'inchiesta che oggi sta terremotando
la politica italiana. Quel giorno il consulente Cola, dopo averlo letto, entra nel panico e si attacca al telefono:
'E' una roba devastante... Sembra un film...". Invece era tutto vero. Ecco le intercettazioni

E' il 23 febbraio del 2010. Lorenzo Cola, allora consulente di Finmeccanica in affari con la banda di Gennaro Mokbel, chiama Lorenzo Borgogni, direttore delle relazioni esterne del colosso tecnologico e militare guidato da Pier Francesco Guarguaglini. Cola ha appena letto l'Espresso on line, ed è terrorizzato. 

Nell'articolo si scriveva per la prima volta che Cola e la Finmeccanica erano al centro di un'inchiesta della procura di Roma. 

Borgogni: Pronto 

Cola: Ti hanno detto? Sull'Espresso on line è uscita una roba devastante! 

Borgogni: Su chi su di noi? 

Cola: Si...No ma c'è anche il mio nome 

Borgogni: Non so niente 

Cola: Si! Una roba devastante, ti dico mi è venuto il... a momenti vado per terra...Lorenzo domani sarà su tutti i giornali! E' uscito online sull'Espresso una roba di cui io non so un beato cazzo!

Borgogni: riguarda? 

Cola: riguarda quello...quello che c'avevano...quello che sapevamo no? che c'era stato detto...Digint...riguarda quello che ti dicevo oggi di quello là...(parlano presumibilmente di Gennaro Mokbel, ndr) che ha fatto dei, dei, dei discorsi con questi qua fuori dal mondo. Cioè, tipo, ma delle robe da...cioè per farti capire (ride) al limite della disperazione, cioè tipo che...eh non ho capito chi sarebbe il numero tre di Finmeccanica con i nomi di Piero, il mio e...che io giro con la scorta della Cia, ma delle robe allucinanti! 

Borgogni: il numero tre di Finmeccanica chi sarebbe? 

Cola: ma che cazzo ne so! 

Borgogni: Sarei io...sarei io il numero tre di Finmeccanica... "

Il pezzo dell'Espresso raccontava l'origine dell'inchiesta che oggi sta terremotando la politica italiana. Partendo dall'affare Digint (un'azienda partecipata da Finmeccanica e finita nel mirino dei banditi specializzati in riciclaggio capeggiati da Mokbel) i pm di Roma hanno infatti scoperchiato il verminaio dell'Enav e di Finmeccanica, aziende pubbliche usate da politici, manager e faccendieri (queste le accuse dei pm) come strumenti per corrompere e finanziare illecitamente i partiti. La valanga sta travolgendo tutti: il tesoriere dell'Udc Giuseppe Naro è accusato di aver preso una tangente di 200mila euro da Tommaso Di Lernia, uno degli imprenditori che lavoravano in subappalto per la Selex, società controllata da Finmeccanica Nelle agende dell'ex ad di Enav Guido Pugliesi, arrestato qualche giorno fa per la tangente all'Udc, sono spuntati i nomi dei politici incontrati dal manager: quelli dell'Udc, Aldo Brancher del Pdl. Di Lernia ha fatto anche i nomi di Marlo Follini, che s'è detto «indignato», e quelli di Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa. 

Il sistema usato dall'Ente nazionale di assistenza al volo, dicono i magistrati, si basa su false fatturazioni, operazioni per abbattere l'imponibile fiscale, per evadere le imposte dovute e creare così fondi neri utili per foraggiare i politici di riferimento. Che di fatto decidono, nelle controllate dello Stato, il destino di amministratori e dirigenti. 

Sarà solo un caso, ma Borgogni, anche lui indagato per finanziamento illecito ai partiti, aveva conservato un file (sequestrato dai pm di Napoli nell'inchiesta sulla P4) nel computer della segreteria dov'era tracciato uno "schema" per la futura spartizione delle nomine delle aziende controllate di Finmeccanica: quattro nomi era in quota Lega Nord, altri quattro manager erano invece collegati all'ex ministro Ignazio La Russa, un altro a Carlo Giovanardi. 

