Berlusconi indagato per il caso Ruby
"Concussione e prostituzione minorile"
Il pm: "Rapporti quando era minorenne"
Il presidente del Consiglio è stato invitato a presentarsi in Procura per la vicenda della giovane marocchina.
La nota dei giudici parla di "dettagliate indicazioni delle fonti di prova".
Perquisizioni per il consigliere regionale Nicole Minetti che fu mandata a prendere la ragazza in Questura.
Il Pdl: "Il solito logoro copione"
14 gennaio 2011 EMILIO RANDACIO
Sul caso Ruby La Procura della Repubblica di Milano ha diffuso un comunicato stampa
firmato dal procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati:
''In relazione a parziali e frammentarie notizie che sono state diffuse, al fine di una puntuale informazione,
e nel rispetto del principio costituzionale di non colpevolezza, si ritiene necessario fornire le seguenti informazioni''.
''Nel procedimento numero 55781/2010RGNR Mod 21 sono stati iscritti Nicole Minetti e altri per i reati:
A) artt. 110, 81 cpv c.p., 3 comma 2ø nn. 5 ed 8, 4 n. 7 Legge 75/1958 (violazione continuata in concorso della Legge Merlin sulla prostituzione - ndr) (in Milano, nel corso del 2010); B) artt. 110, 81 cpv, 600 bis comma 1ø c.p. (prostituzione minorile - ndr) (in Milano, dal febbraio al maggio 2010). In data 21 dicembre 2010 e' stato altresi' iscritto l'Onorevole Silvio Berlusconi per i reati: A) 81 cpv, 317, 61 n.2 c.p. (concussione continuata e aggravata - ndr) (in Milano, il 27 e 28 maggio 2010); B) 81 cpv, 600 bis comma 2/o c.p. (prostituzione minorile - ndr) (in Arcore, dal febbraio al maggio 2010,
parte offesa Karima El Mahroug detta Ruby)''. 

''Nel quadro delle indagini in corso  nella giornata di oggi sono state effettuate, da personale della sezione di Polizia Giudiziaria Polizia di Stato presso questa Procura e da personale della Squadra Mobile di Milano, perquisizioni domiciliari nei confronti dell'indagata Nicole Minetti nonche' di diverse persone informate sui fatti. E' stato altresi' notificato all'Onorevole Silvio Berlusconi ed ai suoi difensori invito a comparire, ai sensi degli artt. 375 e 453 c.p.p., corredato dalla dettagliata indicazione delle fonti di prova (nel rispetto dei limiti di utilizzazione di cui alla l. n. 140/2003 - 'Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato' - ndr), per le ipotesi di reato a lui ascritte''. 

''Le indagini  che hanno comportato anche attivita' tecnicamente complesse, sono state delegate alla Polizia di Stato,
che ha operato con encomiabile professionalita'. Milano, 14 gennaio 2011''.





GLI AVVOCATI DI BERLUSCONI: INDAGINE ASSURDA
Una «gravissima intromissione nella vita privata del presidente del Consiglio senza precedenti nella storia giudiziaria del Paese»: così gli avvocati del premier, Piero Longo e Niccolò Ghedini, commentano l'indagine contro Berlusconi dalla Procura di Milano, che definiscono «assurda e infondata» e basata su vicenda «già ampiamente smentite da tutti i testimoni e dai diretti protagonisti»

MILANO - Silvio Berlusconi è indagato, dal 21 dicembre 2010, per concussione e prostituzione minorile. La procura di Milano, oggi, ha notificato al premier un ordine di comparizione. La vicenda è quella delle presunte coperture e pressioni sulla questura, per il rilascio 1 della - a quell'epoca- minorenne Karima Ruby el Mahroug, e per il ruolo di presunte escort accompagnate nella sua casa di Arcore. Perquisiti casa e uffici della consigliere regionale Nicole Minetti, già indagata per sfruttamento della prostituzione, e gli uffici di Salvatore Spinelli, uomo della tesoreria Fininvest. Le operazioni della polizia giudiziaria sono ancora in corso e vengono coodinate dal pm Ilda Boccassini.

La nota della Procura. Dopo le indiscrezioni, la Procura esce allo scoperto con una nota. "E' stato notificato all'onorevole Silvio Berlsconi e ai suoi difensori un invito a comparire ai sensi degli articoli 375 e 453 codice di procedura penale, corredato dalla dettagliata indicazione delle fonti di prova per le ipotesi di reato a lui ascritte" si legge nel comunicato. Una nota che fa capire che il premier avrebbe avuto rapporti sessuali con la giovane Ruby dal febbraio al maggio 2010, ad Arcore. Secondo il legale della ragazza, Ruby non sarebbe stata sentita dai pm di milano da ottobre fino ad oggi. La decisione dei pm, dunque, sarebbe stata presa sulla base della deposizione di altre persone che avrebbero riferito di incontri tra il premier e la ragazza. Il leader del Pdl, secondo la Procura, non solo avrebbe avuto dunque rapporti con la marocchina, che pubblicamente ha sempre negato di essersi appartata con il premier, ma sarebbe stato consapevole di trovarsi di fronte ad una minorenne. I fatti, secondo gli inquirenti, si sarebbero 'consumati', tra il febbraio e il maggio dello scorso anno. Fino a quando, cioè, in seguito ad una segnalazione, Ruby venne condotta in Questura. Tace, per il momento, Berlusconi che ha incontrato i suoi legali Niccolò Ghedini e Piero Longo. Successivamente ha visto Gianni Letta e il ministro della Giustizia, Angelino Alfano.

Il reato. Il reato di concussione sarebbe stato compiuto per coprirne un altro, ovvero quello di prostituzione minorile. Berlusconi è indagato per il reato 600 bis comma 2 del codice penale, il quale prevede che chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164.

Il ruolo della Minetti. Il Consigliere regionale è indagata per violazione della legge Merlin sulla prostituzione e per aver indotto alla prostituzione la giovane marocchina: induzione che sarebbe avvenuta nel periodo compreso tra febbraio e maggio scorsi, cioè lo stesso per cui il premier è indagato per aver avuto rapporti sessuali con la minorenne.

Le reazioni. L'inchiesta rientra in un più ampio dossier su un giro di prostituzione d'alto bordo, in cui sono indagati anche Lele Mora ed Emilio Fede. "Lo apprendo dai giornali, non so nulla. Non ho ricevuto nessun atto formale da parte dei magistrati, nè ho subito alcuna perquisizione" dice il direttore del Tg4. Irata la reazione del Pdl che parla di '"un consueto e logoro copione, fatto di fughe di notizie e di accuse inverosimili". Per il ministro Gelmini, il Cavaliere è un "perseguitato". Tace, per il momento, Fli mentre va all'attacco Antonio Di Pietro: "Berlusconi dice che le procure lo perseguitano? Non sarà che invece è Berlusconi che perseguita se stesso?". Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani chiede che "ci vengano risparmiati ulteriori mesi di avvitamento dell'Italia sui problemi di Berlusconi".

il pm dei minori Annamaria Fiorillo: "Era evidente che c'era qualcosa che non andava, ed è per questo che ho chiesto chiarimenti al Csm" taglia corto che era di turno la notte in cui Ruby, fu portata in Questura e poi rilasciata. 


"Ruby, sei giorni ad Arcore" La prova dai tabulati del cellulare
C'è stata di continuo, giorno e notte, in un lungo weekend, a Pasqua e pasquetta. Il premier si è sempre difeso dicendo:
"Non sapevo fosse minorenne". Ma allora perché ha chiesto che fosse affidata alla Minetti?
14 gennaio 2011 PIERO COLAPRICO

MILANO - Le indagini sono in corso e le accuse a Silvio Berlusconi sono note nella forma, e nel titolo di reato, ma quali sono alcuni dei comportamenti del premier che incrociano il codice penale nei suoi rapporti con Ruby «Rubacuori»?

Almeno due. Nelle indagini è emerso che, a differenza del copione del premier che di descrive mentre aiuta «una ragazza in difficoltà» perché è «buono di cuore», Ruby andò ad Arcore in ben quattro occasioni. La prima, quella del 14 febbraio, giorno di San Valentino, con il regalo di un abito da sera, era nota. Ma i magistrati Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano hanno chiesto agli esperti di tecnologie di «tracciare» i telefonini di Ruby Rubacuori, all’epoca diciassettenne.

E hanno scoperto che, in varie occasioni di feste, la ragazza è stata invitata ad Arcore. C’è stata «di continuo», vale a dire giorno e notte, il 24, 25 e 26 aprile, Festa della Liberazione. Poi c’è stata il primo maggio. E, a tratti, durante Pasqua e Pasquetta.

Sull’innocenza di questi inviti i pm dubitano moltissimo, e avrebbero acquisito vari elementi sul tipo di feste che si temevano ad Arcore, a beneficio esclusivo del padrone di casa.

Inoltre, Berlusconi sapeva o no che Ruby era minorenne? Tutti lo negano, lo nega con forza Ruby, lo nega con indignazione Berlusconi, lo negò Emilio Fede, anche se era stato al concorso di bellezza dove Ruby, dichiarando di avere sedici anni, sfilò in bikini. 

Le indagini sul punto sono in corso, ma esiste una parolina che può portare Berlusconi a processo per «sfruttamento della prostituzione minorile», titolo di reato che scatta quando l’utilizzatore finale (copyright dell’avvocato Nicolò Ghedini) si avvicina a persone inferiori ai diciott’anni. Questa circostanza è stata confermata dai vari agenti, interrogati sul punto: nell’ormai famosa telefonata in questura, effettuata a maggio, e tenuta nascosta per mesi, Berlusconi dice chiaro e tondo: «Affidatela» al consigliere Nicole Minetti. Non c’è bisogno di affidare una maggiorenne. Si affida solo una minorenne. 


il caso Ruby, la Procura indaga dal 2009 su un traffico di escort di lusso
Telecamere in tribunale dove degli sconosciuti hanno violato l'ufficio del Gip dove erano conservati i fascicoli
dei tre interrogatori della giovane marocchina. Nei prossimi mesi calendario fitto di serate in discoteca per la ragazza
6 novembre 2010 EMILIO RANDACIO e PIERO COLAPRICO

MILANO - Ruby, la ragazza scappata di casa che si ritrovava nella villa di Arcore, ha solo aggiunto benzina, e che benzina, nel serbatoio della macchina dell'inchiesta milanese. Ma non è che i sostituti procuratori fossero a secco. C'è, sul mondo sotterraneo delle "ragazze immagine" trasformate in prostitute, una carta giudiziaria importante. Eccola. Chi scrive è il sostituto procuratore Antonio Sangermano, che si occupa dall'estate scorsa di Ruby. Si rivolge "al collega Franck Di Maio". Di Maio ha ereditato a Milano la parte dell'inchiesta "Vallettopoli" e ha ottenuto la condanna di Fabrizio Corona in primo grado (a 3 anni e otto mesi) per estorsione. "Oggetto: fascicolo numero 5139/2009 mod. 45 ... Per come ho avuto modo di anticiparti per le vie brevi, sulla scorta di una notizia di reato (...) dei carabinieri, ho avviato una preliminare attività investigativa concernente lo sfruttamento della prostituzione", scrive Sangermano. E, "al fine di lumeggiare il contesto", il pm del caso Ruby acquisisce alcuni interrogatori resi a Potenza "nell'ambito del noto procedimento a carico di Corona Fabrizio più altri". La data è il 9 settembre del 2009. È da tempo che si "lumeggia".

