Berlusconi alla Nazione: discorso a Televisioni Unificate.
Cittadini, popolo delle Partite IVA, evasori fiscali, corruttori, elettori di Forza Italia.
I giudici «Vogliono la guerra civile»

E' in questo grave momento, nel quale il vostro Presidente, legittimamente eletto dalla maggioranza degli Italiani,
si trova sotto l'eversivo attacco di forze oscure, che mi trovo costretto a rivolgermi a voi.
E' da 1994, quando mi eleggeste, che forze eversive, che vogliono la guerra civile, mi attaccano, con un preciso disegno politico, aprendo procedimenti contro la mia persona, basati unicamente su ricostruzioni basate su mere risultanze documentali, su trasferimenti di fondi monerari, da mie imprese o da società collegate al gruppo fininvest, fondi arrivati a personaggi, come Previti o Mills, che poi hanno corrotto magistrati e pubblici ufficiali, per coprire illeciti, o per avvantaggiare interessi del gruppo.

Vogliono fare cadare il Governo, l'opposizione non riconosce il Capo della Nazione, il Leader, che cambiando, di fatto, la Costituzione Italiana, ha liberato da lacci e lacciuoli la Nazione, portandola da Repubblica parlamentare, ad essere una repubblica nella quale il Presidente del Consiglio è nominato direttamente dagli elettori.

Le forze eversive, certa magistratura, d'intesa con la sinistra, e con tutti quelli che scendono in piazza a manifestare contro la recessione, i licenzimenti, i tagli alle scuole, le leggi contro gli immigrati, ed altre inverosimili ragioni, oggi affermano, in nome della Costituzione, di difendere l'Italia, dall'unico uomo ch la poteva salvare.

Noi non cederemo alle minacce della magistratura, che ancora agisce in nome della legge.
Noi non soccomberemo sotto la mole immensa di documenti che ci accusano.
Noi in nome dell'Italia, vareremo leggi che rendono immuni da ogni indagine.

Scenderemo in ogni piazza televisiva, contro il pericolo rosso, di Magistrati che vogliono indagare, contro giornalisti che vogliono informare, prelati che non vogliono essere complici.
Noi impediremo con tutti gli strumenti a nostra disposizione, anche i piu' estremi, che il Popolo
sia espropriato della potere di eleggere il proprio capo.

Noi proclamiamo lo stato di emergenza nazionale.
Vogliono sequestrare il patrimonio di Berlusconi
Il Giornale 25 novembre 2009

Palermo - Se tutto va come certi pm siciliani sognano vada, per Silvio Berlusconi l’aggressione al «patrimonio» di famiglia avvenuto con la condanna al risarcimento da 750 milioni di euro per il Lodo Mondadori, rischia di rappresentare uno sgradevole antipasto. Perché l’obiettivo finale che taluni magistrati si sarebbero prefissati inseguendo le parole dei pentiti e taluni flussi finanziari ritenuti sporchi, punterebbe a indagare il premier per concorso esterno in associazione mafiosa e poi, in tale veste, chiedere al tribunale l’immediata applicazione delle misure di prevenzione, personali e patrimoniali. 

Con ciò arrivando al sequestro del suo intero patrimonio. L’abito criminale a cui si starebbe lavorando è lo stesso che anni fa si pensò di cucire su misura per il medesimo personaggio politico: quello della legge Rognoni-La Torre sulla confisca dei patrimoni dei boss. All’indagato per 416 bis possono essere infatti sequestrati, e successivamente confiscati, i beni di proprietà, e ciò indipendentemente dall’esito del procedimento penale. 

Col risultato che se l’indagato per concorso esterno verrà assolto potrebbe vedersi comunque il patrimonio sequestrato nel caso in cui non riuscisse a dimostrare fino in fondo la provenienza lecita della stesso. Per legge oggi basta il «sospetto» che il capitale in oggetto sia di provenienza mafiosa. È necessario che sussistano meri «indizi» che il patrimonio s’è formato anche grazie all’apporto mafioso, indizi assemblabili con la chiamata in correità (non riscontrata) dei pentiti. Ma c’è di più. L’onere della prova non ricadrebbe sul pm bensì su Berlusconi: toccherebbe a lui dimostrare che ogni euro del suo capitale non s’è sporcato con Cosa nostra. In caso contrario, l’intero patrimonio risulterebbe aggredibile. 