La spartizione, ha spiegato Borgogni ai pm, avviene attraverso una tavola di «compensazione» che si tiene a Palazzo Chigi: nel 2010, racconta Borgogni, hanno partecipato «Gianni Letta, Marco Milanese, Giorgietti e io che avevo ricevuto due-tre nomi da La Russa che non poteva partecipare». Milanese, invischiato in un'altra inchiesta per la quale i pm hanno chiesto l'arresto alla Camera dei Deputati, è l'uomo di Tremonti. Che rischia di finire anche lui nella nuova Tangentopoli. 

L'ex ministro è stato tirato in ballo da Cola in persona (che ha patteggiato per l'affaire Digint 3 anni e 4 mesi), che in un verbale del 22 dicembre 2010 spiega di averlo incontrato al Senato qualche mese prima. «In quell'incontro parlammo della questione americana e della questione libica (ossia dell'ingresso dei fondi sovrani di Gheddafi in Finmeccanica, ndr). 

Tremonti, che aveva smentito l'incontro due settimane fa, ieri ha ammesso di aver incontrato Cola una sola volta, «nello studio di Andreotti». «L'inchiesta può crescere ancora», spiegano dalla Procura di Roma.

Cola ha ammesso di aver partecipato al «sistema di corruzioni esistente in Enav», un sistema che «prevedeva la remunerazione» di politici e manager. Cola dice che tra i remunerati c'è Ilario Foresta, ex deputato di Forza Italia, e Franco Bonferroni «espressione dell'Udc», a cui l'ex consulente di Guarguaglini avrebbe girato 300-350 mila euro in contanti, soldi «provenienti da sovrafatturazioni di società che lavoravano con Selex». I soldi - secondo Cola - furono portati direttamente nelle mani di Borgogni, che si occupava «delle relazioni istituzionali intese anche come erogazioni di somme di denaro». 

La slavina rischia di travolgere tutti. Intanto se il premier Mario Monti chiede una «soluzione rapida» per Finmeccanica, Guarguaglini non vuole lasciare la sua poltrona. Anche sua moglie Marina Grossi, l'ad di Selex che secondo Cola «era al corrente» del sistema delle sovrafatturazioni non sembra volersi dimettere. La partita è tutta da giocare. 

Il 23 febbraio Cola non crede a quello che legge. Non sa ancora che è solo l'inizio della fine. Legge e rilegge le intercettazioni pubblicate da L'Espresso. Alle 20 e 36 chiama l'amico Vittorio Savino. 

Cola: E' uscita quella cosa che riguardava il mio nome eh...Sull'Espresso, se tu vai sul sito online 

Savino: ah, ah, ah 

Cola: Ti dico che stava stava andando per terra. 

Savino: ma va! 

Cola: cioè una roba da, da film... 

Savino: Pazzesco! 

Cola: ...un film...un film, un film, un film...un film...stavo parlando con Lorenzo, poi ti richiamo...un film. E' un film

Sfortunatamente per lui e per Finmeccanica, e soprattutto per noi, invece era tutto vero. 


L'affare Finmeccanica
di Emiliano Fittipaldi
Secondo gli inquirenti la banda capeggiata da Mokbel avrebbe investito circa 8 milioni di euro
per compare le quote della Digint srl, una società che dovrebbe produrre software e hardware nata nel 2007
e partecipata da una società anonima lussemburghese e dal colosso pubblico Finmeccanica.
Nelle intercettazioni spunta il nome del consulente di Finmeccanica Lorenzo Cola

