Ospedali di sabbia
Agrigento 4 agosto 2009 - Maria Loi -

Ospedale San Giovanni di Dio una delle tante storie italiane
malaffare, e illegalità:
 20 anni di lavori iniziati, bloccati ripresi
e alla fine l'inaugrazione
dell' "OSPEDALE  di SABBIA"
un gigante dai piedi d'argilla mura che si bucano con un dito.
Ma l'intreccio tra mafia, politica, costruttori, ditte farmaceutiche ed affari,
non puo' essere interrotto; ed allora interviene il Ministro della Giustizia Angelino Alfano:
L'ospedale non sarà chiuso.

A cinque anni dall’inaugurazione del polo ospedaliero, il deposito della consulenza dei periti nominati dalla Procura ha attestato l’utilizzo di cemento depotenziato per la costruzione della struttura. Il gip agrigentino Alberto Davico ha accolto il sequestro su richiesta del procuratore della Repubblica, Renato Di Natale, dell’aggiunto Ignazio Fonzo e del sostituto Antonella Pandolci
e ha concesso 30 giorni di tempo per lo sgombero dell’intero complesso.

Nell’inchiesta, affidata al comando provinciale della Guardia di Finanza, ci sono anche 22 indagati tra i quali il direttore dei lavori Antonio Raia e l’attuale manager del San Giovanni di Dio Giancarlo Manenti (direttore generale a Villa Santa Sofia, a Palermo.
E prima ancora della Asl 6 è stato condannato nel “Processo talpe”a 4 anni e sei mesi per abuso d' ufficio per i 34 milioni di rimborsi indebiti alle cliniche di Bagheria di Michele Aiello, considerato il prestanome di Bernardo Provenzano).
E poi dirigenti ospedalieri e regionali, progettisti, collaudatori ed imprese che si sono aggiudicate gli appalti dei vari lotti.
Sono accusati di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, omissione atti d’ufficio, favoreggiamento e truffa.

Per rendere il calcestruzzo solido occorre una dose adeguata di cemento, una quantità di acqua minima e il materiale inerte
di buona natura, invece i pilastri e le travi del complesso ospedaliero sarebbero stati costruiti con calcestruzzo di qualità inferiore rispetto a quello previsto cioè con una percentuale alta di sabbia.
Anche se al momento <<aspettiamo il completamento della consulenza dei periti>> ha dichiarato il procuratore capo Renato Di Natale.
Allo stato attuale delle indagini, non risulta alcun coinvolgimento delle organizzazioni criminali.
Secondo la magistratura le forniture irregolari di calcestruzzo «depotenziato» riguarderebbero anche altre opere pubbliche realizzate in Sicilia: il padiglione dell’ospedale di Caltanissetta, la galleria Cozzo-Minneria dell’autostrada Palermo-Messina,
il viadotto Castelbuono e persino il palazzo di giustizia di Gela.

Il dossier di Legambiente “Cemento disarmato” ci parla di un Paese “a rischio crollo”.
Strade, ponti, ospedali sono solo alcune delle opere monitorate dall’osservatorio dietro le quali ci sarebbe lo zampino delle mafie. In realtà le carenze strutturali secondo Ivan Lo Bello, presidente di Assindustria Sicilia sono solo un pezzo che si aggiunge al mosaico. Da fatti come questo di Agrigento, che è l’ultimo di una serie di inadempienze, emerge una cattiva gestione della “res pubblica” che ha provocato disastri in tutto il Mezzogiorno.“Stranamente” le opere pubbliche hanno tempi di realizzazione lunghissimi e iter inspiegabili, ne è un esempio la Siracusa-Noto, aperta di recente è subito dopo sottoposta a lavori di rifacimento.

Lo Bello richiama la società civile ad una maggiore attenzione e li sprona ad acquisire maggiore consapevolezza e vigilare affinché le cose vengano fatte in modo adeguato perché <<continuare a sopportare un sistema che piega l’interesse pubblico a una miriade di interessi privati genera il rischio di una implosione del Mezzogiorno>>. Poi va oltre sostenendo che se le carenze strutturali di cui si parla a proposito dell’ospedale San Giovanni di Dio verranno confermate dalle consulenze successive <<bisognerebbe punire le imprese che hanno eseguito le opere, i funzionari pubblici che avrebbero dovuto controllare, chi ha compiuto i collaudi, l’ente appaltante che non ha vigilato adeguatamente>>.