Seguendo questo percorso scatterebbero, come presupposto, anche le misure di prevenzione personali per sottoporlo a situazioni di limitazioni della libertà, ivi compreso il divieto «autorizzativo» che lo potrebbe privare finanche della possibilità di ricoprire incarichi pubblici o di svolgere l’attività di imprenditore. E se per la «patrimoniale» occorrono indizi sulla riconducibilità mafiosa dei soldi, per la «personale» bastano indizi ancora più blandi o semplici chiamate in correità, di quelle che abbondano al processo Dell’Utri o nelle indagini sulle stragi dal ’92 al ’94 aperte a Caltanissetta, Palermo e Firenze, dove l’argomento del giorno è sempre il Cavaliere. I pentiti, da Spatuzza a Grigoli, fanno a gara a parlare di Berlusconi «grazie al quale avevamo ottenuto tutto» (dice il primo) e di Dell’Utri, «il politico in contatto con Cosa nostra» (ribatte il secondo). 

Proprio seguendo il filone finanziario, i pm di Firenze il 5 novembre scorso chiedono a Grigoli notizie sui «rapporti imprenditoriali» fra Dell’Utri e i boss Graviano trapiantati a Milano e ritenuti, dagli stessi collaboranti, i referenti diretti dell’attuale senatore del Pdl sotto processo a Palermo. Ossessivamente si stanno rileggendo atti già sconfessati, inerenti il «peccato originale». Cioè il presunto apporto «economico» della mafia alla nascente Forza Italia, atti disintegrati dai processi ma «riletti» sotto una nuova luce «finanziaria» che tiene conto di nuovi pentiti ma non dell’archiviazione a Caltanissetta dell’inchiesta per concorso in strage che vedeva indagati Berlusconi e Dell’Utri: ecco allora che si vanno a rispolverare verbali sui mai riscontrati rapporti «finanziari» di Berlusconi coi boss Bontade, Lo Iacono e Teresi, secondo le chiacchiere dei pentiti Cangemi, Di Carlo o Calderone. 

Si riesumano i legami di Berlusconi, cessati nel 1973, con la Banca Rasini di Milano considerata solo dieci anni più tardi una lavanderia di denaro sporco; si rielaborano le risultanze del procedimento 6031/94 trasmigrate nel processo Dell’Utri per dimostrare una mai dimostrata ipotesi di riciclaggio finalizzata a coinvolgere Berlusconi; si cercano spunti all’originario rapporto del Ros di Caltanissetta del febbraio ’99 sulle 401 società riconducibili alla Fininvest; si ri-studia la perizia depositata al processo Dell’Utri su operazioni fra il Banco Ambrosiano di Calvi e la Fininvest Limited Gran Cayman; si lavora d’archivio soprattutto per un raccordo con l’attualità scaturita dalle dichiarazioni su Dell’Utri (e quindi Berlusconi) fatte da Massimo Ciancimino, figliolo di quell’ex sindaco mafioso di Palermo, don Vito, legatissimo all’imprenditore Zummo accusato recentemente dalla Dda di Palermo d’aver fatto sparire alle Bahamas parte del tesoro di Ciancimino senior quantificabile in 13 milioni di euro. 

Riciclaggio, sospettano i pm, avvenuto con l’aiuto di Nicola Bravetti, socio fondatore della Banca Arner considerata dai pm l’istituto di credito della Fininvest, delle holding numerate dei figli del premier e del Cavaliere che vi ha personalmente depositato 60 milioni di euro. Per la cronaca, il pm che indaga sulla Arner è lo stesso che ha criticato il governo ad Annozero e che da mesi confessa il giovane Ciancimino dopo aver messo in croce il senatore Dell’Utri.