Quali verbali vuole? Il primo riguarda Barbara Guerra. È un'ex concorrente del programma Mediaset La Fattoria, ha avuto una brevissima storia con l'ex attaccante dell'Inter Mario Balotelli, finita tra querele e parolacce. Lei, ragazza della scuderia di Lele Mora, è stata citata come "una che si fermò a dormire" a Palazzo Grazioli nei verbali di Giampaolo Tarantini, l'imprenditore barese che portò, nella casa romana del premier, la escort chiacchierona Patrizia D'Addario. 

L'altro "ripescaggio" di carte giudiziarie riguarda Silvia Abbate, la sosia italiana di Paris Hilton. Partecipò alla prima edizione di un altro programma Mediaset, "La pupa e il secchione", ma si è allontana dal mondo dello spettacolo e ha un figlio. 

Infine, c'è Emilio Fede, oggi indagato a Milano. Era in pena per una sua amica, Dora Rutigliano, e come testimone aveva spiegato a John Woodcock, il pm di Vallettopoli: "Io ho chiamato il questore di Milano, per telefono. Il questore di Milano gentilmente mi ha mandato un vicequestore per ascoltare che cosa avevo da dire. Sono andato a cena e io ho detto: "Secondo me, qui c'è qualcosa che non funziona. Vengono fatti dei servizi fotografici e vengono spediti non si sa bene a chi, per poi vendere queste ragazze". Chiaro?". "Chiarissimo", risponde Woodcock, che poco dopo aggiunge un'espressione forte: "Mercato di donne". Fede solidarizza: "Io l'ho denunciato. Io l'ho denunciato! (...) Quando il vicequestore è venuto da me, dice: "Sì, direttore, va bene. Ma ci vuole la vittima e il (parola incomprensibile) se non c'è la denuncia scritta di un personaggio, noi..."".

È proprio grazie a queste parole del direttore del Tg 4 che emerge la spiegazione sul perché il fascicolo milanese sia stato aperto a modello 45. I fatti qui non mancano, compreso il "bunga bunga" per il premier ad Arcore, ma che cosa aveva detto il vicequestore a Fede? Se non c'è la denuncia, è difficile procedere. 
Alla Procura di Milano però procedono e il fascicolo non è più "cieco". È aperto per sfruttamento della prostituzione, Berlusconi è un semplice cliente, e sono indagati, oltre a Fede, Lele Mora e la neo-politica Nicole Minetti. Ci sono molti più verbali, dei tre firmati da Ruby. Che, non dovendo essere interrogata in questi giorni, ha diffuso la voce che giovedì rientrerà sulle scene all'"Albikokka", la "ristodiscoteca" frequentata dai calciatori di Genova. Pare abbia un calendario fittissimo di serate: è prenotata, scherzano, dalle Alpi "... alle piramidi". 

Intanto, al settimo piano del palazzo di giustizia, davanti agli uffici dei gip, ieri sono spuntati i tecnici: dove alcune "manine" sono passate la scorsa estate, in cerca di chissà che cosa, montano le telecamere di sicurezza. Proprio là dove il fascicolo Ruby, se ci saranno richieste di arresto, dovrà passare. 
 


Caso Ruby, il bluff del Cavaliere Tra Procura e finto affidamento
30 OTTOBRE 2010 PIERO COLAPRICO E GIUSEPPE D'AVANZO

NON è successo niente, vuol fare credere Berlusconi. È vero, telefona al capo di gabinetto della questura di Milano, lo fa per tirare fuori dai guai la sua giovanissima amica marocchina. È accusata ancora una volta di furto, ma è persecutorio vedere in questa mossa un abuso di potere, perché poi le regole in questura sono state rispettate fino in fondo, no? Dunque, nessun illegalismo. Karima Heyek, 17 anni, "alias Ruby Rubabaci", alias "Ruby Rubacuori", doveva essere affidata a qualcuno e Berlusconi ha soltanto indicato, come un buon padre di famiglia, come una persona di buon cuore, a chi affidare la minorenne (che, fino a quel momento, pensava fosse maggiorenne).

Prima di intervenire su quel funzionario, il Cavaliere si è preoccupato di spedire in via Fatebenefratelli una sua amica, Nicole Minetti, 25 anni, igienista dentale diventata consigliere regionale. È questo che, raccontando una menzogna e ipotizzando un iperbolico incidente internazionale, chiede alle 23 del 27 maggio il premier al capo di gabinetto: affidate la ragazza, che è nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak al consigliere regionale, che tra qualche minuto sarà da voi.

Ora qui s'incontra una prima incoerenza. Nicole Minetti, in tutte le dichiarazioni di queste ore, sostiene di non aver mai ospitato in casa sua Ruby.

"Conosco Ruby come conosco numerose altre persone del mondo televisivo. Ci tengo a precisare che con la signorina Ruby non ho rapporti di amicizia, né l'ho mai ospitata in casa mia". Quindi, delle due l'una. O Ruby è stata affidata alla Minetti e Nicole non ha assolto al suo impegno. Oppure Ruby non è mai stata affidata effettivamente alla Minetti. Lei è soltanto uno "schermo", l'asso truccato che il Cavaliere gioca nella sua affannosa partita. 

C'è un unico luogo dov'è possibile sciogliere il dilemma. E' la riservatissima procura dei minori di Milano. Le regole prevedono infatti che sia il sostituto procuratore di turno, interpellato dalla polizia, ad autorizzare il rilascio del minore: per indirizzarlo in un luogo preciso e protetto, o sotto la tutela di una persona affidabile. La risposta che si raccoglie al tribunale dei minori sul "caso Ruby" è questa: va controllato se le disposizioni che quella notte il sostituto procuratore dà alle forze di polizia sono state rispettate.

Già porre in questi termini la questione rivela che c'è quanto meno una possibile sconnessione tra le indicazioni di quella notte del sostituto procuratore e le mosse di chi decide, alle 2 del 28 maggio, di lasciare andare via la diciassettenne Ruby con Nicole Minetti. Una Ruby che finirà poi in una specie di porto di mare, di quei posti che terrorizzano i buoni padri di famiglia: la casa di una ragazza brasiliana dall'incerto mestiere, incapace  -  per usare le formule del tribunale dei minori  -  di offrire la tutela doverosa e necessaria. Anzi, Ruby e la coinquilina si accapiglieranno per una gelosia sessuale con tale violenza da rendere necessario l'intervento degli agenti d'una volante per "lite in condominio", come si legge nella relazione di servizio.

Il tableau giustifica una prima approssimata radiografia dell'abuso di potere di Silvio Berlusconi. A cominciare da una bizzarria. E' irragionevole e anomalo che il premier telefoni personalmente al capo di gabinetto di via Fatebenefratelli nella notte tra il 27 e 28 maggio per tirare fuori dai guai l'amica minorenne accusata di furto. C'è un eccesso d'urgenza nel suo intervento precipitoso. Un'angosciosa pena. Una concitazione che, nelle ore successive, travolgerà la routine della questura di Milano per riaffiorare nelle forme dell'apprensione oggi, quando i protagonisti affastellano contraddittorie ricostruzioni della loro amicizia con Ruby. Che cosa spinge Berlusconi a muoversi direttamente? Che cosa teme? Senza nessun moralismo, ci si può chiedere: possibile che il capo del governo, che vuole proteggere una giovanissima amica che si è messa nei guai, non abbia accanto nessuno, a Palazzo Chigi, al ministero dell'Interno, nel suo staff ristretto che sbrighi affari border line di quel tipo, con la telefonata giusta al numero giusto? Sembra incredibile, ma pare di no. 

Chi conosce il Cavaliere sostiene che si è mosso da solo "perché è sempre ghe pensi mi". Sembra troppo che il superomismo del Cavaliere si eserciti con un evento in apparenza alquanto trascurabile. Forse l'evento non è trascurabile, per il Cavaliere. E c'è chi avanza un'altra ipotesi: il premier vede materializzarsi, con la presenza di Ruby in questura, il fantasma che i suoi consiglieri più affidabili gli hanno da tempo annunciato. Prima o poi, qualcuna di queste amiche ti tradirà. 

Ruby ha tutte le caratteristiche per combinare un pasticcio catastrofico per il premier (e non è affatto detto che questo non stia accadendo). Parla troppo. E' fantasiosa. Ha un talento particolare a confondere e mescolare il vero con il falso. Ma è sufficientemente intrigante e si fa voler bene. E' ragionevole che sia questa leva che spinge Berlusconi a muoversi in prima persona e con irruenza. Nella relazione che è stata consegnata al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, si legge anche l'ora e la modalità dell'intervento del capo del governo, che avviene a poche ore dalla lite in strada tra Ruby e la ballerina trentunenne Caterina P., che lavora con l'agenzia Lele Mora. 

L'amica del premier le ha rubato 3mila euro, è andata via da casa sua con due anellini e le magliette della ragazza. E Caterina P., che alle 18.15 l'ha riconosciuta in un centro benessere di corso Buenos Aires, chiama il 113 "per fare arrestare la ladra. Ruby -  racconta la bruna Caterina  -  sale su un taxi, che segue la volante, e io che non ho nemmeno un euro vado a piedi per fare la denuncia. Non vedrò più Ruby, né so ancora oggi delle indagini sul furto, si sono dimenticati tutti dei soldi trafugati a me da quella lì, una da paura, veniva a cercarla certa gente che ho i brividi ancora adesso". Non è, insomma, Ruby esattamente la "brava gente" che frequenta le ville e i palazzi del premier, secondo il premier. 