A Trapani, ad Agrigento e a Palermo sono state sequestrate e confiscate alle cosche ditte che producevano calcestruzzo e che fino a pochi giorni fa hanno fornito la materia prima nei cantieri della provincia. La mafia controllava queste imprese attraverso prestanome insospettabili. Questo è un dato che parla da solo e che ci conferma che le mafie hanno il monopolio del mercato del calcestruzzo uno dei fattori primari di accumulazione di cui si nutrono per rigenerare ricchezza e potere.
E’ vero che le mafie vivono di appalti, e di tutto quello che vi ruota intorno, ma non è solo questo. Per il magistrato della procura Nazionale Antimafia, Alberto Cisterna <<se fosse solo una questione di mafia sarebbe tutto più facile. Il problema è che la mafia è un pezzo del sistema malaffare che vede all’opera anche manipoli di politici e manipoli di professionisti tutti insieme collusi con i clan e le famiglie mafiose>>. Per spezzare questo ciclo in primis bisognerebbe obbligare le imprese che vincono l’appalto a produrre il calcestruzzo in loco evitando il trasporto del cemento. Lo conferma una delle tantissime intercettazioni al vaglio degli inquirenti in cui il tecnico di un cantiere diceva al fornitore del calcestruzzo: <<Domani mettete un po’ di roba che arriva il controllo>>. Per evitare che questo accada, e che nessuno controlli nessuno, bisogna affidare i controlli a terzi e spezzare quella triangolazione: stazione appaltante, appaltatore e fornitore di inerti o di cemento.
 
 


Bertolaso e Alfano in coro:
«S. Giovanni di Dio, evitare  lo sgombero dell’ospedale»
L’ospedale preso in custodia dalla Protezione civile per scongiurare il trasferimento dei degenti.

La Sicilia 5 agosto 2009 FRANCESCO DI MARE

San Giovanni di Dio. Con questo obiettivo il capo del dipartimento nazionale della Protezione civile, Guido Bertolaso, e il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, hanno presieduto ieri nella città dei Templi un vertice operativo in prefettura dopo che, la settimana scorsa, i militari della guardia di finanza avevano notificato ai dirigenti del nosocomio un provvedimento di sequestro cautelativo «per gravi carenze strutturali».

Gli immobili che costituiscono il complesso ospedaliero sarebbero stati realizzati, dicono gli esperti, con calcestruzzo «depotenziato» e lo stato degli edifici sarebbe tale da esporre a gravissimo rischio sismico l’intero manufatto.

Al vertice di ieri, oltre a Guido Bertolaso e al Guardasigilli ha preso parte l’assessore regionale alla Sanità Massimo Russo. Si è trattato di un vertice di grande spessore e dal quale sono emerse novità sostanziali, circa la possibilità di non chiudere il nosocomio.

«Stiamo lavorando per tentare di evitare lo sgombero dell’ospedale, instaurando un clima di collaborazione fra tutte le parti», ha detto Bertolaso che sarà nominato commissario giudiziale dalla Procura della Repubblica. I magistrati nelle prossime ore revocheranno infatti l’incarico per ora affidato al commissario straordinario dell’azienda ospedaliera Mario Leto. Quest’ultimo ieri pomeriggio, dopo avere depositato in Procura la revoca dell’istanza di sospensione del sequestro è scivolato lungo le scale del Tribunale, fratturandosi un malleolo. Quasi un segno del destino in questa vicenda ancora in evoluzione.

Qualche ora prima, il ministro della Giustizia Angelino Alfano aveva sottolineato come «Agrigento non può e non deve perdere l’ospedale. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi mi ha dato incarico, essendo io agrigentino, di seguire personalmente l’emergenza.

L’azienda ospedaliera è emerso che ritirerà il ricorso presentato all’ordinanza di sequestro della struttura. In questo modo il giudice non dovrà pronunciarsi sullo sgombero che tornerebbe ad essere di competenza della Procura e che potrebbe rivedere il provvedimento alla luce del fatto nuovo, ossia dell’intervento della Protezione civile che prende in custodia l’ospedale, controllandone la sicurezza e la staticità».

«È stata raggiunta una soluzione eccellente, in linea con quanto avevo già anticipato nei giorni scorsi - ha detto l’assessore regionale alla Sanità Massimo Russo - e noi chiederemo, nelle dovute forme processuali, che il provvedimento della magistratura venga rimodulato, non nella parte concernente il sequestro ma limitatamente all’ordine di sgombero».

Senza il problema dello sgombero, l’ospedale rimarrebbe funzionante mentre i tecnici della Protezione civile nazionale si preoccuperebbero di renderlo sicuro e a norma.