(23 febbraio 2010)Il conto corrente i carabinieri lo hanno trovato alla Barclays Bank, Isole Seychelles, a nome della Waldorf Investment. Dietro quella società, secondo gli investigatori, ci sono due dei pezzi grossi finiti nella rete dei pm di Roma: il senatore Nicola Di Girolamo e Marco Toseroni, entrambi indagati, insieme al altre 54 persone, nella mega operazione su riciclaggio di denaro sporco del Ros e della Guardia di Finanza. Il conto corrente è di quelli pesanti: in pochi mesi ci finiscono dentro 36 milioni di euro. Tutti illeciti profitti guadagnati dalla banda capeggiata da Gennaro Mokbel, che dal 2003 al 2007 grazie alla falsa compravendita di schede prepagate e alla fittizia compravendita di traffico telefonico mai effettuato, ha generato operazioni per 2,2 miliardi di euro. Un riciclaggio spaventoso, un'affare in cui sono coinvolti tutti: imprenditori, mafiosi, piccole aziende, rappresentanti delle forze dell'ordine, aziende come Telecom, Sparckle, Fastweb (è stato spiccato un mandato di arresto per l'ex aministratore Silvio Scaglia, l'attuale amministratore Parisi è indagato), politici di spicco.
Il senatore Di Girolamo – di cui oggi la procura ha chiesto l'arresto – è uno dei perni dell'inchiesta: dalle intercettazioni e dalle indagini economiche sembra che il suo ruolo sia più che rilevante. La 'ndrangheta avrebbe messo il nome del senatore Di Girolamo sulle schede bianche usate per i seggi destinati agli italiani all'estero per farlo eleggere. Ma il suo nome spunta dappertutto, soprattutto nelle intercettazioni che raccontano come il sodalizio criminale tenta di far rientrare i capitali dall'estero e di investire i guadagni illeciti. 

L'affare Finmeccanica
Il gruppo a un certo punto decide di investire e punta in alto. Secondo gli inquirenti la banda avrebbe investito circa 8 milioni di euro per compare le quote della Digint srl, una società che dovrebbe produrre software e hardware nata nel 2007 e partecipata da una società anonima lussemburghese (la Financial Lincoln) e dal colosso pubblico Finmeccanica, che ne detiene il 49 per cento. Già. Mokbel e i suoi parlano spesso di Guarguaglini e altri dirigenti dell'azienda.

«Io ieri sera sono stato a cena con uno dei capoccioni di Finmeccanica» spiega Mokbel a un amico «uno dei tre che comandano Finmeccanica. Lui però vive negli Usa, a Washington, è quello che ha firmato l'accordo da sei miliardi... sugli aerei... Finmeccanica, fa gli aerei degli Stati Uniti». A un altro interlocutore, Mokbel ripete che è stato a cena con «il numero tre della terza industria militare del mondo e con due della Cia...Aveva una scorta de quelle che non se possono...armati, un cazzo de marchingegno, m'hanno offerto, non a me, ma tramite sempre l'avvocato Nicola (secondo gli inquirenti si tratta del senatore Di Girolamo, ndr) di aprire una loro agenzia per tutto il centro Asia, per la vendita di prodotti di sicurezza... e prodotti militari... elicotteri Augusta e via dicendo. Ci abbiamo una riunione lunedì». 

A un altro personaggio, Mokbel soggerisce di tenere la bocca chiusa sull'affare, perché le possibilità di fare altri soldi sono molte. «Incominci a comprare gli elicotteri Augusta...quanti amici vuoi? Che cazzo vuoi? Che sicurezza vuoi? Che tecnologia vuoi? Questa è una cosa ...che ci apre tutto un altro scenario che manco te lo voglio dì...»

Un gruppeto si incontra a febbraio del 2008, qualche giorno dopo, al Circolo romano "Antico tiro a volo". Ci sono Mokbel, Di Girolamo, altri indagati come Marco Toseroni, Vincenzo Sanguigni, Marco Iannilli e Lorenzo Cola. Toseroni spiega che la società è stata comprata, una scatola vuota, «è una partecipazione dove apparentemente c'è una "delega" da parte di Finmeccanica per la cessione del 51 per cento». Chissà se Guarguaglini e i suoi uomini di questa storia ne sanno qualcosa.