Ricostruire il partito comunista
L'attacco alla Costituzione intende
smantellarne, insieme con gli elementi portanti della forma di repubblica
parlamentare fondata su un sistema elettorale proporzionale puro, i capisaldi
economico-sociali.
L'aggressione alla magistratura
e all'autonomia dei diversi poteri dello Stato, la controriforma dell'Università,
i tagli all'istruzione e alla
formazione, la destrutturazione più in generale del mercato del
lavoro, configurano
un progetto di società
antidemocratica, basata sempre più sulla precarietà sociale
e civile.
Le resistenze e le lotte sociali,
che dalle fabbriche alle scuole, dalle periferie all'Università,
si sviluppano in Italia sono
in gran parte prive di una sponda
politica, e del Partito comunista quale intellettuale e organizzatore collettivo
in grado
di elaborare e realizzare una
strategia democratica e progressiva, volta al socialismo, quale unica reale
alternativa
alla crisi attuale del sistema.
Ciò implica una radicale inversione di rotta nel nostro Paese, facendo
della difesa e rilancio
integrale della Costituzione
la base del programma politico, con la ripresa dell?intervento pubblico
in economia
e della programmazione democratica
sotto controllo operaio e popolare.
I comunisti, che nei decenni
seguiti alla lotta di Liberazione hanno espresso una grande forza politica,
sociale, culturale, determinando alcune fondamentali conquiste sociali,
vivono oggi una situazione di estrema difficoltà, in crisi di militanza,
di partecipazione, di progetto
strategico, privi anche di rappresentanti nel parlamento italiano ed europeo.
L'esigenza di ricostruzione
di un partito comunista nel nostro paese si impone a tutte le avanguardie
più coscienti
delle lotte operaie, popolari,
studentesche per dare direzione, organizzazione e prospettive ai conflitti
sociali e politici.
Diciamo partito comunista, che
è cosa diversa da una generica forza di sinistra anti-capitalistica,
perché un partito
di comunisti, tra le altre cose,
avverte l'esigenza di una teoria rivoluzionaria costruita con rigore e
scientificità
(e come tale mai dogmatica,
ma in continuo sviluppo); perché una coscienza comunista e di aspirazione
al socialismo
non si forma spontaneamente
nei movimenti sociali di lotta, per quanto radicali, ma ha bisogno del
partito come suo intellettuale collettivo; perché, tanto più
in una fase di crisi profonda del sistema capitalistico su scala planetaria,
vanno esplicitate le finalità
generali e la dimensione internazionale della lotta per il socialismo e
il comunismo.
Perché questa prospettiva
può vivere nell'Italia e nell'Europa di oggi solo se le avanguardie
dei movimenti sociali in lotta diventano consapevoli del carattere sistemico
della crisi e maturano una visione mondiale della lotta per il socialismo.
Alle comuniste e ai comunisti
comunque collocati - a quelli che come noi sono o sono stati in vario modo
militanti, dirigenti, sostenitori dell'esperienza ventennale di Rifondazione,
o che ad essa hanno guardato con interesse - la condizione drammatica in
cui si trova il movimento comunista in Italia, a rischio di dissoluzione,
richiede di esprimersi senza reticenze: il progetto originario di Rifondazione
è giunto al capolinea. Dopo lo scioglimento del Pci non sono state
gettate le fondamenta adeguate su cui ricostruire un nuovo partito comunista
all?altezza dei tempi.
La maggioranza del gruppo dirigente bertinottiano, nel corso degli anni, ha demolito l'impianto teorico e strategico comunista. Il congresso di Chianciano del PRC (2008) aveva alimentato molte speranze e, tra chi sottoscrive questo documento, vi è anche chi è stato determinante per aprire una nuova stagione, chiedendo un significativo cambio di rotta. Non solo questa discontinuità non c'è stata, ma a pochi anni di distanza ritroviamo un partito ancora più debole, incerto ed in piena crisi di identità.