Ora c'è un nodo ben stretto da sciogliere. Chi ha avvisato il presidente del consiglio del fermo di Ruby? Si conosce la versione della ragazza: al momento dell'intervento della polizia nel centro benessere è presente un'amica comune, che allerta Nicole Minetti. Questa ricostruzione è però contraddetta dalla Minetti: non conosco così bene Ruby, in realtà è stato Berlusconi a chiamarmi e a dirmi di andare in via Fatebenefratelli. E' una versione che ne sostiene un'altra che si raccoglie in questura: ai minori noi non togliamo il telefono cellulare. Può essere dunque stata Ruby a telefonare direttamente al capo del governo. Un'ipotesi non stramba perché Ruby ha certamente il numero del caposcorta di Berlusconi: nelle indagini della procura milanese  -  i tabulati sono stati richiesti già da tempo  -  ci sono i riscontri di molte telefonate tra i due cellulari. 

Ricapitoliamo. Tra le 18.15 (Ruby arriva in questura) e le 23 (Berlusconi parla con il capo di gabinetto) comincia una partita a due. Ruby è nei guai, si rivolge all'amico Silvio. Silvio si attiva. Chiama Nicole Minetti. Le ordina di andare in questura.

E' un'ora prima di mezzanotte quando, come ha anticipato il Corriere della Sera, il capo di gabinetto della questura di Milano riceve una telefonata dal "caposcorta" di Berlusconi. L'ufficiale si limita a presentarsi e ad annunciare al funzionario che gli sta per passare il capo del governo. Ora è Berlusconi che parla. Quel che gli dice, il Cavaliere lo ripete in queste ore in pubblico: "Ho voluto dare aiuto a una persona che poteva essere consegnata non a una comunità o alle carceri, che non è una bella cosa, ma data in affidamento. Siccome mi aveva rappresentato un quadro di vita a dir poco tragico, l'ho aiutata. Tutto qui". 

Berlusconi vuole dimostrare che il suo intervento è stato trascurabile, forse inutile. Non si accorge di confessare la sua vera intenzione: cambiare le carte in tavola. Determinare un esito diverso da quel che egli temeva potesse essere, immaginava dovesse essere: la ragazza ristretta in una comunità, o addirittura in gattabuia. E' questo l'incubo del Cavaliere, quella notte. Come avrebbe potuto reagire quella ragazza imprevedibile, che tre mesi prima era stata con lui alla festa di San Valentino ad Arcore? E che, ancora a marzo, aveva passato la notte a Villa San Martino? Che cosa avrebbe potuto raccontare? Che cosa si sarebbe potuta inventare? Meglio metterla al sicuro. Meglio piazzarle accanto una persona di fiducia, in grado di controllarne le mattane. Berlusconi sceglie Nicole Minetti, una sua creatura, inventata dal niente da lui e che a lui deve tutto. 

La questura di Milano e, non c'è dubbio, il ministro dell'Interno in Parlamento (risponderà a un question time) sosterranno che "sono state eseguite tutte le ordinarie procedure previste dal protocollo per i casi di rintraccio di persona minorenne. Solo dopo che la questura ebbe accertata la mancanza di posti presso le comunità della zona, dopo l'autorizzazione del magistrato competente e con il consenso della giovane marocchina, ella fu affidata alla signora Minetti". Né poteva essere diversamente, se si dà retta a Berlusconi. Che dice: "Non ho influenzato assolutamente nessuno. Non avrei potuto pensare di esercitare un potere che non ho. Tra l'altro tutti sanno che in Italia il primo ministro non ha nessun potere". Come se fosse del tutto trascurabile per un funzionario dello Stato  -  nel nostro caso, il capo di gabinetto della questura di Milano  -  ricevere nel cuore della notte la telefonata del presidente del consiglio che gli chiede se è in stato di fermo una "egiziana" e se la si può affidare a una signora che presto arriverà lì, "da voi", magari senza lasciare traccia del passaggio della ragazza. Quindi nessuna foto, nessun verbale. Berlusconi ridimensiona. In fondo, che avrò fatto mai?, domanda. 

Che cosa succede in questura tra le 23 (Berlusconi chiama) e le 2.00 (Ruby esce) lo si conosce leggendo le relazioni di servizio, oggi nel fascicolo dei pubblici ministeri che indagano per sfruttamento della prostituzione Lele Mora, Emilio Fede, Nicole Minetti. Raccontano gli agenti: la giovane funzionaria di turno nella centrale operativa arriva trafelata nel corridoio del piano terra, dove si affaccia l'ufficio del "Fotosegnalamento". Secondo la prassi, Ruby deve appoggiare le dita sulla lastra fotografica che si collega al Cerved, il cervellone del ministero dell'Interno. Questa semplice operazione consente agli agenti di dare un'identità a chi è sprovvisto  -  come lei  -  di documenti ed è stato già ospite  -  come lei  -  di una questura italiana. Consente di conoscere in tempo reale quali sono i precedenti penali e se  - come lei  -  ci si è allontanati da una casa-famiglia. La relazione inviata al ministro Maroni conferma che questo protocollo è stato rispettato. Quel che non è chiaro nel soggiorno di Ruby in questura non è il rispetto formale delle procedure, ma l'esito delle procedure. Qui affiora più di qualche dubbio. Che nesso c'è tra una marocchina minorenne con residenza a Letojanni, Messina, scappata dalla comunità La Glicine per farsi randagia di lusso a Milano, accusata di furto in più d'una occasione, e nientemeno che  -  parola del presidente  -  la nipote dell'egiziano Hosni Mubarak? E' un fatto che questa storia del prestigioso e fasullo legame familiare non viene raccontato alla procura dei minori. E' un fatto che quella notte la polizia interpella il sostituto di "turno minori", più volte. E' un fatto, però, che quelle disposizioni, in quelle ore, saranno com'è prassi soltanto orali. Diventeranno rapporto scritto il giorno successivo. E' un fatto che la procura della Repubblica ha acquisito questo documento per verificare se c'è una corretta corrispondenza tra le disposizioni impartite a voce tra il 27 e 28 maggio dal magistrato alla polizia e quel che effettivamente la questura ha fatto. Tasto dolente è sempre il ruolo di Nicole Minetti, alla quale  -  come abbiamo visto  -  la polizia affida Ruby, ma che una volta in strada se ne lava le mani.

Una volta in strada Nicole, sostiene Ruby, non si comporta come il consapevole affidatario che si deve occupare di lei. Nicole è lì perché c'è stata mandata: ora sono passate le due e Nicole ha soltanto un'ultima faccenda da spicciare. Deve chiamare Berlusconi, che l'ha spedita lì, aggiornarlo su quanto accaduto, rassicurarlo che Ruby non gli è ostile, anzi gli è riconoscente. Silvio rabbonisce la ragazza: ti voglio bene anche se non sei egiziana e non sei maggiorenne. Come dire, non ce l'ho con te, ti voglio ancora bene anche se mi hai mentito. Addirittura sulla nazionalità. Peggio, sull'età. L'asso truccato calato dal premier ha fatto la sua parte nel gioco affannoso di quella notte anche se la questura, forse avventurosamente, ancora oggi si ostina a sostenere che Nicole Minetti sia stata l'affidataria della minorenne marocchina. Nella prossima settimana, si verrà a capo della questione. In fondo, non è un'operazione complicata. La procura di Milano dovrà confrontare le disposizioni del sostituto procuratore dei minori e i verbali e le condotte della polizia. Sullo sfondo, i tabulati delle telefonate ricevute e fatte dagli attori di questa storia che è meno cristallina di quanto vuol far credere il Cavaliere e ha solo una certezza: l'abuso di potere che ha deformato il lavoro della polizia.



La Minetti racconta la sera del 27 maggio:
non la volevano rilasciare, poi il premier mi ha richiamata
"Silvio mi disse: vai in questura e chiedi di prenderla in affido"
PAOLO BERIZZI
MILANO - «Come sto? Provi lei a immaginare lo stato d'animo di una che legge sui giornali che è indagata per favoreggiamento della prostituzione... Cioé... Io... capisce?». Nicole Minetti vive in apnea da quarantotto ore. Il telefono non smette di squillare, gli incontri con gli avvocati, l'occhio vigile sui ritagli di giornale e sui lanci di agenzia. Il Ruby-affaire l'ha travolta: entrata in politica sei mesi fa - è consigliere regionale lombardo del Pdl - quando Silvio Berlusconi le offrì la candidatura nel listino Formigoni, l'ultima cosa che avrebbe immaginato è di ritrovarsi, a 25 anni, in mezzo a uno scandalo a luci rosse.

Conferma, innanzitutto, di essersi presentata in questura la sera del 27 maggio per portare via Ruby?
«Sì, certo, ero io».
Come andarono le cose?
«Il presidente (Silvio Berlusconi, ndr) mi ha chiamata chiedendomi di andare in questura per risolvere la situazione».
E lei lo ha fatto.
«Si, mi sono presentata là, in veste di persona maggiorenne che conosceva Ruby. Ho spiegato che sarebbe venuta via con me. Mi sono resa  disponibile, facendo da garante».
Ma non è bastato, ci voleva l'autorizzazione del procuratore dei minori di turno.
«Esatto, l'ho riferito al presidente. Poi mi ha richiamato, quando ero fuori dalla questura e mi ha pregato di prenderla in affido. Altrimenti non l'avrebbero lasciata. Quindi sono rientrata e, una volta ottenuto l'affido, la cosa si è sbloccata».
Scusi, lei accetta di prendere in affido una ragazza marocchina fermata per un furto e portata in questura.
Come minimo dovevate essere amiche.
«No, Ruby non è una mia amica e non l'ho mai ospitata a casa mia.
Era una persona in difficoltà e per questo ho accettato di prendermi cura di lei».
Beh, vi conoscevate, comunque.
«La conoscevo come ho conosciuto molte persone che lavorano o si sono affacciate nello spettacolo». 


Nicole Minetti, bellezza mora, prima di lavorare come igienista al San Raffaele ha collezionato alcune apparizioni tv (Scorie, Colorado café). Poi, dopo l'aggressione in piazza Duomo, l'incontro con Berlusconi in ospedale. Nicole (liceo classico, laurea con 110 e lode, dieci anni passati nella scuola di danza della madre) era già iscritta al Pdl, «attratta dal carisma del Cavaliere».

