LA MAFIA DEL PONTE: Calcetruzzi SPA

«L'impianto di Messina era stato aperto per fornire i materiali per l'opera»
Nella vicenda della Calcestruzzi la truffa consisteva in questo: invece di fornire il tipo RCK15 che richiedeva 270 chili di cemento per ogni m cubo si forniva un tipo con soli 150 chili, quasi la metà del richiesto. Il calcestruzzo è una miscela di cemento, sabbia, ghiaia, acqua e additivi che viene usato praticamente in tutte le costruzioni dai palazzi ai ponti e alle autostrade. Dentro il cemento c’è poi una «anima» di armature di acciaio che lo rendono estremamente resistente. Se di
cemento ce n’è poco più della metà del richiesto è evidente che le costruzioni sono «depotenziate» come il cemento fornito.
La società posta ieri sotto amministrazione giudiziaria. Primi interrogatori
Caltanissetta. alessandro anzalone 1 febbraio 2008
«La Calcestruzzi spa aprì l'impianto di Messina in previsione della costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. Del resto Impregilo, ex Girola spa, ha sempre lavorato con la Calcestruzzi»: così Salvatore Paterna, ex dipendente della Calcestruzzi spa di Riesi, e per qualche mese reggente della cosca di Cosa Nostra a Riesi, nelle dichiarazioni che fanno parte dell'ordinanza di custodia cautelare che hanno portato in carcere quattro persone - tra cui l'amministratore delegato della Calcestruzzi, Mario Colombini - con le accusa di truffa, frode in pubblica fornitura e intestazione fittizia di beni con l'aggravante di aver agevolato Cosa Nostra.
Secondo quanto emergerebbe dalle indagini dei carabinieri del Reparto Operativo e del Gico della Finanza, alcuni dipendenti vicini a soggetti mafiosi, erano sicuri che la società di Bergamo avrebbe fornito il calcestruzzo all'impresa chiamata a realizzare il ponte tra Sicilia e Calabria.
Paterna ha raccontato ai magistrati della Dda Renato Di Natale, Rocco Liguori, Nicolò Marino e Alessandro Picchi, le modalità seguite da figure di primo piano della Calcestruzzi spa per creare fondi neri da destinare alla criminalità organizzata o per conseguire illecitamente indebiti guadagni. In Sicilia il 30% del fatturato della Calcestruzzi, sarebbe finito nelle casse delle famiglie di Cosa Nostra di Palermo, Catania, Caltanissetta e Agrigento.
Intanto l'amministratore giudiziario nominato dal gip di Caltanissetta Giovanbattista Tona, l'avv. Gaetano Cappellano Seminara, nel pomeriggio di ieri a Bergamo ha provveduto all'immissione in possesso della Calcestruzzi Spa, che è stata posta sotto sequestro. «La nostra priorità - ha detto l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara - è la gestione senza soluzione di continuità dell'azienda nell'interesse della conservazione del suo patrimonio, del mantenimento dei livelli occupazionali, dei clienti e di tutto l'indotto». L'avv. Cappellano Seminara ha inviato una lettera ai dipendenti nella quale, sottolineando il proprio impegno e quello delle professionalità coinvolte diretto a garantire la tutela degli interessi dell'azienda, ha manifestato piena fiducia nei dipendenti.
Da registrare anche l'intervento dell'ex procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, chiamato dall'azienda bergamasca (insieme a Giovanni Findaca e Donato Masciandaroa) far parte del pool per la governance, creato a dicembre da Calcestruzzi Spa per limitare le infiltrazioni malavitose.
«Il nostro scopo è creare uno statuto dell'impresa che liberi l'economia dal giogo della criminalità organizzata - ha detto Vigna - Si tratta di un lavoro lungo. Gli arresti disposti dal Gip sono la naturale evoluzione delle indagini, ma il nostro lavoro proseguirà ugualmente perché vogliamo approntare un decalogo che sia valido per tutte le imprese. La nostra attività è iniziata alla fine di dicembre, quando Calcestruzzi ha sospeso in via cautelativa tutte le attività in corso in Sicilia. L'azienda ha denunciato alcune irregolarità alla magistratura e ha creato il pool per ribadire la propria linea di rifiuto di qualsiasi contiguità o compiacenza con fenomeni di criminalità organizzata. È necessario monitorare i movimenti e le persone, cercando di favorire la tecnologia e ridurre al minimo l'intervento dell'uomo nei processi produttivi. A questo punto - ha concluso Vigna -è assolutamente necessario creare una sorta di filtro tra impresa e malavita».
Ieri sono cominciati gli interrogatori degli incriminati del nuovo filone dell'inchiesta denominata «Doppio colpo». Davanti al Gip Tona sono comparsi Francesco Librizzi e Giovanni Laurino (difesi dagli avvocati Roberto Tricoli, Boris Pastorello e Vincenzo Vitello). I due indagati hanno risposto a tutte le domande, cercando di chiarire le contestazioni loro rivolte dal giudice, in particolare sulla doppia "ricetta" utilizzata per la lavorazione del calcestruzzo, che portava a fornire spesso alle imprese impegnate nei lavori pubblici un conglomerato "depotenziato" rispetto a quello previsto nei capitolati d'appalto.
Nella giornata di oggi sono previsti gli interrogatori in carcere di Colombini e di Fausto Volante, direttore di zona per la Sicilia e Campania.
 
Un progetto congelato
Il Ponte sullo Stretto è attualmente congelato perché l’appalto è stato vinto dalla Impregilo per 3,9 miliardi, ma non ha potuto procedere alla stesura del progetto dettagliato e cantierabile a causa dello stop imposto dal governo Prodi, che non solo ha svuotato le casse della società «Stretto di Messina» che contenevano 1,4 miliardi provenienti dalla Fintecna, ma ha voluto che la società stessa andasse a far parte dell’Anas.
Per cui il presidente della «Stretto di Messina», Pietro Ciucci, nuovo presidente dell’Anas, ha una doppia funzione. In sostanza la società del Ponte è diventata una «costola» dell’Anas.
Ciucci ha però sempre detto che la «Stretto di Messina» resta in piedi, anche per non buttare a mare il lavoro fatto in questi decenni e il progetto Impregilo del Ponte più lungo del mondo a unica campata di 3300 metri.
Formalmente dunque ci sono ancora sia la società e sia il progetto.
L’ex ministro Alessandro Bianchi appena nominato ha detto che era «un’opera faraonica e inutile», l’ex premier Prodi più diplomatico ha dichiarato che «non è prioritario, prima bisogna fare cose più urgenti», l’ex ministro delle Infrastrutture Di Pietro invece avrebbe voluto realizzare la grande opera.
Ora bisognerà vedere come, quando e se tornerà in campo Berlusconi che non solo aveva portato avanti il progetto assieme all’allora ministro Lunardi, ma aveva anche convinto l’Unione europea a cofinanziare il Ponte (al 20% o al 10%). Se Berlusconi tornerà premier è indubbio che non potrà rimangiarsi le promesse e quindi il Ponte comunque si farà. Teniamo però presente che il prezzo dell’acciaio è raddoppiato in un solo anno e che quindi i previsti 6 miliardi per realizzare il Ponte arriveranno presumibilmente a toccare i 10 miliardi, conteggiando anche l’Iva.
Nonostante l’aumento della spesa prevista, siccome il Ponte è realizzabile in 7-8 anni, i 10 miliardi occorrenti spalmati per questo periodo di tempo non sono una cifra «impossibile».