Omicidio Aldrovandi, Il presidio della vergogna:
A Ferrara un minuscolo sindacato di polizia manifesta contro la madre di Federico Aldrovandi e chiede la liberazione degli agenti condannati per l'omicidio. Giovedì sera alle 18 sit-in di solidarietà con la famiglia in Piazza Savonarola
27 marzo 2013

In principio è stato il camper di solidarietà che girava per l'apparentemente tranquilla Ferrara con lo striscione di solidarietà a «Enzo, Paolo, Luca e Monica». Ma ieri mattina è successo qualcosa in piazza Savonarola che l'ha riportata sulle cronache nazionali, riaprendo le ferite, non ancora sanate, del caso Aldrovandi. Una ventina di persone con bandiere verdi, tra loro anche un europarlamentare, l'onorevole Potito Salatto eletto col Pdl nel 2009 ma passato a Futuro e Libertà per l'Italia nel 2010. Al netto del politico, quelli che tenevano in mano lo striscione «La legge non è eguale per tutti. I poliziotti in carcere, i criminali a casa», erano i poliziotti del Coisp, uno dei tanti sindacati della balcanizzazione delle sigle che rappresentano la polizia. Il presidio però non si teneva in un luogo qualunque ma sotto le finestre del Comune, dove lavora Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi ucciso durante un controllo di polizia il 25 settembre 2005. Per la sua morte sono stati condannati gli agenti Enzo Pontani, Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri. Una manifestazione che è diventata in poche ore un caso nazionale che ha portato a sera addirittura l'aula del Senato ad alzarsi e applaudire in solidarietà con la madre di Federico. Un sindacato, il Coisp, che a Genova nei giorni dell'anniversario della morte di Carlo Giuliani, ha organizzato manifestazioni dal titolo «L'estintore come strumento di pace».
Era stata proprio mamma Patrizia, con la consueta capacità comunicativa, a postare ieri mattina su Facebook la notizia del presidio con tanto di foto dei manifestanti. Il post in breve ha innescato una serie di reazioni e fatto partire un tam tam. La prima reazione è stata quella di Patrizia che è scesa in strada, accompagnata da due colleghe, e con sé ha portato la foto di Federico in obitorio con la testa appoggiata sul lenzuolo intriso di sangue. Una foto che le è costato molto esibire ma quando è troppo è troppo è stato il ragionamento che si è fatta. I poliziotti manifestanti del Coisp non l'hanno neanche guardata in faccia, le hanno girato le spalle e poco dopo sono andati via. Al sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani invece i poliziotti avevano parlato, sostanzialmente per rispondere picche alla sua richiesta di spostarsi di alcuni metri. Quella con il sindaco è diventato un vero e proprio faccia a faccia dai toni sempre più accesi tanto che il sindaco ha raccontato di essere stato rimproverato dai poliziotti per aver testimoniato al processo.
«E' una storia che non finisce mai - ha detto Patrizia - forse cercano notorietà ma oggi hanno deciso di venire sotto il mio ufficio e questa è una provocazione». La madre di Federico in queste settimane aveva visto il camper del sindacato di polizia in giro per Ferrara con striscioni solidali verso gli agenti condannati a tre anni e sei mesi e che stanno scontando il residuo di pena (sei mesi perché il resto è stato assorbito dall'indulto) in carcere o, nel caso di Monica Segatto, ai domiciliari. Ed è questo il punto contro cui si scaglia il segretario nazionale del sindacato di polizia Franco Maccari. «Non sapevamo neanche che la signora lavorasse in Comune» ha detto. «Rispettiamo le sentenze anche se non le condividiamo, non esiste in Italia una persona in galera per un delitto colposo e non c'è una persona in galera che deve scontare una condanna minore di un anno. Noi vogliamo discutere di questo» si sgola Maccari che accusa il sindaco di scorrettezza perché la comunicazione della manifestazione era stata inviata anche a lui.
E se il Coisp nel corso delle ore era rimasto abbastanza isolato, attaccato anche da altri sindacati di polizia, dal Sap al Siulp che l'ha bollato come «uno sparuto gruppetto», quello che è accaduto ieri rappresenta soprattutto la riapertura di una ferita per la città di Ferrara. Lo ricorda il sindaco Tagliani: «Da alcuni anni stiamo lavorando per ricomporre una frattura che è stata molto profonda, a questa ricomposizione hanno lavorato questori, prefetti e anche un paio di ministri dell'Interno». Domani dalle 18 alle 20,30 si terrà un sit-in di solidarietà alla famiglia di Federico Aldrovandi in piazza Savonarola. L'iniziativa è stata organizzata dall'associazione «Verità per Aldro» ed è una risposta al sit-in del Coisp. Ilaria Cucchi: «Siamo oltre ogni limite. Si tratta di un femminicidio morale. A questo punto i poliziotti che hanno manifestato sono come chi ha ucciso Federico». Filippo Vendemmiati:
«Inconcepibile e incostituzionale che un sindacato di polizia manifesti in sostegno a quattro agenti condannati in via definitiva».