Prendiamo atto che la fragilità
e l'eterogeneità delle basi strategiche originarie di Rifondazione
hanno dato vita a fratture e scissioni ed ora, a vent'anni di distanza,
quel che rimane è un assemblaggio eclettico, dove gli scontri e
le battaglie correntizie hanno prodotto una grave degenerazione della vita
interna. L'assenza di un pensiero forte condiviso e di un collante ideologico
sufficientemente solido, ha impedito a questo partito di reggere alle pressioni
determinate dai grandi tornanti della storia. A fronte di reiterate richieste
di un'inversione di rotta, il gruppo dirigente sembra voler ripercorrere
gli stessi, micidiali, errori.
Per tutte queste ragioni, anche
se sappiamo bene che in Rifondazione continuano a militare molte compagne
e compagni che sentiamo idealmente vicini e con cui vogliamo tenere aperta
l'interlocuzione, non riconosciamo più in questa esperienza politica
un fattore propulsivo per la ricostruzione del partito comunista in Italia.
Negli ultimi tre anni, molti tra i firmatari di questo documento, hanno lavorato per questo obiettivo ed hanno chiesto, o sperato, che anche il PRC nel suo insieme se ne facesse carico. La risposta è stata sconfortante: chi non ha manifestato aperta ed ostile contrarietà, ha semplicemente rimosso il tema dall?agenda e dal dibattito politico. Si sono così ignorati appelli di singoli iscritti, interi circoli o ex militanti e si è rimosso il fatto che su questa questione sono state promosse, dal basso, decine e decine di iniziative in tutto il territorio nazionale. Anche quando c?è stato un timido richiamo di alcuni all?unità dei comunisti, questo veniva vissuto più come un problema di natura organizzativa che politica, e, comunque, alle dichiarazioni non è mai seguito un singolo atto concreto.
Centinaia di migliaia di compagne/i
sono passati attraverso l'esperienza di Rifondazione per poi uscirne; molti
di essi vivono una condizione di “diaspora”, da potenziali militanti senza
organizzazione. E' tempo di offrire anche a loro una sponda.
Se non si compiono i primi passi
concreti in questa direzione, rompendo ogni indugio e tatticismo e avviando
una prima fase aggregativa, l'ulteriore deriva e lo smarrimento di migliaia
di militanti comunisti diventa inevitabile.
Siamo consapevoli che la crisi è complessiva e che non ci sono “isole felici”. Limiti ed errori hanno segnato pure l'esperienza del PdCI, ma essi sono oggetto di un ripensamento, come nel caso della riflessione autocritica sulla partecipazione al governo della guerra contro la Yugoslavia. Il suo gruppo dirigente ritiene che non esistano oggi le condizioni e i rapporti di forza per governare col centrosinistra e prende atto dell'involuzione reazionaria dell'Unione europea, valutando che ciò non era scontato in altre fasi. E non è privo di significato che esso non abbia ripudiato la storia del movimento comunista del '900, né condotto campagne ostili verso altri partiti comunisti o paesi ad orientamento socialista, né abbia sostenuto il progetto della “Sinistra Europea” (che ha gravemente diviso i comunisti in Europa) e, diversamente da altri, abbia respinto l'idea di un partito organizzato in correnti.
Sappiamo che il PdCI non rappresenta
la soluzione della questione comunista in Italia. Sono i suoi dirigenti
per primi a riconoscerlo. Ma il fatto che il suo gruppo dirigente abbia
assunto il progetto della ricostruzione di una nuova forza comunista unita
ed unitaria, e oggi avanzi la proposta di avviare, nei prossimi mesi, una
fase congressuale aperta - capace di dare vita ad un vero e proprio cantiere
per la “ricostruzione del partito comunista” - determina una situazione
nuova.
Facciamo appello a tutti i lavoratori,
gli studenti, i disoccupati - consapevoli della gravità della crisi
e dell'urgente necessità del partito comunista - a sostenere in
tutti i modi possibili questo processo, nelle forme che ognuno riterrà
più opportune.