Può raccontare come è continuata questa vicenda dalla notte del 27 maggio a oggi?
«No, questo per ora non glielo posso dire».

Girano voci discordanti sul suo rapporto con Ruby. Qualcuno sostiene che vi frequentavate da un po'.
«Gliel'ho già detto, non era una mia amica».

C'è addirittura chi dice di avere visto Ruby assieme a lei negli uffici del Consiglio regionale.
«Ma figuriamoci, Ruby non ha mai messo piede in Regione».

Teme che questa storia possa danneggiarla? È preoccupata?
«Non voglio parlare di come sto, non adesso. E comunque provi a pensare come posso sentirmi di fronte a una roba del genere...»



L'abuso di potere
29 OTTOBRE 2010 GIUSEPPE D'AVANZO

"Ho buon cuore" dice. Silvio Berlusconi ammette di essere intervenuto con la sua autorità di capo del governo sulla polizia di Milano per favorire una giovane amica in stato di fermo con sul groppo un'accusa di furto. Ha un buon cuore e, se può, una mano la dà, dice. C'è un non trascurabile requisito. Si deve essere suoi amici o dipendenti o familiari o protetti o corifei e il soccorso, la tutela, la salvaguardia arriverà. 
Non scopriamo oggi che, nel regime berlusconiano, il potere statale protegge se stesso e i suoi interessi economici. Senza scrupoli e apertamente. Con l'intervento a favore della giovanissima Karima Keyek, in arte Ruby; quel potere che sempre privatizza la funzione pubblica muove un altro passo verso un catastrofico degrado rendendo "pubblica" finanche la sfera privatissima dell'Eletto. In un altro Paese appena rispettoso del canone occidentale il premier già avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni. Siamo nell'infelice Italia e quel che la scena mostra ancora una volta non può sorprenderci perché l'abuso di potere è il sigillo più autentico del dispositivo politico di Silvio Berlusconi. È un atteggiamento ordinario, un movimento automatico, una coazione meccanica. 

Il Cavaliere non accetta critiche, travolge ogni misura istituzionale. Non conosce il raziocinio politico che gli dovrebbe consigliare discrezione, affidabilità, trasparenza, equilibrio per onorare la responsabilità e rispettare il decoro della funzione. Attese sublunari per l'Eletto. Conquistato il bottino dei voti sufficienti per governare, invece di sentire gli oneri dell'incarico, se ne sente liberato. Fino al punto di non avvertire alcun disagio nell'esigere in una notte di maggio che i poliziotti facciano in fretta ad affidare una ragazzina che frequenta la sua villa e le sue cerimonie notturne a una persona di sua fiducia (una venticinquenne soubrette e igienista dentale trasformata in eletta del popolo).

In uno "Stato legislativo", dove quel che conta è la legalità e chi esercita il potere agisce "in nome della legge", le burocrazie sono "neutrali", uno strumento puramente tecnico che serve orientamenti politici diversi e anche opposti. Berlusconi che non vuole essere l'anonimo esecutore di leggi e non intende governare in nome della legge, ma in nome di ciò che ritiene necessario a se stesso, pretende ora che la burocrazia dello Stato si trasformi in ufficio ubbidiente e sottomesso. Anche qui si misura un altro passo verso il precipizio perché fino a ieri - è sufficiente prendere atto del ruolo di Guido Bertolaso - il capo del governo pretendeva che le burocrazie condividessero la capacità di assumersi il suo stesso rischio politico, come fossero un'élite politica e non istituzionale. Oggi anche questo standard scolora, trasformando con un abuso di potere l'ufficio pubblico in un obbligo servile. 

È soltanto una delle "violenze" che abbiamo sotto gli occhi.
Era già un abuso di potere telefonare in un pomeriggio di autunno del 2008, da un palazzo di Roma e senza conoscerla, a una ragazzina (Noemi Letizia) che sta facendo i compiti nella sua "cameretta" per sussurrarle ammirazione per "il volto angelico" e inviti a conservare la sua "purezza". Era un abuso di potere ancora maggiore imporre ai genitori della ragazza di confermare la fiaba di "una decennale amicizia" con il premier, nata invece soltanto qualche tempo prima grazie a un book fotografico abbandonato da Emilio Fede sullo scrittoio presidenziale. È un abuso di potere - disonorevole per un uomo di Stato - trascurare la fragilità di una giovanissima ragazza, il suo evidente disagio umano e sociale, per afferrare soltanto la vitalità, la bellezza sfruttandone il bisogno e le ambiziosissime smanie. L'abuso di potere per Berlusconi ne annuncia sempre altri. Non occorre un mago Merlino per sapere che, nei prossimi giorni, una nuova "violenza" si scatenerà sulla ragazza. La poveretta, come è accaduto anche per Noemi Letizia, dovrà rettificare, correggere, negare, contraddirsi, smentire ciò che è scritto nero su bianco in un pugno di interrogatori che raccontano quanto disordinati siano tornati ad essere i comportamenti del capo del governo.
C'è qualcosa di notturno e patologico nel declino di una leadership sempre più affannosa e affannata. Nel suo crepuscolo se ne intravede il macroscopico deficit. È l'incapacità di interpretare una politica all'interno delle regole, costretta a adulterarsi in una perenne violenza istituzionale che non assicura alcun governo al Paese ma soltanto più tempo a chi governa. Già era arduo rassegnarsi a questo destino. Ora appare difficile accettare la cristallina inadeguatezza di Berlusconi. Il capo del governo appare incapace non solo di rispettare il livello di onore che la sua responsabilità dovrebbe imporgli, ma addirittura se stesso. Una previsione non può essere che cupa. L'Io ipertrofico di Berlusconi non ammette interlocutori, consigli, regole, critiche, equilibrio istituzionale, saggezza politica. Incapace di guardare in faccia la realtà che si cucina da solo, trascinerà irresponsabilmente il Paese nella sua caduta. Impedire questa rovina non può essere un dovere soltanto per le opposizioni.


Ruby: "Silvio mi mostrò l'Audi e disse: è per te"
I verbali della giovane al centro della nuova inchiesta che coinvolge il premier.
Sulla telefonata di Palazzo Chigi i pm sentiranno i poliziotti
29 OTTOBRE 2010 PIERO COLAPRICO

Per non farsi frastornare e restare ancorati alla realtà, occorre seguire quello che "fanno" i poliziotti. E intorno a questo architrave "poliziesco" vanno messi in evidenza alcuni dettagli fondamentali, per quanto surreali. Primo fatto. Alcuni detective sono in missione a Genova: ci sono andati a cercare Ruby, la minorenne invitata alle feste del premier ad Arcore, la ragazza del momento mediatico (e forse anche storico). E a cercare le sue "tracce". Secondo fatto. Altri poliziotti, semplici agenti, graduati e funzionari, tutti in servizio in via Fatebenefratelli 11, sanno che è imminente la convocazione al palazzo di Giustizia. I magistrati intendono comprendere un po' meglio, e al più presto, che cosa sia accaduto nella notte tra il 27 e il 28 maggio scorso. Ora, che ci sia stata una sorta di "truffa diplomatica" (Palazzo Chigi telefona spacciando la falsa notizia che "è la nipote di Mubarak" per tirar fuori l'amica del premier da un ufficio pubblico) è ormai una circostanza  -  per quanto incredibile sia  -  data per scontata. E persino l'ambasciata egiziana ci ha tenuto a far sapere che "non esiste" alcuna parentela tra il presidente e questa spigliata marocchina contrabbandata per "nipote".

Ora veniamo ai dettagli. La diciassettenne, ha molti amici in Liguria. Li ha soprattutto nel giro della "notte", nonostante il suo indirizzo fosse quello di una comunità per minori. I siti web si vanno riempiendo delle sue foto e delle sue performance in discoteca. E anche a Genova Ruby non è che sia stata molto riservata sull'immagine del premier e sulla sua vita milanese. Un mese fa venne fermata alla stazione di Brignole. Solita trafila che riguarda i minori, per di più è una ragazza, truccatissima, e con in tasca 5mila euro in contanti. Troppi, pensarono i poliziotti, per una che dovrebbe stare in comunità: che fai? Risposta: "Non pensate male, sono una modella, e faccio le sfilate per Lele Mora". 

Torna sempre l'ombra di Lele, e non solo la sua. Nei verbali milanesi, Ruby aveva raccontato di aver ricevuto in regalo da Berlusconi un'auto. Ieri, ricostruendo le storie delle feste con "bunga bunga" ad Arcore e dei soldi, dei gioielli, dell'abito di Valentino, avevamo omesso di citare il modello dell'auto. Bene. Alle ragazze come lei, sistemate nella comunità di Sant'Ilario, sui colli della città, che cosa raccontava Ruby? "Voi non lo sapete, ma Berlusconi mi ha regalato anche un'Audi R 8". Le amiche di chiacchierata l'avevano presa per un'esagerazione, ma il modello corrisponde al verbale.

E nel verbale lei racconta che, nella seconda serata dell'invito ad Arcore, avviene questa scena. Arriviamo, io ed Emilio Fede, poi Silvio  -  dice  -  mi trattiene e nel giardino della villa mi mostra l'Audi e dice che è per me. "Portatemi questi verbali", dice lei ieri sera, in un comprensibile tentativo di sfida e di minimizzare, di proteggersi e forse di proteggere "persone che mi hanno aiutato senza chiedere niente in cambio". Che è una bella frase, anche onesta, ma in un contesto che è quello che è. 

Ruby sa bene che l'emersione della "connection" (umana, e anche un po' grottesca) tra lei, scappata dalla casetta di Letojanni, e gli inviti con grande sfoggio di generosità da parte di Silvio Berlusconi, è cominciata (ed è anche "sparita") in questura. Era la notte tra il 27 e il 28 maggio. Cinque mesi fa. Che cos'è dunque successo tra il primo piano e lo stanzone dei fermati, quando Ruby, accusata di furto, senza documenti, incontra gli agenti? La moviola delle indagini s'è messa di nuovo in movimento. E si va avanti fotogramma per fotogramma. La "pratica Ruby", e cioè la storia burocratica della diciassettenne Karima (il suo vero nome), residente a Letojanni, figlia di un venditore ambulante e di una casalinga con la passione per lo spettacolo, formalmente è a posto. Non è che ci siano dei dilettanti allo sbaraglio. "Nessun privilegio o trattamento preferenziale per Ruby-Karima a seguito della telefonata della Presidenza del Consiglio", fanno sapere dalla stessa questura. Ma resiste quel gigantesco "ma" intorno alla sua liberazione notturna e alle telefonate tra "una voce" di Palazzo Chigi e l'ufficio di gabinetto. E riguarda Nicole Minetti, 25 anni, consigliere regionale Pdl per ordine di Berlusconi, con un curriculum che passa da show girl a "igienista dentale" all'ospedale San Raffaele.