Concorso esterno in associazione mafiosa;
È l'accusa per cui è processato Dell'Utri e che potrebbe essere rivolta allo stesso premier
Il reato non esiste nel codice penale, ma che si è consolidato con le sentenze della Cassazione
E Berlusconi prepara un'altra mossa: via il concorso esterno in reati di mafia

25 novembre 2009 LIANA MILELLA
Sono rimasti impigliati nel processo breve. Già sanno che non gli potrà servire per le future accuse di mafia. Ma ci stanno dentro e ormai devono andare avanti. Sono costretti a dirsi, tra di loro, come hanno fatto ieri sera durante la riunione della consulta del Pdl per la giustizia: "Dobbiamo rassegnarci a vedere questa legge bocciata dalla Consulta". Amara constatazione che farà andare su tutte le furie il Cavaliere. Ma tant'è. Troppe, e ormai irrimediabili, le contraddizioni. Cercheranno di metterci mano, ma la partita è difficile. Per questo si concentrano su altro, su quella che definiscono "una strategia complessiva" per salvare Berlusconi non solo dai processi di oggi, ma anche da quelli di domani". 

È l'inizio di una battaglia lunga. Che parte con l'immunità parlamentare, che passa attraverso una legge interpretativa per fissare in modo certo le date di un reato e quindi della prescrizione, e finisce con una sortita che per la prima volta, nella sequenza delle 19 leggi ad personam per Berlusconi, previene un'incriminazione e un processo, quello (futuribile) per mafia. 

Vogliono mettere mano al reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Quello per cui è sotto processo a Palermo Marcello Dell'Utri. Quello che all'inizio fu contestato a Giulio Andreotti. Quello che colpì (ma finì in un'assoluzione) il famoso giudice "ammazza sentenze" Corrado Carnevale. Quello che ha portato alla sbarra tanti politici nelle zone di mafia, camorra, 'ndrangheta. Un reato che in realtà non esiste, perché nel codice penale non c'è, ma che "vive" per le pronunce convergenti della Cassazione. Quindi un delitto assodato, consolidato, fermo nella storia del diritto. 

Ma quel crimine adesso si avvia ad avere una macchia. Potrebbe essere utilizzato dalla procure di Caltanissetta, Palermo e Firenze per indagare il presidente del Consiglio. E questo è davvero troppo. Quindi i consiglieri giuridici del premier si stanno muovendo in anticipo per terremotarlo. Ragionano tra di loro, giusto in queste ore, su dove sia meglio aggredirlo, se incidere sui termini della prescrizione, oppure se "normare" ex novo il delitto, ma con paletti tali da renderne l'applicazione difficilissima. 
È l'operazione più a rischio che abbiano mai tentato. Ma è quella che "davvero serve al presidente", come vanno dicendo tra loro. Che scatenerà un nuovo e duro conflitto con i magistrati. Ma con una possibile imputazione per mafia è una battaglia che vale la pena giocare. Assieme, e stavolta con il pieno appoggio di Fini, i piediellini si stanno per buttare nell'avventura dell'immunità parlamentare, del pieno ritorno all'articolo 68, come lo scrissero nel '48 i padri costituenti. È di ieri, alla Camera, la nuova proposta dell'ex presidente della Provincia di Roma Silvano Moffa, un altro finiano che entra in scena. Nelle caselli di tutti i deputati ha depositato tre pagine, due di relazione e una di testo, che rimette in pista il vecchio articolo della Carta. A ieri sera aveva già raccolto quasi 150 adesioni tra quelli del suo partito. La proposta numero 2954 ha preso il via. Prima di depositarla Moffa ha chiesto, come rivela lui stesso, "il via libera di Fini". Che glielo ha dato. Dimostrando un'apertura verso il Cavaliere e le sue difficoltà con la giustizia. 

A questo si lavora dietro le quinte. Sulla scena invece resta il processo breve a cui ormai bisogna mettere la pezza giusta, "almeno per fargli passare la firma del capo dello Stato", come dicevano ieri sera alla consulta pdl. Per questo il Guardasigilli Angelino Alfano continua a svenarsi per negare i dati negativi dell'impatto e ad affermare la razionalità della legge che "è buona anche se serve in due casi a Berlusconi". I tecnici, ancora stasera e sempre alla consulta, cercheranno di rappezzarla per tagliare via le incostituzionalità più clamorose come l'anomala lista dei reati e la regola sull'entrata in vigore. Più reati inclusi, valida per tutti i processi. Ma l'impatto schizzerà ancora più in alto rispetto ai dati forniti dal Csm e, proprio per questo, Napolitano potrebbe bloccarla.