Ci impegniamo a che si promuova
una riflessione aperta sul significato della costruzione del Partito, stante
l'attuale sviluppo dei rapporti di classe ed internazionali, lavorando
per recuperare il ritardo di questi ultimi venti anni. Ineludibile per
noi è il tema del radicamento sociale e di classe dei comunisti,
e dunque di una organizzazione strutturata a tal fine. Ci proponiamo di
innovare e rivoluzionare il nostro modo di agire e pensare per affrontare
così, finalmente, nodi politici essenziali, prima di tutto quello
della linea politica e della strategia di transizione al socialismo nelle
condizioni dell?attuale assetto imperialistico mondiale; la forma partito
più adeguata; il modello organizzativo; l'autofinanziamento; la
comunicazione; il ruolo dei comunisti nei sindacati e nella riorganizzazione
di un sindacalismo di classe.
Ci vorrà tempo, pazienza
ed una grande capacità di ascolto, ma siamo consapevoli che se eludessimo
questa discussione, troppo precarie si rivelerebbero le fondamenta della
ricostruzione.
Questo impegno non contraddice
l?esigenza giusta e sentita di una più vasta unità d?azione
di tutte le forze della sinistra che non rinunciano al cambiamento, dentro
e fuori la Federazione della Sinistra. Né esclude la ricerca di
convergenze utili per arginare l?avanzata delle forze più apertamente
reazionarie. E' dentro questa esigenza di unità d'azione a sinistra,
non certo contro di essa, che può progredire e affermarsi il processo
di ricostruzione di una forza comunista unitaria e indipendente. Anzi:
tale sforzo unitario avrà tanto più successo, quanto più
incisivo sarà il processo di ricostruzione del partito comunista.
A soli vent'anni dalla fine
dell'Unione Sovietica, quando poteva sembrare a molti che la storia fosse
finita e che solo dei visionari potessero riproporre credibilmente la questione
del socialismo, oggi avvertiamo non solo che la dinamica storica ha ripreso
a fluire, ma che essa si è messa a correre. Il mondo è segnato
da una crisi del sistema capitalistico e del primato delle grandi potenze
imperialiste che non ha precedenti. Nuovi paesi e continenti emergono come
i protagonisti del mondo di domani. Tra pochi decenni essi esprimeranno
i due terzi dell'economia mondiale e per molti di essi si ripropone in
vario modo il tema di una alternativa possibile di tipo socialista ed antimperialista.
Sappiamo che la ricostruzione
di un partito comunista in Italia è un processo arduo e complesso,
di cui dobbiamo saper individuare fasi e tappe intermedie.
Abbiamo come riferimento i punti
alti dell'esperienza e della elaborazione del movimento comunista italiano
e internazionale, nell'ispirazione leninista e gramsciana, che va attualizzata.
Pensiamo che nella fase attuale
sia possibile e necessario ricostruire un partito di quadri e di militanti
con una influenza di massa; che pur non essendo da subito grande in termini
di iscritti, sappia organizzare una presenza efficace dei suoi militanti
nella società, nel sindacato, negli organismi popolari, nei comitati
di lotta che vanno nascendo; e quindi sia capace, in questo senso, di esercitarvi
una influenza di massa. Che sappia caratterizzare la sua presenza nelle
istituzioni in stretto legame con le lotte popolari. Che si lasci alle
spalle la degenerazione correntizia e sia gestito in modo collegiale e
unitario.
Non è facile, ma è
indispensabile.
Non ci nascondiamo le difficoltà
dell'impresa, ma non vogliamo arrenderci e siamo convinti che troveremo
migliaia di compagne/i pronti
a sostenerla.
Lavoriamo perché essa
si arricchisca del contributo delle giovani generazioni,
che non hanno vissuto gli errori
e le sconfitte del passato: ad esse appartiene il futuro.
Le adesioni vanno raccolte in questo modo:
nome (in minuscolo), COGNOME (in maiuscolo), carica
sociale o politica
Per esempio: mario ROSSI, delegato
rsu Mirafiori, già segretario Prc Circolo Torino
oppure: maria BIANCHI, rappresentante
studenti Università di Pisa
Una volta raccolte le adesioni vanno inviate all'email ricostruireilpartitocomunista@gmail.com
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