Le motivazioni della sentenza che lo scorso 21 giugno ha confermato
la condanna dei quattro agenti che uccisero il giovane ferrarese
e stronca l'operato degli imputati:
"Il ragazzo era solo, non agirono affatto perché costretti, repressione estrema e inutile".
Censurato anche il tentativo di depistaggio:

I quattro poliziotti per i quali la Corte di Cassazione ha reso definitive le condanne per l'omicidio colposo del 18enne ferrarese Federico Aldrovandi "posero in essere una azione repressiva estrema e inutile nei confronti di un ragazzo che si trovava da solo, in stato di visibile alterazione psicofisica, errando gravemente nella valutazione dei limiti fattuali" legati al mestiere del poliziotto. Lo mette nero su bianco la stessa Cassazione nelle motivazioni della sentenza, con le quali spiega il perché, lo scorso 21 giugno, ha reso definitive le condanne a 3 anni e 6 mesi di reclusione nei confronti degli agenti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri.

La Corte, rifacendosi completamente alla decisione della Corte d'appello di Bologna del 10 giugno 2011- definita "logica", "adeguatamente motivata" e "puntuale" - ricostruisce la dinamica dei fatti accaduti la sera del 25 settembre 2005, dopo che gli agenti intervennero in via Ippodromo a Ferrara su segnalazione di una signora; e osserva che "le condotte specificamente incaute e drammaticamente lesive sono state individuate da un lato nella serie di colpi sferrati contro il giovane, dall'altro nelle modalità di immobilizzazione del ragazzo, accompagnate dall'incongrua protratta pressione esercitata sul tronco dell'Aldrovandi".

Lungi da quanto sostenuto dalle difese dei quattro agenti, "le condotte poste in essere - scrive la Quarta sezione penale - evidenziano che gli agenti non agirono affatto perché costretti dalla necessità di difendere un proprio diritto". Anzi, "i quattro agenti posero in essere una violenta azione repressiva nei confronti di un ragazzo che si trovava solo".

I supremi giudici parlano anche delle responsabilità singole degli agenti, mettendo in evidenza come il comportamento dei quattro sia stato grave allo stesso modo e non ci siano responsabilità minori: "La consapevolezza di agire in cooperazione imponeva a ciascuno degli agenti non solo di operare individualmente in modo appropriato, ma anche di interrogarsi sull'azione dei colleghi, se del caso agendo per regolarla, moderandola".

Nelle 43 pagine di motivazioni, i giudici di piazza Cavour mettono in evidenza più volte la violenza "gratuita" dei poliziotti nei confronti del giovane: "La condotta posta in essere dagli agenti - scrive la Corte - fu sproporzionalmente violenta e repressiva, laddove lo stato di agitazione in cui versava il ragazzo, avrebbe imposto un intervento di tipo dialogico e contenitivo".

Parole durissime, infine, anche sul tentativo degli agenti di occultare la verità durante le indagini e in sede processuale: "Gli imputati - si legge infatti nella sentenza - avevano distorto dati rilevanti, per il seguente sviluppo delle indagini, sin dalle prime ore successive all'uccisione del ragazzo. Avevano anche omesso di fornire un contributo di verità al processo, da reputarsi doveroso per dei pubblici ufficiali, a fronte delle manipolazioni delle risultanze investigative pure realizzate dai funzionari responsabili della Questura di Ferrara".