TUTTI I PROCESSI DI BERLUSCONI

Bugie sulla loggia P2 (falsa testimonianza)
La Corte d'appello di Venezia, nel 1990, dichiara Berlusconi colpevole di aver giurato il falso davanti al Tribunale di Verona a proposito della sua iscrizione alla P2, ma il reato è coperto dall'amnistia del 1989. Interrogato sotto giuramento Berlusconi aveva detto: "Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo comunque che è di poco anteriore allo scandalo [.]. Non ho mai pagato una quota di iscrizione, né mai mi è stata richiesta". Berlusconi però si era iscritto alla P2 nel 1978 (lo scandalo è del 1981) e aveva pagato la sua quota. Così i giudici della Corte d'appello di Venezia scrivono: "Ritiene il Collegio che le dichiarazioni dell'imputato non rispondano a verità [.], smentite dalle risultanze della commissione Anselmi e dalle stesse dichiarazioni rese del prevenuto avanti al giudice istruttore di Milano, e mai contestate [.]. Ne consegue quindi che il Berlusconi ha dichiarato il falso", rilasciato "dichiarazioni menzognere" e "compiutamente realizzato gli estremi obiettivi e subiettivi del delitto di falsa testimonianza". Ma "il reato va dichiarato estinto per intervenuta amnistia".

Tangenti alla Guardia di Finanza (corruzione)
I grado: condanna a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate (niente attenuanti generiche). Appello: prescrizione per tre tangenti (grazie alle attenuanti generiche), assoluzione con formula dubitativa (comma II art.530 c.p.p) per la quarta. Nelle motivazioni si legge: "Il giudizio di colpevolezza dell'imputato poggia su molteplici elementi indiziari, certi, univoci, precisi e concordanti, per ciò dotati di rilevante forza persuasiva, tali da assumere valenza probatoria". Cassazione: assoluzione. La motivazione contiene due riferimenti alla classica insufficienza di prove. La Cassazione non può entrare dichiaratamente nel merito, né dunque annullare la sentenza precedente con formula dubitativa: deve emettere un verdetto secco (conferma oppure annulla). Ma nella motivazione i giudici della VI sezione penale rimandano esplicitamente all'"articolo 530 cpv": dove "cpv" significa "capoverso", cioè comma 2 ("prova contraddittoria o insufficiente"). A 12 righe dalla fine, a scanso di equivoci, i supremi giudici hanno voluto essere ancora più chiari. Si legge infatti: "Tenuto conto di quanto già osservato sulla insufficienza probatoria, nei confronti di Berlusconi, del materiale indiziario utilizzato dalla Corte d'appello...".

All Iberian 1 (finanziamento illecito ai partiti)
I grado: condanna a 2 anni e 4 mesi per i 21 miliardi versati estero su estero, tramite il conto All Iberian, a Bettino Craxi. Appello: il reato cade in prescrizione, ma c'è: "per nessuno degli imputati emerge dagli atti l'evidenza dell'innocenza". Cassazione: prescrizione confermata, con condanna al pagamento delle 11 spese processuali. Nella sentenza definitiva tra l'altro si legge: "Le operazioni societarie e finanziarie prodromiche ai finanziamenti estero su estero dal conto intestato alla All Iberian al conto di transito Northern Holding [Craxi] furono realizzate in Italia dai vertici del gruppo Fininvest spa, con il rilevante concorso di Berlusconi quale proprietario e presidente. [.] Non emerge negli atti processuali l'estraneità dell'imputato".

All Iberian 2 (falso in bilancio)
Processo sospeso in attesa che sulla legittimità delle nuove norme in materia di reati societari approvate dal governo Berlusconi si pronuncino l'Alta Corte di giustizia europea e la Corte costituzionale italiana. Se le eccezioni sollevate da vari tribunali verranno respinte, il reato sarà dichiarato prescritto.