Ora, è vero che Karima viene invitata dai poliziotti a parlare con i genitori in Sicilia e la telefonata è brusca: "Non ne vogliamo sapere più niente, scappa sempre, se sta a Milano tenetevela". È vero che il Tribunale dei minori viene allertato. È vero che non si trova a Milano una comunità disponibile e Ruby, molto probabilmente, con tutte le difficoltà del caso, resterà in una camera di sicurezza della questura. Ma è anche vero, verissimo, che è accusata di furto. Che ha precedenti specifici per furto. Ma sei ore dopo il suo ingresso in questura una funzionaria arriva nello stanzone del fotosegnalemento e blocca tutto. E chi prende in carico una "scappata di casa" spacciata da Palazzo Chigi per la nipote di un capo di Stato straniero? Nicole Minetti, invitata anche lei alle feste di Arcore. La Procura vuole vederci un po' più chiaro, anche se "a posteriori", nei modi e nei metodi di quella che resta la "consegna".



Emilio Fede: "Ho visto Ruby da Berlusconi"
La ragazza: "Amareggiata, sto male"
Il direttore del Tg4: "Non l'ho presentata né al premier, né a Lele Mora". Ma sul web una conferma:
era giudice al concorso di bellezza cui partecipò la minorenne che ora dice:
"La mia verità manipolata". Il sindaco di Letojanni: "Sono io il suo tutore"
28 ottobre 2010

MILANO - Emilio Fede rompe il silenzio e parla dell'indagine aperta alla procura di Milano per favoreggiamento della prostituzione. Lo fa per precisare la sua posizione rispetto a Ruby, la ragazza che ha raccontato 1 di aver partecipato a feste a casa Berlusconi alle quali sarebbe stata accompagnata (allora minorenne) per interessamento proprio del direttore del Tg4: "Credo di avere conosciuto quella ragazza a qualche cena a casa di Berlusconi ma non l'ho presentata io né a Lele Mora, né al presidente del Consiglio". Intanto, si cerca di alzare una cortina di riservatezza intorno alla ragazza, che si dice amareggiata e dichiara: "Sto male". Dal profilo Facebook di Ruby sono state rimosse le immagini più esplicite.

L'autodifesa di Fede in diretta tv. In serata, durante il Tg4, Emilio Fede ha dedicato un breve intervento al suo caso personale: "Non ho mai commesso nulla di illecito, e non potrei mai farlo finché non verrò chiamato lassù. Io sono rispettoso della giustizia ma soprattutto della mia coscienza di uomo e di giornalista". Quindi, dopo aver attaccato "la fuga di notizie" che, secondo lui "rischia di rovinare la dignità delle persone coinvolte in un'indagine dalla quale risultano spesso estranei", il direttore ha concluso dicendo che in queste vicende "ci vuole una grande forza fisica e psicologica, e anche onestà e rispetto per la magistratura".

Ma il racconto di Ruby sembra trovare conferme su Internet: si possono rintracciare fotografie e articoli che testimoniano la presenza di Fede nella giuria di un concorso di bellezza, a Sant'Alessio Siculo, nel settembre 2009, cui partecipa anche Ruby. Alcuni articoli di giornali locali, ad esempio, citano "l'egiziana Ruby H.", sedicenne, che abita a Letojanni, nel messinese, come vincitrice del titolo ragazza Capo Sant'Alessio.

Ruby: "Sto male, coinvolte persone che mi hanno aiutato".  Dopo una mattinata in cui si sono succedute precisazioni, prese di distanza e richieste di chiarimenti 2, lei si difende: "Sono amareggiata, la mia verità è stata manipolata". E difende le persone che, secondo lei, sono state accusate ingiustamente: "Sono dispiaciuta per quanto sta accadendo. Mi spiace soprattutto perché vedo che sono state coinvolte persone che mi hanno aiutato senza chiedere niente in cambio". 

"Sto male", si lamenta poi Ruby, contatta dall'agenzia Ansa nel pomeriggio, spiegando che molti l'hanno contattata in questi giorni: "Ma ho rifiutato" ha detto, riferendosi agli inviti. "Stamattina - ha poi raccontato la giovane - ho cancellato il mio profilo da Facebook". Alle 10.30, precisa la ragazza, "l'ho eliminato". In realtà  il profilo è sempre rimasto online, sono solo state cancellate alcune delle immagini più osé ma nel corso della giornata sono state accettate le richieste di amicizia di diversi giornalisti.

Il sindaco di Letojanni: "Sono il tutore, riportatela qui".  "Agli effetti di legge fino al 2 novembre, quando diventerà maggiorenne, sono il tutore di Ruby e pertanto, anche se per pochi giorni ancora, chiederò che la ragazza torni a Letojanni. Sono pronto ad andare di persona a Milano per prenderla". Lo afferma Giovanni Mauro, sindaco di Letojanni (Me) dove risiede la famiglia della diciassettenne marocchina. Il sindaco ha ribadito che "ormai da quattro anni l'amministrazione paga i servizi sociali per il recupero della giovane e pertanto ha l'obbligo per legge di seguirla sino al compimento della maggiore eta".

Nel paesino in provincia di Messina, a pochi chilometri da Taormina, molti ricordano Ruby come "una ragazza mora, alta, che si faceva notare dimostrando molto più della sua età". Il padre, che ha 56 anni, è un venditore ambulante, la madre una casalinga di 43; Ruby è la più grande di quattro figli, due maschietti di sette e tre anni e una sorellina di sei. Dopo avere frequentato la scuola media, Ruby ha abbandonato gli studi confermando di avere un carattere irrequieto, tanto da essere più volte segnalata ai servizi sociali del Comune. Tre anni fa, non ancora quindicenne, si era allontanata da casa senza dare più notizie di sé. La polizia l'aveva rintracciata qualche mese dopo, nell'aprile del 2008, affidandola a una casa-famiglia a Messina dalla quale era fuggita quasi subito.

La polizia nella casa famiglia di Genova. Nel settembre del 2009 era stata nuovamente fermata dagli investigatori a Genova e affidata a una comunità protetta dalla quale si era allontanata ancora una volta. L'ultima segnalazione ai servizi sociali del Comune di Letojanni risale al febbraio 2010, quando Ruby fugge per la terza volta, questa volta a Milano prima di essere nuovamente fermata dalla polizia nell'ambito delle indagini su un furto. Nel paesino l'hanno rivista nell'aprile di quest'anno, in occasione di un raduno motociclistico, "con il trucco pesante e vestita con abiti firmati", in compagnia di una signora di circa 45 anni, anche lei molto avvenente ed elegante. Da quel momento di lei più nessuna notizia, fino a quando il nome di quella ragazza marocchina, che tutti in paese conoscono, non è apparso sui giornali. 

Tre agenti della polizia di Milano nel pomeriggio si sono recati alla casa famiglia "Kinderheim" di Sant'Ilario, quartiere residenziale del levante genovese. Nulla trapela sul motivo della visita degli investigatori, ma è lì che lo scorso maggio il tribunale dei minori di Milano l'aveva affidata, prima che la ragazza fuggisse nuovamente a Milano. È proprio dalla finestra della casa famiglia, mentre gli agenti parlano con la direttrice, che una ragazzina si affaccia dicendo di essere l'amica del cuore di Ruby. E racconta di lunghe chiacchierate al telefono, come quella di ieri durante la quale la giovanissima marocchina le avrebbe detto: "Domani compra il giornale, mi raccomando, compra il giornale". "La sento spesso al cellulare - dice la ragazzina affacciata alla finestra - ma è sempre lei che mi chiama. Oppure chattiamo su facebook". E aggiunge: "Certo che sapevamo del premier, ce l'aveva detto che lo conosceva. Ci ha detto che le ha fatto un sacco di regali", "arrivava a volte con tanti soldi e ne dava anche a noi, a chi ne aveva bisogno".


Ruby, le feste e il Cavaliere:
"La mia verità sulle notti ad Arcore"
La minorenne marocchina fu fermata per un furto, mentre era in Questura intervenne Palazzo Chigi:
"Rilasciatela, è la nipote di Mubarak". La ragazza racconta il rituale del "bunga bunga",
esclude di aver fatto sesso con il premier. Indagati Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti
28 ottobre 2010 PIERO COLAPRICO e GIUSEPPE D'AVANZO

MILANO - Alla questura di Milano, nello stanzone del "Fotosegnalamento", c'è solo Ruby R., marocchina. Dire "solo" è un errore, perché Ruby è molto bella e non si può non guardarla. Se ne sta sulla soglia, accanto alla porta, e attende che i due agenti in camice bianco eseguano il loro lavoro, ma è come se occupasse l'intera stanza. E' il 27 maggio di quest'anno, è passata la mezzanotte e i poliziotti hanno già fatto una prova: la luce bianca, accecante, funziona alla perfezione. La procedura è rigorosa, nei casi in cui un minorenne straniero viene trovato senza documenti: finiti gli accertamenti sull'identità, se non ha una casa o una famiglia, sarà inviato, dopo aver informato la procura dei minori, in una comunità. È quel che gli agenti si preparano a fare, perché Ruby ha diciassette anni e sei mesi (è nata l'11 novembre del 1992) e all'indirizzo che ha dato, in via V., non ha risposto nessuno. Era anche prevedibile: ci abita un'amica che, dice Ruby, è una escort e se ne sta spesso in giro. All'improvviso, il silenzio dello stanzone si rompe. Una voce si alza nel corridoio. E, alquanto trafelata, appare una funzionaria. Chiudete tutto e mandatela via!, è il suo ordine categorico. Gli agenti sono stupiti. L'altra, la funzionaria, è costretta a ripetere: basta così, la lasciamo andare, fuori c'è chi l'aspetta!