«Occorre avere una procedura, un protocollo standard - ha spiegato Bertolaso - e non possiamo immaginare di dover chiudere ospedali e scuole senza che vi siano delle verifiche approfondite.
La nostra proposta è dunque quella di assumere un ruolo chiave in questa vicenda». E la magistratura gli darà l’incarico al massimo entro domani.

Lunedì il ricorso si terrà ugualmente davanti ai giudici del Tribunale del Riesame di Agrigento, ma soltanto sulla parte concernente il sequestro e non lo sgombero dell’ospedale, perché è pendente ancora quello presentato dal collegio difensivo dei 28 indagati. La decisione dovrà essere adottata entro il 13 agosto.

Alla domanda se avesse mai visto o sentito in tanti anni di calamità gestite in Italia, un ospedale che per cinque anni è rimasto in funzione senza alcun collaudo statico, Bertolaso ha detto:
«Ne ho viste tante, questa mi mancava».

Una battuta che la dice lunga sulla consapevolezza che anche dalle parti di Roma hanno che questa faccenda sia una sorta di spartiacque nella gestione di determinati settori della vita nazionale.

«Da un fatto negativo dobbiamo far nascere un fatto positivo» ha chiosato il ministro Alfano, confermando come l’ospedale della «sua» città rimarrà in funzione ancora a lungo, apprezzando l’operato della Procura e del Tribunale la cui azione non deve essere minimamente posta in discussione. La svolta nella vicenda però è palese, confermando il peso del Guardasigilli in certe circostanze a dir poco scottanti.

IL NOSOCOMIO DI SABBIA.
Mentre la città scende in piazza a difesa della struttura
Bertolaso: «L’ospedale di Agrigento continuerà a erogare i suoi servizi»
La Procura: il capo della Protezione civile commissario giudiziario.
Il gip dovrebbe decidere domani. Ma il sottosegretario ha già dato le sue rassicurazioni nonostante il sequestro.

La Sicilia 6 agosto 2009 SALVATORE FUCÀ

AGRIGENTO. La Procura di Agrigento ha espresso parere favorevole alla nomina del capo del dipartimento
della Protezione civile nazionale, Guido Bertolaso, a commissario giudiziario dell’ospedale «San Giovanni Di Dio».
Il sottosegretario sostituirà l’attuale commissario Mario Leto.
Il parere è stato depositato nella segreteria del gip Lisa Gatto che dovrebbe decidere domani.
Bertolaso «potrà sin d’ora dare luogo agli accertamenti tecnici» che ritiene necessari.
I magistrati, comunque, si «riservano, nel prosieguo, ulteriori valutazioni e pareri in ordine alla richieste che eventualmente verranno avanzate dal nuovo custode giudiziario».

«Ho visto che la magistratura pare voglia affidarmi l’incarico di fare il custode. Questo incarico significa che l’ospedale,
sia pure sequestrato, dovrebbe continuare ad erogare i servizi ai cittadini di Agrigento e della provincia – ha commentato Bertolaso –. Credo che questa sia una buona notizia. Per il resto, noi qui abbiamo tutti i tecnici migliori del mondo
nel campo dell’ingegneria sismica, dei quali intendo avvalermi per fare uno studio che possa integrare tutte le attività
di indagine già effettuate e dare le risposte che la magistratura mi ha chiesto».

Sulla vicenda dell’ospedale sotto sequestro, nel frattempo, ieri mattina i sindacati nella città dei templi sono scesi in piazza, con una inattesa partecipazione di cittadini, a sostegno del mantenimento della struttura ospedaliera,
mentre la Protezione civile si prepara ad affrontare una vicenda sicuramente tra le più spinose degli ultimi anni.

Ieri mattina Cgil, Cisl e Uil hanno indetto una manifestazione alla quale hanno partecipato almeno tremila cittadini.
In testa i responsabili provinciali e regionali delle tre organizzazioni sindacali, ma anche i gonfaloni e le rappresentanze
di parecchi comuni della provincia, esponenti di organizzazioni culturali e sociali, alcuni parlamentari.
Al passaggio del corteo, i negozi hanno abbassato le saracinesche in segno di adesione alla manifestazione.
Nelle villette di Porta di Ponte hanno preso la parola Carlo Florio per la Uil, Ivan Ciriminna della segreteria regionale
della Cisl, Mariella Maggio segretario generale regionale della Cgil, il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto,
e Lello Analfino, cantante del gruppo «Tinturia». 

I sindacati hanno sottolineato che non abbasseranno la guardia in attesa di capire cosa succederà nelle prossime settimane.