Medusa Cinema (falso in bilancio)
I grado: condanna a 1 anno e 4 mesi (10 miliardi di fondi neri che, grazie alla compravendita, vengono accantonati su una serie di libretti al portatore di Silvio Berlusconi). Appello: assoluzione con formula dubitativa (comma 2 art. 530). Berlusconi, secondo il collegio è così ricco che potrebbe anche non essersi reso conto di come, nel corso della compravendita, il suo collaboratore Carlo Bernasconi (condannato) gli abbia versato 10 miliardi di lire in nero. Scrivono i giudici: "La molteplicità dei libretti riconducibili alla famiglia Berlusconi e le notorie rilevanti dimensioni del patrimonio di Berlusconi postulano l'impossibilità di conoscenza sia dell'incremento sia soprattutto dell'origine dello stesso". Cassazione: sentenza d'appello confermata.

Terreni di Macherio (appropriazione indebita, frode fiscale, falso in bilancio)
I grado: assoluzione dall'appropriazione indebita e dalla frode fiscale (per 4.4 miliardi di lire pagati in nero all'ex proprietario dei terreni che circondano la villa di Macherio, dove vivono la moglie Veronica e i tre figli di secondo letto), prescrizione per i falsi in bilancio di due società ai quali "indubbiamente ha concorso Berlusconi". Appello: confermata l'assoluzione dalle prime due accuse. Assoluzione anche dal primo dei due falsi in bilancio, mentre il secondo rimane ma è coperto da amnistia. Cassazione: in corso.

Caso Lentini (falso in bilancio)
I grado: il reato (10 miliardi versati in nero al Torino Calcio in occasione dell'acquisto del giocatore Luigi Lentini) è stato dichiarato prescritto grazie alla nuova legge sul falso in bilancio. Appello: in corso.

Consolidato gruppo Fininvest (falso in bilancio)
Il gip Fabio Paparella ha dichiarato prescritti, sulla base della nuova legge sul falso in bilancio, i 1500 miliardi di lire di presunti fondi neri accantonati 12 dal gruppo Berlusconi su 64 off-shore della galassia All Iberian (comparto B della Fininvest). Il pm Francesco Greco ha presentato ricorso in Cassazione perché la mancata fissazione dell'udienza preliminare gli ha impedito di sollevare un'eccezione d'incostituzionalità e di incompatibilità con le direttive comunitarie delle nuove norme sui reati societari e con il trattato dell'Ocse.

Lodo Mondadori (corruzione giudiziaria)
Grazie alla concessione delle attenuanti generiche il reato - che in primo grado ha portato alla condanna di Cesare Previti - è stato dichiarato prescritto dalla Corte d'Appello di Milano e dalla Corte di Cassazione. Nelle motivazioni della Cassazione, tra l'altro, si legge: "il rilievo dato [per concedere le attenuanti generiche] alle attuali condizioni di vita sociale ed individuale del soggetto [Berlusconi è diventato presidente del Consiglio], valutato dalla Corte come decisivo, non appare per nulla incongruo.".

Sme-Ariosto (corruzione giudiziaria)
A causa dei continui "impedimenti istituzionali" sollevati da Berlusconi e dei conseguenti rinvii delle udienze, la posizione del premier è stata stralciata dal processo principale. Ed è stato creato un processo parallelo, che però Berlusconi ha sospeso fino al termine del suo incarico (o sine die, in caso di rielezione o di nomina ad altra carica istituzionale) facendo approvare a tempo di record il Lodo Maccanico, proprio alla vigilia della requisitoria, delle arringhe e della sentenza, e a 40 mesi dall'inizio del dibattimento.

Sme-Ariosto (falso in bilancio)
In seguito all'entrata in vigore delle nuove norme sul diritto societario, questo capo d'imputazione contestato a Berlusconi per il denaro versato - secondo l'accusa- ad alcuni giudici, è stato stralciato. Il processo è fermo in attesa che l'Alta Corte di giustizia europea si pronunci sulla conformità tra le nuove regole e le normative comunitarie. Ma, anche in caso di risposta positiva per i giudici, resterà bloccato per il Lodo Maccanico. Come tutti gli altri procedimenti ancora in corso a carico di Silvio Berlusconi.