Non è che le cose vanno sempre in questo modo, in una questura. La ragazza non ha i documenti. Per di più, il computer ha sputato la sua sentenza: l'anno prima Ruby si è allontanata  -  era il maggio del 2009  -  da una casa famiglia a Messina, dove vivono i suoi. Anche il motivo per cui è finita in questura non è una bazzecola: è accusata di un furto che vale i due stipendi mensili dei poliziotti.

Le cose sono andate così. Qualche sera prima, una ragazza che ama la discoteca, Caterina P., va in un locale con due amiche. Ballano sino a tardi. Quando lasciano il "privé", si ritrovano insieme a Ruby R. e tutt'e quattro s'arrangiano a casa di Caterina. La mattina dopo, mentre Ruby dorme come un sasso, o così sembra, le tre amiche vanno a fare colazione al bar sotto casa. Al rientro, Ruby non c'è più, e chi se ne importa. Ma mancano anche tremila euro da un cassetto e qualche gioiello. Caterina maledice se stessa. Non sa da dove sia piovuta quella ragazzina, non sa dove abita, non sa dove cercarla. Il caso l'aiuta. Il 27 maggio il sole è tramontato da un pezzo e Caterina passeggia in corso Buenos Aires, quando intravede Ruby in un centro benessere. Chiama subito il 113 e accusa la ladra. La volante Monforte è la più vicina e la centrale operativa la spedisce sul posto. Ruby viene presa e accompagnata al "Fotosegnalamento". Con una storia come questa, ancora tutta da chiarire, come si fa a lasciarla andare?

Gli agenti lo chiedono alla funzionaria. La funzionaria scuote il capo. Dice: di sopra (dove sono gli uffici del questore) c'è il macello, Pietro Ostuni (è il capo di gabinetto) ha già chiamato un paio di volte e vedete (il telefono squilla) ancora chiama. E' la presidenza del Consiglio da Roma. Dicono di lasciare andare subito la ragazza, pare che questa qui sia la nipote di Mubarak, non ci vogliono né fotografie, né relazioni di servizio. Tutti adesso guardano la ragazza. "E chi è Mubarak?", chiede un agente. Il presidente egiziano, spiega con pazienza la funzionaria. Che intanto risponde all'ennesima telefonata del capo di gabinetto, per poi dire: forza ragazzi, facciamo presto, Ostuni ha detto a Palazzo Chigi che la ragazza è già stata mandata via.

L'ultimo affaire o scandalo che investe Silvio Berlusconi nasce dunque tra il primo piano e il piano terra di via Fatebenefratelli 11, in una notte di fine maggio. Ha come protagonista una minorenne, senza documenti, accusata di furto. E come canovaccio ha una stravaganza: la ragazza viene liberata per l'energica pressione di Palazzo Chigi, che sostiene sia "la nipote di Hosni Mubarak". Che cosa c'entra la presidenza del Consiglio con una "ladra"? E perché qualcuno a nome del governo mente sulla sua identità? Quali sono stati gli argomenti che hanno convinto la questura di Milano a insabbiare un'identificazione, in ogni caso a fare un passo storto? Le anomalie di quella notte non finiscono, perché ora entra in scena un nuovo personaggio. Attende Ruby all'ingresso della questura. 

E' Nicole Minetti e ha avuto il suo momento di notorietà quando, igienista dentale di Silvio Berlusconi, a 25 anni è stata candidata con successo al Consiglio regionale della Lombardia. Nicole sa del "fermo" di Ruby in tempo reale da un'amica comune. Fa un po' di telefonate, anche a Roma, e si precipita all'ufficio denunzie. Chiede di vedere la ragazza. Pretende di portarsela via. Dice che Ruby ha dei problemi e lei se ne sta occupando come una sorella maggiore, ma non riesce a superare il primo cortile della questura. Soltanto quando Palazzo Chigi chiamerà il capo di gabinetto, la situazione si farà fluida e il procuratore dei minori di turno, interpellato al telefono, autorizzerà l'affidamento di Ruby a Nicole e  -  ora sono quasi le tre del mattino del 28 maggio  -  le due amiche si possono finalmente allontanare.

Che cosa succede dopo lo spiegherà Ruby, ma in un interrogatorio che avviene due mesi più tardi: a luglio, quando l'affaire sminuzzato in questura si materializza. Prima al tribunale dei minori e, subito dopo, alla procura di Milano, dinanzi al pool per i reati sessuali. Una volta in strada Nicole, sostiene Ruby, chiama Silvio Berlusconi: è stato Silvio a dirle di correre in questura; è stato Silvio a raccomandarsi di tenerlo informato e di chiamare appena la cosa si fosse chiarita. Ora che è finita l'emergenza, Nicole spiega, ride alle carinerie del premier e poi passa il telefono direttamente a Ruby. Silvio mi dice così: non sei egiziana, non sei maggiorenne, ma io ti voglio bene lo stesso. Da allora non l'ho più visto, ma in questi mesi ci siamo sentiti ancora per telefono.

Ora bisogna spiegare quali sono i rapporti di Ruby con Silvio Berlusconi e non è facile, perché il loro legame viene ricostruito in un'indagine giudiziaria che deve chiarire (lo ha fatto finora soltanto parzialmente e in modo non esaustivo o definitivo) quando la giovanissima Ruby dice il vero e quando il falso. E' un'inchiesta (l'ipotesi di reato è favoreggiamento della prostituzione) in cui il premier non è indagato, anche se gli indagati ci sono e sono tre: Lele Mora, Nicole Minetti, Emilio Fede. Anzi, il premier potrebbe diventare addirittura parte lesa, perché prigioniero di un ricatto, vittima di una calunnia o addirittura perseguitato da un'estorsione. 

Per evitare gli equivoci molesti disseminati in questi giorni, conviene dire subito che dinanzi ai pubblici ministeri Ruby esclude di aver fatto sesso con il capo del governo. Come confessa di aver mentito a Berlusconi: gli ho detto di avere ventiquattro anni e non diciassette. Nicole sapeva che ero minorenne e poi anche Lele, Lele Mora, lo ha saputo. Ruby però racconta delle sue tre visite ad Arcore, delle feste in villa e delle decine di giovani donne famose o prive di fama  -  molte escort  -  che vi partecipano. La minorenne fa entrare negli atti giudiziari un'espressione inedita, il "bunga bunga". Viene chiamata in questo modo l'abitudine del padrone di casa d'invitare alcune ospiti, le più disponibili, a un dopo-cena erotico. "Silvio (lo chiamo Silvio e non Papi come gli piacerebbe essere chiamato) mi disse che quella formula  -  "bunga bunga"  -  l'aveva copiata da Gheddafi: è un rito del suo harem africano".

Ruby è stata interrogata un paio di volte a luglio, è però in un interrogatorio in agosto che esplicitamente comincia a raccontare meglio i suoi rapporti con Berlusconi, Fede, Mora e Nicole Minetti. Conviene darle la parola. Sostiene Ruby che poco più di un anno fa  -  era ancora in Sicilia  -  conosce il direttore del Tg4. Emilio Fede è il presidente e il protagonista della giuria di un concorso di bellezza. Come già è accaduto nell'autunno del 2008 con Noemi Letizia, il giornalista, 79 anni, è amichevole e affettuoso con Ruby. Si dà da fare per il suo futuro, presentandole Lele Mora. Le dice che Lele l'avrebbe potuta aiutare, se avesse avuto voglia di lavorare nel mondo dello spettacolo. Non è che la minorenne rimugini più di tanto quest'idea che estenua e tormenta quante ragazzine senz'arte né parte. E' un'opportunità, non vuole perderla. Taglia la corda. Arriva a Milano. Cerca subito Lele.

Per cominciare, Mora la indirizza in un disco-bar etnico, ospitato in un sotterraneo sulla via per Linate. Ruby è una cubista. Dice: niente di trascendentale, anzi, la cosa più eccentrica che faccio è la danza del ventre, che ho imparato da mia madre. Dal quel cubo colorato, Milano è ancora più magnifica e scintillante. Manca tanto così alla trasformazione di Ruby R.. Ancora uno o due passi e la sua vita può farsi concretamente fortunatissima, soprattutto se c'è di mezzo il frenetico attivismo di Emilio Fede. 

E' il 14 febbraio, giorno di San Valentino. Ruby ha 17 anni e novantacinque giorni. Arriva a Milano dalla povertà e dalle minestre della comunità. In quel giorno, dedicato agli innamorati, entra ad Arcore, a Villa San Martino: è un bel colpaccio, per chi a tutti gli effetti può essere definita una "scappata di casa". La minorenne la racconta, più o meno, così: mi chiama Emilio e, dice, ti porto fuori. Non so dove, non mi dice con chi o da chi. Passa a prendermi con un auto blu. Salgo, filiamo via scortati da un gazzella dei carabinieri verso Arcore. Non entriamo dal cancello principale, dove c'erano altri carabinieri, ma da un varco laterale. Vengo presentata a Silvio. E' molto cortese. Ci sono una ventina di ragazze e  -  uomini  -  soltanto loro due, Silvio ed Emilio. 
(Ruby fa i nomi delle ospiti. C'è intero il catalogo del mondo femminile di Silvio Berlusconi: conduttrici televisive celebri o meno note, star in ascesa, qualcuna celeberrima, starlet in declino, qualche velina, più di una escort, due ministre, ragazze single e ragazze in apparenza fidanzatissime, e Repubblica non intende dar conto dei nomi). 

A Ruby quel mondo da favola resta impresso, anche per un piccolo dettaglio davvero degno di Cenerentola. Cenammo, ricorda, ma non rimasi a dormire. Dopo cena, andai via. Alle due e mezza ero già a casa. Con un abito bianco e nero di Valentino, con cristalli Swarovski, me l'aveva regalato Silvio. La seconda volta, continua il racconto di Ruby, vado ad Arcore il mese successivo. Andai con una limousine sino a Milano due, da Emilio Fede, e da lì, con un'Audi, raggiungemmo Villa San Martino. Silvio mi dice subito che gli sarebbe piaciuto se fossi rimasta lì per la notte. Lele mi aveva anticipato che me lo avrebbe chiesto. Mi aveva anche rassicurato: non ti preoccupare, non avrai avance sessuali, nessuno ti metterà in imbarazzo. E così fu. Cenammo e dopo partecipai per la prima volta al "bunga bunga". (Questo "gioco", onomatopeico e al di là del senso del grottesco, viene descritto da Ruby agli esterrefatti pubblici ministeri milanesi con molta vivezza, addirittura con troppa concreta vivezza. Si diffonde nelle modalità del sexy e maschilista cerimoniale che è stato raccontato da Mu'ammar Gheddafi e importato tra le risate ad Arcore. Ruby indica che cosa si faceva e chi lo faceva  -  un lungo elenco di nomi celebrati e popolari, in televisione o in Parlamento).

