DAGLI ARCHIVI CIA

9 GENNAIO 1964, WASHINGTON. Memorandum del segretario di Stato Rusk al presidente americano Lyndon B. Johnson, alla vigilia della visita del presidente della Repubblica Antonio Segni:
«Come presidente, Segni ha poteri limitati, ma è l'uomo di punta della più grossa corrente della Democrazia cristiana: la sua influenza sulla politica italiana è pertanto elevata. Ha ostacolato la formazione del nuovo Governo di centro-sinistra di Aldo Moro, perché crede che dei socialisti non ci si possa fidare, sia in politica interna, sia in quella estera. Potrebbe cercare di convincerla ad assumere un atteggiamento cauto verso il nuovo Governo. E’ pro-americano e con lei riaffermerà la posizione dell'Italia nei confronti dell'Alleanza Atlantica... Probabilmente Segni cercherà di allacciare un canale di comunicazione diretto con lei all'insaputa del governo: raccomando di non prendere impegni».

20 FEBBRAIO-9 MARZO 1964. Sotto il titolo "Opinioni dei carabinieri italiani e uomini dell'intelligence sulla situazione politica italiana" i capi Cia a Roma, stendono resoconti sulle confidenze ricevute dal generale De Lorenzo, comandante dell’Arma:

«II generale ha espresso la sua preoccupazione sulla situazione italiana che si sta progressivamente deteriorando. Fattori politici ed economici, e l’atteggiamento supino del governo, stanno provocando scioperi, serrate e dimostrazioni di massa… Per il generale è ora che leader responsabili facciano scelte responsabili. Il governo Moro non può andare avanti così. Il Paese finirebbe in mano ai comunisti e lui, come altri, diventerebbe il “solito esule”. E’ tempo di fermezza, finché le forze dell’ordine pubblico, specialmente i carabinieri, sono ancora in grado di dominare la situazione. Se ci fossero disordini di piazza, verrebbero affrontati con determinazione, anche a costo di vittime… L’attuale governo Moro, secondo De Lorenzo, deve cedere il passo ad un ministero retto da Leone, Merzagora o Taviani, oppure da un “Governo di salvezza nazionale”, o persino ad un altro governo Moro,, ma con impianto e linea d’azione ben definiti… De Lorenzo avrà un appuntamentoil giorno (data cancellata, NDR) con il presidente Segni per discutere con lui negli stessi termini. Ne ha fissato anche un altro per il giorno (data cancellata, NDR) con il senatore Merzagora... Il generale si è definito un uomo paziente, ma ha detto che la sua pazienza si stava logorando».

26 MAGGIO 1964, ROMA. Cablogramma dell'ambasciata americana in Italia al Dipartimento di Stato. Rapporto su un dopocena tra De Lorenzo, il generale Luigi Violante, ex addetto militare a Washington, e l'attaché aeronautico americano a Roma:

«Gli alti gradi militari sono tutti d'accordo: il modo migliore per eliminare la minaccia comunista c'è, basterebbe che il PCI organizzasse una rivolta, che verrebbe subito repressa. Così il PCI verrebbe tolto di mezzo per sempre. Purtroppo Palmiro Togliatti e i suoi si rendono conto delle conseguenze: per questo vogliono prendere il potere legalmente».

26 GIUGNO 1964 (giorno delle dimissioni del governo Moro), WASHINGTON. Nota della Cia (i nomi delle fonti italiane sono cancellati, NDR).

«Qualunque formula di centro-sinistra venga adottata, fallirà inesorabilmente. L'unica soluzione è il rovesciamento dell'attuale coalizione di governo... Questa crisi è stata provocata dalla riluttanza della DC di agire contro la sinistra... Le forze di centro devono capovolgere l'attuale trend e ritornare a un governo di centro liberal-democratico. Forse ci sarebbe battaglia nelle strade: potrebbe scorrere sangue... Il generale De Lorenzo ha organizzato una task force di battaglioni mobili: potrebbero entrare in azione in un'emergenza politica. La nostra fonte sostiene che De Lorenzo non vuole travalicare il suo potere, ma soltanto controllare i militari per neutralizzare il tentativo della sinistra di premere sulla piazza. De Lorenzo sarebbe solo un “kingmaker”, nel caso di un ribaltone politico. Il generale De Lorenzo ha coltivato un rapporto diretto con il presidente Antonio Segni, guadagnandone la fiducia... Segni rappresenta l'unica figura politica, nonché autorità costituzionale, che gode di appoggio pubblico».

26 GIUGNO 1964, VERONA. Telegramma del Comando Generale della Task -Force dell'Europa Meridionale al Comandante in capo dell'Esercito americano in Europa:

«Fonte altamente attendibile, che non possiamo rivelare per la natura esplosiva delle sue dichiarazioni, ritiene possibile un coup d'Etat in Italia nel prossimo futuro».
 

Seguono i dettagli: una manifestazione della destra, a Roma, con la partecipazione di veterani, feriti ed ex prigionieri di guerra; il ruolo di Pacciardi.

Diciannove giorni dopo, quest'ultima informativa, a metà luglio, Antonio Segni chiama al Quirinale De Lorenzo e altri generali. La tensione è al culmine. Il giorno dopo, il 16, entra in scena Moro che convoca De Lorenzo, accompagnato dal capo della polizia Enzo Vicari, a casa di un suo fedelissimo, Tommaso Morlino: presenti anche Mariano Rumor e i capi dei gruppi DC alla Camera e al Senato, Benigno Zaccagnini e Silvio Gava. Argomento della conversazione: l'ordine pubblico in caso di elezioni anticipate.

Subito dopo, il golpe rientra e il 17 luglio i partiti di centro-sinistra raggiungono l'accordo per dar vita al Moro 2, con un programma che lo stesso Moro, "interrogato" dalle Br, definirà «edulcorato». Cioè, come voleva De Lorenzo, annullato.
 

L'epilogo di questa vicenda è da tragedia greca.

Il 7 agosto Segni riceve al Quirinale Moro e Giuseppe Saragat, ministro degli Esteri. Durante quel colloquio cade a terra, colto da malore. Si dimetterà in seguito, a dicembre, per grave infermità.

Fonte: L’Espresso, 7 giugno 2001.