Pieno apprezzamento per le motivazioni della Corte è stato espresso dall'avvocato della famiglia Aldrovandi, Fabio Anselmo: "Questa è e sarà una sentenza storica che travolge quello che fino ad allora era un vero e proprio tabù: la possibilità di censurare e sanzionare un intervento di polizia violento e posto in essere al di fuori del diritto". Pronuncia che inoltre "censura la cultura del lasciar che gli altri (colleghi) facciano, e riconosce la manipolazione delle indagini effettuate da altri funzionari della questura di Ferrara, nonché la distorsione da parte dei poliziotti imputati sin dalle prime ore successive all'uccisione di Federico". E che anche "non perdona ai poliziotti pubblici ufficiali l'omissione del contributo di verità al processo".

"Questo è nient'altro che ciò da noi sostenuto e riconosciuto sin dal primo grado di giudizio - conclude il legale - con buona pace di coloro che ci tacciavano di sciacallaggio e calunnia. La parola fine è scritta"
 


Il Coisp, sindacato di polizia, da settimane gira con un camper per solidarizzare con i colleghi assassini di Federico Aldrovandi. Solo poche settimane fa
il sindacato autonomo SAP aveva atteso fuori dal tribunale di Bologna uno dei quattro assassini per festeggiarlo con bandiere, pacche e applausi.
Ma oggi si è raggiunto un vero e spregevole apice di infamia (dove l'aggettivo rischia di suonare come eufemismo!).

Con l'ipocrisia di chi sa di aver torto marcio ma gode delle spalle coperte, alcuni membri del sindacato indipendente di Polizia giunti per tenere
il loro Congresso Regionale dal titolo “Poliziotti in carcere, criminali fuori, la legge è uguale per tutti?” hanno inscenato un presidio davanti alla sede
del Comune con tanto di bandiere e manifesti di solidarietà per gli agenti condannati per l'omicidio di Federico Aldrovandi.

Un presidio che è una grave provocazione, dato che la madre di Aldro, Patrizia, lavora proprio in Comune, ed era presente a quell'ora.
Tant'è che pure il sindaco di Ferrara, fiutando l'aria provocatoria, si è recato a pregare i poliziotti di spostarsi
ma questi con tanta faccia tosta non ne hanno proprio voluto sapere!
Una volta constatata la provocazione strumentale, Patrizia Moretti ha deciso di scendere in piazza con tutta la dignità e la fermezza che
la contraddistingue per mostrare agli agenti solidali con i colleghi assassini la foto di Federico ormai morto e riverso in una pozza di sangue.

All'ennesimo atto di sciacallaggio dei “manifestanti” in divisa la madre di Aldro ha risposto alla sua maniera, senza alcun timore,
dichiarando “Speravo di non dover mai essere costretta a mostrare ancora in pubblico quella foto”.
Le facce di bronzo del Coisp hanno voltato le spalle davanti all'esposizione della foto, macchiandosi incresciosamente una volta
di più della corresponsabilità di difendere degli assassini, graziati solo per indossare una divisa.




"Poliziotti come schegge impazzite". Il procuratore generale Mazzotta aveva duramente criticato l'eccesso dell'uso della forza nei confronti di una persona inerme. "In una sorta di delirio agendo come schegge impazzite, anziché come responsabili rappresentanti delle forze dell'ordine, gli agenti ritennero di trovarsi davanti a un mostro dalla forza smisurata che aveva solo tirato un calcio a vuoto, e lo hanno immobilizzato, percosso fino a farlo ricoprire di ematomi".
Il procuratore, che parla di "negligenza e imprudenza" nonché di "depistaggi" da parte degli uomini in divisa, esclude che "l'assunzione di droghe sintetiche"
da parte del giovane "abbia avuto un'incidenza sulla morte". Per quanto riguarda gli agenti, il pg osserva che "hanno trasceso il limite consentito" e si può
parlare di "cooperazione colposa, perché vi è stata una comune scelta di agire, mentre ciascuno avrebbe dovuto interrogarsi sull'azione degli altri e,
se del caso, agire per regolarla". Nella sua requisitoria Mazzotta aveva sottolineato che la motivazione delle condanne
"è esente da errori logici e non può essere messa in discussione solo perchè contraria agli assunti difensivi".


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