Diritti televisivi (falso in bilancio e frode fiscale)
Indagini preliminari in corso alla Procura di Milano (pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale), a carico di numerosi manager del gruppo, più il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e il titolare Silvio Berlusconi, il quale - secondo l'ipotesi accusatoria - avrebbe continuato anche dopo l'ingresso in politica nel '94 ad esercitare di fatto il ruolo di dominus dell'azienda. Oggetto dell'indagine: una serie di operazioni finanziarie di acquisto di diritti cinematografici e televisivi da majors americane, con vorticosi passaggi fra una società estera e l'altra del gruppo Berlusconi, con il risultato di far lievitare artificiosamente il prezzo dei beni compravenduti e beneficiare di sconti fiscali previsti dalla legge Tremonti, approvata dal primo governo dello stesso Berlusconi per detassare gli utili reinvestiti dalle imprese. Un presunto falso in bilancio che i magistrati valutano in circa 180 milioni di euro nel 1994.

Telecinco (violazione delle leggi antitrust e frode fiscale in Spagna)
Il giudice anticorruzione di Madrid Baltasàr Garzòn Real, dopo aver chiesto nel 2001 al governo italiano di processare Berlusconi o, in alternativa, di privarlo dell'immunità in modo di poterlo giudicare in Spagna, non ha ancora ricevuto risposta. Per questo il procuratore anticorruzione Carlo Castresana, nel maggio 2002, ha pregato Garzòn di rivolgersi di nuovo alle autorità italiane. Berlusconi in Spagna è accusato - insieme a Marcello Dell'Utri e ad altri dirigenti del gruppo Fininvest - di aver posseduto, grazie a una serie di prestanomi e di operazioni finanziarie illecite, il controllo pressoché totalitario dell'emittente Telecinco eccedenti rispetto ai limiti dell'antitrust spagnola, negli anni in cui il tetto massimo era del 25 per cento delle quote azionarie.

Mafia (concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco)
Indagini archiviate a Palermo su richiesta della Procura per scadenza dei termini massimi concessi per indagare.

Bombe del 1992 e del 1993 (concorso in strage)
Le inchieste delle Procure di Firenze e Caltanissetta sui presunti "mandanti a volto coperto" delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (Milano, Firenze e Roma) sono state archiviate per scadenza dei termini d'indagine. A Firenze, il 14 novembre 1998, il gip Giuseppe Soresina ha però rilevato come Berlusconi e Dell'Utri abbiano "intrattenuto rapporti non meramente episodici con i soggetti criminali cui è riferibile il programma stragista realizzato". Cioè con il clan corleonese che da vent'anni guida Cosa Nostra, con centinaia di omicidi e una mezza dozzina di stragi. Aggiunge il giudice fiorentino che esiste "una obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione [Forza Italia]: articolo 41 bis, legislazione sui collaboratori di giustizia, recupero del garantismo processuale asseritamente trascurato dalla legislazione dei primi anni 90". Poi aggiunge che, nel corso delle indagini, addirittura "l'ipotesi iniziale [di un coinvolgi- mento di Berlusconi e dell'Utri nelle stragi] ha mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità". Ma purtroppo è scaduto "il termine massimo delle indagini preliminari" prima di poter raccogliere ulteriori elementi. Il gip di Caltanissetta Giovanni Battista Tona ha scritto: "Gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato la sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in vario modo dagli odierni indagati [Berlusconi e Dell'Utri]. Ciò di per sé legittima l'ipotesi che, in considera- zione del prestigio di Berlusconi e Dell'Utri, essi possano essere stati individuati dagli uomini dell'organizzazione quali eventuali nuovi interlocutori". Ma "la friabilità del quadro indiziario impone l'archiviazione". C'è, infine, la sentenza della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta, che il 23 giugno 2001 ha condannato 37 boss mafiosi per la strage di Capaci: nel 14 capitolo intitolato esplicitamente "I contatti tra Salvatore Riina e gli on. Dell'Utri e Berlusconi", si legge che è provato che la mafia intrecciò con i due "un rapporto fruttuoso quanto meno sotto il profilo economico". Talmente fruttuoso che poi, nel 1992, "il progetto politico di Cosa Nostra sul versante istituzionale mirava a realizzare nuovi equilibri e nuove alleanze con nuovi referenti della politica e dell'economia". Cioè a "indurre nella trattativa lo Stato ovvero a consentire un ricambio politico che, attraverso nuovi rapporti, assicurasse come nel passato le complicità di cui Cosa Nostra aveva beneficiato".