Su un fatto sono stati categorici: Agrigento non deve perdere nemmeno uno dei reparti dell’ospedale.
Intanto, ci si interroga per capire quali sono le procedure che adesso dovranno essere seguite per salvare la struttura sanitaria dopo l’intervento del ministro Alfano e del sottosegretario Bertolaso.
Il principio che dovrà ispirare l’azione dei protagonisti della vicenda, a partire dalla Protezione civile, è sicuramente quello della collaborazione con la magistratura, perché l’interesse comune è quello di garantire il rispetto della legge,
l’incolumità dei ricoverati ed in genere il diritto alla salute della gente.
Dopo l’ok della Procura, Bertolaso sarà nominato custode giudiziario.
Seguirà un’ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri che proclami l’emergenza ed espliciti i percorsi da seguire.
 


INTERVISTA CON IL PROCURATORE RENATO DI NATALE
«La Protezione civile è una garanzia»

La Sicilia 6 agosto n2009 TONY ZERMO
«Mi rendo conto che la chiusura di un grande ospedale come quello di Agrigento è un fatto traumatico per la popolazione, ma noi certamente non vogliamo colpire la popolazione come qualcuno può aver detto, bensì i responsabili».
Il procuratore della Repubblica di Agrigento Renato Di Natale ritiene soddisfacente la soluzione prospettata martedì
dal ministro della Giustizia Alfano e da Guido Bertolaso, sottosegretario alla Protezione civile.

Gli chiediamo se dunque l’ospedale di Agrigento «San Giovanni Di Dio» venisse affidato alle «cure»
della Protezione civile potrebbe essere una soluzione alternativa alla chiusura.
Risponde: «Sarebbe un fatto positivo perché noi siamo interessati non solo a colpire i responsabili, ma anche
a salvaguardare la pubblica incolumità. E la Protezione civile in questo senso può dare delle garanzie»
.
Fermo restando che il Gip deve ancora esprimersi, la presenza del ministro della Giustizia è stata considerata come una sorta di pressing?
«Certamente no, non subiamo pressing né dal ministro, né dall’assessore regionale alla Sanità Russo, né da nessuno.
E’ chiaro che se si dovesse arrivare allo sgombero di un intero ospedale sarebbe un fatto estremamente forte e doloroso.

Per cui se ci dovessero essere altre soluzioni ben vengano. Noi agiamo in favore della collettività.
In questo caso abbiamo agito contro taluni soggetti, ma in ogni caso a favore della collettività.
Qualcuno ha visto questo provvedimento contro la città, ma non è così».
Ma come mai ad Agrigento è saltata tutta la filiera dei controlli consentendo così l’impiego di cemento depotenziato?
Chi paga adesso per questo scempio?
«C’è un procedimento con 22 soggetti indagati, e i responsabili pagheranno». Ma arresti non ce ne sono stati.

«Al momento no, anche perché combattiamo con fatti che sono accaduti assai lontano nel tempo».

C’è in Sicilia una rete di cementifici che producono cemento depotenziato che purtroppo sarebbe stato impiegato
in numerose opere pubbliche.
E alcuni di questi cementifici sarebbero stati legati a Italcementi della buonanima di Raul Gardini.

«Però al momento non possiamo dire se alcuni cementifici siciliani abbiano agito di propria iniziativa, oppure no.

L’importante è che loro forniscano il cemento così come è previsto nel capitolato d’appalto, poi da dove lo prendano
è da accertare. Stiamo indagando proprio su queste responsabilità».

Cemento scadente e appalti. S’è scritto che Falcone e Borsellino siano caduti sulla pista degli appalti.
Si ricorda del famoso dossier "Mafia & Appalti" redatto dai Ros prima delle stragi di Palermo?
«Questo rientra in parte in altri tipi di inchiesta che ho anche trattato quando ero alla Procura di Caltanissetta».
Ma la pista degli appalti e del cemento depotenziato può spiegare tante cose.

«Certo, abbiamo investigato a Caltanissetta, però non so se queste inchieste a Caltanissetta siano ancora in piedi,
questo non sono in grado di dirglielo».
La verità di fondo è che sulla carta queste aziende forniscono cemento secondo le regole, ma in pratica danno materiale depotenziato perché poi sono pochi a controllare. E questo serve alle aziende truffaldine per costituire fondi neri
da impiegare in tangenti. In Francia le aziende costruttrici sono tenute a riparare eventuali danni
per un consistente numero di anni e quindi hanno tutto l’interesse a costruire bene.
Si dovrebbe adottare il sistema francese. Ma questo è compito dei legislatori e non dei magistrati delle Procure.