Io, continua Ruby, ero la sola vestita. Guardavo mentre servivo da bere (un Sanbitter) a Silvio, l'unico uomo. Dopo, tutte fecero il bagno nella piscina coperta, io indossai pantaloncino e top bianchi che Silvio mi cercò, e mi immersi nella vasca dell'idromassaggio. La terza volta che andai ad Arcore fu per una cena, una cosa molto ma molto più tranquilla. Quando arrivai Silvio mi disse che mi avrebbe presentata come la nipote di Mubarak. A tavola c'erano  -  sostiene  -  Daniela Santanché, George Clooney, Elisabetta Canalis. 

Dice il vero, Ruby? O mente? E' il rovello degli investigatori. Che hanno un quadro appena abbozzato sotto gli occhi: giovani donne, che Ruby definisce escort, sono contattate dal trio Lele, Emilio e Nicole per partecipare alle feste di Villa San Martino, dove qualche volta i party si concludono con riti sessuali che sono adeguatamente ricompensati dal capo del governo, con denaro contante o gioielli. Quanto è credibile il racconto di Ruby? Per venirne a capo, l'inchiesta deve innanzitutto dimostrare che la minorenne abbia davvero conosciuto Silvio Berlusconi e sia stata davvero ad Arcore. Ruby offre quel che le appaiono incontrovertibili conferme. 
Mostra i gioielli avuti in regalo da Silvio Berlusconi: croci d'oro, collane, orecchini, orologi e orologi con brillanti (Rolex, Bulgari, Dolce&Gabbana, ma anche altri dozzinali con la scritta "Meno male che Silvio c'è" o con lo stemma del Milan), haute couture, un'auto tedesca. Ruby sostiene di aver ricevuto dal capo del governo più di 150mila euro (in contanti e in tre mesi) e soprattutto una promessa: Silvio assicurò che mi avrebbe comprato un centro benessere e mi invitò a dire in giro che ero la nipote di Mubarak. Così avrei potuto giustificare le risorse che non mi avrebbe fatto mancare.

Non c'è dubbio che ci sia un'incongruenza: nonostante la leggendaria generosità di Berlusconi, tanto denaro contante, tanti gioielli e promesse appaiono sproporzionati all'impegno di tre soli incontri. Ma qualche riscontro diretto alle parole di Ruby é stato afferrato. Il suo telefonino cellulare il 14 febbraio è "posizionato" nella "cella satellitare" di Arcore. Un paio di gioielli in suo possesso - è vero anche questo - sono stati acquistati da Silvio Berlusconi. Le indagini hanno accertato anche quanto rasentava l'incredibile: e cioè che le giovani donne ospiti di Villa San Martino, come alcuni degli indagati, usano, nei loro colloqui, l'espressione gergale e arcoriana del "bunga bunga". 

Sono conferme ancora insufficienti? Il capo del governo e gli indagati sono a conoscenza dell'indagine fin da quella prima notte di maggio in questura e la monitorano passo passo. Il premier, descritto molto inquieto, ha affidato a Nicolò Ghedini la controffensiva. Da settimane accade questo. Una segretaria di Palazzo Chigi convoca le giovani ospiti del premier in un importante studio legale di via Visconti di Modrone per affrontare, con Ghedini, la questione delle "serate del presidente". Le ospiti di Villa San Martino non si sorprendono dell'invito, prendono nota con diligenza dell'ora e dell'indirizzo. Sono indagini difensive che, come è accaduto in altre occasioni  -  per il caso d'Addario, ad esempio  -  vorranno dimostrare che Silvio Berlusconi non ha nulla di cui vergognarsi; che quelle serate non hanno nulla di indecente o peccaminoso; che quella ragazza, la Ruby, è soltanto una matta o, forse peggio, una malandrina che sta ricattando il premier, magari delusa nel suo avido sogno di facile ricchezza. 

Nonostante la sua contraddittoria provvisorietà, questa storia non ha solo a che fare con l'inchiesta giudiziaria, forse già compromessa da un'accorta fuga di notizie. Sembra più importante osservare ciò che si scorge di politicamente interessante: Berlusconi c'è "ricascato". E qui incrociamo una questione che non ha nulla a che fare con il giudizio morale (ognuno avrà il suo), ma con la responsabilità politica. Dopo la festa di Casoria e le rivelazioni degli incontri con Noemi Letizia allora minorenne, dopo la scoperta della cerchia di prosseneti che gli riempie palazzi e ville di donne a pagamento, come Patrizia D'Addario, questo nuovo progressivo disvelamento della vita disordinata del premier, e della sua fragilità privata, ripropone la debolezza del Cavaliere. Il tema interpella, oggi come ieri, la credibilità delle istituzioni. Il capo del governo è ritornato a uno stile di vita che rende vulnerabile la sua funzione pubblica. Le sue ossessioni personali possono esporlo a pressioni incontrollabili.

Qualsiasi ragazzina o giovane donna che ha frequentato i suoi palazzi e ville e osservato le sue abitudini può, se scontenta, aggredirlo con ricatti che il capo del governo è ormai palesemente incapace di prevedere. Dove finiscono o dove possono finire le informazioni e magari le registrazioni e le immagini in loro possesso (Ruby racconta che spesso "le ragazze" fotografavano con i telefonini gli interni di Villa San Martino)? Quante sono le ragazze che possono umiliare pubblicamente il capo del nostro governo? È responsabile esporre il presidente del Consiglio italiano in situazioni così vulnerabili e pericolose per la sicurezza dell'istituzione che rappresenta? 



Legge 20 febbraio 1958, n° 75.
Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui.

Capo I - Chiusura delle case di prostituzione 

Art.1
E' vietato l'esercizio di case di prostituzione nel territorio dello Stato e nei territori sottoposti all'amministrazione di autorità italiane. 

Art.2
Le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo chiuso, dove si esercita la prostituzione, dichiarati locali di meretricio ai sensi dell'art. 190 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, e delle successive modificazioni, dovranno essere chiusi entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge. 

Art.3
Le disposizioni contenute negli artt. 531 a 536 del Codice Penale sono sostituite dalle seguenti:
"E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 500.000 a lire 20.000.000, salvo in ogni caso l'applicazione dell'art. 240 del Codice penale: 
1) chiunque, trascorso il termine indicato nell'art. 2, abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa; 
2) chiunque avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione; 
3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione; 
4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione; 
5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità; 
6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque luogo diverso da quello della sua abituale residenza, la fine di esercitarvi la prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la partenza; 
7) chiunque esplichi un'attività in associazioni ed organizzazioni nazionali ed estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni; 
8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui. In tutti i casi previsti nel n. 3) del presente articolo alle pene in essi comminate, sarà aggiunta la perdita della licenza d'esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell'esercizio. I delitti previsti dai nn. 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano. 

Art.4 
La pena è raddoppiata:
1) se il fatto è commesso con violenza minaccia, inganno; 
2) se il fatto è commesso ai danni di persona minore degli anni 21 o di persona in istato di infermità o minoranza psichica, naturale o provocata; 
3) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il marito, il fratello, o la sorella, il padre o la madre adottivi, il tutore; 
4) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza, di custodia; 
5) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio domestico o d'impiego; 
6) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni; 
7) se il fatto è commesso ai danni di più persone; 
7 bis) se il fatto è commesso ai danni di una persona tossicodipendente. 

Art.5 
Sono punite con l'arresto fino a giorni 8 e con l'ammenda di lire 10.000 le persone dell'uno e dell'altro sesso:
1) che in luogo pubblico od aperto al pubblico, invitano al libertinaggio in modo scandaloso o molesto; 
2) che seguono per via le persone, invitandole con atti e parole al libertinaggio.
Le persone colte in contravvenzione alle disposizioni di cui ai nn. 1) e 2), qualora siano in possesso di regolari documenti di identificazione, non possono essere accompagnate all'Ufficio di pubblica sicurezza. 
Le persone accompagnate all'Ufficio di pubblica sicurezza per infrazioni alle disposizioni della presente legge non possono essere sottoposte a visita sanitaria. I verbali di contravvenzione saranno rimessi alla competente autorità giudiziaria. 

Art.6 
I colpevoli di uno dei delitti previsti dagli articoli precedenti, siano essi consumati o soltanto tentati, per un periodo variante da un minimo di due anni ad un massimo di venti, a partire dal giorno in cui avranno espiato la pena, subiranno altresì l'interdizione dai pubblici uffici, prevista dall'art. 28 del Codice penale e dall'esercizio della tutela e della curatela. 

Art.7
Le autorità di pubblica sicurezza, le autorità sanitarie e qualsiasi altra autorità amministrativa non possono procedere ad alcuna forma diretta od indiretta di registrazione, neanche mediante rilascio di tessere sanitarie, di donne che esercitano o siano sospettate di esercitare la prostituzione, né obbligarle a presentarsi periodicamente ai loro uffici. 
E' del pari vietato di munire dette donne di documenti speciali. 

Capo II - Dei patronati ed istituti di rieducazione

Art.8
Il Ministro per l'interno provvederà, promuovendo la fondazione di speciali istituti di patronato, nonché assistendo e sussidiando quelli esistenti, che efficacemente corrispondano ai fini della presente legge, alla tutela, all'assistenza ed alla rieducazione delle donne uscenti, per effetto della presente legge, dalle case di prostituzione. 
Negli istituti di patronato, come sopra previsti, potranno trovare ricovero ed assistenza, oltre alle donne uscite dalle case di prostituzione abolite nella presente legge, anche quelle altre che, pure avviate già alla prostituzione, intendano di ritornare ad onestà di vita. 

Art.9
Con determinazione del Ministro per l'interno sarà provveduto all'assegnazione dei mezzi necessari per l'esercizio dell'attività degli istituti di cui nell'articolo precedente, da prelevarsi dal fondo stanziato nel bilancio dello Stato a norma della presente legge. 
Alla fine di ogni anno e non oltre il 15 gennaio successivo gli istituti di patronato fondati a norma della presente legge, come gli altri istituti previsti dal precedente articolo e che godano della sovvenzione dello Stato, dovranno trasmettere un rendiconto esatto della loro attività omettendo il nome delle persone da essi accolte. 
Tali istituti sono sottoposti a vigilanza e a controllo dello Stato. 

Art.10 
Le persone minori di anni 21 che abitualmente o totalmente traggono i loro mezzi di sussistenza dalla prostituzione saranno rimpatriate e riconsegnate alle loro famiglie, previo accertamento che queste siano disposte ad accoglierle. 
Se però esse non hanno congiunti disposti ad accoglierle e che offrano sicura garanzia di moralità saranno per ordine del presidente del tribunale affidate agli istituti di patronato di cui nel precedente articolo. 
A questo potrà addivenirsi anche per loro libera elezione. 

Art.11
All'onere derivante al bilancio dello Stato verrà fatto fronte, per un importo di 100 milioni di lire, con le maggiori entrate previste dalla legge 9 aprile 1953, n. 248. 

Capo III - Disposizioni finali e transitorie 

Art.12
E' costituito un Corpo speciale femminile che gradualmente ed entro i limiti consentiti sostituirà la polizia nelle funzioni inerenti ai servizi del buon costume e della prevenzione della delinquenza minorile e della prostituzione. 
Con decreto Presidenziale, su proposta del Ministro per l'interno, ne saranno determinati l'organizzazione ed il funzionamento. 

Art.13
Per effetto della chiusura delle case di prostituzione presentemente autorizzata entro il termine previsto dall'art. 2, si intendono risolti di pieno diritto, senza indennità e con decorrenza immediata, i contratti di locazione relativi alle case medesime. 
E' vietato ai proprietari di immobili di concludere un nuovo contratto di locazione colle persone sopra indicate. 

Art.14
Tutte le obbligazioni pecuniarie contratte verso i tenutari dalle donne delle case di prostituzione si presumono determinate da causa illecita. 
E' ammessa la prova contraria. 

Art.15
Tutte le disposizioni contrarie alla presente legge, o comunque con essa incompatibili, sono abrogate.



Legge 20 giugno 2003, n. 140

"Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali
nei confronti delle alte cariche dello Stato"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 21 giugno 2003 

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ART. 1. 
1. Non possono essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime: il Presidente della Repubblica, salvo quanto previsto dall'articolo 90 della Costituzione, il Presidente del Senato della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati, il Presidente del Consiglio dei ministri, salvo quanto previsto dall'articolo 96 della Costituzione, il Presidente della Corte costituzionale.

2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono sospesi, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime.

3. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale.

ART. 2.
1. Al comma 3 dell'articolo 343 del codice di procedura penale, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Tuttavia, quando l'autorizzazione a procedere o l'autorizzazione al compimento di determinati atti sono prescritte da disposizioni della Costituzione o di leggi costituzionali, si applicano tali disposizioni, nonché, in quanto compatibili con esse, quelle di cui agli articoli 344, 345 e 346".

ART. 3.
1. L'articolo 68, primo comma, della Costituzione si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento.

2. Quando in un procedimento giurisdizionale è rilevata o eccepita l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, il giudice dispone, anche d'ufficio, se del caso, l'immediata separazione del procedimento stesso da quelli eventualmente riuniti.

3. Nei casi di cui al comma 1 del presente articolo e in ogni altro caso in cui ritenga applicabile l'articolo 68, primo comma, della Costituzione il giudice provvede con sentenza in ogni stato e grado del processo penale, a norma dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel corso delle indagini preliminari pronuncia decreto di archiviazione ai sensi dell'articolo 409 del codice di procedura penale. Nel processo civile, il giudice pronuncia sentenza con i provvedimenti necessari alla sua definizione; le parti sono invitate a precisare immediatamente le conclusioni ed i termini, previsti dall'articolo 190 del codice di procedura civile per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, sono ridotti, rispettivamente, a quindici e cinque giorni. Analogamente il giudice provvede in ogni altro procedimento giurisdizionale, anche d'ufficio, in ogni stato e grado.

4. Se non ritiene di accogliere l'eccezione concernente l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, proposta da una delle parti, il giudice provvede senza ritardo con ordinanza non impugnabile, trasmettendo direttamente copia degli atti alla Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento del fatto. Se l'eccezione è sollevata in un processo civile dinanzi al giudice istruttore, questi pronuncia detta ordinanza nell'udienza o entro cinque giorni.

5. Se il giudice ha disposto la trasmissione di copia degli atti, a norma del comma 4, il procedimento è sospeso fino alla deliberazione della Camera e comunque non oltre il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della Camera predetta. La Camera interessata può disporre una proroga del termine non superiore a trenta giorni. La sospensione non impedisce, nel procedimento penale, il compimento degli atti non ripetibili e, negli altri procedimenti, degli atti urgenti.

6. Se la questione è rilevata o eccepita nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero trasmette, entro dieci giorni, gli atti al giudice, perché provveda ai sensi dei commi 3 o 4.

7. La questione dell'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione può essere sottoposta alla Camera di appartenenza anche direttamente da chi assume che il fatto per il quale è in corso un procedimento giurisdizionale di responsabilità nei suoi confronti concerne i casi di cui al comma 1. La Camera può chiedere che il giudice sospenda il procedimento, ai sensi del comma 5.

8. Nei casi di cui ai commi 4, 6 e 7 e in ogni altro caso in cui sia altrimenti investita della questione, la Camera trasmette all'autorità giudiziaria la propria deliberazione; se questa è favorevole all'applicazione dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, il giudice adotta senza ritardo i provvedimenti indicati al comma 3 e il pubblico ministero formula la richiesta di archiviazione.

9. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, ai procedimenti disciplinari, sostituita al giudice l'autorità investita del procedimento. La sospensione del procedimento disciplinare, ove disposta, comporta la sospensione dei termini di decadenza e di prescrizione, nonché di ogni altro termine dal cui decorso possa derivare pregiudizio ad una parte.

ART. 4.
1. Quando occorre eseguire nei confronti di un membro del Parlamento perquisizioni personali o domiciliari, ispezioni personali, intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, sequestri di corrispondenza, o acquisire tabulati di comunicazioni, ovvero, quando occorre procedere al fermo, all'esecuzione di una misura cautelare personale coercitiva o interdittiva ovvero all'esecuzione dell'accompagnamento coattivo, nonché di misure di sicurezza o di prevenzione aventi natura personale e di ogni altro provvedimento privativo della libertà personale, l'autorità competente richiede direttamente l'autorizzazione della Camera alla quale il soggetto appartiene.

2. L'autorizzazione è richiesta dall'autorità che ha emesso il provvedimento da eseguire; in attesa dell'autorizzazione l'esecuzione del provvedimento rimane sospesa.

3. L'autorizzazione non è richiesta se il membro del Parlamento è colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza ovvero si tratta di eseguire una sentenza irrevocabile di condanna.

4. In caso di scioglimento della Camera alla quale il parlamentare appartiene, la richiesta di autorizzazione perde efficacia a decorrere dall'inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata e presentata alla Camera competente all'inizio della legislatura stessa.

ART. 5.
1. Con l'ordinanza prevista dall'articolo 3, comma 4, e con la richiesta di autorizzazione prevista dall'articolo 4, l'autorità competente enuncia il fatto per il quale è in corso il procedimento indicando le norme di legge che si assumono violate e fornisce alla Camera gli elementi su cui fonda il provvedimento.

ART. 6.
1. Fuori dalle ipotesi previste dall'articolo 4, il giudice per le indagini preliminari, anche su istanza delle parti ovvero del parlamentare interessato, qualora ritenga irrilevanti, in tutto o in parte, ai fini del procedimento i verbali e le registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate in qualsiasi forma nel corso di procedimenti riguardanti terzi, alle quali hanno preso parte membri del Parlamento, ovvero i tabulati di comunicazioni acquisiti nel corso dei medesimi procedimenti, sentite le parti, a tutela della riservatezza, ne decide, in camera di consiglio, la distruzione integrale ovvero delle parti ritenute irrilevanti, a norma dell'articolo 269, commi 2 e 3, del codice di procedura penale.

2. Qualora, su istanza di una parte processuale, sentite le altre parti nei termini e nei modi di cui all'articolo 268, comma 6, del codice di procedura penale, ritenga necessario utilizzare le intercettazioni o i tabulati di cui al comma 1, il giudice per le indagini preliminari decide con ordinanza e richiede, entro i dieci giorni successivi, l'autorizzazione della Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate.

3. La richiesta di autorizzazione è trasmessa direttamente alla Camera competente. In essa il giudice per le indagini preliminari enuncia il fatto per il quale è in corso il procedimento, indica le norme di legge che si assumono violate e gli elementi sui quali la richiesta si fonda, allegando altresí copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni.

4. In caso di scioglimento della Camera alla quale il parlamentare appartiene, la richiesta perde efficacia a decorrere dall'inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata e presentata alla Camera competente all'inizio della legislatura stessa.

5. Se l'autorizzazione viene negata, la documentazione delle intercettazioni è distrutta immediatamente, e comunque non oltre i dieci giorni dalla comunicazione del diniego.

6. Tutti i verbali, le registrazioni e i tabulati di comunicazioni acquisiti in violazione del disposto del presente articolo devono essere dichiarati inutilizzabili dal giudice in ogni stato e grado del procedimento.

ART. 7.
1. Nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, le disposizioni dell'articolo 6 si osservano solo se le intercettazioni non sono già state utilizzate in giudizio.

ART. 8.
1. Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge 15 novembre 1993, n. 455, 14 gennaio 1994, n. 23, 17 marzo 1994, n. 176, 16 maggio 1994, n. 291, 15 luglio 1994, n. 447, 8 settembre 1994, n. 535, 9 novembre 1994, n. 627, 13 gennaio 1995, n. 7, 13 marzo 1995, n. 69, 12 maggio 1995, n. 165, 7 luglio 1995, n. 276, 7 settembre 1995, n. 374, 8 novembre 1995, n. 466, 8 gennaio 1996, n. 9, 12 marzo 1996, n. 116, 10 maggio 1996, n. 253, 10 luglio 1996, n. 357, 6 settembre 1996, n. 466, e 23 ottobre 1996, n. 555.

ART. 9.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.